31/12/09





LA CAVA DI TERZIGNO: LA BOMBA TOSSICA








I SEGRETI DI VILLA CERTOSA



Ma su quante vicende italiane è calato il segreto di Stato? Tutta questa riservatezza è sempre pertinente? Viene da dubitarne leggendo degli eventi che circondano il segreto di Stato su Villa Certosa.

Villa Certosa è la residenza sarda del premier Silvio Berlusconi e un decreto la pone sotto l'egida del segreto di Stato vietandone l'accesso, il sorvolo e la navigazione entro un raggio di 500 metri, adducendone come motivazione la volontà di preservare la conoscibilità dei luoghi.
L'apposizione del segreto è stata confermata il 23 dicembre 2004 su iniziativa del sottosegretario alla presidenza del consiglio Gianni Letta poiché si riconosce il luogo quale “sede alternativa di massima sicurezza per l'incolumità del presidente del Consiglio, dei suoi familiari e dei suoi collaboratori e per la continuità dell'azione di Governo".
Per questo scopo sono stati messi in opera faraonici lavori a spese degli italiani, commissionati all'ingegnere Pietro Lunardi che, sorprendentemente, è anche ministro dei lavori pubblici del governo Berlusconi.

Il ministro Pisanu ha poi deciso che dovevano essere posti sotto vincolo del segreto anche successivi lavori per la costruzione de:
  • la diga del Liscia, alimentata da acqua dolce.
  • l'edificazione di pontili di granito giallo proveniente dalle cave di San Giacomo.
  • la piantumazione di ulivi secolari e di oltre 2.000 cactus esotici
  • 6 piscine di acqua di mare
  • una caverna tra gli scogli

Una nota strana sicuramente la pone il fatto che questo sacrificio economico in nome della sicurezza nazionale è stato fatto su una proprietà che di fatto non è del primo ministro bensì di una immobiliare, la Idra Immobiliare, società con 5 consiglieri di amministrazione (di cui due sono funzionari Fininvest condannati per reati fiscali, Salvatore Sciascia e Giuseppe Scabini), 3 sindaci … e un unico inquilino che non paga l'affitto.

Fu opposto il segreto di Stato anche quando alcuni magistrati chiesero di poter indagare su presunti abusi edilizi, per violazione della legge sull'urbanistica e delle norme di tutela paesaggistica. La villa di 2.500 metri quadri e i 50 ettari di parco sorgono infatti su un terreno sottoposto a vincoli di inedificabilità assoluta.

Sembra davvero tutta una presa in giro, tanta segretezza per la sfarzosissima villa in cui hanno luogo dubbi festini e nulla sulle più stabili residenze di Arcore o di palazzo Grazioli? Il dilemma non si spiega. Perché “nell'alcova” sarda venga vietato l'accesso ai magistrati e non a cantanti e show girl ancora meno.




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30/12/09





IL SINDACO MORATTI IMMOLA MILANO AL MALAFFARE



Il sindaco di Milano Letizia Moratti ha deciso che una via della capitale meneghina dovrà essere dedicata a Bettino Craxi.
Ci avevano già tentato senza esito l'ex sindaco Albertini nel 2002, Sgarbi nel 2007 e sempre la Moratti lo scorso anno. Ora l'indomito sindaco, in barba a quello che pensa la cittadinanza, torna all'attacco e vuole che sia attribuito “il giusto riconoscimento per un uomo che ha dato una svolta al Paese".
E che svolta!
Sicuramente riservare questa onorificenza nella città culla di tangentopoli assume anche il significato di voler svilire la giustizia in nome della furbizia. Fu infatti a seguito delle vicende giudiziarie che si animarono nel palazzo di giustizia milanese che il condannato Bettino Craxi fuggì dandosi latitante ad Hammamet, in Tunisia e portando con se un enorme tesoro mai più rinvenuto.

Sfuggono quali possano essere le particolari benemerenze che hanno portato Craxi ad essere considerato meritorio di essere ricordato con l'intitolazione di una via in una delle città più importanti d'Italia.
Forse il fatto di aver fatto da testimone di nozze a Silvio Berlusconi il giorno del matrimonio con Veronica Lario o l'aver, per primo, dato vita ad una legge “ad personam” quando promulgò il così detto "decreto Berlusconi" varato per salvare le reti Fininvest dall'oscuramento deciso dai pretori di Torino, Roma e Pescara. Nel 1992 ebbe l'indubbio coraggio di ammettere pubblicamente alla Camera di aver accettato finanziamenti illeciti al suo partito, fu il primo ad invocare la strana teoria del complotto contro di lui da parte della magistratura.
Craxi è stato condannato con sentenza passata in giudicato a 5 anni e 6 mesi per corruzione nel processo Eni-Sai e a 4 anni e 6 mesi per finanziamento illecito per le mazzette della metropolitana milanese. Varie sentenze - non passate in giudicato solo per il decesso dell'imputato - sostennero che molte delle tangenti intascate da Craxi furono utilizzate per scopi personali e non, come sostenuto, solo per il partito.

Certo questa è la naturale continuazione di una strana politica del sindaco Moratti, figlia della scuola di pensiero che porta, così come fece l'ex sindaco di Palermo Vito Ciancimino, a dire che nella sua città la mafia non esiste e quindi a decidere di smantellare la commissione di controllo antimafia, poco fa che i maggiori esperti indichino Milano come la nuova potente capitale della 'ndrangheta. Una città in cui si nega per due anni conseguivi l'assegnazione dell'ambrogino d'oro a Saviano mentre si decide di omaggiarne la figlia del premier, città in cui gli assessori stanno cadendo uno dopo l'altro sotto la scure di una magistratura che evidentemente non la pensa come il sindaco e vede bene il malaffare dilagare.

Un piccolo consiglio me la sento di darlo, sindaco Moratti perché non intitolare a Craxi la strada che porta ai cancelli dell'Expo 2015? La via intitolata ad un latitante non può che portare ad un covo di malviventi.


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29/12/09





SALERNO-REGGIO CALABRIA, UNA MULATTIERA COSTOSISSIMA



Tra poco tornerà il periodo delle feste natalizie e molti italiani si metteranno in viaggio per passare la ricorrenza con le famiglie. Un occasione lieta per molti, un incubo per chi si vedrà costretto a viaggiare lungo l'autostrada delle polemiche, la A3 Salerno-Reggio Calabria.
L'idea dell'autostrada nacque negli anni 60 come naturale proseguimento dell'autostrada del Sole, nei progetti avrebbe dovuto collegare la regione calabra al resto dell'Italia ma nella realtà dei fatti è stata data vita ad un opera ben differente per caratteristiche e qualità dalle restanti arterie autostradali della penisola, cantieri infiniti, appalti truccati e inchieste della magistratura hanno scandito la costruzione prima e l'ammodernamento ora di questi 443 km di asfalto.
                                                                         continua ...





28/12/09





CARCERI ITALIA


Le carceri italiane vanno a rotoli e questo è un dato che non può più essere sottovalutato.
Le ultime stime indicano che a breve si toccherà la cifra 70 mila carcerati a fronte di una capienza massima di circa 43 mila persone, una situazione divenuta oramai insostenibile che sta spingendo molti detenuti a presentare ricorso presso la corte europea dei diritti umani di Strasburgo per il trattamento disumano a cui vengono sottoposti che lede gravemente la dignità e condanna ad espiare una pena spesso troppo severa rispetto alla gravità del reato commesso.
Dalle prime analisi emerge come dato incontestabile che la condizione a cui sono sottoposti i carcerati italiani moralmente viola i diritti umani e praticamente rende le strutture carcerarie non più a norma e potenzialmente pericolose sia per i detenuti che per le guardie carcerarie.

Al 30 giugno 2009 la situazione nei penitenziari italiani si presentava così




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27/12/09





NO ALLE RIFORME AD PERSONAM - SI ALLA COSTITUZIONE DEL 1948




di Ferdinando Imposimato


La riforma prioritaria è l'assegno di disoccupazione previsto dall'art 38 Cost: “ assicurare ai lavoratori i mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di invalidità, vecchiaia e disoccupazione involontaria”. Esiste in tutti i paesi civili del mondo; non in Italia. La seconda priorità è la legge che tolga al premier il controllo di tutte le TV pubbliche e private. La terza è l'approvazione di una legge elettorale in cui sia restituito ai cittadini il voto di preferenza.

Il Paese non sente il bisogno delle altre riforme di cui parla il Corriere della Sera: per la maggioranza la riforma prioritaria è il legittimo impedimento. Per noi è una legge su misura per il premier per rallentare i processi a suo carico e consentire nel frattempo l'approvazione di un lodo Alfano bis. Bocciamo come antidemocratiche e antisolidali le altre riforme. E lo diciamo a quelli che possono essere indotti in errore dalla disinformazione. Secondo Aristotele “quelli che si danno pensiero della Costituzione devono procurare motivi di timore in modo che i cittadini stiano in guardia e non allentino la vigilanza intorno alla Costituzione” (Aristotele Politica. Laterza Bari 2000, 175). Per noi il senato federale (SF) e il premierato, che intaccano l'equilibrio tra i poteri e i diritti inviolabili dell'uomo. Nel silenzio della stampa, dobbiamo presagire che le riforme minacciate siano quelle annunciate dal Corsera del 22 giugno 2009, all'indomani dei ballottaggi. Obiettivi principali sono il senato federale (SF) e il rafforzamento dei poteri del premier. Su queste riforme sembrano d'accordo PDL PD e Lega. Il PD non può appoggiare queste riforme, ricordando la infausta riforma del titolo V della Costituzione del 2001, voluta dalle commissioni bicamerali di Ciriaco De Mita e Massimo D'Alema, ed attuata dal Governo di Giuliano Amato nel 2001, per ragioni elettoralistiche: la volontà di creare, attraverso le Regioni con una pletora di eletti regionali, nuovi centri di potere e di controllo delle risorse pubbliche dei fondi europei e nazionali.


