31/07/09






Rifiuti campani e servizi segreti, le repliche

arcoiris.tv

La replica di Walter Ganapini non si è fatta attendere. Con un comunicato stampa l’assessore smentisce l’autenticità del file audio che ieri abbiamo pubblicato e che riporta quelle che, a suo dire, non sono le sue parole.

Nel comunicato Ganapini afferma:

“Mani anonime, con gusto voyeuristico e grande abilità di montaggio video, dopo aver registrato, a mia insaputa, un incontro privato con esponenti di comitati napoletani durato svariate ore sulla gestione della emergenza rifiuti, hanno montato e confezionato ad arte un servizio di circa 3 minuti, poi recapitato a YouTube. In esso si mescolano spezzoni di mie frasi e immagini di altra origine, a piacimento dell’anonimo sottotitolate, con cura da vero professionista. Il mio discorso era infatti molto più ampio ed includeva un breve passaggio sul sito di Parco Saurino, discorso che avevo preventivamente affrontato e gestito col Commissario all’emergenza dell’epoca, prefetto Gianni De Gennaro, nello spirito di piena collaborazione che consentì di arginare la crisi che attanagliava la regione. L’artefatto anonimo ha trasformato in allusioni il ragionamento che prendeva invece atto dell’attenzione e della sensibilità della Presidenza della Repubblica al “caso rifiuti” napoletano, e la constatazione alla quale giungemmo con De Gennaro – ovvero che la fibrillazione mediatica e sociale di quei giorni richiedeva di affrontare il tema di Parco Saurino rafforzando la collaborazione fra tutte le istituzioni coinvolte e in particolare fra Commissariato e Regione. Allusioni e accostamenti tipici, purtroppo anche questi, di operazioni poco limpide ed illegali come il “rubare un audio” e rielaborarlo a proprio piacimento. “Ho sempre lavorato per un ambientalismo rigoroso nelle competenze e nel merito, capace di farsi progetto di governo. Ho avversato l’entrata in politica dell’ambientalismo che per me deve essere lievito trasversale di crescita di sensibilità sociale e culturale ai temi del nostro futuro sul pianeta. Accettai la richiesta di incontro per frenare i tentativi di quelle molte sigle (e poche persone) del milieu napoletano, di scardinare lo straordinario lavoro condotto da Guido Viale con il Forum rifiuti, esperienza di crescita democratica tra le più alte in Europa. Conosco bene i masochistici riti di un massimalismo subalterno, minoritario, perdente: mai avrei immaginato che in borse e borsette appoggiate su quel tavolo l’impotentia agendi avesse attivato morbose attitudini anziché una sana e forte discussione sulla crisi e sulla ‘cassetta degli attrezzi’ per risolverla”.

Per tutto quanto sopra è stato sentito l’autore del video incriminato che ha replicato:

“Intanto il video non è per niente anonimo, ma è domiciliato su un account riconducibile a un utente che, in proprio, si è assunto l’onere della pubblicazione per fare un servizio alla comunità, alla magistratura, e, allo stesso Ganapini.

Chi lo ha pubblicato ne riconosce la paternità e ripudia ogni accusa di manipolazione e invita Walter Ganapini, nel caso si ritenesse offeso o danneggiato, a fare le relative denunce, e comunque a ritirare le accuse di furto e/o manipolazione con secondi fini, accuse diffamatorie di cui potrebbe trovarsi a dover rispondere in sede giudiziaria.”

L’assessore Ganapini dovrebbe anche ricordare che le affermazioni non le ha fatte davanti ad una sola persona ma ad un nutrito gruppo di persone, alcune delle quali non intendono abbassare “i toni della questione” laddove si evidenziano pericoli per la salute pubblica, così come nella registrazione lui riconosce di aver deciso di fare a seguito di alcune intimidazioni ad opera di presunti servizi segreti e dell’implicazione nella faccenda della Presidenza della Repubblica.

L’intera registrazione della durata di ben 32 minuti che permette di contestualizzare l’intero discorso, comunque verrà presto resa pubblica attraverso il sito wikileaks all’indirizzo www.wikileaks.org rendendo evidente la non manomissione del documento audio.

Wikileaks è un interessante spazio web creato appositamente per provvedere ad archiviare in maniera sicura documenti in modo che nessuno possa farli sparire improvvisamente, cosa che succede purtroppo troppe volte in Italia, permettendo di rendere pubblici testi di interesse collettivo come ad esempio le parole di un Assessore Regionale della Repubblica Italiana che chiama in causa i servizi segreti e la Presidenza della Repubblica in faccende non troppo chiare.

Sentire un esponente delle istituzioni insinuare che registrare le parole di un assessore mentre sta relazionandosi pubblicamente con alcuni responsabili di associazioni ambientaliste è un operazione “poco limpida” e insinuare che l’audio sia stato “rielaborato a piacimento” è una cosa grave per chi fino a ieri ha decantato la necessità di una amministrazione del patrimonio pubblico fatta con trasparenza.

Sui fatti si sono espressi anche Tommaso Sodano, consigliere provinciale di Rifondazione Comunista ed ex presidente della Commissione Ambiente del Senato, e il professor Amato Lamberti.

Sodano si augura che la Procura verifichi le dichiarazioni di Ganapini aprendo al più presto un fascicolo, sottolinea inoltre come Ganapini sia stato eletto assessore regionale anche in virtù del fatto che si proponeva come catalizzatore per proposte alternative a quelle del governo in merito alla risoluzione dell’emergenza rifiuti in Campania mentre invece una volta insediatosi ha avallato il piano del governo centrale senza alcuna coscienza critica.

Amato Lamberti, dal suo punto di vista, si dice curioso di ascoltare dalla viva voce di Ganapini la sua versione dei fatti e avanza dubbi sul perché l’audio sia stato reso pubblico dopo quasi un anno dalla registrazione.

Forse il professor Lamberti ignora che è di 9 giorni fa, per l’esattezza il 21 luglio c.m., la firma di un protocollo d’intesa tra l’assessore Walter Ganapini e Francesco Curcio, direttore generale dell’Aitec (associazione italiana tecnico economica cemento) che permette che il Cdr (Combustibile Derivato dai Rifiuti) venga impiegato come combustibile nei cementifici.

Questa degradante decisione appare del tutto inspiegabile a chi aveva ascoltato durante la campagna elettorale le dichiarazioni del futuro Assessore, un uomo che ha costruito la sua carriera sui principi della protezione dell’ambiente. Dichiarazioni incomprensibili se non messe in relazione alle strane affermazioni fatte dall’onorevole e riportate nella registrazione incriminata.

In merito alla vicenda è doveroso registrare che proprio oggi la commissione ambiente regionale ha deciso di diffidare l’assessore Walter Ganapini a dar seguito a quella che viene definita un “improponibile” autorizzazione che consentirebbe l’incenerimento del Cdr nei cementifici.

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30/07/09






Il comune di Fondi ha lassù, al Consiglio dei Ministri, qualcuno che lo ama.


Fondi è un comune di circa 36.000 abitanti della provincia di Latina situato a metà strada tra Roma e Napoli.
Il sindaco di centrodestra del comune, in carica dal 30 maggio 2006 e oggi al secondo mandato, è Luigi Parisella.

Il prefetto di Latina, Bruno Frattasi, ha chiesto il formale scioglimento della giunta del comune di Fondi l’8 settembre 2008 corredando la richiesta con una dettagliata relazione che dimostra come la 'ndrangheta sia penetrata nel tessuto sociale della città corrompendo funzionari e assessori comunali e mettendo le mani sul fiorente mercato ortofrutticolo, uno dei più grandi d'Europa. Qui infatti venivano investiti i soldi provenienti dello spaccio e dell’usura della 'ndrina del clan Tripodo.

Nel febbraio di quest’anno il ministro Maroni ha trasmesso una nota al Consiglio dei Ministri e a seguito dell'interrogazione parlamentare numero 3522 del 14 maggio 2009 è stato deciso lo scioglimento del consiglio comunale per infiltrazione mafiosa.
Scioglimento che, inspiegabilmente, ancora oggi non ha avuto esecuzione.
Durante il question time alla Camera del 14 maggio il ministro dell’Interno Roberto Maroni aveva dato parere favorevole a procedere allo scioglimento della giunta comunale dichiarando inoltre che subito nelle successive sedute del Consiglio si sarebbe provveduto a mettere in atto il procedimento.

Anche se lo stato non ha dato in nessuna maniera seguito alle sue parole, gli organi giudiziari hanno proseguito con il loro dovere e il 6 luglio nel comune, con l'ausilio di oltre 200 agenti del centro operativo della Direzione investigativa antimafia di Roma e del Comando provinciale dei carabinieri di Latina, è scattata l'operazione Damasco in cui si è proceduto a dar esecuzione a 17 arresti con l'accusa di associazione mafiosa, corruzione, falso, abuso d’ufficio e scambio di voti.
Tra gli indagati figurano anche vigili urbani, Riccardo Izzi, ex assessore forzista ai lavori pubblici e gli eredi del clan Tripodo Antonino Venanzio e Carmelo Giovanni Tripodo.
Si è proceduto a notificare gli arresti domiciliari, invece, per il capo dei vigili urbani Dario Leone, per il suo vice, Pietro Munno, per il dirigente del settore bilancio e finanze Tommasina Biondino, quello dei Lavori pubblici Gianfranco Mariorenzi e per l’immobiliarista Massimo di Fazio.
Il 16 luglio è stata l'ora degli anatemi del sottosegretario agli interni Luigi Casero che aveva assicurato essere imminente lo scioglimento dello sfortunato comune.
Il risultato è ancora stato un nulla di fatto.
Il 24 luglio, nuovamente, era stato previsto lo scioglimento del comune laziale da parte del Consiglio dei Ministri ma le aspettative sono rimaste deluse. Un altra volta.
Eppure lo stesso giorno il Consiglio dei Ministri è riuscito a sciogliere, sempre per mafia, i comuni di Fabrizia (Vibo Valentia) e Vallelunga Pratameno (Caltanissetta).
Fondi no, Fondi è stato dimenticato e a nulla è servita l'incursione del senatore dell’Idv Stefano Pedica che per protesta ha fatto irruzione durante la conferenza stampa del ministro Gelmini.
In merito alla vicenda il segretario nazionale dell’associazione Funzionari di Polizia, Enzo Marco Letizia, ha espresso perplessità circa quella che lui definisce “una diversa sensibilità ed attenzione” dimostrata da questo esecutivo rispetto ai precedenti ai problemi della malavita organizzata.

L'unica cosa che rimane da pensare è che qualcuno, nel CdM, ami molto il comune di Fondi.

