25/08/10

MoVimento 5 Stelle Piemonte: mancano i soldi per il riconteggio delle schede? Usate quelli che noi non abbiamo voluto per i rimborsi elettorali





Comunicato Stampa del MoVimento 5 Stelle Piemonte.


Da giorni assistiamo – con crescente disagio – alla querelle relativa al riconteggio di parte dei voti delle ultime elezioni regionali, tra problemi di carattere logistico, mancanza di fondi e Ministri della Giustizia reticenti. Apprendiamo dagli organi di stampa che il costo stimato per sorvegliare e trasportare i 2.300 scatoloni e sacchi dal deposito di Chieri alle Vallette è di 180.000 euro, mentre ne servirebbero altri 168.000 per pagare gli straordinari al personale del Tribunale.

Siamo per la legalità, riteniamo quindi inaccettabile che una sentenza non possa trovare esecuzione per mancanza di denaro ed è altresì grave che occorrano dei mesi per stabilire se la Giunta attualmente in carica sia legittimata o no a governare il Piemonte, vogliamo perciò proporre una soluzione al problema.

Come è noto, il MoVimento 5 Stelle ha rinunciato ai rimborsi per le spese elettorali, che ammontavano ad oltre 132.000 euro per ogni anno di legislatura; chiederemo quindi al Ministero dell'Economia di destinare almeno l'importo relativo al 2010 alla copertura di parte delle spese sopra citate, auspicando che i partiti che i rimborsi li hanno presi (si citano, a titolo di esempio, gli oltre 900.000 euro del Pdl e gli oltre 800.000 del Pd) vogliano integrare la differenza.

Per quanto riguarda il personale siamo certi che gli attivisti del MoVimento 5 Stelle si attiveranno per un vero e proprio “volontariato democratico” e offriranno il loro aiuto per le operazioni di riconteggio.


Gruppo Consiliare MoVimento 5 Stelle




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21/08/10

LAMPEDUSA, 35°30′N 12°36′E


Amo l'isola di Lampedusa, la amo di un amore figliale e devoto; un sentimento che aiuta a guardare oltre l'apparente normalità dello scempio quotidiano per pretendere nei suoi confronti un vero rispetto.
Sull'isola, simbolo di bellezze naturali e oasi ecologica protetta dalle leggi comunitarie, da alcuni anni si sta assistendo ad una vera e propria opera di sciacallaggio naturalistico in cui ultimamente le istituzioni locali sono uscite dal loro torpore complice per arrivare a decidere di parteggiare per l'illegalità.

La storia è semplice e la presidentessa di Legambiente Lampedusa la racconta quasi in un fiato.
Sull'isola il più prezioso scrigno di biodiversità, nonché luogo in cui le tartarughe marine depongono le uova, è rappresentato dalla meravigliosa “isola dei conigli”, un lembo di litorale che sembra uscito dalle più belle cartoline caraibiche. Sabbia immacolata, mare turchese, conigli sull'atollo e una miriade di pesci colorati nell'acqua. La spiaggia, sebbene sia diventata riserva naturalistica, è aperta ai bagnanti che possono così godere delle bellezze del luogo. Luogo che però rimane delicato e bisognoso di attenzione.

Con ordinanza 01146/2010 del 20.07.2010 il TAR Sicilia ha ordinato la revoca di qualsiasi concessione commerciale presso l'isola dei conigli. Non più ombrelloni a pagamento, perciò, niente servizio ristorazione in spiaggia … solo l'uomo e l'ambiente. In un tentativo di poter re-instaurare un equilibrio che permetta alla gente di godere della bellezza del posto senza per questo comportasi da parassita.
Ebbene il Comune, nella persona del vice sindaco Angela Maraventano (lega nord), ha deciso di continuare a concedere le autorizzazioni comunali per consentire il servizio di noleggio ombrelloni e bar, in palese violazione delle disposizioni del TAR, senza neanche sentire l'ente gestore della riserva o la regione Sicilia. Ma della legge qui sembra potersene fare davvero un baffo e gli introiti del servizio, si sta parlando di migliaia di euro al giorno, non di pochi denari che possono consentire ad una famiglia di sfamarsi, non vengono neppure destinati alle attività di conservazione della natura come prevede la legge regionale per altri luoghi simili. Qui la lucrosissima attività finisce nelle tasche di pochi a cui, forse per ignoranza o forse per egoismo, non si riesce di far comprendere che così non si nuoce solo all'ecosistema e alle tartarughe ma si rischia di demolire l'unicità di questa splendida isola.