La nostra Costituzione, varata da spiriti eletti come Aldo Moro, Piero Calamandrei , Giuseppe Dossetti e Palmiro Togliatti, é finita, così, nelle mani di ignoranti e avventurieri, e rischia di subire un colpo mortale con la annunciata riforma federale che accentua la disgregazione derivata dalla riforma del titolo V: Noi ci opponiamo con tutte le nostre forze. Con il Presidente Ciampi dobbiamo riconoscere che la nascita delle Regioni fu una delusione perchè non diede vita al rinnovamento delle amministrazioni locali, ma a una “proliferazione burocratica, dispendiosa e dannosa per lo sviluppo di ogni regione”. Ed una crescita della corruzione e del crimine organizzato, che si sono impossessati di gran parte delle risorse destinate alle regioni del Sud.


Il Senato Federale (SF) sarebbe un istituto ibrido, al SF in certi campi sarebbero dati poteri di scelta più ampi di quelli della Camera. Oltre il potere di eleggere 4 membri della Corte Costituzionale, mentre alla Camera ne resterebbero solo 3 ( art 135 della Cost), (mentre oggi ne spettano cinque al Parlamento in seduta comune), in tal modo, con l'aumento dei giudici di nomina politica, la Corte Costituzionale non sarebbe il giudice imparziale delle leggi, ma diventerebbe un organo controllato dalla maggioranza al Governo.


Con il SF, al Senato spetterebbe un groviglio di competenze, tra cui un potere di veto sugli stessi principi fondamentali concernenti le materie di competenza concorrente tra Stato e Regioni, (rapporti internazionali, tutela e sicurezza sul lavoro, istruzione, ricerca scientifica e tecnologica, tutela della salute, coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, etc art 117 comma 3 Cost). Ciò nonostante l'attribuzione di Camera politica che si darebbe alla sola Camera dei deputati. Un guazzabuglio che porta alla paralisi del Parlamento ed alla disgregazione del Paese.


Occorrerebbe ripristinare il Titolo V artt 114-117 della Costituzione, aumentando le competenze esclusive dello Stato, in materia di tutela di salute, sicurezza e scuola che con la riforma del 2001 sono state affidate alla competenza concorrente delle Regioni: ricordiamo al Presidente Giorgio Napolitano ciò che disse il 25 novembre 2004 , al convegno promosso dagli ex parlamentari a proposito della riforma federale; egli, dopo avere definito "inaccettabile il dilatare in modo abnorme i poteri del primo ministro, secondo uno schema che non trova l'eguale in altri modelli costituzionali europei e lo sfuggire a ogni vincolo di pesi e contrappesi, di equilibri istituzionali e di regole da condividere ", concluse che bisognerebbe rivedere il titolo V in alcune parti “orripilante”." Oggi non c'è motivo per cambiare idea.

No alle riforme ad personam; si alla Costituzione del 1948.

26/12/09





CHI E' IL GENERALE ANTONINO SUBRANNI



Ai più è conosciuto come il comandante del Ros dell’arma dei carabinieri, superiore di Mario Mori e Giuseppe De Donno all'epoca delle stragi mafiose del 1992/1993; ma recenti rivelazioni dipingono un quadro differente, più dettagliato ed inquietante.

Innanzitutto è bene ricordare come Subranni nel 1978 ricopriva la carica di comandante del reparto operativo del gruppo carabinieri di Palermo che guidò le indagini sull’omicidio di Giuseppe Impastato. Fu proprio lui ad avvallare la falsa ipotesi secondo la quale Impastato il 9 maggio 1978 rimase ucciso mentre tentava di compiere un attentato dinamitardo alla ferrovia, depistando le indagini ed allontanandole dalla verità che emerse più tardi e che dimostra come l'omicidio di Peppino fu ordinato dal boss di Cinisi Gaetano Badalamenti proprio a causa del coraggioso impegno del ragazzo nel voler combattere la mafia.
Purtroppo, a seguito di una deplorevole consuetudine tutta italiana, questo non impedì a Subranni nel 1990 di essere promosso a comandante del raggruppamento operativo speciale dell'arma, i Ros.
Ad oggi Subranni è indagato dalla procura distrettuale antimafia della Repubblica di Palermo per il favoreggiamento della latitanza del capomafia Bernardo Provenzano e pesanti indizi fanno credere che sia stato a conoscenza della trattativa tra stato e cosa nostra che si suppone venne condotta da Mori e De Donno.
In una dichiarazione, ora segretata, resa davanti ai magistrati di Caltanisetta viene dichiarato che Paolo Borsellino, pochi giorni prima di venir ucciso, affermò “il generale Subranni è punciutu" che nel linguaggio utilizzato dalla mafia sta a significare che il comandante appartiene a cosa nostra.
Anche Massimo Ciancimino, figlio del mafioso ex sindaco di Palermo Vito Ciancimino, afferma che a suo padre il generale Subranni venne indicato come referente di Mori e De Donno nella trattativa tra stato e cosa nostra.

Questi eventi del passato si legano a episodi dei giorni nostri.

Angelino Alfano, attuale ministro della giustizia e probabile delfino del premier Berlusconi, è stato indicato da alcuni pentiti, tra cui i più espliciti sono il boss Giovanni Alongi e Ignazio Gagliardo, come il beneficiario di “aiuti elettorali mafiosi” in quanto il padre, anch'esso politico, avrebbe chiesto di dirottare su di lui i voti di alcuni clan. Il ministro ha designato come capo dell'ufficio stampa nonché suo portavoce ufficiale Danila Subranni, figlia di Antonino Subranni, permettendo così che dubbi di continuità mafiosa si addensino sul parlamento italiano.



24/12/09





LA RUSSA SI LASCIA ANDARE A NOSTALGIE NAZI_FASCISTE



Ieri il ministro della difesa Ignazio La Russa, trovandosi a Livorno presso la caserma Vannucci della Folgore, si è rivolto agli uomini del Comsubin, i militari incursori della marina militare italiana, definendoli gli “eredi” della X° MAS e soffermandosi ad elogiarne il ricordo.
In pochi hanno intuito la gravità delle affermazioni, forse perché il nostro popolo non ha assolutamente memoria storica e non sa cosa è stata la decima flottiglia.

La Xª Flottiglia MAS era un corpo militare indipendente che contava circa 20.000 uomini, alleato con la Germania nazista, ufficialmente faceva parte parte della fanteria di marina della repubblica di Salò, fu attivo dal 1943 al 1945. Venne fondato da Junio Valerio Borghese, l'uomo che nel dopoguerra, dopo aver scontato una pena per crimini di guerra, costituì numerosi gruppi clandestini armati assieme a Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale (gruppi terroristici stragisti di matrice nera). La Xª MAS fu alleata del Terzo Reich e operò sotto il controllo operativo tedesco nella guerra contro l'esercito anglo-americano e le formazioni partigiane. Gli uomini appartenenti alla Decima si macchiarono di crimini di guerra e contro l'umanità, non si fecero mai scrupolo di torturare altri italiani dispiegando una forza ed una violenza impressionante, spesso operavano in collaborazione con le SS. Tristemente famoso è anche l'antisemitismo del gruppo.

La colpa del ministro La Russa si fa ancora più grande se si pensa che il fondatore e leader indiscusso della X° MAS, Junio Valerio Borghese, fu l'ideatore del così detto “golpe Borghese” del 1970 in cui, con un manipolo di ex marò della Decima, si impadronì dell'armeria del Viminale per poi misteriosamente arrendersi dopo l'intervento di un ignoto politico (si vocifera fosse Almirante o Andreotti).

Cosa voleva intendere La Russa con quell'elogio?
Qualsiasi sia la risposta data, l'evento è ignominioso per chiunque ma diventa oltremodo inaccettabile da un esponente delle istituzioni e di certo non onora l'esercito italiano.

Se La Russa non si vergogna delle parole dette mi vergogno io di avere un tal ministro a rappresentarmi.



22/12/09





VIDEO DELL'INTERVENTO DI UGO CHAVEZ AL SUMMIT DI COPENHAGEN



Durante il summit di Copenhagen sul clima, rappresentanti delle Ong e delle delegazioni indigene hanno manifestato a loro volta al grido di “reclamiamo il potere di decisione”, chiedendo che venisse firmato il trattato “per la gente, non per il profitto”. L’intento delle delegazioni era di raggiungere all’esterno il corteo che si avvicinava, ma un imponente cordone di polizia ha disperso i manifestanti a 300 metri dal summit e ne ha arrestati 254 tra cui tre italiani.

Stefania Prestigiacomo, è rimasta bloccata per un’ora all’ingresso, mentre la polizia bloccava tutte le entrate a causa della confusione creata dai disordini. Il ministro è rimasto a lungo in mezzo alla folla finché è stata quasi sollevata di peso e lasciata passare oltre le transenne.

Forti critiche sono state mosse dai leader dei Paesi in via di sviluppo, i G77.

I delegati di Brasile, India ed Ecuador hanno esposto le loro lamentele, accusando il summit di poca considerazione per le loro esigenze, «mancanza di trasparenza, errori di procedura e molte lacune».

Il presidente venezuelano, Hugo Chavez, ha incitato i delegati a «salvare il mondo, non le banche».

Le trattative sono in stallo: prosegue l’inamovibile richiesta dei G77 di un accordo “Kyoto II”, che includa un secondo periodo di impegni dal 2013 al 2020 per le riduzione delle emissioni da parte dei paesi sviluppati. Contrari a questa ipotesi soprattutto gli Stati Uniti.




IL TESTO COMPLETO DEL DISCORSO DI CHAVEZ:

Signor Presidente, signori, signore, amici e amiche, prometto che non parlerò più di quanto altri non abbiano già fatto questo pomeriggio, ma permettetemi un commento iniziale che avrei voluto facesse parte del punto precedente discusso da Brasile, Cina, India e Bolivia. Chiedevamo la parola, ma non ci è stato possibile prenderla.