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Immondizie, inceneritori, minacce, bugie ... e servizi segreti

arcoiris.tv
Sembra che il destino della Campania sia quello di assistere inesorabilmente al perpetuarsi di emergenze, unico scopo il profitto di mani conosciute e non. Nell’intreccio tra scandali legati allo smaltimento rifiuti o a depuratori dal funzionamento sospetto, si sta delineando una nuova emergenza che vede protagonista Walter Ganapini, ex presidente di Greenpeace Italia, cofondatore di Legambiente, per otto anni membro del comitato scientifico dell’agenzia europea per l’ambiente e ora neo eletto assessore ambiente della regione Campania, ciclo integrato delle acque, difesa del suolo, parchi e riserve naturali, protezione civile.

Vi sono cose che l’assessore dovrebbe spiegare a cittadini che assistono attoniti all’evolversi di situazioni, almeno in apparenza, senza senso; gente che per fortuna non si è ancora assuefatta ad essere solo testimone di eventi in cui non è ben chiaro (o forse è fin troppo chiaro) chi sia il reale beneficiario di un massiccio impiego di energie, soldi e sacrifici imposti all popolazione.Ganapini, circa un anno, fa istituì un forum ambientale nel quale chiedeva la collaborazione di chiunque al fine di individuare un piano di smaltimento rifiuti alternativo a quello governativo che, a suo dire, non è idoneo allo scopo ed è addirittura deleterio per la salubrità del territorio. Una volta avvenuto il suo insediamento in regione, dopo le elezioni, la sensazione che i cittadini hanno avuto è quella di un totale disinteressamento alla continuità del dialogo. Sembrano oggi tradite le speranze di chi aveva visto nel neo assessore un potenziale interprete delle esigenze cittadine all’interno delle istituzioni.

In un intervista rilasciata da Walter Ganapini il primo giugno 2008 si ascolta il professore denunciare scandalizzato il ritrovamento di una discarica in località Parco Saurino, nel casertano. Dichiarava : “Oltre la presenza di 2 discariche ormai esaurite, ho notato la presenza di una terza, nuova. C’erano i teli, l’argilla, i sistemi di tenuta, la vasca del percolato da 900 m cubi. Tutto mai usato. Come è possibile che nessuno abbia pensato di non utilizzarla mai, dato che da sola sarebbe stata in grado di contenere i rifiuti di tutta la Campania per almeno 6 mesi evitando così l’emergenza. (…) questa discarica da sola sarebbe bastata ad evitare i danni devastanti che l’emergenza rifiuti ha causato ai territori campani.” L’intervista continua con il professor Ganapini che dichiara “il piano di raccolta differenziata porta a porta per Napoli è ancora oggi validissimo, pagato dal CONAI nel 2003, mai utilizzato. Impianti di trattamento meccanico/biologico ancora oggi imballati dopo 6 anni. In località San Ammaro, sempre nel casertano, c’è un impianto di compostaggio da 30.000 tonnellate pronto ma mancano le soffianti, per insufflare l’aria nei cumuli. A Santa Maria Capua Vetere ho trovato 2 impianti di compostaggio in perfetto stato dell’epoca cassa del mezzogiorno che già cercavamo di mettere in funzione nel 1994 quando per la prima volta entrai nell’emergenza rifiuti di Napoli con il prefetto Impronta. La situazione spaventosa alla quale occorre porre rimedio per non parlare dei depuratori che sono li e ai quali mancano 80 mt di fognatura per entrare in funzione, gli impianti per il percolato ce ne sono 16 ne funziona a malapena una. Tutte cose che ci stiamo impegnando enormemente per fare funzionare ma probabilmente dietro questo disastro c’è un mix di insipienza, abitudine all’assistenzialismo ma anche certamente altri interessi e altre convenienze non ultime quelle delle economie criminali (…) Oltre a questo fortunatamente diciamo c’è un film sulla Campania che è quello dei Bruno Vespa, è quello della vendita dei termovalorizzatori che tutti sappiamo essere un termine inesistente cioè degli inceneritori, c’è un film che è virtuale. Il film reale della Campania vede Avellino, Benevento, Salerno già sopra il 30% di raccolta differenziata. A Salerno 33.000 cittadini hanno ricevuto il kit per il porta a porta, le signore di 90 anni uscivano in strada a baciare i ragazzi che gli portavano i cassonetti. Abbiamo Caserta in movimento. La provincia di Napoli si sta attrezzando, stanno partendo le nuove aziende provinciali e sub-provinciali per il trattamento dei rifiuti, passeremo da 72 gestori, molti dei quali possono essere anche interessati dalla camorra, a 7-8 grandi aziende con dentro anche i migliori privati italiani. Questa è la Campania che è in movimento. Il nodo che rimane da risolvere è Napoli città, ma anche li fortunatamente si sta cominciando a capire che bisogna farsi carico del problema. Ad oggi abbiamo 260 comuni che fanno la raccolta differenziata. Ne stiamo per finanziare altri 98, erano 146 tre mesi fa.



La video intervista suscita perplessità e domande ma il commissariato per i rifiuti non ha mai replicato mantenendo il più totale riserbo, o indifferenza come dir si voglia.

Neppure lo stesso Ganapini, una volta diventato assessore all’ambiente, ha dato seguito alle sue parole che avevano fatto così ben sperare. La situazione da allora è rimasta pressochè invariata e la strategia adottata dall’amministrazione ha continuato a tamponare il problema cercando luoghi che funzionino da discarica o a inventarsi nuove tecniche di incenerimento piuttosto che orientarsi verso la radicale soluzione del problema. Lo stesso Ganapini ha dimostrato che sono già stati spesi ingentissimi quantitativi di denaro e che i risultati sono ormai a portata di mano, se solo si fosse continuato a seguire la strada della raccolta differenziata.

Deludendo queste premesse il 21 luglio Ganapini firma il protocollo d’intesa con Francesco Curcio, direttore generale dell’Aitec (associazione italiana tecnico economica cemento). L’accordo, di durata biennale, prevede l’impiego dei Cdr (Combustibile Derivato dai Rifiuti) come combustibile utilizzabile nei cementifici in sostituzione dei combustibili fossili non rinnovabili. Il protocollo di intesa siglato pone l’obiettivo di raggiungere le 100 mila tonnellate d’energia prodotta bruciando nelle cementiere il combustibile derivato dai rifiuti.

Sono state anche fatti i nomi delle cementerie le quali, in virtù dell’accordo, potranno utilizzare la metodologia di lavoro che ho appena spiegato. Ecco i nomi:

* La Italcementi di Pontecagnano; azienda già coinvolta nell’inchiesta giudiziaria che portò al sequestro di una sua controllata, la Calcestruzzi spa, evento che diede modo di pensare a possibili rapporti della casa madre con la malavita organizzata. L’allora amministratore delegato di Italcementi, Carlo Pesenti, fu indagato per concorso in riciclaggio, impiego di denaro e beni di provenienza illecita.
* La Cementir di Maddaloni; di proprietà dell’imprenditore Francesco Gaetano Caltagirone, sospettato di aver messo in opera una speculazione finanziaria con l’Unipol-Bnl. Per questa accusa rischia di dover subire un processo penale per il reato di occultamento di attività speculativa illecita. Sempre la Cementir è stata beneficiata da una singolare concessione di “ conferenza di servizi”. Grazie ala particolare procedura di questa “ conferenza dei servizi “, ha potuto ottenere l’autorizzazione a continuare lo sfruttamento della cava “a tempo indeterminato” quando per legge la concessione non potrebbe durare più di 90 giorni. In questo affare dai margini non troppo chiari è coinvolto anche il Genio Civile il quale ha autorizzato la realizzazione di un progetto di recupero della cava non rispettando la legge che prevede che queste autorizzazioni vengano rilasciate contestualmente alla presentazione di un piano di recupero della coltivazione, atto dovuto per controbilanciare i danni apportati all’ecosistema.
* e la ditta Moccia sempre di Maddaloni.

Su queste ultime due aziende pende ancora l’interrogativo di come mai con un provvedimento sia stata riclassificata l’area da loro ricoperta trasformandosi in Area di Crisi da Zona Altamente Critica (ZAC), così come aveva precisato il PRAE (Piano Regionale delle Attività Estrattive). Come Area di Crisi può ospitare i cementifici. Eppure la zona ZAC ancora lambisce i confini della Moccia e numerosi vincoli di tipo ambientale, archeologico, paesaggistico, boschivo e idrogeologico persistono sull’area della Cementir.

Il protocollo di intesa siglato permette di considerare, dal punto di vista amministrativo, le cementerie al pari di veri e propri inceneritori e per di più consente loro di avvalersi dell’indiscutibile vantaggio del poter usufruire di una burocrazia agevolata in quanto il Combustibile Derivato dai Rifiuti figurerà nelle carte come bio-carburante, aggirando una serie infinita di normative europee sullo smaltimento. Sembra dunque configurarsi il dubbio concreto di una colossale truffa ambientale ai danni, ancora una volta delle popolazioni e del territorio campano.

Bel cambio di rotta da parte di Walter Ganapini, l’uomo che fino a ieri si è sempre schierato in prima linea nella lotta alla mala gestione dell’emergenza rifiuti e alla conservazione dell’ambiente.

E’ un dato accertato quello per cui bruciare i rifiuti nei cementifici non rappresenta una soluzione adeguata e conveniente perché significa distruggere utili composti organici contenuti in un forno progettato per produrre cemento. E tutti i problemi di inquinamento e contaminazione ambientale non vengono affrontati ma semplicemente trasferiti da un inceneritore classico ad un cementificio senza prevedere nessuna altra misura di contenimento.
Attualmente i forni dei cementifici sono alimentati a carbone polverizzato, gasolio, nafte pesanti, o gas; materiali che sviluppano nel forno temperature che raggiungono i 1250-1500 C. Dubbia la possibilità che il carburante-rifiuti abbia lo stesso potere termogenetico e possa consentire ai cementifici analoga capacità produttiva. Non è una sostanza adatta per alimentare i forni dei cementifici, non risponde alle necessità di forma, struttura e funzione propri di un cementificio.

Il timore è che,una volta ottenuti i certificati necessari per continuare a produrre, i cementifici continuino ad usare i normali carburanti, più funzionali, più convenienti, liberandosi dei rifiuti magari in discariche abusive.

I cementifici della Campania già figurano tra gli impianti più inquinanti: durante il processo di decomposizione della materia prima calcarea vengono prodotte enormi quantità di CO2, anidride carbonica che si scaricata nell’atmosfera provocando il temutissimo effetto serra.