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No Berlusconi Day 2






di Michele

Nemmeno il tempo di ritornare dalle vacanze, per chi ha avuto il privilegio di andarci in vacanza, che si torna subito a parlare di mobilitazione contro un governo eversivo, piduista, xenofobo e razzista, che sta facendo macelleria sociale e soprattutto contro il suo capo che si è messo in politica per:
curare gli interessi delle aziende di famiglia e salvare il suo monopolio televisivo privato, data l’incostituzionalità della legge Mammì fatta dal suo amico Craxi che gli consentiva di mantenere le tre reti televisive;
coprirsi tramite una sorte di scudo giudiziario dai suoi problemi con la giustizia;
raccogliere l’eredità politica lasciata da Craxi;
fare da referente politico di Cosa Nostra, su richiesta di Dell’Utri.

Come per il No B Day del 5 dicembre 2009, anche questa volta la manifestazione prevista per il prossimo 2 ottobre sembra essere partita dal web:
la prima pagina Facebook che parla di “No Berlusconi Day 2” è nata il 13 agosto;
la nota dell’appello sulla pagina Facebook più numerosa de “Il popolo viola”, per intenderci quella che fa riferimento al “Santo” ( San Precario), è comparsa il giorno 17 agosto e subito dopo è nato il blog dell’evento;
il giorno 18 agosto sul blog di Di Pietro viene comunicata l’adesione dell’IDV.
Il tam tam in rete è quindi subito partito alla grande, anche questa volta tra le adesioni ci sono esponenti del PD, come Ignazio Marino, e non solo a titolo personale, infatti aderisce “Insieme per il PD” tra i cui sostenitori ci sono gli onorevoli: Argentin, Gozi, Sarubbi, Lumia, Gottardi.

Quelli del “Santo” hanno di nuovo colto nel segno o è una storia già scritta?
L’appello poi fa sorgere il dubbio che ci sia qualcuno che suggerisce o qualcuno che copia; in esso si legge:
“ Per lasciarci alle spalle la lunga e drammatica fase storica del berlusconismo, iniziata nel ’94 con la nascita di Forza Italia sostenuta dalla mafia, non bastano le dimissioni di Berlusconi e del governo: occorre operare un radicale cambiamento delle condizioni politiche e culturali che ne hanno favorito la nascita e lo sviluppo, in particolare attraverso il ricorso ai mezzi di informazione di proprietà di Berlusconi sin dalla sua “discesa in campo”.
Per questo chiediamo che dopo le dimissioni di Berlusconi si operi tempestivamente 1) per la modifica dell’attuale legge elettorale e 2) per una nuova legge sul conflitto di interessi che impedisca il riproporsi dei nuovi Berlusconi.
E poi subito al voto per nuove elezioni libere e democratiche. ”
E’ anche quello che chiede Di Pietro.

Per il No B day ci fu l’annuncio in conferenza stampa, appena fu lanciato in rete, di Di Pietro e Ferrero, i quali nei giorni successivi continuarono a precisare che la manifestazione non veniva promossa da loro ma dal “popolo della Rete”. Poi si è visto che quello che contava in rete era la pagina Facebook del “Santo”, un despota che ha adottato metodi tutt’altro che democratici, mentre il comitato organizzatore non ascoltava le proposte sui contenuti di utenti attivi tramite Facebook e che parteciparono di persona ad alcune riunioni di preparazione all’evento. L’IDV si occupò di fornire il palco (potendo disporre di fondi provenienti dai rimborsi elettorali), mentre Comunisti Italiani e Rifondazione favorirono la mobilità contribuendo al pagamento di circa 200 pullman da tutta Italia.

Dunque la storia sta per ripetersi, ma si può comunque prendere il lato buono di una mobilitazione dal basso al di là del colore e della vanità dei personaggi che vogliono fare i protagonisti.
L'importante è che ci sia una mobilitazione dal basso.
Forse oggi quello che fa più paura ai falsi profeti della politica è proprio il risveglio di una parte della società civile. Infatti, adesso la politica è ad una finta svolta, la stessa che ha segnato il passaggio da Vito Ciancimino a Dell'Utri, da Craxi a Berlusconi.
Nel cosiddetto “terzo polo” di Casini, Fini e Rutelli, c'è solo l'impronta gattopardesca di chi non vuole colpire il berlusconismo, ovvero un modello culturale degradato e degradante, ma sostituire Berlusconi con un altro simile sotto l’aspetto della questione morale.
Invece, c’è bisogno di volti nuovi tra coloro che si sono distinti per la loro passione civica e anche del fermento dei movimenti di piazza; la mobilitazione delle idee, nel segno di un rinnovamento culturale, parte soprattutto dal basso, perciò i movimenti hanno un ruolo importante, mentre da ripudiare sono i protagonismi e gli atteggiamenti che niente hanno a che vedere con ciò che a parole si dice di voler combattere.

14/08/10

Il "politico" Berlusconi

di Michele

Berlusconi si è messo in politica per:
curare gli interessi delle aziende di famiglia e salvare il suo monopolio televisivo privato, data l’incostituzionalità della legge Mammì fatta dal suo amico Craxi che gli consentiva di mantenere le tre reti televisive;
coprirsi tramite una sorte di scudo giudiziario dai suoi problemi con la giustizia;
raccogliere l’eredità politica lasciata da Craxi;
fare da referente politico di Cosa Nostra, su richiesta di Dell’Utri.