Ha parlato la rappresentante della Bolivia, e porgo un saluto al compagno Presidente Evo Morales qui presente, Presidente della Bolivia. Tra le varie cose ha detto che, ho preso nota, il testo che è stato presentato non è democratico, non è rappresentativo di tutti i paesi. Ero appena arrivato e mentre ci sedevamo abbiamo sentito il Presidente della sessione precedente, la signora Ministra, dire che c’era un documento da queste parti, che però nessuno conosce: ho chiesto il documento, ancora non lo abbiamo avuto. Credo che nessuno sappia di questo documento top secret.
Certo, la collega boliviana l’ha detto, non è democratico, non è rappresentativo, ma signori e signore: siamo forse in un mondo democratico? Forse il sistema mondiale è rappresentativo? Possiamo aspettarci qualcosa di democratico e rappresentativo nel sistema mondiale attuale? Su questo pianeta stiamo vivendo una dittatura imperiale e lo denunciamo ancora da questa tribuna: abbasso la dittatura imperiale! E che su questo pianeta vivano i popoli, la democrazia e l'uguaglianza! E quello che vediamo qui è proprio il riflesso di tutto ciò: l'esclusione.
C'è un gruppo di paesi che si reputa superiore a noi del sud, a noi del terzo mondo, a noi sottosviluppati, o come dice il nostro grande amico Eduardo Galeano: noi paesi travolti come da un treno che ci ha avvolti nella storia [sorta di gioco di parole tra desarrollados = sviluppati e arrollados = avviluppati NdT]. Quindi non dobbiamo stupirci di quello che succede, non stupiamoci, non c'è democrazia nel mondo e qui ci troviamo di fronte all'ennesima evidenza della dittatura imperiale mondiale. Poco fa sono saliti due giovani, per fortuna le forze dell'ordine sono state decenti, qualche spintone qua e là, e i due hanno cooperato, no? Qui fuori c'è molta gente, sapete?
Certo, non entrano tutti in questa sala, sono troppi; ho letto sulla stampa che ci sono stati alcuni arresti, qualche protesta intensa, qui per le strade di Copenaghen, e voglio salutare tutte quelle persone qui fuori, la maggior parte delle quali sono giovani. Non ci sono dubbi che siano giovani preoccupati, e credo abbiano una ragione più di noi per essere preoccupati del futuro del mondo; noi abbiamo – la maggior parte dei presenti – già il sole dietro le spalle, ma loro hanno il sole in fronte e sono davvero preoccupati. Qualcuno potrebbe dire, Signor Presidente, che un fantasma infesta Copenaghen, parafrasando Karl Marx, il grande Karl Marx, un fantasma infesta le strade di Copenaghen e credo che questo fantasma vaga per questa sala in silenzio, aleggia in quest'aula, tra di noi, attraversa i corridoi, esce dal basso, sale, è un fantasma spaventoso che quasi nessuno vuole nominare: il capitalismo è il fantasma, quasi nessuno vuole nominarlo. È il capitalismo, sentiamo ruggire qui fuori i popoli. Stavo leggendo alcune delle frasi scritte per strada, e di questi slogan, alcuni dei quali li ho sentiti anche dai due giovani che sono entrati, ho preso nota di due. Il primo è 'Non cambiate il clima, cambiate il sistema'.
Io lo riprendo qui per noi. Non cambiamo il clima, cambiamo il sistema! E di conseguenza cominceremo a salvare il pianeta. Il capitalismo, il modello di sviluppo distruttivo sta mettendo fine alla vita, minaccia di metter fine alla specie umana. E il secondo slogan spinge alla riflessione. In linea con la crisi bancaria che ha colpito, e continua a colpire, il mondo, e con il modo con cui i paesi del ricco Nord sono corsi in soccorso dei banchieri e delle grandi banche degli Stati Uniti, si è persa il conto, per quanto è astronomico. Ecco cosa dicono per le strade: se il clima fosse una banca, l'avrebbero già salvato. E credo che sia la verità. Se il clima fosse una delle grandi banche, i governi ricchi l'avrebbero già salvato. Credo che Obama non sia arrivato, ha ricevuto il Premio Nobel per la Pace quasi nello stesso giorno in cui mandava altri 30mila soldati ad uccidere innocenti in Afghanistan, e ora viene qui a presentarsi con il Premio Nobel per la Pace, il Presidente degli Stati Uniti. Gli USA però hanno la macchinetta per fare le banconote, per fare i dollari, e hanno salvato, vabbhé, credono di aver salvato, le banche ed il sistema capitalista.
Bene, lasciando da parte questo commento, dicevo che alzavamo la mano per unirci a Brasile, India, Bolivia e Cina nella loro interessante posizione, che il Venezuela e i paesi dell'Alleanza Bolivariana condividono fermamente; però non ci è stata data la parola, per cui, Signor Presidente, non mi conteggi questi minuti, la prego. Ho conosciuto, ho avuto il piacere di conoscere Hervé Kempf – è qui in giro -, di cui consiglio vivamente il libro “Perché i mega-ricchi stanno distruggendo il pianeta”, in francese, ma potete trovarlo anche in castigliano e sicuramente in inglese. Hervé Kempf: Perché i mega-ricchi stanno distruggendo il pianeta. Per questo Cristo ha detto: E' più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio. Questo l'ha detto Cristo nostro Signore.
I ricchi stano distruggendo il pianeta. Pensano forse di andarsene su un atro pianeta quando hanno distrutto questo? Hanno qualche piano a tal proposito? Fino adesso nell’orizzonte della galassia non se ne vede nessuno come la terra. Questo libro mi è appena arrivato, me l ha regalato Ignacio Ramonet, che è anche lui qui presente, ho terminato il prologo ed il preambolo, questa frase è molto importante, Kempf dice quanto segue: “Non possiamo ridurre il consumo materiale a livello globale se non facciamo in modo che i potenti scendano di vari gradini e se non combattiamo la disuguaglianza. È necessario che al principio ecologista tanto utile al momento di prendere coscienza, pensare globalmente ed agire localmente, aggiungiamo il principio che impone la situazione: consumare meno e distribuire meglio”. Credo che sia un buon consiglio che ci da questo scrittore francese Hervé Kempf.
Bene, Signor Presidente, il cambiamento climatico è senza dubbio il problema ambientale più devastante di questo secolo, inondazioni, siccità, tormente, uragani, disgeli, innalzamento del livello del mare, acidificazione degli oceani e ondate di calore, tutto questo acuisce l'impatto delle crisi globali che si abbattono su di noi. L'attività umana d'oggi supera i limiti della sostenibilità, mettendo in pericolo la vita del pianeta, ma anche in questo siamo profondamente disuguali. Voglio ricordarlo: le 500 milioni di persone più ricche del pianeta, 500 milioni, sono il sette per cento, sette per cento, seven per cento della popolazione mondiale. Questo sette per cento è responsabile, queste cinquecento milioni di persone più ricche sono responsabili del cinquanta per cento delle emissioni inquinanti, mentre il 50 per cento più povero è responsabile solo del sette per cento delle emissioni inquinanti. Per questo mi sembra strano mettere qui sullo stesso piano Stati Uniti e Cina. Gli Stati Uniti hanno appena 300 milioni di abitanti. La Cina ha una popolazione quasi 5 volte più grande di quella degli USA. Gli Stati Uniti consumano più di 20 milioni di barili di petrolio al giorno, la Cina arriva appena ai 5,6 milioni di barili al giorno, non possiamo chiedere le stesse cose agli Stati Uniti e alla Cina.
Ci sono questioni da discutere, almeno potessimo noi Capi di Stato e di Governo sederci a discutere davvero di questi argomenti. Inoltre, Signor Presidente, il 60% degli ecosistemi del pianeta hanno subito danni e il 20% della crosta terrestre è degradata; siamo stati testimoni impassibili della deforestazione, della conversione di terre, della desertificazione e delle alterazioni dei sistemi d'acqua dolce, dell’iper-sfruttamento del patrimonio ittico, della contaminazione e della perdita della diversità biologica. Lo sfruttamento esagerato della terra supera del 30% la sua capacità di rigenerazione. Il pianeta sta perdendo ciò che i tecnici chiamano la capacità di autoregolarsi, il pianeta la sta perdendo, ogni giorno si buttano più rifiuti di quanti possano essere smaltiti. La sopravvivenza della nostra specie assilla la coscienza dell'umanità. Malgrado l'urgenza, sono passati due anni dalle negoziazioni volte a concludere un secondo periodo di compromessi voluto dal Protocollo di Kyoto, e ci presentiamo a quest'appuntamento senza un accordo reale e significativo.
Voglio dire che riguardo al testo creato dal nulla, come qualcuno l'ha definito, il rappresentante cinese, il Venezuela e i paesi dell'Alleanza Bolivariana per le Americhe, noi non accettiamo nessun altro testo che non derivi dai gruppi di lavoro del Protocollo di Kyoto e della Convenzione: sono i testi legittimi su cui si sta discutendo intensamente da anni. E in queste ultime ore credo che non abbiate dormito: oltre a non aver pranzato, non avete dormito. Non mi sembra logico che ora si produca un testo dal niente, come dite voi.
L'obiettivo scientificamente sostenuto di ridurre le emissioni di gas inquinanti e raggiungere un accordo chiaro di cooperazione a lungo termine, oggi a quest'ora, sembra aver fallito. Almeno per il momento. Qual è il motivo? Non abbiamo dubbi. Il motivo è l'atteggiamento irresponsabile e la mancanza di volontà politica delle nazioni più potenti del pianeta, nessuno si senta offeso, ricorrendo al grande José Gervasio Artigas quando disse: “Con la verità non temo e non offendo”. È davvero un atteggiamento irresponsabile di marce, di contromarce, di esclusione, di gestione elitaria, un problema di tutti e che solo possiamo risolvere collettivamente. Il conservatorismo politico e l'egoismo dei grandi consumatori, dei paesi più ricchi testimoniano di una grande insensibilità e della mancanza di solidarietà con i più poveri, con gli affamati, con coloro più soggetti alle malattie, ai disastri naturali, Signor Presidente, è chiaramente un nuovo ed unico accordo applicabile a parti assolutamente disuguali, per la grandezza delle sue contribuzioni e capacità economiche, finanziarie e tecnologiche, ed è evidente che si basa sul rispetto assoluto dei principi contenuti nella Convenzione.
I paesi sviluppati dovrebbero assumersi degli impegni vincolanti, chiari e concreti per la diminuzione sostanziale delle loro emissioni e assumere degli obblighi di assistenza finanziaria e tecnologica ai paesi poveri per far fronte ai pericoli distruttivi del cambiamento climatico. In questo senso, la peculiarità degli stati insulari e dei paesi meno sviluppati dovrebbe essere pienamente riconosciuta. Signor Presidente, il cambio climatico non è l’unico problema che colpisce la umanità, altri flagelli ed ingiustizie ci colpiscono, la forbice che separa i paesi ricchi da quelli poveri non ha smesso di crescere, nonostante tutti gli obiettivi del millennio, la riunione di finanziamento di Monterrey, tutte questi vertici, come diceva qui il presidente del Senegal, denunciando una grande verità, promesse e promesse incompiute ed il mondo continua nella sua marcia distruttiva.
Le entrate totali delle 500 persone più ricche del mondo sono superiore alle entrate delle 416 milioni di persone più povere, le 2800 milioni di persone che vivono nella povertà, con meno di 2 dollari al giorno e che rappresentano il 40 per cento della popolazione mondiale, ricevono solo il 5 per cento delle entrate mondiale. Oggi muoiono all’anno 9,2 milioni di bambini prima di arrivare al 5’ anno di vita ed il 99,9% di queste morti avvengono nei paesi più poveri. La mortalità infantile è di 47 morti per mille nati vivi, ma nei paesi più ricchi è solo 5 per mille. La speranza di vita mondiale è di 67 anni, nei paesi ricchi è di 79 anni, mentre in alcune nazioni povere è solo di 40 anni. Ci sono 1100 milioni di persone che non hanno accesso all'acqua potabile, 2600 milioni prive di servizio di sanità, più di 800 milioni di analfabeti e 1020 milioni di persone affamate: ecco lo scenario mondiale. E ora, la causa, qual è la causa? Parliamo della causa, non evitiamo le responsabilità, non evitiamo la profondità del problema, la causa senza dubbio, torno all'argomento di questo disastroso scenario, è il sistema metabolico distruttivo del capitale e della sua incarnazione: il capitalismo.
Ho qui una citazione di quel gran teologo della liberazione che è Leonardo Boff, come sappiamo, brasiliano, che dice: Qual è la causa? Ah, la causa è il sogno di cercare la felicità con l'accumulazione materiale e il progresso senza fine, usando, per fare ciò, la scienza e la tecnica con cui si possono sfruttare in modo illimitato le risorse della terra; e cita qui Charles Darwin e la sua “Selezione Naturale” la sopravvivenza dei più forti, però sappiamo che i più forti sopravvivono sulle ceneri dei più deboli. Rousseau, dobbiamo ricordarlo sempre, diceva che tra il forte ed il debole la libertà opprime, per questo l’impero parla di libertà, è la libertà di opprimere, invadere, assassinare, annichilare, sfruttare, questa è la sua libertà, e Rousseau aggiunge la frase salvatrice: solo la legge libera.
Ci sono alcuni paesi qui che stanno giocando affinché non ci sia alcun documento, perché non vogliono una norma, perché l’inesistenza di questa norme permette loro la libertà si sfruttare, la libertà di travolgere gli altri. Facciamo uno sforzo e facciamo pressione qui, nelle strade, affinché si realizzi questo impegno, esca un documento che impegni i paesi più potenti della terra. Bene, si domanda Leonardo Boff. Avete conosciuto Leonardo Boff? Non so se è presente qui, l’ho conosciuto poco tempo fa in Paraguay, lo abbiamo sempre letto. Può una terra finita sopportare un progetto infinito?
La tesi del capitalismo, lo sviluppo infinito, è un modello distruttivo, accettiamolo. Dopo Boff ci domanda: Che possiamo aspettarci da Copenhagen? Solo questa semplice confessione: così come ci troviamo non possiamo continuare, ed un proposito semplice, andiamo a cambiare la rotta, facciamolo, ma senza cinismo, senza menzogne, senza doppie agende, senza documenti prodotti dal nulla, con la verità davanti a noi.
Fino a quando ci chiediamo dal Venezuela, signor Presidente, signore, signori, fino a quando andiamo a permettere simili ingiustizie e disuguaglianze; fino a quando andiamo a tollerare l’attuale ordine economico internazionale e i meccanismi di mercato vigente, fino a quando andiamo a permettere che grandi epidemie come l’HIV AIDS colpiscano la popolazione intera; fino a quando permetteremo che gli affamati non possano alimentarsi, ne nutrire i propri figli; fino a quando andiamo a permettere che continuino a morire milioni di bambini per malattie curabili, fino a quando andiamo a permettere conflitti armati che massacrano milioni di esseri umani innocenti, con il fine di appropriarsi delle risorse degli altri popoli da parte dei potenti? Noi popoli del mondo chiediamo agli imperi, a quelli che pretendono di continuare a dominare il mondo e noi, chiediamo loro che finiscano le aggressioni e le guerre. Niente più basi militari imperiali, né colpi di Stato, costruiamo un ordine economico e sociale più giusto e equitativo, sradichiamo la povertà, freniamo subito gli alti livelli di emissioni, arrestiamo il deterioramento ambientale ed evitiamo la grande catastrofe del cambiamento climatico, integriamoci nel nobile obiettivo di essere tutti più liberi e solidali.
Signor Presidente, da quasi due secoli, un venezuelano, libertador di nazioni e precursore di coscienze ha lasciato per la posterità un apoftegma pieno di volontà: “Se la natura si oppone lotteremo contro di lei e fare in modo che ci obbedisca…” era Simón Bolívar, el Libertador. Dal Venezuela Bolivariano, dove un giorno come oggi da circa dieci anni, dieci anni esatti viviamo la tragedia climatica più grande della nostra storia: la tragedia di Vargas così chiamata, da questo Venezuela che tenta con la sua Rivoluzione di conquistare la giustizia per tutto il suo popolo.
Il solo cammino possibile è quello del socialismo, il socialismo, l’altro fantasma del quale parlava Carlo Marx, anche questo aleggia da queste parti, il socialismo, questa è la rotta, questa la direzione per la salvezza del pianeta, non ho il ben che minimo dubbio, ed il capitalismo è il cammino dell’inferno e della distruzione del mondo. Il socialismo, da questo Venezuela, che per questo è minacciato dall’impero nordamericano. Dai paesi che conformano l’ALBA, la Alleanza Bolivariana esortiamo, lo dico con rispetto, però dal profondo della mia anima, a nome di molti su questo pianeta, esortiamo i governi ed i popoli della Terra, parafrasando Simón Bolívar, el Libertador: se la natura distruttiva del capitalismo si oppone, dunque lotteremo contro essa e faremo in maniera che ci ubbidisca, non aspettiamo con le braccia conserte la morte dell’umanità.
La storia ci chiama all’unità e alla lotta. Se il capitalismo ci oppone resistenza, noi siamo obbligati a dar battaglia contro il capitalismo ed aprire il cammino alla salvezza della specie umana, tocca a noi alzare le bandiere di Cristo, de Mahoma, della uguaglianza, dell’amore, della giustizia, dell’umanismo, del vero e più profondo umanismo. Se non lo facciamo, la più bella creazione dell’universo, l’essere umano, sparirà, sparirà.
Questo pianeta è vissuto migliaia di milioni di anni, e questo pianeta è vissuto per migliaia di milioni di anni senza di noi, la specie umana: non ha bisogno di noi per esistere. Bene, noi senza la Terra non viviamo, e stiamo distruggendo la Pachamama, come dice Evo e come dicono i nostri fratelli aborigeni del Sudamerica.
In conclusione, signor presidente, solo per concludere, ascoltiamo Fidel Castro quando dice: una specie è in pericolo di estinzione, l’essere umano. Ascoltiamo Rosa Luxemburg, quando dice: Socialismo o barbarie.
Ascoltiamo Cristo il redentore quando dice: Benvenuti i poveri perché loro sarà il regno dei cieli. Signor presidente, signore e signori, dobbiamo essere capaci di non fare di questa terra la tomba dell’umanità, ma facciamo di questa terra un cielo, un cielo di vita, di pace, di pace e fratellanza, per tutta la umanità, per la specie umana. Signor presidente, signori, mille grazie e buon appetito.