Secondo le direttive dell’unione europea i cementifici non sono impianti ritenuti adeguati per bruciare rifiuti e, nel caso si dovesse procedere al loro utilizzo questi cementifici dovrebbero essere provvisti di sistemi speciali per la cattura e il riciclo della CO2 e degli altri contaminanti altrimenti dispersi nell’aria. Il programma siglato tra Ganapini e l’Aitec permetterebbe di baipassare l’ostacolo burocratico trasfortmando il Cdr proveniente da rifiuti solidi per un bio-carburante di origine organica e naturale, materiale la cui combustione emette CO2 in quantità trascurabile.
Non si riesce a capire perché l’assessore abbia abbandonato la strada da sempre percorsa raccogliendo consensi popolari: promuoveva la differenziazione dei rifiuti consentendone in massima parte il riciclaggio e producendo energia davvero pulita attraverso processi meccanico-biologici. E’ ancora la strategia vincente.

In precedenza era già stata emanata una proposta di legge presentata in data 26/03/2009 e che ha per titolo: “DISPOSIZIONI URGENTI PER LA CHIUSURA DELLE CAVE E DEI CEMENTIFICI NELL’AREA CASERTANA” In questa si trova scritto che:

Nella Provincia di Caserta, vi sono 442 cave che interessano 75 comuni su 104 (…) al primato del numero più alto di cave e del materiale estratto si aggiunge quello degli impianti di cementificio. Dei tre opifici presenti sul territorio regionale, due si trovano nei confinanti comuni di Maddaloni e Caserta (…) In questa porzione del territorio casertano, è venuta a mancare la sostenibilità ambientale (…) Per questi motivi, il piano cave entrato in vigore nel giugno 2006 considera questa porzione di territorio zona altamente critica e ne prevede la dismissione dell’attività estrattiva (…) La proposta di legge intende colmare le lacune di un piano cave che non ha restituito nulla al patrimonio collinare, ma che addirittura rischia di comprometterlo ulteriormente. (…) Il comma 1 dell’articolo 2 fissa il termine di scadenza al 30 Giugno 2010 delle attività estrattive e cementizie, ricadenti nella zona altamente critica e area di crisi la quale attraverso la presente proposta di legge si riclassifica anch’essa ZAC. Il termine della obbligatoria dismissione di cave e cementifici è una scadenza tassativa. (…) La novità di questo comma è che il perentorio termine di scadenza si estende anche ai cementifici la cui chiusura è necessaria per ovvi motivi. I cementifici di Caserta e Maddaloni trovano collocazione nei centri abitati e nelle immediate vicinanze di un Policlinico che si sta costruendo,, oltre che di diversi beni archeologici e architettonici sottoposti a tutela (…) Il comma 7 dell’articolo 2 vieta la realizzazione di impianti di termodistruzione e di industrie insalubri di prima classe nell’area perimetrata dai primi 4 commi. (…) L’articolo 5 dichiara la legge urgente e quindi di immediata entrata in vigore.
Rimane anche da considerare che la combustione di Cdr oltre a produrre grosse quantità di CO2 produce anche gas tossici, diossine, dibenzofurani cancerogeni e mutageni, particolato, nanopolveri, metalli pesanti volatili tossici, SO2, NOx e mercurio neurologico.

Alcuni di questi inquinanti sono fortemente cancerogeni e nel processo di produzione del cemento rimarrebbero inevitabilmente imprigionati all’interno della struttura del materiale. Il cemento così utilizzato per la fabbricazione degli edifici produrrebbe effetti tossici analoghi a quelli prodotti dal famigerato amianto. La gente andrebbe a vvere in camere a gas.

Alla luce di queste valutazioni assume un connotato ancora più inquietante la dichiarazione fatte da Ganapini nell’ incontro con alcuni esponenti di comitati civici tenutosi a Napoli presso il palazzo della Regione nel luglio 2008. Ecco cos’ ha detto:

… sul Parco Saurino, io ho negoziato un giorno con l’attuale capo dei servizi segreti. ( ndr Gianni De Gennaro) (…) siamo partiti, uno dal bianco ed uno dal nero, e siamo arrivati verso un grigio nel quale, alla fine, io potevo tirare l’operazione. Gian Antonio Stella ci ha scritto due pagin sul Corriere della Zera.. (…) il tema è di misurare tra comunicazione e risultato. Allora, certamente quell’oggetto è un “mistero della repubblica” e ce lo siamo già detti. Perché Prodi si sia assunto le responsabilità che si è assunto ancora non è chiaro. Ma quando il coordinatore dei servizi segreti ti dice, per due volte, urlando: “si è esposta due volte la Presidenza della Repubblica”, se non sei ubriaco e se sei una persona, ti parametri un attimo e decidi cosa vuoi fare. Allora, io su questa vicenda ho abbassato il tono ma nessuno mi ha impedito di chiamare (il giornalista) Matteo Incerti e di fare i tre minuti sul blog e tutto il resto, perché la bandierina è stata attaccata. Ma nessuno… quando tu dici… Nessuno! In Giunta ho aspettato una settimana, nel frattempo sono stato speronato in autostrada e, nessuno lo sa, ma in Piazza del Gesù, quattro individui in casco, sono scesi dalle moto, hanno cercato di aggredirmi la notte. Io viaggio con le mie belle stecche dietro la schiena che non sta in piedi, da allora. Il tema è che gli avvertimenti li ho ricevuti, diciamo, perché frse ho visto qualcosa che non dovevo vedere.

Membro di un comitato:
C’entra la Presidenza della Repubblica, nientedimeno?

Walter Ganapini:
Sai, quando il capo dei servizi segreti, due volte ti dice: “HAI CAPITOOOO che è intervenuta la Presidenza della Repubblica”, io, come dire, o gli do dell’ubriaco a lui o ragiono! Io non ne sto… non ne, non ne vengo a capo, perché io posso capire – ho lavorato molto in Sicilia – io capisco che in questo paese esistono le negoziazioni Stato contro Stato, ma… io capisco il voto di scambio; io capisco… vorrei conoscere Isidoro Perrotta, il tecnico di Casal di Principe, che rilasciò il famoso parere a Pansa che nel 2005 gli consentì di cancellare la discarica. ….


presto il file audio completo sarà consultabile al sito www.wikileaks.org

Ascoltando queste parole si rimane stupiti nell’apprendere che l’assessore è stato vittima di un altra intimidazione oltre a quella avvenuta i primi di giugno a seguito di un tamponamento in autostrada, evento regolarmente denunciato alle autorità competenti. Nulla era stato mai detto in merito alle botte subite in piazza del Gesù da parte di quattro “tizi” con il casco.

Viene spontaneo chiedersi, e chiedere all’assessore Ganapini, in che misura le decisioni prese siano state spinte da una reale volontà di salvaguardare il territorio e risolvere definitivamente l’emergenza rifiuti e quanto invece siano state provocate dal succedersi di eventi che avrebbero dovuto rimanere estranei al suo operato istituzionale. Incombe anche l’inquietante interrogativo di cosa centrino i servizi segreti in tutto questo, come e perché questa organizzazione, i cui scopi dovrebbero essere ben altri, ha inciso nella non risoluzione, o se vogliamo essere maliziosi nell’insabbiamento, della denuncia agli sprechi che i ritrovamenti nel Parco Saurino3 hanno portato alla luce.

Appello all’assessore Ganapini: in quanto rappresentante delle istituzioni lei è tenuto a dare risposta a questi quesiti. I cittadini hanno bisogno di fare chiarezza su chi sembra voler giocare con la loro salute.

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29/07/09






Il ministro Sacconi e il conflitto di interessi suino


Già in un precedente articolo erano stati avanzati dubbi riguardo una reale necessità sanitaria a ricorrere al vaccino contro la così detta influenza suina http://susannaambivero.blogspot.com/2009/07/i-dubbi-dellinfluenza-suina.html

Da tutte le parti si sollevano dubbi circa chi sarà il reale beneficiario di questa manovra, insinuando con sempre più forza che saranno solo le case farmaceutiche ed affini a trarne profitto e non certo la salute pubblica. Oggi possiamo aggiungere un altro tassello a tutte le informazioni di cui disponiamo per farci un opinione nostra in merito.



Maurizio Sacconi è già avvezzo alle polemiche. Marco Biagi, il consulente del governo ucciso dalle BR, poco prima di venir ucciso aveva indirizzato a lui la richiesta di ricevere una “scorta adeguata”. Richiesta rifiutata e poi sviluppatasi nel tragico evento.

Adesso torna ad essere protagonista di un altra vicenda di attualità. E si, perché il ministro ha per consorte la signora Enrica Giorgietti, dirigente di Farmindustria.

Il ministro della salute e una dirigente di una delle più importanti industrie farmaceutiche all'interno dello stesso stato di famiglia già potrebbe rappresentare un motivo per dubitare dell'assoluta impossibilità che gli interessi di una parte si riflettano sulle decisioni dell'altra.



La vicenda in questione ha inizio il 22 luglio quando il ministro Sacconi annuncia un piano di vaccinazioni a seguito della ipotetica, probabile diffusione del virus A/H1N1, conosciuto come virus dell'influenza suina.

Il business della vendita dei vaccini appare subito evidente; il ministro propone di vaccinare 15 milioni e mezzo di italiani con un ciclo vaccinale che prevede la somministrazione di due dosi separate di vaccino. Ci sarebbe poi da garantire sempre una scorta adeguata del farmaco negli ospedali, viene perciò proposto l'acquisto di 48 milioni di dosi di vaccino.

Gli esperti già mettono in guardia il ministro nei confronti di una decisione che potrebbe essere troppo affrettata in quanto il virus, prima di colpire l'Italia, potrebbe mutare rendendo l'attuale vaccino inefficace.

La vicenda diviene ancora più conflittuale quando il ministro designa l'azienda in cui lavora la sua consorte per fornire l'Italia di questa gran quantità di costosissimi vaccini … eppure il direttore dell’Istituto di ricerche farmacologiche “Mario Negri” di Milano definisce l'assunzione di questo vaccino come “non un grande affare” per i cittadini ma sicuramente “un enorme affare” per Farmindustria.



Se non è conflittuale questo per una persona che dovrebbe avere come unico scopo gli interessi e la salute dei cittadini... ???