Di nuovo Berlusconi non ha portato niente, il suo disegno politico è stato seguire la strada del suo maestro Licio Gelli, capo della P2 di cui Berlusconi era tesserato con numero di tessera 1816 e, facendo sue tante idee del piano di Rinascita Democratica, sta attentando ai principi fondanti della Costituzione come: l’autonomia e indipendenza della magistratura, la libertà di manifestazione del pensiero e di stampa, l’uguaglianza di tutti cittadini di fronte alla legge.
A livello nazionale Berlusconi ha trovato il favore: di Cosa Nostra, di quello che rimane della vecchia P2, dello Ior e Vaticano; ha raccolto l’eredità politica lasciata dal latitante Craxi e il sostegno degli anticomunisti, degli estremisti di destra, dei veri liberali che pensavano Berlusconi fosse un liberale.
Tale situazione andava bene anche ad altri ‘poteri forti’ controllati a livello internazionale da logge massoniche e cosche mafiose, sapendo di poter ricattare Berlusconi e che Berlusconi sarebbe stato espressione di una classe dirigente che di nuovo sostanzialmente non presentava niente rispetto ai vecchi partiti scomparsi con tangentopoli, così la logica gattopardesca, del “cambiare tutto perché non cambi nulla”, ha avuto la meglio.
Questi altri ‘poteri forti’ si sono occupati di rendere sempre più trasversale la collusione nella rappresentanza politica per non avere capi politici, bensì politici a loro disposizione; Berlusconi, essendo ricattabile per la sua storia fatta di tante ombre, si è dovuto rendere disponibile. Ma all’apparente disponibilità, Berlusconi ha contrapposto poca affidabilità dal punto di vista degli equilibri nella gestione politico-finanziaria a livello globale, essendosi mostrato incline agli interessi del fronte russo-libico-iraniano, cosa che non piace al fronte Usa-Israele-Occidente.

Da tali considerazioni personali, supponendo che siano giuste, si deduce che tra gli obbiettivi di questi ‘poteri forti’ c’è la sostituzione di Fini con Berlusconi, quale nuovo rappresentante politico della destra italiana.

Tutte le leggi 'ad personam' ed 'ad aziendam'

di Michele

Tra i vari condoni fatti da Berlusconi, di cui ne ha beneficiato, come verrà meglio illustrato in seguito, ci sono:
il condono fiscale, contenuto nella Legge Finanziaria del 2003; l’estensione del condono edilizio alle aree protette; il cosiddetto Lodo Cassazione, norma fatta su misura per la Mondadori.

Diverse sono state le norme che favoriscono le società di Berlusconi dal punto di vista fiscale, approvate dai governi Berlusconi; fra queste, come verrà illustrato più avanti, ci sono:
la legge Tremonti del 1994 per la detassazione degli utili reinvestiti; il cosiddetto Decreto Salva-Calcio; la detassazione delle plusvalenze da partecipazione; la riduzione delle aliquote fiscali per i redditi dei più abbienti.