21/12/09





LA POLITICA COMINCIA A TEMERE LA GENTE



Richard Allan, responsabile europeo del celebre social network facebook, ha scritto una lettera a Renato Schifani, presidente del senato che negli ultimi giorni si è profuso in dichiarazioni di guerra al web ritenendolo un covo di terroristi. Allen nella lettera si è dichiarato disponibile ad agire in accordo con il ministro a partire da questo martedì 22 dicembre anche se a dire il vero un'azione pratica deve essere già stata intrapresa in quanto è dal giorno seguente l'aggressione a Berlusconi che sul social network accadono cose strane. Non sono rare le segnalazioni di gruppi con migliaia di aderenti, fondati anche precedentemente al giorno zero dell'anno della beatificazione di Berlusconi (il 13 dicembre 2009 appunto) che spariscono misteriosamente o che cambiano di amministrazione e ragione senza che nessuno sembri intervenire attivamente.
Ma ufficialmente nessuno ha mai agito … ancora.
Oggi viene reso noto il disegno legge presentato dal senatore Raffaele Lauro (Pdl) che prevede una pena detentiva da tre a dodici anni per il reato di “istigazione ed apologia dei delitti contro la vita e l’incolumità della persona”. Fino a qui nulla da eccepire nel giudicare biasimevole un incitamento alla brutalità anche se è impossibile non notare quanto sia sproporzionata la pena in un paese in cui la violenza sessuale è punita in base all'art. 609-bis del codice penale con la reclusione da 5 a 10 anni. I dubbi sulla reale motivazione che ha spinto il senatore Lauro sorgono per l'aggiunta di un piccolo comma che stravolge la lettura e che prevede l'inasprimento della pena in caso il reato venga perpetuato a mezzo internet o telefono. Sempre il senatore Lauro ha presentato una mozione per discutere degli effetti ritenuti “perversi” dell'abuso di utilizzo del telefono cellulare.