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28/07/09






CHICO FORTI, un innocente all'ergastolo

Enrico (Chico per tutti) Forti è un cittadino italiano di Trento, campione di windsurf pluridecorato che nel 1997 produsse un video riguardante l'omicidio dello stilista Gianni Versace mettendo in risalto molte incongruenze mai spiegate.
Attualmente, e se non cambia qualcosa lo resterà per il resto della sua vita, è detenuto in un carcere della Florida condannato all'ergastolo con l'accusa di omicidio.
Nello specifico viene accusato di aver cagionato consapevolmente la morte di un ragazzo australiano di nome Pike, figlio di un imprenditore con il quale Forti aveva avuto in precedenza rapporti di lavoro. Inizialmente l'accusa che fu mossa nei suoi confronti era quella di essere stato l'esecutore materiale dell'omicidio, in un secondo tempo l'accusa cambiò il reato ascritto in frode nei confronti del padre dell'ucciso.
Le udienze che sono seguite a questa accusa hanno visto Forti assolto con formula piena per non aver commesso il fatto. Sembrava che il procedimento stesse per concludersi definitivamente quando l'accusa decise di riproporre l'accusa per omicidio.
Ancora una volta Forti riuscì a dimostrare l'impossibilità assoluta per lui di trovarsi sul luogo del delitto all'ora in cui fu commesso l'omicidio. Il reato imputato subì dunque un altra trasformazione cambiando nell'accusa di essere il mandante dell'omicidio Pike.
Dopo varie peripezie il tribunale della Florida ha dichiarato Forti colpevole e lo ha condannato alla pena dell'ergastolo. Nello stato della Florida (U.S.A.), se si viene condannati all'ergastolo con l'accusa di omicidio non c'è nessuna possibilità di ottenere mai sconti di pena o misure alternative alla detenzione in carcere.
Il fatto gravissimo, e che potrebbe far pensare che tutta la vicenda sia una sorta di regolamento di conti per non essersi fatto gli affari suoi all'epoca dell'omicidio Versace, facendo fare alcune brutte figure alla polizia locale con i suoi video, è rappresentato dal fatto che la condanna non è supportata da nessuna prova concreta. Solo da supposizioni e congetture.
Per il diritto romano, su cui si basa buona parte dell'Europa, con le prove presentate al processo nessun tribunale avrebbe potuto condannare Forti.

Che fare adesso? Il minimo che possiamo fare è di conoscere e far conoscere questa triste vicenda.

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LEGA? tutti matti da legare


La Lega ha presentato oggi alla Commissione Cultura della Camera la richiesta di introdurre un test di dialetto locale a cui sottoporre i professori dei vari istituti scolastici. L'emendamento, nelle previsioni della Lega, doveva essere inserito nel pacchetto di riforma scolastico che si sta varando in questi giorni.

La proposta presentata prevedeva che i prof, prima di venir assunti, superassero un test dal quale emergesse la loro conoscenza della storia, tradizioni e dialetto della regione in cui vogliono insegnare.

Il presidente di commissione Valentina Aprea ha opposto un NO alla proposta ed ha investito della responsabilità della decisione ultima la conferenza dei capigruppo.

La Lega, risentita e, a loro dire, sorpresa dallo stop imposto si è opposta, in maniera compatta, al rifiuto.

La vicenda, evidentemente, deve vedere altri esilaranti epiloghi prima di essere archiviata definitivamente tra le proposte di legge patetiche.



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27/07/09






I Casalesi: UN IMPERO FONDATO SULL’IMMONDIZIA

arcoiris.tv

La gestione dei rifiuti in Campania è un problema di difficile amministrazione.

La struttura a cui istituzionalmente è stata affidata la gestione dell’intero ciclo è la FIBE, azienda facente parte del gruppo Impregilo. La società FIBE in questi anni ha operato in maniera obiettivamente pessima e il risultato di questa cattiva gestione sono le numerose situazioni di emergenza che si continuano a susseguire. La produzione dei rifiuti non conosce sosta, continua inesorabile e la situazione ambientale va peggiorando. L’emergenza rifiuti campana, che tanto emergenza non deve essere visto che perdura da almeno 15 anni, ha reso possibile il crearsi di un circolo vizioso che rende sempre più difficile la radicale soluzione del problema.

Preso atto dell’incapacità dimostrata dall’apparato istituzionale di risolvere il problema, il perdurare dell’emergenza costituisce una spinta al malcostume di rivolgersi sempre più spesso alla camorra, l’unica organizzazione che sembra in grado di farsi carico del problema.

In realtà la camorra gestisce lo smaltimento dei rifiuti in una maniera tale da causare un problema ben peggiore di quello rappresentato dalla minaccia alla salubrità dell’ambiente rappresentata da ammassi di immondizia accumulati ai lati delle strade. La criminalità organizzata procede interrando o bruciando i rifiuti senza preoccuparsi di quale sia la loro natura, domestica o industriale. Fenomeno che porta ineluttabilmente all’avvelenamento profondo e irreversibile di tutto l’ecosistema.

L’esempio più clamoroso è rappresentato dallo smaltimento di rifiuti tossici prodotti dalle industrie, un operazione molto costosa per i manager aziendali in quanto il materiale dovrebbe essere stoccato rispettando rigidi parametri che permettono all’ambiente circostante di non venire contaminato.

La camorra gestisce questo tipo di rifiuti in maniera molto semplice: il materiale tossico-nocivo che spesso parte dal nord-est Italia in virtù di accordi intercorsi tra la camorra e alcune aziende, durante il tragitto si vedono falsificare le etichette e le bolle d’accompagnamento. Questa semplice operazione permette di far credere che i rifiuti tossici trasportati siano normali rifiuti. Arrivati nel territorio campano il materiale viene semplicemente interrato in cave, in zone boschive o agricole, o addirittura approfittando di scavi effettuati per costruire case o strade, vengono direttamente sversati nei pilastri e nelle fondamenta delle costruzioni.

La condizione indispensabile affinché questo avvenga è l’esistenza di una politica compiacente che di fatto impedisce che l’emergenza venga adeguatamente affrontata e che colpevolmente è stata nel tempo carente nei controlli.

Grazie alle rivelazioni di alcuni pentiti si è venuti a sapere che nel 1989, durante una cena che verrà ricordata come la “riunione di Villaricca”, si raggiunse un accordo tra la famiglia Schiavone e alcuni politici napoletani in cui veniva decisa che una parte del profitto ricavato dallo smaltimento illegale dei rifiuti veniva ceduto a politici compiacenti in cambio della possibilità di utilizzare per l’interramento rifiuti, un territorio della zona dell’agro aversano, in provincia di Caserta, in una situazione di impunità.

Il clan dei casalesi, in quel momento rappresentati dalla famiglia Schiavone, di fatto sono stati i primi ad intuire la potenzialità di arricchimento derivante dal business dello smaltimento rifiuti.

Resta memorabile l’affermazione, risalente al 1992 di un pentito illustre come Nunzio Perrella che lasciò attoniti i magistrati dichiarando ” non tratto più cocaina. Adesso ho un altro affare, rende molto di più e soprattutto si rischia molto meno. Si chiama monnezza, dotto’ perché per noi la monnezza è oro”. Gli inquirenti fino ad allora non avevano pensato che con i rifiuti ci si potesse arricchire tanto.

A dimostrare l’integrazione profonda avvenuta tra camorra, politici locali e imprenditori operanti nel settore si ricorda l’operazione “Green”, compiuta nel 2006 dal centro operativo DIA di Napoli. L’operazione si è conclusa con 18 mandati d’arresto rivolti a criminali, imprenditori e politici. Con questa opera di investigazione si è reso evidente come le aziende operassero soprattutto per agevolare gli interessi patrimoniali del clan dei Casalesi piuttosto che quelli dei cittadini.

Sono numerose le indagini svolte nell’ambito del business dei rifiuti che evidenziano il rapporto tra le organizzazioni criminali e il mondo imprenditoriale e che dimostrano che questa relazione non è fondata sull’estorsione e sul ricatto ma si sta evolvendo creando un rapporto di tipo “simbiotico” al fine di poter trarre un vantaggio comune.

La potenziale vastità di questo settore della malavita, il fatto che sia fortemente remunerativo unito alla consapevolezza che più vasta è la zona disponibile per interrare o scaricare rifiuti più aumentano le possibilità di guadagno, ha creato i presupposti perché si creasse una holding criminale formata da più clan, si ipotizza siano più di 30, della zona del casertano. Oggi questo cartello è conosciuto con il nome di casalesi. L’organizzazione dei casalesi è dunque una confederazione di clan che detiene il controllo di tutto il territorio che va da nord di Giugliano lungo quasi tutto il Casertano, arrivando fino al Basso Lazio.

Esiste un altra incontrovertibile realtà che dimostra quanto la camorra abbia interessi nel campo dello smaltimento rifiuti e di come molte famiglie camorriste hanno legami con istituzioni e aziende compiacenti:

* Nella vecchia discarica di Ferrandelle, zona ora designata a svolgere funzioni di discarica provvisoria e che è stata recentemente catalogata come zona di interesse strategico nazionale e vincolata perciò al segreto di Stato, sono stati ritrovati un milione di metri cubi di rifiuti abbandonati senza controllo. L’area di Ferrandelle si trova in un’azienda agricola confiscata a Francesco Schiavone, Sandokan, il boss del clan dei casalesi.

*A Pianura, con l’inchiesta del pm Stefania Buda della sezione coordinata dal procuratore aggiunto Rosario Cantelmo, si stanno analizzando i casi di malattia e decessi che si sarebbero verificati a causa dell’inquinamento dell’area, ipotizzando i reati di disastro ambientale. Sembra risultare che centinaia di migliaia di tonnellate di rifiuti ospedalieri, fanghi speciali, polveri di amianto, residui di verniciatura e alimenti sono finiti a Contrada Pisani. Questa attività è stata regolarmente consentita dalle autorità provinciali di Napoli anche se apertamente in violazione delle norme sulla tutela dell’ambiente in vigore dal 1982. Il Pm ha ora ordinato il sequestro della discarica e dei dati relativi allo sversamento nel periodo che va dal 1987 al 1994.

* A seguito della proteste degli abitanti di Valle Masseria a Serre, nel salernitano, contro la proposta i sversare nell’oasi protetta dell’area naturale di Persano la spazzatura che finora non si era riusciti a togliere e a trattare, è stata emessa una sentenza datata 28 aprile 2007 del Tribunale di Salerno, I Sezione Civile, che ha riconosciuto validi i vari vincoli ambientali che tutelano l’area e che quindi rendono non idoneo il Sito di Valle Masseria per la realizzazione di una discarica regionale. Per consentire comunque la realizzazione della discarica di Serre si è ricorsi alla promulgazione del decreto legge n.61 dell’11 maggio 2007, dove si autorizza l’apertura della discarica anche se palesemente in contrasto con i diritti dei cittadini, anche se legittimati dalla sentenza del comune di Salerno. L’unica scusante addotta dal commissariato per autorizzare l’utilizzo del sito di Serre è quella secondo la quale il sito è raggiungibile comodamente data la vicinanza all’uscita dell’autostrada di Campagna. Il decreto-legge ha consentito l’uso delle forze di polizia, dei carabinieri e dell’esercito escludendo nella realtà dei fatti ogni controllo democratico sulla realizzazione di un impianto ad elevato impatto ambientale.

