24/06/10

DDL INTERCETTAZIONI E LOTTA ALLA 'NDRANGHETA

Le operazioni delle forze dell'ordine che non si sarebbero potute fare se la nuova norma fosse già in vigore.

In questi giorni sta prendendo spazio tra la gente comune, oltre che tra i professionisti della giustizia, il dibattito sul disegno di legge:"Norme in materia di intercettazioni telefoniche, telematiche e ambientali. Modifica della disciplina in materia di astensione del giudice e degli atti di indagine. Integrazione della disciplina sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche", disposizione più conosciuta con il nome di “DDL anti-intercettazioni”.
Nel momento in cui questo progetto diventerà legge effettiva poter eseguire intercettazioni telefoniche, visive e ambientali sarà molto più difficile rispetto ad adesso e, anche quando si riuscirà ad attuare, il tempo a disposizione degli inquirenti per fruire degli eccezionali spunti di indagine che questa metodologia offre sarà limitato fortemente nel tempo.
Il dubbio più grande e più preoccupato che i critici di questa disposizione esprimono è rappresentato dal fatto che molte importantissime indagini potrebbero risentire pesantemente e negativamente dell'attuazione delle nuove norme e che proprio la lotta alla mafia, battaglia tra le più dure che le forze dell'ordine e la magistratura ingaggiano quotidianamente a difesa dei principi di legalità e democrazia del Paese, possa risultarne gravemente limitata.
Con forza il promotore di questa legge, il ministro della giustizia Angelino Alfano, e il relatore, il senatore Roberto Centaro, affermano che, al contrario di quello che avverrà per altri reati, non e’ stata prevista alcuna restrizione nelle indagini per i reati di mafia e di terrorismo. Eppure molti dubbi permangono, timori causati dal fatto che i reati di mafia solitamente vengono scoperti a seguito di indagini partite per investigare su altri tipi di reati, a volte minori a volte solo diversi. Qualche esempio lo si può avere guardando alle operazioni contro la 'ndrangheta portate a segno dalle forze dell'ordine anche solo analizzando i primi sei mesi dell'anno in corso.

Operazione RETE – nel mese di marzo l'indagine, guidata dalla direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, ha portato all'arresto di 10 persone con l'accusa di associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti. L'operazione, che ha interessato la zona compresa tra Sinopoli, S. Eufemia D’Aspromonte e Paola, trae origine dalle investigazioni su un giro di stupefacenti che si realizzava sul territorio di Sinopoli (RC), comune che si è scoperto ricoprire un ruolo centrale nello smistamento della droga che veniva trattata in loco per poi venir inviata a numerose piazze di spaccio calabresi. Da alcune intercettazioni si è potuto chiaramente intendere che il sodalizio criminale era organico alla 'ndrangheta e che questa appartenenza veniva utilizzata come argomento per vessare ulteriormente le vittime.

Operazione PAROLA D’ONORE – nell'ambito di questa indagine ad aprile sono stati eseguiti 26 provvedimenti di custodia cautelare nei confronti di presunti affiliati alla cosca Rodà – Casile, 'ndrina operante nella zona di Condofuri (RC). L'accusa è di associazione di tipo mafioso, estorsione, danneggiamento ed altro ancora. Tutto è originato dalle indagini su alcuni colpi di arma da fuoco sparati contro la segnaletica stradale posta nel comune di Condofuri. Da un intercettazione telefonica di uno degli indagati si è potuto ascoltare l'uomo che raccontava di testare le armi destinate al mercato clandestino proprio sparando ai cartelli segnaletici.

Operazione LA ROSA – a maggio vengono arrestate complessivamente 16 persone con l'accusa di estorsione e danneggiamento aggravate dal metodo mafioso oltre che coltivazione, detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti. Le indagini sono partite a seguito del ritrovamento di una piantagione di canapa indiana situata in alcuni campi dell'asporomontano; coltivazione che si è appurato essere gestita da Francesco La Rosa. Grazie ai successivi accertamenti, effettuati con intercettazioni ambientali e telefoniche volti ad identificare eventuali complici di La Rosa, si è fatta luce su una rete di estorsioni che l'uomo con alcuni affiliati aveva messo in pratica ai danni di imprenditori locali. Nel comune di Giffone la pratica estorsiva era infatti oramai divenuta una consuetudine contro le imprese che si aggiudicavano le gare d'appalto per la realizzazione di opere pubbliche. Le ditte venivano fatte oggetto di numerosi danneggiamenti allo scopo di piegarle al giogo del pizzo. Nell'ambito di una perquisizione è stata anche sequestrata parte di un rituale di affiliazione alla ‘ndrangheta.

Operazione SICUREZZA – al termine di indagini durate 2 anni a maggio sono stati emessi 12 provvedimenti di custodia cautelare in carcere nei confronti di soggetti affiliati o semplicemente fiancheggiatori della cosca Ruga, 'ndrina attiva nei comuni della Vallata della Fiumara Stilaro con ramificazioni nel centro e nord Italia. La cosca viene ritenuta responsabile di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti e detenzione illegale di sostanze psicotrope. L'inchiesta, che anche in questo caso è partita dalle investigazioni su un altro reato cioè quello di danneggiamento, ha consentito di appurare l'esistenza di un accordo criminale che da Monasterace (RC) coordinava e dirigeva lo spaccio di stupefacenti nei territori del reggino e del catanzarese. Le investigazioni erano state avviate nell'agosto del 2008 per scoprire i responsabili del danneggiamento dell’auto di un uomo ma hanno in seguito consentito di far luce sul redditizio traffico di droga organizzato dalla famiglia Sorgiovanni, 'ndrina organica al gruppo 'ndranghetista di Monasterace storicamente gestito dalla famiglia Ruga. In questo caso, per rendere più difficoltose le intercettazioni telefoniche, gli indagati cambiavano repentinamente le schede telefoniche utilizzate nei loro cellulari sostituendole con nuove intestate a persone diverse, non sempre riconducibili a uomini facenti parte della cosca.



Ecco perché oggi posso affermare che la legge in discussione in questi giorni alle Camere costituirà un enorme impedimento all'opera di smantellamento della mafia. Verrà arrecato un danno enorme alla preziosa opera dei magistrati e al sacrificio delle forze dell'ordine e verrà fatto il più grande regalo ai mafiosi garantendone una maggiore impunità.
In nome di una presunta “privacy per tutti” si sacrifica il diritto di ogni cittadino onesto a veder catturato e punito chi, alle regole della civile convivenza, ha sostituito il sopruso e la violenza.

Articolo su Arcoiris.TV, giornale DOMANI






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