LEGGI AD PERSONAM

Tra le leggi ad personam da ricordare, fatte dai governi Berlusconi a partire dal 1994, ci sono:
il Decreto Biondi, approvato il 13 luglio 1994, provocò la scarcerazione immediata di 2764 detenuti, dei quali 350 erano colletti bianchi coinvolti in Tangentopoli (compresi la signora Poggiolini, l’ex ministro Francesco De Lorenzo e Antonino Cinà, il medico di Totò Riina), al fine di impedire l’arresto di Paolo Berlusconi, del capo dei servizi fiscali della Fininvest Salvatore Sciascia e di Massimo Maria Berruti, consulente del gruppo Fininvest;
la Legge sulle Rogatorie, approvata nel 2001, serviva a cancellare le prove giunte dall’estero per rogatoria ai magistrati italiani, comprese ovviamente quelle che dimostrano le corruzioni dei giudici romani da parte di Previti & C;
la non ratifica del Mandato di cattura europeo (2001), da parte del governo Berlusconi, vide l’Italia come unico paese fra quelli dell’Unione europea a non aver ratificato, ma solo relativamente ai reati finanziari, ai reati contro la Pubblica amministrazione, e il motivo della mancata ratifica, secondo “Newsweek”, è che Berlusconi temeva di essere arrestato dai giudici spagnoli per l’inchiesta su Telecinco;
la Legge Frattini sul conflitto d’interessi, approvata il 28 febbraio del 2002, che consente di “legalizzare” la posizione di conflitto di interessi di Berlusconi: chi possiede aziende e va al governo, ma di quelle aziende è soltanto il “mero proprietario”, non è in conflitto d’interessi e non è costretto a cederle, quindi l’unica conseguenza per il premier è stato lasciare la presidenza del Milan;
la depenalizzazione del falso in bilancio, legge fatta dal governo Berlusconi nel 2002, ha permesso a Berlusconi di ottenere l’assoluzione perché “il fatto non è più previsto dalla legge come reato” nel processo All Iberian 2 e nell'ambito dell'ultimo stralcio del processo SME, e di giungere alla prescrizione nel processo sul caso del calciatore Lentini;
la Legge Cirami sul legittimo sospetto, approvata il 5 novembre 2002, che reintroduce il concetto di “legittima suspicione” sull'imparzialità del giudice, quale causa di ricusazione e trasferimento del processo, viene sistematicamente invocata dagli avvocati di Berlusconi e Previti nei processi che li vedono imputati;
il cosiddetto Lodo Schifani (legge n.140/2003), per l’impunità delle alte cariche dello stato, ha consentito la sospensione dei processi a carico di Berlusconi fino alla bocciatura da parte della Corte Costituzionale;
la riapertura dei termini per il condono fiscale, Dl 143 del 24 giugno 2003, estende il condono a coloro che hanno “concorso a commettere i reati”, anche se non hanno firmato la dichiarazione fraudolenta, come nel caso dei 9 coimputati del premier, accusati di aver aiutato Berlusconi a evadere con fatture false o gonfiate;
la cosiddetta Legge ex-Cirielli, Legge n. 251/2005, denominata anche legge salva-Previti, ha introdotto una riduzione dei termini di prescrizione per gli incensurati e trasformato in arresti domiciliari la detenzione per gli ultrasettantenni, consentendo l'estinzione per prescrizione dei reati di corruzione in atti giudiziari e falso in bilancio nei processi "Diritti tv Mediaset" e”Mills” a carico di Berlusconi;
la cosiddetta Legge Pecorella, che introduceva l'inappellabilità da parte del pubblico ministero per le sole sentenze di proscioglimento, fu respinta dal presidente Ciampi in quanto incostituzionale, così Berlusconi la ripresentò uguale per farla riapprovare (legge n.46) nel gennaio 2006, ma la Consulta la bocciò con la sentenza n. 26 del 2007;
Il cosiddetto Lodo Alfano (legge n. 124/2008), per l’impunità delle alte cariche dello stato, ha consentito la sospensione dei processi a carico di Berlusconi fino alla bocciatura da parte della Corte Costituzionale, nonostante le pressioni ricevute da quest’ultima;
il cosiddetto legittimo impedimento, legge del 7 aprile 2010 n. 51, che consente di rinviare i processi per Berlusconi e i ministri, si applica per tutte quelle attività "coessenziali" alle funzioni di governo e a certificare che esiste un impedimento "continuativo e correlato allo svolgimento delle funzioni", sarà la Presidenza del Consiglio;
il cosiddetto decreto “salva liste”, Dl 5 marzo 2010 n. 29, è stato il tentativo, palesemente incostituzionale (comma IV art. 72, art.117 della costituzione), da parte del governo Berlusconi di cambiare le regole nel corso della competizione elettorale;
il Disegno di legge sul “processo breve” prevede che per l'imputato incensurato il processo non può durare più di sei anni (due anni per grado e due anni per il giudizio di legittimità), tutto a beneficio di Berlusconi nelle vicende sui diritti tv Mediaset, Mediatrade, corruzione di Mills, ma tale norma estinguerebbe anche oltre 100 mila processi penali in corso, tra i quali: Thyssen Krupp, quello Antonveneta per le accuse di aggiotaggio ad Antonio Fazio e Luigi Grillo, il processo Parmalat, quello per il disastro di Viareggio del 29 giugno 2009 e il processo sul crollo della Casa dello Studente e del Convitto Nazionale in seguito al terremoto che colpì L’Aquila nel 2009.