* Lo stesso parametro è stato utilizzato per individuare la discarica di Basso dell’Olmo, realizzata commettendo gravi errori di progettazione documentati da vari studi e che sta attualmente sversando percolato altamente pericoloso nel fiume Sele, una delle poche riserve idriche utilizzabili in Campania.

*Il caso Chiaiano è l’epilogo dell’emergenza rifiuti in Campania. Il sito non ha nessuna caratteristica per rispondere ai necessari requisiti di salubrità, protezione ambientale o anche solo per un adeguato smaltimento rifiuti. L’unico motivo per cui sembra sia stato scelto è perché vi era già il “buco” da riempire; con i rifiuti prima e con le ceneri del contestatissimo inceneritore di Acerra in seguito . Deve finalmente essere chiaro che nel “affare spazzatura” i cittadini campani sono la parte danneggiata, non certo gli artefici. Chi guadagna su queste speculazioni sono le imprese che vincono gli appalti, le aziende locali che realizzano i lavori, in altre parole la camorra. Il dott. Donato Ceglie, della Procura di Santa Maria Capua Vetere, ha calcolato che negli ultimi anni sono stati smaltiti 3 milioni di tonnellate di rifiuti in Campania e che 15 delle 18 ditte autorizzate non hanno mai avuto la certificazione antimafia, la quasi totalità di queste aziende erano e rimangono in odore di camorra.

Sta diventando abitudine l’usanza secondo la quale si spiega agli italiani che i cittadini che protestano per la realizzazione delle discariche e degli inceneritori sono “oggettivamente” complici, sia pure involontariamente, della camorra.

Non è assolutamente così, purtroppo è vero il contrario.



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Milano e la 'ndrangheta, la strana storia della commissione antimafia

arcoiris.tv

Il 19 gennaio 2006 la Squadra Mobile di Milano conclude l’ operazione Onda Blu con 54 ordinanze di custodia cautelare ai danni del clan Pesce – Bellocco con l’accusa di traffico di cocaina, eroina ed associazione a delinquere di stampo mafioso.

Nell’ambito dell’operazione “Sunrise”, nel giugno 2006 viene sequestrato in un garage di Seregno un imponente arsenale composto da Kalashnikov, mitragliatori Uzi, Skorpion, munizioni, cannocchiali di precisione e bombe a mano, depositate in quel luogo per essere sempre a disposizione di Salvatore Mancuso, del clan di Limbadi (VV).

L’indagine “Soprano” ha visto, nel dicembre del 2006, l’arresto di 37 persone appartenenti alla famiglia Coco Trovato. Vincenzo Falzetta aveva assunto per conto della cosca la gestione di numerosi locali pubblici a Milano, tra cui la nota discoteca Madison, il ristorante Bio Solaire e la discoteca estiva Cafè Solaire, sita strategicamente nei pressi dell’Idroscalo a due passi dall’aeroporto di Linate. Si era venuta così a costituire una catena di locali pubblici che rispondevano all’esigenza di riciclare la liquidità in eccesso, spacciare cocaina e usare i locali per riunioni strategiche.

Il 3 maggio 2007 a Milano, con l’operazione Pecunia, viene inferto un duro colpo alle cosche dei Morabito, Bruzzaniti e dei Palamara. Le indagini hanno scoperto una rete internazionale di alto livello criminale in grado di importare quintali di droga nel capoluogo lombardo e di investire e riciclare i proventi del narcotraffico in una fitta rete di società e cooperative di manodopera e trasporto attive all’interno dell’ortomercato di Milano. Tra le aziende coinvolte compare anche la Sogemi, la società a intera partecipazione del Comune di Milano che gestisce i mercati generali. E’ stato inoltre posto sotto sequestro il night club “For a King” e sequestrati in un unico blitz oltre 250 chilogrammi di cocaina. Tra i settanta indagati figura anche un agente della polizia locale in servizio alla sezione annonaria (quella che si occupa del controllo agli esercizi pubblici), dipendenti del settore licenze del Comune di Milano e di Arese, politici, professionisti, ristoratori, dentisti, vigili urbani, società reali e fittizie.

Le analisi dalla Squadra Mobile di Milano nell’ambito dell’operazione “Stupor Mundi” dimostrano gli stretti rapporti tra la ‘ndrangheta locale e i cartelli colombiani produttori di cocaina. L’Operazione si è conclusa nel mese di maggio 2007 con 40 arresti.

Luglio 2008, nell’ambito dell’ operazione Cerberus di Milano vengono arrestate otto persone della cosca Barbaro – Papalia. Le ordinanze di custodia cautelare sono state accompagnate da 19 perquisizioni che hanno coinvolto il capoluogo lombardo e alcuni comuni della provincia. Gli arrestati devono rispondere di associazione a delinquere di stampo mafioso, estorsione, riciclaggio aggravato dalle modalità mafiose e violazione delle normativa sulle armi.

Gli appalti per l’Alta Velocità sono in mano alla ‘ndrangheta“, queste le conclusioni a cui, nel novembre 2008, sono arrivati i pm della Procura di Milano Paola Pirotta e Frank Di Maio. L’indagine ha rivelato come alcune famiglie originarie di Platì detengono l’esclusiva del business del movimento terra nel milanese. A seguito di questa operazione quattordici aziende lombarde si sono viste notificare un avviso di garanzia. Nella lista degli indagati compaiono nomi come quello di Santo Maviglia, affiliato della ‘ndrina dei Maviglia e attualmente titolare della Edilcostruzioni, azienda che ha ottenuto in subappalto alcuni lavori per la T.A.V, e Maurizio Luraghi, imprenditore edile risultato poi essere il prestanome per la famiglia dei Barbaro e dei Papalia.

“Isola” è il nome di un operazione, coordinata dal pm Mario Venditti della Dda milanese,arrivata al culmine il 16 marzo 2009 con l’arresto di venti ‘ndranghetisti legati ai clan degliArena, Barbaro, Bubbo e Nicoscia. Il blitz ha avuto luogo a Cologno Monzese, popoloso comune del comprensorio di Milano già noto per fatti di ‘ndrangheta. Secondo il pm Venditti i clan Nicoscia e Arena, che in Calabria sono impegnati in una sanguinosa faida che li contrappone, in Lombardia hanno sancito una tregua in nome degli ingenti guadagni realizzabili. Gli atti istruttori relativi a questa operazione parlano di violente intimidazioni allo scopo di inserirsinell’assegnazione di appalti per la realizzazione di importanti opere pubbliche in particolare nei cantieri di Cassano D’Adda, Melzo, Piotello e Pozzuolo Martesana. Nella stessa inchiesta è stato emesso un provvedimento di custodia cautelare a carico del sottufficiale della Guardia di finanza di Monza Giuseppe Russo, imputato di aver favorito il gruppo criminale in cambio di una quota del ristorante “Taverna dell’Isola” di Villasanta, in provincia di Milano, e di un soggiorno gratuito in un villaggio turistico di Isola Capo Rizzuto, luogo d’ origine della famiglia Arena. Sono stati inoltre sequestrati beni immobili e conti correnti per un valore di 10 milioni di euro. A seguito di questa operazione il procuratore capo di Milano, Manlio Minale, ha dichiarato: «Abbiamo individuato la terza generazione della’ndrangheta in Lombardia:

-la prima si occupava di attività estorsive e traffico di stupefacenti.

-la seconda partecipava agli utili delle aziende come socio occulto.

-la terza generazione un ruolo funzionale: sono imprenditori attivi, ma con metodi mafiosi, ossia utilizzando la forza dell’ intimidazione e la collaborazione con le case madri in Calabria»

Questa dichiarazione fa bene intendere quanto profondamente e da quanto tempo la ‘ndranghetasi è insinuata nel tessuto lombardo.

Nell’operazione “Caracas Express” del marzo 2009 il gip di Milanoha emesso un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di Pasquale Giuseppe Barbaro con l’accusa di traffico illecito di sostanze stupefacenti. La cosca dei Barbaro-Papalia è operante in particolar modo nella fascia Sud-est di Milano. Le indagini hanno accertato l’esistenza di un giro d’affari che prevedeva il traffico, ogni mese, di almeno 20 chili di cocaina purissima proveniente dal Sud America.

Queste sono alcune delle indagini più importanti che hanno investito Milano negli ultimi anni. L’egemonia criminale che si è venuta a creare è frutto di anni di sottovalutazione da parte dell’amministrazione cittadina sull’entità reale del problema ‘ndrangheta. Il silenzio e l’indifferenza hanno garantito un progressivo inserimento della malavita in molti settori lavorativi permettendogli così una mimetizzazione nel tessutodella città.Non c’è dunque da stupirsi se l’opinione pubblica milanese non sia consapevole della radicale e diffusa infiltrazione ambientale di tipo mafioso della loro città. Pochi milanesi sono informati della realtà che si vive nel quartiere di Quarto Oggiaro, zona divenuta un vero e proprio fortino dell’illegalità dove anche l’assegnazione delle case popolari di proprietà dell’Aler è assoggettata al controllo degli uomini della ‘ndrangheta. Il cittadino che frequenta l’ortomercato per acquistare frutta e verdura a buon prezzo può ignorare che la zona è descrittadai professionisti dell’antimafia come una”zona franca controllata da un caporalato aggressivo, padrone del lavoro nero e all’interno della quale il Presidio di Polizia fatica a operarementre i Vigili Urbani evitano quasi sempre di intervenire”.

Ad ulteriore conferma arrivano le dichiarazioni della Commissione parlamentare antimafia che nella relazione pubblicata nel 2009 afferma che “Milano e La Lombardia rappresentano la metafora della ramificazione molecolare della ‘ndrangheta in tutto il nord” e prosegue “preoccupanti segnali della persistenza di organizzazioni di tipo mafiososi caratterizzano per una capillare occupazione di interi settori della vita economica e politico-istituzionale“. La relazione si sofferma sull’analisi del grande business del settore edilizio “nel quale va compreso quello degli scavi, del movimento terra e delle costruzioni, sino ad arrivare all’intermediazione realizzata da agenzie immobiliari collegate, dal settore ristoranti, bar, dalle agenzie che forniscono addetti ai servizi di sicurezza e del settore della logistica.”