Sembra che i nostri politici siano assolutamente terrorizzati all'idea che la gente comune comunichi, più che sul contenuto della comunicazione.
Se questa assurda legge dovesse trovare avallo diverrà più grave affermare “voglio picchiare Tizio” attraverso il proprio spazio su facebook piuttosto che scriverlo a lettere cubitali sulla prima pagina del quotidiano a maggior tiratura nazionale.
Quello che forse sfugge, o peggio quello che precisamente si è capito, è che l'antico agorà, la piazza dove i cittadini si riunivano per discutere le sorti dello Stato, oggi corre sui cavi e che internet è diventato il luogo della democrazia per antonomasia dove si creano numerose relazioni interpersonali, si discute, ci si confronta tra tutti (ahimè sciocchi inclusi) e si cominciano anche a prendere timidamente le prime decisioni di iniziativa popolare.
Si sta diffondendo nella classe politica una nuova forma di agorafobia intesa come la paura di una piazza aperta e frequentata dal popolo.



19/12/09





IL FALLIMENTO DI COPENHAGEN


Questa la lettera che Kumi Naidoo, direttore esecutivo di Greenpeace International, ha voluto inviare a tutti a conclusione del summit sul clima di Copenhagen.

Come le decine di migliaia di attivisti attorno al globo che hanno lavorato in modo così duro perché da Copenhagen uscisse un trattato equo, ambizioso e legalmente vincolante, ho sperato fino all’ultimo che i nostri leader avrebbero agito, raggiungendo un accordo sul clima sufficiente a evitare la catastrofe climatica.
Ma la realtà è stata diversa. Nonostante il mandato ricevuto dai cittadini di tutto il mondo, e più di un centinaio di capi di governo arrivati a Copenhagen, il battibecco continua. I nostri leader non hanno agito come tali. Non hanno portato a termine il loro compito.
Il risultato non è equo, né ambizioso e legalmente vincolante. Oggi, i potenti della Terra hanno fallito l’obiettivo di impedire cambiamenti climatici disastrosi.
La città di Copenhagen è la scena di un crimine climatico, con i colpevoli che scappano verso l’aeroporto, coperti di vergogna. I leader mondiali hanno avuto un’occasione unica per cambiare il pianeta in meglio, evitando i cambiamenti climatici. Alla fine hanno prodotto un debole accordo, pieno di lacune, abbastanza grandi da farci passare dentro tutto l’Air Force One.
Il fallimento è dovuto in parte alla mancanza di fiducia reciproca tra nazioni sviluppate e in via di sviluppo. I leader dei Paesi industrializzati hanno avuto moltissimo tempo per fissare obiettivi ambiziosi e impegnativi di riduzione dei gas serra. E, allo stesso tempo, per accordarsi sui miliardi di euro che avrebbero permesso alle nazioni in via di sviluppo di fare la propria parte per ridurre i gas serra da combustibili fossili e arrestare la deforestazione su larga scala.
Nel corso dell’anno, le nazioni in via di sviluppo hanno mostrato la volontà di impegnarsi in questa direzione. Ma sono le nazioni industrializzate che non si sono mosse a sufficienza. E i meno pronti sono stati gli Usa, che ora meritano la parte del leone nella nostra condanna.
Ma il fallimento non è un’opzione. I climatologi di tutto il mondo ci dicono che la crescita delle temperature globali deve arrestarsi al più presto, per poi iniziare a tornare sotto i livelli attuali. Anche una crescita della temperatura di 1,5 gradi potrebbe determinare impatti irreversibili, e una di 2 gradi rischia di portare verso cambiamenti climatici catastrofici.
Per evitare questo, le nazioni industrializzate – che hanno la maggiore responsabilità del problema – devono adottare i tagli più drastici. Inoltre, devono fornire almeno 140 miliardi di dollari all’anno per aiutare i Paesi in via di sviluppo a fare la propria parte e incamminarsi in un percorso di energia pulita, proteggere le foreste tropicali e adattarsi a quei cambiamenti climatici che – purtroppo – sono ora inevitabili.
E tutto questo deve essere racchiuso in un trattato legalmente vincolante. Questo è il lavoro non concluso a Copenhagen. Ed è nostro compito – vostro e mio – assicurarci che i potenti della Terra tornino al lavoro e concludano il proprio compito.
Greenpeace, come molte altre organizzazioni attorno al pianeta, continuerà a premere, in modo pacifico, affinché i nostri leader facciano quello che deve essere fatto … salvare vite umane e proteggere specie che non possono parlare per sé stesse.
Non è finita. I cittadini di tutto il mondo chiedevano un vero accordo prima che il Summit iniziasse, e lo stanno ancora chiedendo. Possiamo ancora salvare centinaia di milioni di persone dalle devastazione di un mondo sempre più caldo, ma è solo diventato molto più difficile.
La società civile, la maggior parte della quale è stata chiusa fuori nei giorni finali di questo Summit sul clima, ora deve raddoppiare i propri sforzi. Ciascuno di noi deve costringere i propri leader ad agire. Dobbiamo portare la lotta per impedire la catastrofe climatica a ogni livello politico: locale, regionale, nazionale e internazionale. E lo stesso per le stanze dei consigli di amministrazione e le strade principali delle nostre città. O lavoreremo per un cambiamento effettivo della nostra società o soffriremo le conseguenze di questo fallimento.
Come insulto finale, abbiamo appena saputo che i tre attivisti di Greenpeace entrati nel Palazzo Reale danese, nel corso della cena ufficiale dei capi di Stato, aprendo un banner con la richiesta di una vera azione per il clima, sono stati spediti in prigione per tre settimane. Si tratta dei leader sbagliati. I veri leader mondiali che hanno provato ad agire realmente sono ora in cella, mentre i presunti leader stanno abbandonando la scena.
Kumi Naidoo
Executive Director
Greenpeace International


18/12/09





IL ROC, UN SEGRETO NEI SERVIZI SEGRETI



Il SISDE, l'ex servizio segreto italiano, non è nuovo a scandali. Sono parecchi gli episodi in cui è stato travolto. Quello che ha avuto più risonanza è certamente lo scandalo destato dallo scoprire che i vertici di questa struttura risultavano tutti iscritti alla loggia massonica segreta P2, una consorteria che aveva, o ha, lo scopo di sovvertire l'assetto socio-politico-istituzionale italiano. Un bel controsenso per chi dovrebbe avere il compito di difendere la sicurezza nazionale e delle sue istituzioni.

Nel 2002 per volere dell'allora capo del SISDE, il generale Mario Mori, all'interno del SISDE venne creata un alta struttura denominata ROC. Il ROC (raggruppamento operativo centrale) è un segreto anche all'interno dei servizi segreti, è un ente privo di qualsiasi controllo esterno che risponde esclusivamente al suo direttore. E' stato formato da personale scelto nominalmente dallo stesso Mori e si struttura principalmente in tre sezioni: il CSO (centro supporto operativo), il CCO (centro criminalità organizzata) e l'unità A2.

Fin dal principio questa struttura ha destato perplessità ma nulla ha mai potuto scalfire la cortina di fumo che la circonda e la protegge e al COPACO, il comitato preposto a controllare l'operato dei servizi segreti italiani, non è mai stato permesso di conoscere le reali sue attività. Da queste indicazioni è facile dedurre come sia impresa quasi impossibile reperire notizie circa il suo operato, le azioni intraprese e i risultati ottenuti.

Non c'è risposta alle domande sul perché il ROC gode di un bilancio per le spese riservate diverso da quello del SISDE oggi AISI o circa le operazioni segrete di cui si occupa, eppure il ROC ha un potere immenso; ha funzione di analisi dati, di raccolta informazioni, ha mansioni operative e può addirittura agire come polizia giudiziaria. Tutte attività riassunte in un unica struttura controllata solo dal capo del ROC stesso, al di fuori dunque da qualsiasi regola o legge dello Stato.

Il 16 dicembre 2006 ai vertici del ROC è avvenuto un cambio di poltrona, l'indagato Mario Mori abbandonò la direzione del servizi segreti dopo 5 anni di attività passando la staffetta a Franco Gabrielli che mantenne la carica per soli 6 mesi prima di venir esautorato da Giorgio Piccirillo.

Il perché di questo veloce avvicendamento è presto detto. Fin dai primi giorni di comando Gabrielli si dimostrò scomodo e non in linea con le decisioni prese in precedenza da Mori. Smantellò quasi subito due centrali di ascolto clandestine gestite fino ad allora esclusivamente dal ROC.
Le centrali avevano scopi non certo di accertamento di reati, lavoravano in assoluta clandestinità senza alcuna autorizzazione e perciò ogni elemento di cui si fosse venuti a conoscenza non poteva essere utilizzato in tribunale, risultavano invece utilissime per reperire quante più informazioni possibili su persone o enti da utilizzarsi poi esclusivamente per i propri scopi, un altra volta al di fuori di leggi e senza alcun tipo di controllo.
Gabrielli sporse denuncia presso la procura della Repubblica di Roma contro Mario Mori e le sue scelte scellerate all'interno dei servizi segreti.

L'ultimo mistero però, quello sulle reali funzioni dell'unità A2, rimane inviolato e nulla o nessuno sembra saperne niente.