LEGGI AD AZIENDAM

Berlusconi a suon di leggi ad aziendam ha triplicato il proprio patrimonio, in particolare dall’inizio del 1994 (3,1 miliardi di euro), quando è entrato in politica, al 2005 (12 miliardi di euro secondo Forbes).
Di seguito si riportano le norme approvate dai governi Berlusconi che, in modo evidente, hanno favorito le società del premier e la crescita del suo patrimonio:
la Legge Tremonti, approvata il 10 giugno 1994, per la detassazione del 50% degli utili reinvestiti dalle imprese, ha consentito alla neonata Mediaset di risparmiare 243 miliardi di lire di imposte sull’acquisto di diritti cinematografici per i film d’annata;
la cosiddetta Tremonti-bis, Legge del 18 ottobre 2001 n. 383, abolisce l’imposta su successioni e donazioni per i patrimoni superiori ai 350 milioni di lire (fino a quella cifra l’imposta era già stata abrogata dal centrosinistra);
il cosiddetto “Decreto Salva-Calcio”, Decreto legge n. 282/2002, introduce una norma che consente alle società di calcio (tra cui il Milan che risparmia 242 milioni di euro) di diluire le svalutazioni dei cartellini dei calciatori sui bilanci in un arco di dieci anni, con importanti benefici economici in termini fiscali;
il condono fiscale, contenuto nella Legge Finanziaria del 2003, ha consentito a Berlusconi di sanare con appena 1800 euro un’evasione di 301 miliardi di lire contestata dai pm di Milano e a Mediaset di sanare le evasioni di 197 milioni di euro, contestate dall’Agenzia delle entrate, pagandone appena 35;
la detassazione delle plusvalenze da partecipazione, riforma introdotta da Tremonti nel 2003, venne subito utilizzata dal premier Berlusconi nell’aprile 2005 quando cedette il 16,88% di Mediaset detenuto da Fininvest per 2,2 miliardi di euro, risparmiando 340 milioni di euro di tasse;
il Decreto Salva-Rete 4, firmato da Berlusconi il 24 dicembre 2003, concede una proroga per continuare a far trasmettere Rete 4 in analogico, a danno di Europa 7, pur non avendo la concessione per farlo dal 1999;
la Legge Gasparri del 2004, sul riordino del sistema radio-televisivo e delle comunicazioni, assicura che Rete 4 non avrebbe sforato il tetto antitrust perché, entro il 30 aprile 2004, il 50% degli italiani avrebbe dovuto captare il segnale del digitale terrestre, però, a quella data, solo il 18% della popolazione riceveva il segnale digitale, inoltre, tale legge regala a Mediaset una potenziale crescita dei ricavi di 1-2 miliardi di euro l’anno, come ha candidamente ammesso lo stesso Fedele Confalonieri;
le norme sull’acquisto del decoder, cui fanno riferimento la Legge n.350/2003 (Finanziaria 2004) e la Legge 311/2004 (Finanziaria 2005), introducono un incentivo statale all'acquisto di decoder e a beneficiare in forma prevalente dell'incentivo è la società Solaris, il principale distributore in Italia dei decoder digitali Amstrad del tipo "Mhp", controllata al 51 per cento da Paolo e Alessia Berlusconi;
l’estensione del condono edilizio alle aree protette, Legge n.308/2004, inserisce le zone protette tra le aree condonabili e tra queste ci sono anche le aree di Villa Certosa di proprietà della famiglia Berlusconi;
la riduzione delle aliquote fiscali per i redditi dei più abbienti, varata dal governo Berlusconi a fine 2004, consente a Berlusconi, secondo i calcoli de L’Espresso, di risparmiare 764.154 euro all’anno;
il Testo unico della previdenza complementare, Decreto legislativo n. 252 del 2005, prevede norme che favoriscono fiscalmente la previdenza integrativa individuale, a beneficio soprattutto di Mediolanum di proprietà della famiglia Berlusconi;
il servizio Postescuola di consegna e ordinazione, per telefono e online, dei libri di testo destinati agli alunni della scuola secondaria, tramite l’accordo stipulato il 9 giugno 2005 tra il Ministero dell’Istruzione e le Poste Spa, ha previsto la consegna dei libri tramite la Mondolibri Bol, una società posseduta al 50 per cento da Arnoldo Mondadori Editore Spa, di cui è mero proprietario Berlusconi;
l’innalzamento dal 10% al 20% del tetto per l’acquisto di azioni proprie, da parte delle società quotate in borsa, è stato subito messo in atto dalla Fininvest per aumentare il controllo su Mediaset;
lo spostamento di pubblicità da Rai a Mediaset da parte delle aziende e delle istituzioni controllate dal governo: ministeri, Poste, Eni, Enel, ecc., si è verificato in misura cospicua da quando nel 2008 Berlusconi è tornato al governo;
il Decreto legge n. 185/2008 ha stabilito l’aumento dal 10 al 20% dell'aliquota IVA sulla pay tv "Sky Italia", il principale competitore privato del gruppo Mediaset;
le norme contenute nel decreto Romani, entrato in vigore il 15 marzo 2010, regolano gli spazi pubblicitari televisivi a vantaggio di Mediaset e a svantaggio di Sky, costretta a scendere entro il 2013 dal 18 al 12% di affollamento orario di spot;
il cosiddetto Lodo Cassazione, norma fatta su misura per la Mondadori, inserita di nascosto all'interno del Dl incentivi del 25 marzo 2010, consente di archiviare i processi tributari arrivati in Cassazione con due sentenze favorevoli al contribuente mediante il pagamento del solo 5% del valore della lite.