A Milano ed in Lombardia più che altrove l’aggressione al cuore economico delle mafie deve rappresentare la vera sfida“, così conclude il rapporto relativo alla città di Milano.

È in questo contesto che si inserisce la rocambolesca vicenda della commissione antimafia del capoluogo meneghino.

1° attoIl 5 marzo 2009, dopo quasi due anni di progettazione, Palazzo Marino decide di istituire una commissione antimafia con il compito di indagare sul rischio di infiltrazioni criminali anche in previsione dei poderosi lavori che si renderanno necessari per ospitare l’Expo 2015.

2° atto Pochi giorni dopo la pubblicazione della delibera attuativa il prefetto di Milano, Gian Valerio Lombardi, scrive una lettera al sindaco Letizia Moratti definendo illegittimo l’organismo della commissione. Da quel momento neviene impedito il funzionamento in attesa di un processo di revisione.

3° attoil 25 maggio 2009 il Consiglio comunale, con il voto unanime della maggioranza di centrodestra, decide di annullare la delibera di approvazione della commissione antimafia abolendo di fatto la commissione. Nelle motivazioni si legge che “si prende atto dell’impossibilità di perfezionare la costituzione della commissione d’inchiesta sugli interessi mafiosi attivi a Milano“, inoltre AN avanza anche dubbi che tale commissione possa essere utilizzata come arma politica dall’opposizione.

È fuori dubbio che una commissione comunale non può avere poteri giudiziari d’inchiesta ma il suo contributo sarebbe stato senz’altro utile per monitorare efficacemente le situazioni considerate a rischio. In secondo luogo i timori che la commissione avrebbe potuto essere strumentalizzata dal centrosinistra usandola come strumento politico per destabilizzare la maggioranza è immotivata ben avendo capito che la mafia non fa differenze tra giunte di destra o di sinistra e cerca in ugual misura di intrecciare stretti rapporti con il mondo della politica e delle istituzioni.

Una triste ma significativa fatalità ha voluto che lo stesso giorno in cui si è decretata la fine della commissione antimafia, Franco Crisafulli, pregiudicato 57enne del clan mafioso Crisafulli, è stato assassinato in un bar di Quarto Oggiaro in seguito ad un regolamento di conti.

L’ insabbiamento di ovvie realtà come la presenza della criminalità organizzata a Milano associata al previsto imminente boom del settore edilizio legato all’evento fieristico risulta incomprensibile se non pensando che a Milano si è preferito difendere l’apparenza di città estranea all’infamia della criminalità organizzata a svantaggio della sicurezza e della legalità.



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25/07/09






La disinformazione in Berluscolandia

Il nulla.

Niente riesce più a stupire o scandalizzare oggi gli italiani se viene fatto da chi viene considerato, a torto o a ragione, un VIP.

Nel paese del “così fan tutti” non esiste più una cosa disdicevole che un potente possa fare per suscitare la disapprovazione popolare, sempre poi riservandosi il diritto di scandalizzarsi se il vicino di casa non raccoglie adeguatamente i bisognini del cane nel parco, guadagnandosi così una serie di epiteti ingiuriosi da far vergognare anche il più insensibile degli esseri umani.

Nel paese delle veline e dei calciatori sembra che basti atteggiarsi da bullo per farsi perdonare qualsiasi cialtroneria. La parola bullo non è utilizzata a caso ma sta a significare quanto ci si stia trasformando anche nel paese degli eterni Peter Pan, dove l'egocentrismo e la cupidigia tipica degli adolescenti è diventata una costante anche per i sedicenti adulti, anche per i più “maturi” di questi.

Ne è un fulgido esempio il nostro primo ministro.

A lui è permesso promulgare leggi riconosciute da tutti come “ad personam”, fatte cioè appositamente perché ne benefici una sola persona e non più tutta la collettività. Il motto “la legge è uguale per tutti” è ormai fuori moda, infatti se ad una persona qualsiasi venisse in mente di pretendere che il proprio benessere venga per legge anteposto a quello di tutti gli altri, quel qualcuno verrebbe sicuramente preso a calci nel sedere dai suoi pari.

A lui è permesso delinquere e rivendicare il diritto a non essere perseguito, anzi chi ricorda al pubblico i suoi comportamenti delinquenziali viene punito a norma di legge.

A lui spetta decidere quali informazioni vanno diffuse e quali è bene che non vengano divulgate.

Lui può varare uno scudo fiscale per far rientrare in Italia capitali di dubbia provenienza (è un eufemismo per definire i redditi illeciti) limitandosi a dare allo stato “una mancetta”. Ma se per errore è un poveraccio che si permette di rubare per fame un pacco di biscotti, lui si merita di venire condannato ad una pena di 3 anni di reclusione, cosa che è realmente accaduta non più di un mesetto fa.

Con un senso dell'ironia degno della peggiore osteria, il nostro presidente del consiglio continua ad insultare l'intelligenza delle donne concedendo a loro un valore puramente “coreografico”, eppure proprio da alcune donne arriva la sua più strenua difesa.

Vi è un concreto sospetto che un uomo ricco e potente di 72 anni abbia concupito una ragazzina di 17 anni, ma chi vuole vederci più chiaro nella faccenda viene tacciato di morbosità.

Mafiosi pentiti ammettono che l’impero di Berlusconi è stato costruito con i soldi provenienti da Cosa Nostra, ma il popolo fa spallucce con un bonario sorriso, a Berluscolandia si sa che certi affarucci devono pur essere ammessi pur di fare successo.

Le notizie che riguardano la censura e l’interferenza del governo su ciò che viene pubblicato dai giornali e trasmesso alla TV è qualcosa che non fa più notizia. L’organizzazione internazionale Freedom House ha recentemente catalogato l'Italia come un paese “parzialmente” libero ma nessuno, dalle nostre parti, è salto sulla sedia dall'orrore.

Perché? Che cosa ci ha anestetizzati così profondamente ??

Anche negli ultimi giorni, forse complice il gran caldo, il popolo italiano sembra imprigionato in una “siesta mentale” che dura da ormai troppo tempo.

Della politica, della cultura, dell'istruzione e della legalità, come paese, abbiamo già dimostrato ampiamente che non ci frega nulla. Ma del gossip … almeno il gossip è sempre stato al centro dell'attenzione di molta gente. Fabrizio Corona ci ha recentemente costruito un impero sopra.

E allora?

Neppure il gossip, se l'attore principale è l'uomo più potente in Italia, riesce più a scuoterci nemmeno marginalmente.

Lo dimostra lo scarso interesse che hanno suscitato le conversazioni intime registrate tra le lenzuola tra il Presidente del Consiglio italiano e una prostituta. Perché escort, se a qualcuno non fosse ancora chiaro, significa prostituta di alto borgo.

In spiaggia non se ne parla, anzi la maggior parte degli italiani ne conosce solo vagamente l'esistenza, quando non la ignora del tutto. Eppure le registrazioni sono ascoltabili da chiunque sul web, il periodico L’Espresso le ha messe a disposizione di chiunque le voglia ascoltare.

I contenuti sono adatti a qualsiasi tipo di pubblico: ce ne è per il morboso che gode nel sapere che Berlusconi non ama usare il preservativo durante rapporti occasionali (anatema secondo qualsiasi principio di educazione sanitaria); si descrive un uomo che ostenta la sua ricchezza per far colpo su una donna, pane per i più invidiosi; si ascolta un uomo che promette “favori finanziari istituzionali” in cambio di sesso per scandalizzare i più burocrati.

Ma il risultato è ancora il niente.

La “Levinksy de nojartri” non ha presa sul pubblico.

C'è da chiedersi se esista ancora sul suolo italiano traccia di vita cerebrale che non stia russando o se è la cultura dell'informazione che assume sempre più i contorni di quella tipica dei regimi autoritari in cui sia la notizia che la risposta che essa provoca vengono manipolati.

In entrambi i casi, c'è molto di cui preoccuparsi.


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24/07/09






"La società sparente" e "Famelika"

arcoiris.tv

INTERVISTA ALL’AUTORE FRANCESCO SAVERIO ALESSIO

C’è una coppia di autori calabresi che dal silenzio nel quale a molti piacerebbe vederli definitivamente relegati, seguitano a fare un rumore tale da causare il continuo riaccendersi di luci su una Calabria che sicuramente preferirebbe rimanere al riparo dagli sguardi.

Mi riferisco a Emiliano Morrone e Francesco Saverio Alessio, gli autori che hanno dato origine ad un sodalizio professionale che si può distinguere per la ricchezza di contenuti nei loro lavori, frutto di una collaborazione animata da due straordinarie personalità che si distinguono per curiosità intellettuale, per generosità nell’impegno e per la forza con la quale conducono la loro attività.

Insieme hanno realizzato due opere letterarie: “La Società sparente” e un libro in prossima uscita “Famelika”.

Curiosamente entrambe le pubblicazioni sono state segnate da delle insolite vicissitudini editoriali.

Emiliano e Francesco rappresentano sicuramente un sodalizio professionale anomalo per la loro eterogeneità. Il primo è un giovane uomo con una formazione giuridico filosofica, il secondo è un consapevole cinquantenne con una profonda vocazione artistica. Il collante che ha potuto dar origine a questa particolare collaborazione è rappresentato dal comune amore per la Calabria, terra che vedono ogni giorno violentata dalla ‘ndrangheta, un fenomeno che disprezzano fortemente e di fronte al quale hanno dimostrato di avere ben pochi timori reverenziali.

Sono a Milano con Francesco Saverio Alessio.

FRANCESCO, LA TUA PRIMA COLLABORAZIONE EDITORIALE CON EMILIANO MORRONE E’ STATA “LA SOCIETA’ SPARENTE”, DI COSA TRATTA IL LIBRO?

La Società sparente è un opera che cerca di descrivere la realtà della Calabria odierna, di come la ‘ndrangheta e la politica collusa con essa violentano gli individui nel loro essere più profondo. In questo libro analizziamo i metodi della “costituzione del consenso”, di come si possano creare i presupposti affinché la ‘ndrangheta diventi un comune modo di pensare. Un esemplificazione di questa alterata visione è quello che definiamo “il mito della terza figura“, il concetto secondo il quale è impensabile ottenere una qualsiasi risposta alle proprie esigenze senza dover passare attraverso la mediazione di qualcun altro, questo per qualsiasi pratica, illegale o legale che sia.

La lezione illuministica non ha mai avuto seguito in Calabria, dove con una sinergia fra il potere politico e quello della ‘ndrangheta è stata uccisa l’autonomia individuale delle persone rendendole schiave di un pensiero per cui la mafia è parte integrante della quotidianità diventandone addirittura indispensabile, un processo, che Alfonso Maurizio Iacono applicandolo anche ad altre categorie, definisce “naturalizzazione”.