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17/12/09





CAPITOLO UNO: USARE L'AGGRESSIONE A BERLUSCONI PER ABBATTERE LA MAGISTRATURA



All'inizio della seduta del plenum del CSM di lunedì 14 dicembre in cui si era chiamati a dare il parere sul disegno di legge del processo breve, alcuni esponenti del pdl hanno pesantemente accusato alcuni magistrati che a loro dire contribuiscono ad alimentare il clima di tensione che poi è sfociato nell'aggressione al premier Silvio Berlusconi.
In particolare la questione è stata sollevata dai consiglieri Michele Saponara e Gianfranco Anedda.
Quest'ultimo, dicendo di parlare anche a nome del collega Saponaro, ha affermato che al clima di odio portatore di violenza contro il presidente Berlusconi non sono estranei alcuni magistrati che con le loro parole eccessive sono stati indirettamente causa delle violenze.Le parole “eccessive” sarebbero state pronunciate da Armando Spataro nel 2004 quando disse che vi erano “ripetute grida sulla arroganza della legislazione”, concetti ripresi nell'appello alla giustizia di diversi magistrati prima delle elezioni i quali scrissero “noi riteniamo che vi siano inderogabili priorità: la cancellazione delle principali leggi che sono state adottate quasi esclusivamente al fine di perseguire gli interessi personali di pochi ignorando quelli della collettività. Si tratta di leggi che, a prescindere da ogni altra considerazione, hanno devastato il nostro sistema giustizia e compromesso il principio della ragionevole durata dei processi”. Anedda afferma poi che le parole più pesanti sono state quelle pronunciate dal dott. Ingroia ad un convegno in cui disse “di fronte a questo baratro dello Stato di diritto un magistrato ha il diritto di parola perché siamo di fronte ad una sistematica demolizione dello Stato dove la politica non esiste più perché è stata totalmente occupata da interessi privati. Abbiamo una classe dirigente che ha come unico obiettivo l'autoconservazione e genera anticorpi verso tutto quello che può ostacolarla. Ho il sospetto che la seconda repubblica sia figlia di quel patto tra mafia e stato e i cittadini hanno diritto di sapere e di conoscere il sospetto. Oggi non è più tempo della neutralità ma è il momento di schierarsi, di scegliere da che parte stare, dalla parte della verità e la giustizia.”

Sono questi i principi che per Anedda hanno spinto alla violenza: la ricerca di verità e giustizia.

Questo governo sempre di più lascia intendere che vorrebbe che la magistratura si astenesse dal voler difendere la giustizia e la legalità, lasciando tutto nelle mani della politica, quella stessa politica che travolge qualsiasi potere costituzionale e si continua a sottrarre al giudizio accampando diversi inconsistenti motivi.
Si è giunti al paradosso in cui in un organo come il CSM, nato a tutela dell'autonomia e indipendenza della magistratura, si arriva ad affermare che la legge deve sottostare alle decisioni della politica.

Alla luce di quanto sta succedendo questa polemica sembra essere strumentale a chi vuole speculare sulla recente aggressione a Berlusconi per utilizzarla a scopi personali di partito in cui si tende a delegittimare la magistratura per poi poterla meglio piegare alle proprie volontà.


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16/12/09





PERMESSI DI SOGGIORNO IN NOME DI DIO



In un momento politico e sociale di particolare violenza, fisica o verbale, vorrei che i più potessero conoscere  Padre Giorgio Poletti, un missionario comboniano dell'ordine del Cuore di Gesù.
Padre Giorgio è stato prima sacerdote nei quartieri neri di Chicago, poi in Mozambico e ora porta avanti la sua missione a Castel Volturno in provincia di Caserta.
Non è un politico, non affolla gli studi televisivi, non vive barricato all'interno della sua chiesa. Lui manifesta con la sua pacifica ma indomita presenza per i diritti e le libertà di tutti.
Sua una meravigliosa lettera indirizzata a chi ci governa in cui chiedeva di mandare insegnanti e non militari nelle zone più aspre del casertano.
Sempre suo uno dei messaggi più straordinari di solidarietà Cristiana, da alcuni anni scende nelle piazze per rilasciare permessi di soggiorno in Nome di Dio, una azione motivata dalla convinzione che ogni persona ha diritto di esistere e di essere rispettata. Reclama il diritto a poter vivere di chiunque, “In nome di Dio” perché in una società dove il nome di Dio viene usato anche per bassi scopi politici ed economici, si è convinti che Dio stia sempre dalla parte dei più deboli e indifesi.
Questa iniziativa nasce a seguito dell'introduzione del discutibile “pacchetto sicurezza” in cui vengono inasprite tutte le norme legate al favoreggiamento dell’ingresso irregolare ma non vengono toccate le sanzioni agli sfruttatori. Un modo bellissimo e coerente di resistenza civile per combattere il dilagante razzismo della politica e nella società.

Grazie Padre Poletti, grazie a lei ho un po meno vergogna a dichiararmi cittadina della stessa terra che La accoglie.


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15/12/09





AIUTO DALLA RETE PER DIFENDERE LA RETE DALLA CENSURA

Pochi minuti fa si è conclusa la relazione, a mio parere vergognosa, del ministro Maroni in merito alle ultime vicende che hanno visto il ferimento di Silvio Berlusconi. Dalle parole del ministro scaturisce molta più violenza di quella fino ad ora verificatasi, sembra trovare nuova attualità l'auspicio ad una moderna censura da attuarsi in un paese che, unico tra i paesi che si vogliono definire industrializzati, viene già considerato "parzialmente libero" per quello che concerne la libertà di stampa (relazione internazionale annuale freedompress).
Chiedo alla rete di prendere visione della relazione parlamentare e di analizzarla, se vorrete, insieme.

XVI LEGISLATURA
Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 258 di martedì 15 dicembre 2009

Informativa urgente del Governo sull'aggressione ai danni del Presidente del Consiglio che ha avuto luogo il 13 dicembre 2009 a Milano.

PRESIDENTE. Come preannunciato ai gruppi parlamentari avrà ora luogo lo svolgimento di un'informativa urgente del Governo sull'aggressione ai danni del Presidente del Consiglio che ha avuto luogo il 13 dicembre 2009 a Milano.