10/08/10

Berlusconi e la mafia






di Michele

L’attuale governo secondo la propaganda filo berlusconiana di alcuni telegiornali appare come il governo che sta facendo molto nella lotta alla criminalità organizzata. Ovviamente non è vero, infatti, sono state approvate numerose leggi e provvedimenti che favoriscono finanziariamente le organizzazioni criminali, quali:
scudo fiscale, che consente di riciclare il denaro frutto di attività criminali;
legge bavaglio, che impedisce le intercettazioni in caso di reati collocabili all’interno di un’associazione criminale ma di cui non è nota l’appartenenza a tale associazione;
tagli alle forze d'ordine (riduzione di 7.900 cancellieri e 1.800 ufficiali giudiziari, manca persino la benzina per le volanti);
messa all’asta dei beni confiscati alla mafia dando così la possibilità alle organizzazioni criminali di ricomprarli avvalendosi di prestanome;
mancato scioglimento del consiglio comunale di Fondi per infiltrazioni mafiose, nonostante le sollecitazioni del prefetto e l’esecuzione di 17 ordinanze di custodia cautelare;
negazione del piano di protezione al collaboratore Spatuzza;
proposta di modifica degli articoli 192 e 195 del C.p.p. in modo da restringere i casi di utilizzabilità nei processi delle dichiarazioni dei pentiti di mafia;
il Disegno di legge sul “processo breve” prevede che per l'imputato incensurato il processo non può durare più di sei anni (due anni per grado e due anni per il giudizio di legittimità), tutto a beneficio di Berlusconi nelle vicende sui diritti tv Mediaset, Mediatrade, corruzione di Mills, matale norma estinguerebbe anche oltre 100 mila processi penali in corso, tra i quali: Thyssen Krupp, quello Antonveneta per le accuse di aggiotaggio ad Antonio Fazio e Luigi Grillo, il processo Parmalat, quello per il disastro di Viareggio del 29 giugno 2009 e il processo sul crollo della Casa dello Studente e del Convitto Nazionale in seguito al terremoto che colpì L’Aquila nel 2009.

Numerosi fatti di cronaca, anche recenti, sono indizi di un legame, ancora da provare sotto l'aspetto giuridico, tra Berlusconi e gli ambienti mafiosi. Eccone alcuni:

- la II sezione penale del tribunale di Palermo con sentenza dell’11 dicembre 2004 ha pronunciato quanto segue: "vi è la prova che Dell’Utri aveva promesso alla mafia precisi vantaggi in campo politico e, di contro, vi è la prova che la mafia, in esecuzione di quella promessa, si era viepiù orientata a votare per Forza Italia nella prima competizione elettorale utile e, ancora dopo, si era impegnata a sostenere elettoralmente l’imputato in occasione della sua candidatura al parlamento europeo nelle fila dello stesso partito, mentre aveva grossi problemi da risolvere con la giustizia perchè era in corso il dibattimento di questo processo penale".
Il 29 giugno 2010 la seconda sezione della Corte d’Appello di Palermo ha condannato Dell’Utri a sette anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa. In primo grado gli erano stati inflitti nove anni di reclusione.

- autorevoli esponenti mafiosi pentiti del calibro di Antonino Giuffrè, Salvatore Cancemi, hanno parlato di un patto tra Forza Italia e Cosa Nostra fatto nel 1994.

- la banca Rasini, di cui fu procuratore Luigi Berlusconi, aveva tra i clienti privilegiati gente come Bernardo Provenzano, Totò Riina, Vittorio Mangano.

- Marcello Dell'Utri fissò due incontri, mentre nasceva Forza Italia (2 e 30 novembre 1993), con Mangano il quale già era stato in galera undici anni a scontare una parte della pena complessiva di 13 anni che aveva subito al processo Spatola, per mafia, e al maxiprocesso, per droga, istruito da Falcone e Borsellino insieme.

- il pentito Gaspare Spatuzza ha recentemente dichiarato che, dopo le stragi del 1992, tra Cosa nostra e lo Stato era in corso una trattativa e che i referenti politici dei boss fossero proprio Dell'Utri e Berlusconi.

- La Procura di Firenze ha indagato per molti anni (fino all'agosto 1998) su Silvio Berlusconi e Marcello Dell'Utri considerati come i mandanti a volto coperto delle stragi:
• del 14 maggio 1993 a Maurizio Costanzo (via Fauro, Roma)
• attentato agli Uffizi del 27 maggio 1993 (via de' Georgofili, Firenze)
• attentato al Padiglione di Arte Contemporanea del 27 luglio 1993 (Via Palestro, Milano)
• di San Giorgio al Velabro e San Giovanni in Laterano (Roma, 28 luglio 1993)
• allo stadio Olimpico (dicembre 1993 - gennaio 1994)
• a Formello-Roma (attentato a Salvatore Cotorno, 14 aprile 1994)
Il Pm di Firenze chiese l'archiviazione del procedimento al termine delle indagini preliminari, accolta dal giudice per le indagini preliminari competente, sebbene si evidenziasse nel decreto di archiviazione che vi era "un’obiettiva convergenza degli interessi politici di Cosa Nostra rispetto ad alcune qualificate linee programmatiche della nuova formazione" (ovvero Forza Italia) e che durante le indagini "l'ipotesi iniziale abbia mantenuto e semmai incrementato la sua plausibilità".
Le recenti dichiarazioni di Spatuzza hanno portato all'iscrizione di Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri nel registro degli indagati della Procura di Firenze; è quanto scritto il 3 agosto 2010 dal quotidiano l’Unità, rivelando che Berlusconi e Dell'Utri compaiono nel fascicolo numero 11531 del 2009 con generalità protette, “Autore Uno” e “Autore Due”, come già successe nella prima indagine sulle stragi del 1993, poi archiviata nel 1998.