Nel libro Emiliano ed io cerchiamo di descrivere il processo di naturalizzazione che sta avvenendo e che porta a considerare alcune forme di corruzione, o altri bassi comportamenti, come del tutto naturali. Tentiamo di dare corpo alla teoria di Alfonso Maurizio Iacono secondo la quale esistono stretti rapporti tra storia, filosofia, antropologia e politica di un popolo.

Riflettendo sulla necessità della ricerca di autonomia, o come dice Gianni Vattimo dell’emancipazione, non potevamo non notare quanto siano sottomessi i calabresi, è questa mancanza della consapevolezza di aver la possibilità di essere autonomi che conferma e conforma il potere della ‘ndrangheta su di loro.

La malavita esercita un controllo incondizionato sulle decisioni quotidiane della gente, per quanto riguarda l’espressione del voto il dominio è tale da permettere alla criminalità di controllare direttamente ed interamente la politica. Ne consegue che i calabresi per continuare ad “essere” hanno due possibilità: adeguarsi alle regole della malavita o andarsene … se non ci si adegua si è costretti a sparire prima che siano loro a farti sparire definitivamente.

IL VOSTRO E’ STATO UN LIBRO CHE HA DATO FASTIDIO, TANT’E’ CHE E’ SCOMPARSO DAL MERCATO IN MANIERA MOLTO REPENTINA

Il titolo “La società sparente” è stato quasi profetico sul destino del libro. La prima edizione è stata accolta da un discreto successo nelle librerie, tant’è che abbiamo stampato una seconda edizione a distanza di soli due mesi dall’uscita della prima. Questa nuova edizione contiene un aggiornamento di 30 pagine che affonda un po’ più le mani nei rapporti tra i poteri. Siamo riusciti a disegnare una “mappa del potere” che, guarda caso, coinvolge le stesse persone fatte oggetto delle indagini condotte dall’allora P.M. Luigi De Magistris nelle inchieste Poseidone e Why not. Grazie a questa mappa si è reso evidente come questi uomini, di cui nel libro facciamo nomi e cognomi, siano tutti riconducibili a Lamezia Terme, e ad ambienti della massoneria deviata. Sottolineiamo come sia diventato diffuso l’atteggiamento per cui, anche di fronte a gravi reati, si preferisce un atteggiamento di ostinato silenzio piuttosto che ammettere delle evidenze di reato. Con la nostra inchiesta abbiamo toccato poteri molto forti, così forti da condizionare persino decisioni di istituzioni come il Csm, e tutta la storia della procura di Catanzaro indagata quasi nella sua interezza da quella di Salerno lo dimostra.

Da qui al fatto che il libro è diventato improvvisamente non reperibile, il passo è breve. Volevo ricordare che il pdf gratuito del libro è reperibile sul web, basta digitare “La società sparente scaricabile gratis” in qualsiasi motore di ricerca o cercarlo direttamente sul nostro giornale online La Voce di Fiore (www.lavocedifiore.org).

UN NUOVO LIBRO VEDE LA COLLABORAZIONE TUA E EMILIANO MORRONE: FAMELIKA. UN LIBRO CHE, ANCHE SE IN RITARDO SULLE PREVISIONI, E’ IN PROSSIMA USCITA E PARLA DELL’ASSISTENZIALISMO E DEL CLIENTELISMO CALABRESE

In Famelika, rispetto a La società sparente riflettiamo di più sulla responsabilità della popolazione nel far si che il malaffare continui ad essere. Il nuovo libro descrive la maniera per cui la popolazione è anche protagonista e non solo vittima di questa situazione. La gente si è privata di qualsiasi forma di dignità e questo permette al potere criminale di consolidarsi sempre più. Opporsi a un uomo potente, in Calabria, comporta l’immediata esclusione da parte della collettività, contestare l’operato del tiranno è vissuto dalla società come una mancanza di rispetto, siamo noi che denunciamo le malefatte ad essere considerati dannosi. In una società come quella calabrese, che non ha mai avuto l’esperienza storica né del Diritto romano e né di quello arabo, e quindi ancora antropologicamente tribale, lo ‘ndranghetista assume il ruolo di totem all’interno della comunità. è seguendo questo ragionamento chi vìola il tabù è come se violasse il fondamento stesso sul quale la società si basa.

LE MANOVRE MESSE IN ATTO PER OSTACOLARE LA DIFFUSIONE DEI VOSTRI LIBRI E’ UNA DIMOSTRAZIONE DI QUANTO LA VOSTRA VOCE SIA TEMUTA DALLA MALAVITA CALABRESE.

La forza della ‘ndrangheta e della collusa politica calabrese è basata su una deculturizzazione della gente e sull’infondere terrore suscitando la paura nel futuro. Questa è una condizione che rende molto più facile dominare sulla coscienza della gente e contemporaneamente allontana la possibilità che qualcuno abbia voglia di sottrarsi a una delle poche certezze rappresentata appunto dalla presenza costante della malavita nella quotidianità.

Nell’ottica della realizzazione di questo progetto la dissipazione culturale a cui si condanna la gente, attuata sia attraverso la spinta all’emigrazione sia con la cancellazione dei segni della tradizione, prove tangibili dell’esistenza di una cultura calabrese in cui la ‘ndrangheta non era contemplata, diventano uno strumento di primaria importanza per dominare il modo di pensare stesso delle persone. Un cittadino a cui è stata rubata l’identità e di conseguenza anche la dignità è più manovrabile da parte del potente di turno. E’ quindi facile intuire come due persone, due calabresi, come siamo io ed Emiliano, che spingiamo le persone alla ricerca dell’autonomia e a ragionare utilizzando solo la propria testa, siamo visti come pericolosissimi agl’occhi dei politici e della ‘ndrangheta.

VISTO L’IMPEGNO CHE E’ STATO PROFUSO NEL CIRCONDARE TE ED EMILIANO DA UN SILENZIO SINGOLARE SIGNIFICA CHE FATE PAURA. COSA TEME DI PIU’LA ‘NDRANGHETA ?

Li terrorizza la parola perché può suscitare consapevolezza. Non sono richieste parole in Calabria, e nemmeno intorno alla Calabria; meno se ne usano e meglio si sta. Non è un caso che anche il vocabolario dei politici calabresi sia molto ristretto, deve restringere il campo dei desideri possibili, deve condurre ad un senso di incapacità diffusa, all’incertezza. La paura del futuro insieme all’aspirazione generale all’assistenzialismo riportano necessariamente alla totale dipendenza dalla politica. Con il lavoro svolto da me ed Emiliano, un lavoro di fedele registrazione della consequenzialità degli avvenimenti, rischiamo di causare nel cittadino la presa di cognizione della situazione in cui si trova.

Se si risvegliasse la coscienza del cittadino comune, non per forza di un affiliato a questa o quella cosca, la ‘ndrangheta smetterebbe di esistere. E’ la complicità di tutti che la rende così potente. Se le parole spariscono, poi spariranno gli argomenti, poi i pensieri e di seguito le aspirazioni a migliorare la situazione nella quale si vive.

Loro hanno paura delle parole, hanno paura del pensiero autonomo ed indipendente.

La ‘ndrangheta ama il silenzio.

FRANCESCO, GRAZIE PER L’INTERVISTA. FACCIO UN GRANDE IN BOCCA AL LUPO A TE E NATURALMENTE ANCHE AD EMILIANO.



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Bertolaso, ma quanto ci costi?

Bertolaso è il capo del dipartimento per la protezione civile italiana, ruolo che ricopre dal 2001. E' infatti stato nominato quasi contemporaneamente all'insediamento di Silvio Berlusconi come presidente del consiglio. Ricopre lo stesso incarico, perciò, da otto ininterrotti anni.
E' cosa singolare che proprio nel settembre 2001, per decreto, l'agenzia che sovraintendeva la protezione civile è stata cancellata e questa è diventata un dipartimento dipendente direttamente dalla presidenza del consiglio.

Il ruolo di Guido Bertolaso all'interno delle istituzioni è, per molti versi, il sogno di molti dirigenti d'azienda: le decisioni prese non vengono messe in discussione da nessuno, grazie a leggi speciali la burocrazia che appesantisce qualsiasi altra iniziativa per lui scompare, i fondi per il finanziamento delle opere da lui decise sono pressoché illimitati.

Ma come?
Non è così che all'interno di un azienda sana si spronano i propri dirigenti a fare del loro meglio!

Analizziamo i fatti:
  • è da tener conto che le decisioni prese non sono delle proposte ma delle ordinanze. L'ordinanza è un ordine imperativo, un arma che può essere utilizzata per qualsiasi fine; per far costruire infrastrutture, strade, case, alberghi, inceneritori e chissà quanto ancora
  • gli appalti che deve affidare sono tutti a trattativa privata, non deve perciò sottostare alle regole che valgono per altri enti statali e nessuno può mantenere uno stretto controllo sulle scelte di affidamento fatte per gli appalti
  • Bertolaso può decidere se e quanti consulenti e/o collaboratori assumere, scegliendo liberamente se il loro contratto deve essere a progetto, a tempo determinato o indeterminato. Tutto ovviamente senza l'obbligo di passare attraverso i noiosissimi e lentissimi concorsi pubblici
  • per fare qualsiasi cosa la protezione civile opera in deroga alle normi vigenti
  • nelle ordinanze sovente non è determinato il tetto massimo per le spese, questo vuol dire soldi a richiesta, tanti e subito

E' quasi come detenere il potere assoluto.

Si potrà obiettare che il suo intervento viene invocato solo in situazioni di calamità ma a ben guardare non è esattamente così.

Innanzitutto va notato che proprio in virtù dell'ipotetica emergenza a cui le sue azioni devono rispondere, l'ente non è tenuto ad ottenere per forza risultati positivi anche se le risorse umane e finanziarie impiegate possono raggiungere livelli molto ragguardevoli. Inoltre nel decreto del settembre 2001, lo stesso sopra nominato che ha trasformato l'agenzia in dipartimento della Presidenza del Consiglio, all'articolo 5 bis comma 5 si sancisce che il potere di ordinanza si estende “alla dichiarazione di grandi eventi anche diversi da quelli per i quali si rende necessaria la delibera dello stato di emergenza”.
In pratica la protezione civile non agisce più solo in conseguenza a terremoti, alluvioni, smottamenti o altre calamità naturali, ora può entrare in gioco anche quando avvengono meeting religiosi, eventi sportivi, viaggi pastorali, carenze idriche, emergenze traffico, degrado dei beni culturali, pericoli legati all'immigrazione, al terrorismo islamico, vertici internazionali e grandi eventi come il G8, anche se già pianificati da lungo tempo.
In questa maniera le ordinanze possono dunque anche prevedere la militarizzazione di alcuni territori così come è avvenuto per le discariche campane e come potrebbe avvenire per i siti nucleari in un immediato futuro.