ROBERTO MARONI, Ministro dell'interno. Signor Presidente, onorevoli colleghi, desidero innanzitutto rinnovare anche qui, nella sede più solenne, lo sdegno mio personale e di tutto il Governo per la gravissima aggressione di cui il Presidente del Consiglio è rimasto vittima nella serata di domenica a Milano. A lui va la mia incondizionata solidarietà e vicinanza con l'augurio che possa al più presto tornare a svolgere la sua preziosa attività alla guida del Governo.
L'eccezionale gravità dell'accaduto richiede una puntuale ricostruzione dei fatti. Nel pomeriggio di domenica scorsa, in occasione dell'apertura della campagna di tesseramento, il Popolo della Libertà ha organizzato una manifestazione in Piazza Duomo a Milano, in un'area che, soprattutto in vista delle prossime festività natalizie, è particolarmente frequentata. L'iniziativa si è svolta in una zona retrostante il Duomo e contigua a Corso Vittorio Emanuele, dove era stato allestito il palco per gli oratori e prevedeva la presenza di numerose autorità, tra cui il sindaco di Milano, il presidente della regione Lombardia, numerosi Ministri e il Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi.
Alla manifestazione hanno partecipato oltre 10 mila persone, essa è iniziata intorno alle 17,15 e il Presidente del Consiglio è arrivato sul posto intorno alle 17,40. Fin dall'inizio le forze di polizia impiegate nel servizio di ordine pubblico hanno rilevato la presenza in piazza di un centinaio di persone che contestavano la manifestazione e il Governo. I contestatori sono stati subito fronteggiati dai reparti di polizia schierati sul posto che li hanno fatti arretrare fino in Piazza Duomo, angolo via Santa Radegonda. L'intervento dei reparti scongiurava ogni contatto tra i contestatori e i manifestanti, evitando ulteriori scontri e più gravi turbative allo svolgimento della manifestazione.
Un altro gruppo di quattro, cinque persone, anche essi contestatori, si era posizionato sotto il palco all'esterno delle transenne, innalzando bandiere del Popolo della Libertà. All'arrivo del Presidente del Consiglio, dopo aver abbandonato le bandiere, il gruppo ha tentato di srotolare a favore delle telecamere uno striscione con una scritta ingiuriosa nei confronti del Presidente del Consiglio. Anche questo tentativo veniva scongiurato dal pronto intervento degli operatori di polizia presenti che riuscivano ad evitare che la provocazione potesse generare episodi più gravi.
Il Presidente del Consiglio, dopo aver chiamato sul palco i Ministri presenti, il sindaco di Milano e il presidente della regione Lombardia, chiudeva la manifestazione e intorno alle 18,35 raggiungeva l'area immediatamente retrostante il palco, ove erano state disposte, ad attenderlo, le autovetture del dispositivo di sicurezza. A questo punto, il Presidente, prima di ripartire, ha deciso di fermarsi per rispondere alle domande di alcuni giornalisti e per salutare i numerosi cittadini posizionati dietro le transenne predisposte per recintare la zona retrostante il palco. È proprio in questa occasione che, alle spalle dei giornalisti e delle persone che salutavano il Presidente, confuso tra la folla, una persona, successivamente indicata come Massimo Tartaglia, di 42 anni e residente a Cesano Boscone, con un'azione improvvisa lanciava contro il Presidente Berlusconi un oggetto in alabastro, riproducente il duomo di Milano e da lui comprato in precedenza in un chiosco della piazza.
Il Presidente Berlusconi veniva colpito al volto, tra la bocca e il naso, riportando gravi ferite e un vistoso sanguinamento. Portato immediatamente presso l'ospedale San Raffaele per le necessari medicazioni, è stato successivamente ricoverato con una prognosi di venticinque giorni per ferite lacero-contuse al labbro superiore e distacco della porzione più distale della spina nasale ed osso mascellare di sinistra. L'aggressore è stato immediatamente bloccato da un operatore del servizio di sicurezza e del personale del locale commissariato di polizia. Accompagnato in questura subito dopo il fermo, è stato interrogato dal pubblico ministero Armando Spataro che ne ha disposto l'arresto per il reato di lesioni volontarie aggravate dalla qualità di pubblico ufficiale della persona offesa e dalla premeditazione. Il Tartaglia, come da lui stesso dichiarato in sede di interrogatorio, si trovava in prossimità del luogo della manifestazione già dalle ore 11 del 13 dicembre, proprio in preparazione del suo folle gesto. In particolare, la premeditazione risulta provata anche dalla circostanza che l'aggressore è stato trovato in possesso di una bomboletta spray al peperoncino e di altri oggetti contundenti, astrattamente idonei a ledere persone tra cui un crocifisso in materiale resinoso. Il Tartaglia ha dichiarato di non appartenere a gruppi politici organizzati, né di frequentare centri sociali, ma di aver agito da solo, spinto dalla rabbia che da tempo covava dentro di sé nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri. Dai primi accertamenti è risultato che l'aggressore celibe, incensurato e destinatario unicamente di un provvedimento di revoca della patente di guida per sopravvenuta mancanza dei requisiti e da molti anni in cura per problemi psichici di tipo paranoico, ha problemi di lavoro nonché grosse difficoltà relazionali con i genitori. Al momento sono ancora in corso le indagini da parte della polizia giudiziaria e il Tartaglia è stato condotto presso il carcere di San Vittore.
La gravità dell'episodio mi ha indotto a incontrare personalmente, nella mattinata di ieri presso la prefettura di Milano, i rappresentanti delle forze dell'ordine. Ho voluto, infatti, subito effettuare un'accurata ricostruzione dei fatti per verificare se il sistema di gestione dell'ordine pubblico durante la manifestazione fosse stato predisposto ed attuato secondo le regole che devono essere rispettate in casi del genere. Dopo aver ascoltato i rappresentanti delle forze dell'ordine, mi sono convinto che ciò sia avvenuto e che nessun rilievo possa essere mosso ai responsabili dell'ordine pubblico milanese. I dispositivi attuati hanno anzi consentito di sventare, come prima ricordato, un tentativo di violenta contestazione al Presidente del Consiglio proprio sotto il palco. Ricordo che, in occasione di ogni visita o impegno pubblico del Presidente del Consiglio, vengano preventivamente effettuati sopralluoghi da parte del personale della questura in stretta collaborazione con il personale dell'AISI, l'Agenzia per la sicurezza interna, a cui compete direttamente la responsabilità della sicurezza e della protezione istituzionale del Presidente del Consiglio. Vengono, altresì, disposti minuziosi servizi di bonifica preventiva sui percorsi e sui luoghi interessati, nonché specifici servizi di osservazione riservata a vigilanza da parte del personale della DIGOS.
I luoghi che saranno visitati dal Presidente del Consiglio vengono già dalla giornata precedente debitamente sorvegliati mediante l'istituzione dei servizi di vigilanza fissa. Vengono altresì allertati tutti i servizi di vigilanza in corso ed attivate tutte le fonti informative, al fine di individuare preventivamente, anche mediante il monitoraggio della rete Internet, eventuali iniziative di contestazione e protesta, al fine di predisporre le opportune contromisure.
A questo proposito, mi sono immediatamente attivato ieri sera, dopo aver visto in televisione un servizio che denunciava la possibile individuazione del Tartaglia da parte di due persone che avrebbero segnalato il fatto ad una pattuglia della polizia, servizio dato con grande evidenza. Ho chiesto al Capo della polizia e al questore di Milano di prendere immediatamente contatti con tali persone, che sono state condotte in questura, dove hanno reso una deposizione, che si sono peraltro rifiutati di firmare, da cui risulta, contrariamente a quanto è apparso in televisione, che avrebbero effettivamente contattato un agente di polizia, segnalandogli semplicemente che vi era una persona matta che disturbava i passanti, senza fare alcun riferimento alle frasi da questi pronunciate nei confronti dell'onorevole Berlusconi.
La sicurezza personale, inoltre, curata dal personale dell'AISI è sempre supportata a largo raggio anche da personale della questura, che opera in abiti civili a loro stretto contatto. Il compito delle forze dell'ordine in situazioni come quella attuale è di particolare delicatezza e complessità: coniugare in ogni momento la doverosa garanzia della libertà di manifestazione del pensiero di chiunque con l'altrettanto doverosa esigenza di tutelare la sicurezza e l'incolumità dei rappresentanti delle istituzioni e di tutti i cittadini. È proprio la ricerca di questo delicato punto di equilibrio che contraddistingue l'impegno delle forze dell'ordine in circostanze come quelle vissute domenica pomeriggio in piazza del duomo a Milano. Ma l'asprezza dei toni che la dialettica politica recentemente ha assunto e più in particolare la progressiva e crescente campagna contro la persona del Presidente del Consiglio dei Ministri (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud), che in molti casi travalica le regole del legittimo confronto democratico, finisce spesso per innescare una pericolosa spirale emulativa. Dopo la gravissima aggressione di domenica, è ripresa la proliferazione su alcuni social network, come facebook, di gruppi che inneggiano all'aggressore del Premier e che, come già accaduto nel recente passato, incitano alla violenza nei confronti di Berlusconi. L'autorità giudiziaria è già stata attivata al riguardo, ma stiamo valutando ogni possibile iniziativa, anche legislativa, per procedere all'oscuramento di quei siti che diffondono messaggi di vera e propria istigazione a delinquere (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania, Unione di Centro e Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud), con effetti che tutti purtroppo abbiamo visto. Finora i tentativi in sede parlamentare di introdurre nel nostro ordinamento norme efficaci in tal senso hanno dovuto segnare il passo rispetto alle difficoltà di individuare interventi mirati ad oscurare solo i gruppi che pubblicano messaggi violenti, senza coinvolgere la generalità degli utenti dei social network, che utilizzano le opportunità delle moderne tecnologie della rete per fini assolutamente leciti (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud).
Sto pertanto valutando soluzioni idonee, che intendo sottoporre al prossimo Consiglio dei Ministri, che siano compatibili con tali esigenze, grazie anche all'esperienza operativa maturata dal servizio della polizia postale e delle comunicazioni, già proficuamente attivo nel monitoraggio della rete per l'individuazione dei siti e delle pagine web che inneggiano alla violenza.
È proprio grazie ai proficui contatti tra il servizio della polizia postale e delle comunicazioni e la società statunitense proprietaria di facebook che è stato possibile intervenire nello scorso mese di ottobre per rimuovere i messaggi che anche in quell'occasione istigavano alla violenza contro il Presidente del Consiglio.
Sono infine in corso approfondimenti di livello tecnico per verificare la possibilità di iniziative legislative per contrastare più efficacemente gli episodi di violenza in occasione di manifestazioni pubbliche, sempre in un quadro di compatibilità con l'ordinamento vigente, sulla falsariga di quanto già avviene per combattere la violenza negli stadi.
Il Governo nella sua collegialità e il Ministro dell'interno, quale autorità nazionale di pubblica sicurezza, si sentono attivamente impegnati a garantire la sicurezza di tutti i cittadini e di tutti i rappresentanti istituzionali, a partire dalle più alte cariche dello Stato, nell'interesse del regolare svolgimento della vita democratica del Paese e, in particolare, dell'imminente campagna elettorale per le prossime elezioni regionali e amministrative.
È auspicabile, al riguardo, che gli stessi temi della sicurezza delle più alte cariche istituzionali e di tutti i cittadini non rappresentino un ulteriore motivo di dannosa e strumentale polemica politica. È proprio per questo che occorre raccogliere l'invito del Presidente della Repubblica affinché, pur nella diversità delle varie posizioni politiche, si fermi la pericolosa esasperazione della polemica politica e si torni al più presto ad un normale e civile confronto tra le diverse parti e tra le diverse istituzioni.


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SI PUO' DIRE NO ALLA CAMORRA


Storia di un ragazzo che ha incontrato, vissuto, rifiutato la camorra e ora la combatte. Intervista a Raffaele Marra, autore del cartoon anticamorra “Le avventure di Giggino e Totore”

MI RACCONTI UN PO DI TE?
Sono un ragazzo come tanti, nato a Napoli da una modesta famiglia nei primi anni '70, in città ho trascorso i primissimi anni della mia vita ma presto i miei genitori hanno deciso di trasferirsi a Boscotrecase, paese di origine di mia mamma. Nonostante il trasferimento mio padre ha insistito per farmi frequentare le scuole a Napoli, prima le medie presso l'istituto “Ugo Foscolo” a piazza del Gesù Nuovo e poi le superiori al ”Ipsia Casanova” in piazzetta Casanova. Lui, operaio della Italsider, non voleva che perdessi il contatto con una città che mi avrebbe dato più possibilità di crescere e migliorarmi rispetto ad un paesino di periferia.
Per tutti gli anni in cui sono stato scolaro all'uscita da scuola andavo dagli zii che abitavano a Ponticelli, un quartiere della periferia napoletana, e li aspettavo che papà mi riportasse a casa la sera.
Questo essere senza radici fisse mi ha portato a conoscere le molteplici facce della realtà partenopea senza risparmiarmi esperienze.

QUALI SONO QUESTE REALTA' DIVERSE?
Di mattina vivevo il centro città scandito dal ritmo della gente che va e viene dagli uffici, dai gruppi di turisti in visita guidata per le vie, li osservavo mentre andavo a scuola con i miei compagni attraversando i vicoli della città.
Il pomeriggio ero a Ponticelli, grosso quartiere satellite di Napoli dove si vive una realtà difficile, dove disoccupazione e camorra si alimentano incessantemente a vicenda. E' qui che per la prima volta ho toccato con mano la realtà camorrista, vedevo miei coetanei atteggiarsi da bulli scimmiottando i gesti e i modi di fare dei loro fratelli o cugini più grandi che erano già stati integrati nel “sistema”. A quell'età è forte il condizionamento ricevuto dai genitori e la mia è una famiglia povera ma onesta, già allora avvertivo forte la differenza tra me e loro nel concepire il futuro.
Nel restante tempo libero vivevo a Boscotrecase, un paesino in periferia che conta si e no 10.000 anime distribuite in un area di 7 km quadrati, terra di nessuno dove la criminalità la fa da padrone.
Sono cresciuto in questo limbo, conoscendo tutte le realtà ma non sentendomi figlio di nessuna di queste, estraneo anche a casa mia eppure capace di sopravvivere ovunque.
Terminate le scuole la mia vita a preso a girare solo attorno a Boscotrecase e qui si è completato l'allenamento a convivere con i clan camorristici che si contendevano a turno la zona. I Gionta di Torre Annunziata e quelli dell'entroterra di Poggiomarino, Terzigno e Ottaviano si disputavano questo fazzoletto di terra come in una partita a Risiko, si tirano i dadi e si spostano i carro armati.
La mia adolescenza è stata contrassegnata da quotidiane scorribande per le stradine del paese a cavallo di improbabili motorini fingendo di essere gli adulti che non eravamo, ancora. I veri adulti, quelli duri, frequentavano il bar sotto casa mia. Li conoscevo tutti, di ognuno conoscevo la famiglia di appartenenza e di tutti potevo intuire la visione che avevano della realtà. Avevo imparato a ragionare come loro anche se non appartenevo a nessuna famiglia camorrista, per me era una mera questione di sopravvivenza. Ho vissuto il vuoto e la degradazione dei giovani che alimentano la loro forza con un linguaggio osceno, omologandomi passivamente al mondo che mi circondava.