- A Caltanissetta Berlusconi e Dell'Utri furono iscritti nel registro degli indagati come mandanti delle stragi di Via D'Amelio (Paolo Borsellino) e Capaci (Giovanni Falcone).
Il 3 maggio 2002 il fascicolo venne archiviato, su richiesta dello stesso PM, perché il quadro indiziario risulta friabile. Il Gip tuttavia, nel decreto di archiviazione, lascia alla valutazione dei pubblici ministeri di effettuare ulteriori indagini su "piste investigative diverse da quelle sinora perseguite" ritenendo che "tali accertati rapporti di società facenti capo al gruppo Fininvest con personaggi in varia posizione collegati all'organizzazione Cosa nostra, costituiscono dati oggettivi che rendono quantomeno non del tutto implausibili nè peregrine le ricostruzioni offerte dai diversi collaboratori di giustizia". Oltre a questo viene evidenziato anche che "gli atti del fascicolo hanno ampiamente dimostrato la sussistenza di varie possibilità di contatto tra gli uomini appartenenti a Cosa Nostra ed esponenti e gruppi societari controllati in vario modo dagli odierni indagati". Tale richiesta di archiviazione, tuttavia, non fu sottoscritta dall'altro pm che si era occupato delle inchieste e dei processi sulle stragi, Luca Tescaroli, contrario alle impostazioni della richiesta di archiviazione soprattutto nella parte in cui si sostiene che le dichiarazioni dei principali pentiti della strage, Cancemi e Brusca, erano "contrastanti". Una tesi che è stata confermata anche nella sentenza d'appello della strage di Capaci dove i giudici scrissero tra l'altro che le dichiarazioni di Brusca e Cancemi erano "convergenti" e che era necessario indagare ancora "nelle opportune direzioni per individuare i convergenti interessi di chi era in rapporto di reciproco scambio con i vertici di Cosa nostra".

- La procura di Palermo ha indagato su Silvio Berlusconi e su Marcello Dell'Utri per concorso esterno in associazione mafiosa e riciclaggio di denaro sporco.

- Berlusconi e Dell’Utri hanno definito Vittorio Mangano un eroe, invece Mangano era un pluriomicida mafioso, ospite sotto mentite spoglie di stalliere alla villa di Berlusconi ad Arcore, dalla seguente fedina penale:
condanna in primo grado a due ergastoli, in due distinti giudizi per omicidi ed in uno anche per associazione mafiosa;
condanna definitiva al maxiprocesso di Palermo per traffico di stupefacenti;
condanna definitiva al processo Spatola per associazione a delinquere con la mafia;
condanna definitiva per false fatture e frode fiscale a 2 anni e 3 mesi.

- il 19 agosto del 1998 su La Padania, quotidiano della Lega Nord, vengono poste 10 domande a Berlusconi sulla provenienza del denaro, esprimendo il dubbio che si tratti di denaro sporco riciclato, con cui Berlusconi ha costruito il suo impero economico.

Per approfondimento si riportano di seguito i link di alcuni video su youtube:
La prova che Berlusconi è mafioso
Mangano eroe, Dell'Utri supereroe - Marco Travaglio
Spatuzza, il penultimo a parlare - Marco Travaglio
Marco Travaglio parla di Dell'Utri
Genchi, le stragi e la nascita di Forza Italia
Gioacchino Genchi: La genesi di Forza Italia
Verità che non tutti sanno: Berlusconi-Telefonate tra massoni-cospirazione