Preoccupa molto dirlo ma in questa maniera il settore più sacrificato risulta essere quello deputato alla prevenzione delle catastrofi, lo scopo principe per cui è nata la protezione civile: salvare vite umane.

Proprio questo aspetto aveva sottolineato Roberto De Marco subito dopo la promulgazione del decreto. De Marco è uno tra i massimi esperti italiani di terremoto ed allora ricopriva la carica di direttore del servizio sismico nazionale. Dopo aver mosso queste critiche pubblicamente è stato rimosso immediatamente dall'incarico.

Da quando Guido Bertolaso è stato nominato capo del dipartimento per la protezione civile italiana, sono state varate 600 ordinanze emergenziali.
Per nostra fortuna il nostro suolo non ha visto così tante emergenze naturali altrimenti avremo dovuto assistere a una calamità ogni 5 giorni !
A questo aspetto è da aggiungere che da nessuna parte si può ricavare con esattezza quanto siano costate a noi cittadini tutte e 600 le ordinanze dato che nessun ufficio ha il compito di tenere questi conti. In merito si può solo azzardare una stima basandosi sui dati che si riesce a reperire.
La cifra che sembra risultare è di circa 10,6 miliardi di euro spesi durante “l'era Bertolaso”.
Fatti quattro conti in questo periodo di crisi non c'è persona in Italia che può permettersi di non invidiare il potere che quest'uomo, senza troppo rumore, detiene da molto tempo.

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23/07/09






I dubbi dell'influenza suina

Chi conosce Jane Burgermeister?

Nessuno. Perché nessuno ne parla.

Eppure la signora Burgermeister, che di professione fa la giornalista investigativa, ha doppia nazionalità irlandese/austriaca ed ha scritto per la rivista Nature, per il British Medical Journal, per American Project ed è corrispondente europea del sito web Renewable Energy World, si è spinta molto in alto sporgendo denuncia presso l’FBI addirittura contro l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e le Nazioni Unite (ONU) accusandole di bioterrorismo e di aver provocato intenzionalmente le premesse per una epidemia.

La Baxter AG e la Avir Green Hills Biotechnology sono accusate di aver prodotto un vaccino contaminato contro l’influenza aviaria e di quella suina al fine di causare una pandemia e trarne un grande profitto economico attuando un programma di vaccinazione obbligatoria di massa.

La Burgermeister porta le prove che la Baxter AG ha deliberatamente fatto uscire 72 chili di virus vivo dell’influenza aviaria, fornito dall’OMS durante l’inverno del 2009 a 16 laboratori in quattro paesi differenti, minimizzando l'accaduto definendolo un banale incidente.

Oltre a queste accuse la giornalista ha sporto denuncia anche riguardo al caso delle fiale di “influenza suina” destinate ad un laboratorio di ricerca esplose in un affollato treno intercity in Svizzera.

La Burgermeister sostiene che, sia l’influenza aviaria, che l’influenza suina, siano state bioingegnerizzate in laboratorio usando i finanziamenti forniti dall’OMS e da altre agenzie governative. Il virus dell'influenza suina difatti sarebbe un ibrido in parte dell’influenza suina, in parte dell’influenza umana e in parte dell’influenza aviaria, una cosa che può solo venire da un laboratorio, secondo l'opinione di molti autorevoli esperti.


La verità è ancora lontana dall'essere raggiunta, certo questi sembrano dubbi molto ben argomentati.

Si attendono risposte da parte degli interessati ... sempre che abbiano voglia di darle.



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22/07/09






La 'ndrangheta non ha dimenticato Pino Masciari, noi?

E' stato perpetuato l'ennesimo atto di arrogante intimidazione rivolto ad un uomo che ha già ampiamente dimostrato di non essere disposto a chinare il capo di fronte a nessuna prepotenza della 'ndrangheta.

Il 19 luglio, mentre Masciari si trovava a Palermo per esprimere solidarietà nella lotta contro tutte le mafie intervenendo alla commemorazione della strage di Paolo Borsellino e della sua scorta, è giunta la notizia che un ordigno esplosivo era stato ritrovato sul davanzale della sede dell'ex ditta di Pino Masciari a Serra San Bruno (VV).

Si tratta sicuramente di un messaggio intimidatorio che non a caso giunge proprio mentre l'attenzione della gente intorno alla “vicenda Masciari” si è fatta gradatamente più blanda. In risposta alla sinistra minaccia Masciari ha già confermato che questo episodio non rallenterà assolutamente il proseguire, nelle sedi di giustizia, della sua opera di cooperazione per lo smantellamento delle cosche calabresi.

La vicenda deve però far meditare i cittadini sul nostro ruolo di primaria importanza nella protezione dei valorosi uomini che hanno il coraggio di esporsi in prima persona nella lotta alla malavita. C'è una frase che Masciari è solito ripetere: “ogni persona che viene a conoscenza della mia vicenda mi allunga la vita di un giorno”. Queste parole stanno a significare che la protezione fondamentale di cui si può avvalere deriva direttamente dall'attenzione prestatagli dall'opinione pubblica. Attenzione che non va assolutamente confusa con la sete di palcoscenico, si tratta di una necessità per assicurargli la sopravvivenza.

La 'ndrangheta, come tutti i serpenti, colpisce nell'ombra e preferibilmente quando cala il silenzio. E' compito nostro, in quanto membri della collettività, mantenere i riflettori accesi e ben puntati sulle persone che nella società odierna possono ancora impartire lezioni di legalità e dare un esempio di fedeltà alla giustizia come Giuseppe Masciari sta facendo da oltre dodici anni.

PIENA SOLIDARIETA' AL TESTIMONE DI GIUSTIZIA PINO MASCIARI

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20/07/09






Via D'Amelio 19 luglio 1992 – 2009


19 luglio 1992, ore 16 58 minuti e 20 secondi; Paolo Borsellino, Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina muoiono in seguito all'esplosione di 100 chili di tritolo piazzati in una Fiat 126 parcheggiata in via D'Amelio sotto casa della madre del magistrato Borsellino.

Diciassette anni dopo un manipolo di persone si sono trovate nel luogo esatto del martirio ma non per piangere la morte di questi coraggiosi uomini, piuttosto per impedire che il loro sacrificio venga dimenticato e così reso vano, soffocato sotto corone di fiori utili solo a nascondere quello che invece è giusto che si veda.Potremo parlare di una morte inutile solo se permetteremo che il lavoro svolto da questi eroi cada nell'oblio della memoria, rimarranno valorosi martiri della giustizia fino a quando ci sarà qualcuno che pretenderà di conoscere la verità sul lavoro che stavano svolgendo.

La verità non si presta ad essere interpretata o ad adattarsi alle necessità del momento, la verità è una ed inequivocabile e purtroppo sembra doveroso riconoscere che dopo diciassette anni dalla strage, la verità non è ancora stata detta.

Prima tra tutte le domande che cercano ancora risposta riguarda i veri mandanti della strage. Oggi sembra sussistere più di qualche dubbio sulle reali motivazioni che hanno portato alla decisione di questa barbara esecuzione.

Ci avevano detto che è stata una strage mafiosa.

Oggi abbiamo validi motivi per ipotizzare che sia stata una strage di stato.

La condanna a morte per i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino è avvenuta in conseguenza della bravura professionale di questi due magistrati; ci stavano riuscendo, stavano finalmente portando a galla una realtà che ancora oggi, a distanza di tanti anni, alcuni sono terrorizzati alla sola idea che venga svelata.

Strana coincidenza, per chi crede ancora alle coincidenze, quella per cui proprio in questi giorni qualche cosa nel mare delle verità da nascondere sembra voler affiorare.

Strano il comportamento dei mezzi d'informazione che in merito a vicende importantissime che sono alla base del sistema su cui si è costruita la seconda repubblica non fanno il loro dovere informando ma bensì ignorano colpevolmente tutta la vicenda.

Prima tra le persone fermamente determinate a squarciare il silenzio che avvolge la faccenda a discapito della verità, è il fratello del giudice. Salvatore Borsellino, quasi senza voce per il tanto parlare, afferma senza troppi giri di parole: “mio fratello sapeva della trattativa tra la mafia e lo Stato e per questo è stato ucciso. La strage di via D'Amelio è una strage di Stato”.In effetti non si può non notare che con il passare del tempo aumentano e non diminuiscono i lati oscuri che circondano la vicenda. Sono troppe le domande lasciate senza nessuna risposta e le persone che si sono trovate domenica in via D'Amelio ha espresso con decisione la volontà di cominciare a sapere.

Vogliamo conoscere chi e perché diciassette anni fa ha negato l'autorizzazione al divieto di parcheggio in via D'Amelio nonostante tutti sapessero che dopo la strage di Capaci l'attentato omicida per zittire definitivamente Paolo Borsellino sarebbe arrivato inesorabile da li a poco.

Per quale motivo non si sono approfondite le indagini fermandosi subito quando si è pensato di aver individuato i Corleonesi come gli unici colpevoli dell'esecuzione?

E' cosa risaputa che i servizi segreti siano invischiati nella faccenda. Comprendiamo perfettamente che queste attività non sarebbero più segrete se venissero divulgate le notizie concernenti le loro indagini, chiediamo solo di sapere a quali risultati sono approdati dopo 17 anni di lavoro.

Pretendiamo di conoscere cosa ne è stato dell'agenda rossa dove il magistrato era solito appuntare ogni minimo particolare degno di rilevanza che emergeva dal suo lavoro. Sappiamo che il tenente Arcangioli è stato visto allontanarsi da via D'Amelio subito dopo l'attentato con la borsa che la conteneva ma da allora si ignora totalmente il destino che ha avuto.

Perché a distanza di tanti anni e proprio in un momento in cui lo stato non è nella posizione di poter garantire più nessuna certezza a certi loschi personaggi; Riina, il figlio di Ciancimino e altri cominciano a parlare di un altra verità usando toni molto simili a quelli di una minaccia.


Ma al di sopra di tutto esigiamo che cessi immediatamente il silenzio da parte degli uomini dello stato che sono coinvolti a vario titolo in questa vicenda. E' loro assoluto e primario dovere rendere conto del proprio operato istituzionale al popolo sovrano. E' inaccettabile che prosegua questo assordante silenzio che, giorno dopo giorno, assume sempre più i contorni di un atto omertoso.



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