COSA E' STATO CHE HA FATTO SCATTARE IN TE UNA VOGLIA DI CAMBIAMENTO?
Quando avevo 20 anni ho visto per la prima volta il mondo che mi circondava senza filtri, solo con i miei occhi. L'aria malsana della malavita mi ha toccato in prima persona quando ho visto morire di overdose, schiacciati dalla disumana quotidianità della camorra, prima un vicino di casa poi un parente. L'abisso l'ho sfiorato il giorno che hanno freddato mio cugino in fondo alla via, punito per aver giocato un po troppo con due diversi clan criminali. Ero li quel giorno, conoscevo bene di chi era quel corpo polveroso circondato da una pozza di sangue, in passato forse lo avevo anche invidiato quando mi raccontava dell'ultima bravata. Lo hanno ucciso che aveva ancora il casco in testa e il giubbotto antiproiettile addosso, che illuso, forse pensava che così se la sarebbe cavata.
Mai lo strazio e la sconcezza della camorra mi aveva toccato così da vicino nonostante ci vivessi in mezzo da sempre, fino ad allora mi ero sempre mentito ripetendomi che queste cose succedevano solo agli altri perché non sapevano come sopravvivere, mi ero voluto convincere che a me e alla mia famiglia non sarebbe mai potuta toccare questa sorte. Mi sbagliavo.
Da quell'episodio non mi sono più sentito parte di quella assurda terra dove guappi spietati e armati impongono la corruzione e la violenza come norma fondamentale della convivenza sociale, ho ripreso a sentirmi figlio di nessun luogo, estraneo a questa realtà.
Accompagnato da questa nuova consapevolezza ho vissuto gli anni più duri della mia vita, isolato per mia scelta da tutti gli amici che fino al giorno prima consideravo quasi come fratelli, sotto la lente d'ingrandimento da parte dei miei genitori che temevano che questa crisi fosse il frutto della decisione opposta, in perenne litigio con loro. Sono arrivato fino al punto di odiare la vita e schifare tutto quello che mi circondava. Ero sul fondo di un baratro reso più tetro e angosciante dal fatto che ero consapevole del deserto in cui avevo vissuto fino ad allora. Mi stavo pian piano lasciando scivolare nell'oblio nella speranza di poter ignorare una realtà che non accettavo. Il superlavoro durante la settimana e i week end di alcool e droga mi permettevano di stordirmi così da poter fingere di non vedere l'indecente amoralità e disonestà che mi circondava. Si stava facendo strada in me la rassegnazione a dovermi sentire un debole, non avrei voluto perdermi ma non volevo nemmeno ritornare a far parte di un mondo che ormai non sentivo più' mio e che disprezzavo.

COSA E' CAMBIATO POI?
La rabbia mi ha salvato. Una rabbia non rivolta contro qualcuno in particolare ma indirizzata ad un modo d'agire infame che ti spinge ad un silenzio indifferente e che ti trasforma in spettatore complice di un mondo arido, inutile ed arrogante. Ho dovuto vivere con questo disagio addosso per otto anni prima di trovare il coraggio di riprendere il mio posto all'interno di una società che mi aveva profondamente disgustato. Ho provato a cancellare dalla mia vista il mondo conosciuto fino ad allora e guardare oltre per vedere se c'era anche un altro modo, non più per sopravvivere, ma finalmente per vivere e ho scoperto che il paese non era cambiato in questo lungo periodo in cui mi ero costretto alla solitudine, erano cambiati però i miei occhi, potevo finalmente vedere che c'era anche altro. Mi sono unito ad un gruppetto di ragazzi che si muoveva tra Torre Annunziata, Pompei e Torre del Greco occupandosi di animali randagi o di portare vestiti ai senzatetto. Mai esperienza mi aveva arricchito di più, era come se finalmente potessi riscattare la vita che avevo fino ad allora vissuto, scusandomi e riappacificandomi con me stesso.
Con il tempo ho ricominciato ad affrontare il mondo, ho ripreso a bazzicare Napoli, sempre coinvolto in gruppi di volontariato rivolti al sociale, ho conosciuto il meetup di Beppe Grillo di Napoli con cui ho condiviso nuove battaglie come contro i roghi dolosi che avvelenano l'aria o campagne di denuncia civile del traffico illegale di rifiuti.
In un secondo momento, finalmente, mi sono sentito pronto per sostenere l'esame finale; un impegno in prima persona in cui sfidavo il mondo di merda della camorra.
Ho realizzato un cartoon anticamorra, “Le Avventure di Giggino e Totore”, in cui racconto le vicende vissute da due guappi a servizio dei clan che smaltiscono illegalmente rifiuti tossici, camorristi stupidi ma spietati disposti ad avvelenarsi pur di guadagnare facili soldi. Ci ho messo dentro tutto quello che conosco di quella realtà filtrato attraverso il disprezzo di chi la camorra l'ha conosciuta, l'ha subita ed ora la schifa.
Vorrei che tutti i ragazzi potessero vedere questo cartoon per capire quanto siano in realtà limitati e sciocchi i camorristi, vorrei attraverso le immagini parlare a tutti loro per potergli dire che la mafia e' la via verso l'autodistruzione, un modo veloce per trasformarsi in bestie occupate solo a sfamarsi del prossimo.

La prima serie di “Giggino e Totore” ha avuto un discreto successo, è stata trasmessa in TV e ne è nato un cortometraggio.
GIGGINO E TOTORE IL FILM

Ora lavoro alla seconda serie di cui sono già usciti i primi quattro episodi
Giggino e Totore nuova serie, episodio 1
Giggino e Totore nuova serie, episodio 2
Giggino e Totore nuova serie, episodio 3
Giggino e Totore nuova serie, episodio 4


“La speranza ha due bellissimi figli: lo sdegno ed il coraggio; sdegno per le cose come sono e coraggio per cambiarle”. San Agostino






14/12/09: FIACCOLATA CON ALEX ZANOTELLI

               











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14/12/09





L'ARTE ITALIANA DELL'IPOCRISIA



E' tornato Anteo Zamboni.
Anteo Zamboni aveva 15 anni quando morì il 31 ottobre del 1926. Quel giorno, tentò di sparare contro Benito Mussolini subito dopo la cerimonia di inaugurazione dello stadio littorio di Bologna, lo mancò grossolanamente. Venne linciato dagli squadristi di Arpinati, più tardi sul suo cadavere furono contate quattordici pugnalate profonde, un colpo di pistola e tracce di strangolamento.
Un mese dopo il colpo di pistola, alla riapertura delle Camere, 120 deputati dell'opposizione venivano privati del mandato parlamentare. Il Parlamento così epurato, approvava le cosiddette "Leggi per la difesa dello Stato". Veniva istituito il Tribunale Speciale e ripristinata la pena di morte per i delitti politici. Tutti i giornali non controllati dal partito nazionale fascista dovevano sospendere le pubblicazioni. Questa tragica evoluzione era già stata pianificata dal Duce che approfittò della codardia e dell'ipocrisia della gente che si fermava a condannare il gesto di disperazione di un giovane quindicenne privato dal fascismo del suo futuro libero mostrando al dittatore addirittura solidarietà, per imporre leggi già comunque decise.
Palmiro Togliatti anni dopo, ricordando la figura di Anteo Zamboni, lo definì esponente della "resistenza silenziosa".

Le analogie con ciò che è successo ieri a Milano sono sconcertanti. Invece di un bimbo di 15 anni c'è un 42enne affetto da turbe psichiche, non è partito nessun colpo di pistola ma è stato lanciato un souvenir, nei panni del duce c'è il nuovo oligarca Berlusconi, per fortuna alla barbarie degli squadristi si è sostituita solo l'istigazione di Emilio Fede che si augurava che la folla linciasse il reo (non quello sospettato di collusioni con la mafia stragista, il piduista pluri indagato … il reo in questione è l'uomo che ha lanciato un souvenir in un momento di rabbia).
E poi c'è la massa che si cela dietro il perbenismo che porta a condannare un gesto di rabbia auto assolvendosi così da anni di apatia e omertà nei confronti di chi abusa del potere.
E' la solita vecchia storia in cui si è capaci di essere forti con i deboli e remissivi con i potenti, si giustifica così la deviata teoria che la giustizia deve avere pesi differenti a seconda che sul banco degli imputati salga un signor nessuno colpevole di un gesto di rabbia che ha provocato una prognosi di 48 ore alla sua vittima con chi negli ultimi anni ha fatto scempio di qualsiasi legge e ha schiacciato chiunque si opponesse alla sua scalata al potere.
Oggi si legge sui giornali che il nuovo duce vuole introdurre le sue "Leggi per la difesa dello Stato" contando proprio sul perbenismo ipocrita e vigliacco che si è fatto spazio tra la gente e che induce ad abbassare la testa vergognandosi che un suo membro non sia riuscito a sopportare ancora.

Signori miei, quanto siete ipocrita. Massimo Tartaglia può essere accusato solo di lesa maestà in uno Stato in cui si accetta che suoi esponenti politici si esprimano con frasi come:
  • Voglio la pulizia etnica dei culattoni e voglio eliminare i bambini dei zingari (Giancarlo Gentilini, lega nord)
  • Sei povero? Colpa tua. (Silvio Berlusconi, pdl)
  • la vita dei giudici vale 200 lire, il costo di un bossolo di fucile (Umberto Bossi, lega nord)
  • la magistratura è una metastasi da asportare (Silvio Berlusconi)
ma loro sono potenti e dunque l'omuncolo tace aspettando di poter sfogare la sua rabbia su persone più deboli.





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