Che Berlusconi sia mafioso è ancora da provare sotto l'aspetto giuridico, ma che Berlusconi sia per niente affidabile e che nei suoi confronti non ci sia alcun complotto politico-giudiziario è già dimostrato.
Infatti, è accertato, dalla sentenza definitiva della Cassazione, che Mills è stato corrotto per testimoniare il falso nell'ambito di due processi in cui era imputato Silvio Berlusconi (il processo per corruzione alla Guardia di Finanza e il processo dei fondi neri di All Iberian) allo scopo di “tenere fuori da un mare di guai” Silvio Berlusconi.
E’ accertato che il giudice Metta è stato corrotto dai legali di Berlusconi per strappare la Mondadori a De Benedetti.
E’ accertato, dal processo All Iberian 1, il finanziamento illecito di 22 miliardi di lire al PSI, denaro partito da fondi occulti della Fininvest per finire nei conti svizzeri del PSI di Craxi.
E’ accertato che alcuni finanzieri sono stati corrotti per far chiudere loro tutti e due gli occhi sulle irregolarità riscontrate nelle verifiche fiscali presso le aziende di famiglia Berlusconi; Massimo Maria Berruti e Salvatore Sciascia, che lavoravano per il gruppo Fininvest e prima ancora erano ufficiali della Guardia di Finanza, sono stati condannati in via definitiva in tale processo relativo alle tangenti alla Guardia di Finanza e poi hanno fatto carriera politica entrando in parlamento col partito di Berlusconi.

09/08/10

LE DUE COSTITUZIONI DELL’ ITALIA 2010


di Umberto Baldocchi

Qualcuno finalmente si sta accorgendo che il conflitto Fini-Berlusconi rivela una realtà inquietante, ma anche chiarificante: il fatto che in Italia abbiamo a che fare non solo con due idee di democrazia ( quella plebiscitaria e quella parlamentare) ma addirittura con due Costituzioni in conflitto tra loro. Riflessione illuminante, bisognosa però di un ulteriore passaggio: quali sono davvero le Costituzioni in conflitto? Quella scritta e quella “materiale”, cioè quella che risponde al nuovo ordinamento materiale sorto dopo il 1993 e che ora attenderebbe di essere adeguato alla Costituzione formale? Se fosse così ci attenderebbe una ennesima stagione di bicamerali, inciuci “costituzionali”, ricerca delle “nuove regole”e via dicendo. E dietro l’angolo già si intravedono i baffetti di Massimo D’Alema. Sarebbe un incubo. In realtà il conflitto c’è,ma è ben altro. Il conflitto è piuttosto quello tra la Costituzione scritta e una sorta di “Costituzione virtuale” , affermatasi dopo il 1993, una “costituzione” in cui al centro c’è una sovranità del popolo, che è sì indiscutibile , ma solo perché fittizia e mitizzata. Il popolo non è “rappresentato”, ma “messo in scena” dai “rappresentanti” che egli crede di aver eletto,ma ha solo nominato. Gli Italiani non si accorgono ancora dell’equivoco perché ignorano, in gran numero, cosa è davvero una Costituzione. In gran numero credono che essa sia un instrument of government cioè un mezzo per governare meglio, per interiorizzare nei cittadini il rispetto delle leggi, non un frame of government, un limite al potere dei governanti, come vollero i padri fondatori degli USA. La “legalità” non appare, in questa costituzione “virtuale”, come un modo di organizzare, limitandoli, i poteri dello Stato sul cittadino, attraverso le regole fatte valere dagli organismi di garanzia ( giudiziaria e costituzionale), ma come quella finalità che meglio si manifesta nelle operazioni di ordine pubblico in cui si colpiscono i manovali della criminalità organizzata e i sicari di strada. Una criminalità illimitata, come una emergenza continua, del resto non può che richiedere un potere illimitato. In questo modo non si vede più il nesso tra criminalità organizzata, corruzione e arbitrio dei pubblici poteri. La “Costituzione” virtuale mira infatti ad assicurare sempre e solo il potere ( in teoria “del popolo”, in pratica dei suoi rappresentanti) sui cittadini, non a limitare il potere. Che senso avrebbe, infatti, in questo modo di pensare, limitare il potere se esso viene dal popolo? E’ ovvio, tutto questo non ha alcuna legittimazione giuridica, ma è la conseguenza della assenza di un liberalismo costituente alle origini dello Stato italiano e la dimostrazione che il costituzionalismo moderno non è ancora riuscito a radicarsi nella cultura civica diffusa. Questo senso comune invece – solo in apparenza moderno, in realtà arcaico - vive per forza d’inerzia come una tarda eredità delle Signorie e dei Principati, che trasformarono le libere repubbliche in dispotismi . I signori rinascimentali in teoria, miravano a superare i conflitti rafforzando il “decidere” e il “fare”, ma in pratica riuscirono solo a produrre corruzione e degrado nelle classi dirigenti e nel popolo e dipendenza dagli stranieri. Di qui le origini del drammatico declino italiano. La “Resurrezione” , il “Risorgimento”, come noto, vi fu, ma dovette attendere quattro secoli. Berlusconi comincia finalmente a esser considerato non la causa dei problemi , il fattore B. di cui gli Italiani si dovrebbero “sbarazzare” ( troppo facile il giochetto) , ma una cartina di tornasole, che ha messo alla luce un degrado che ha radici profonde. Il suo governo potrebbe a questo punto rivelarsi anche provvidenziale, o almeno utile ed istruttivo, oltre che costoso, per gli Italiani, se essi sapranno trarne insegnamento per capire meglio le carenze storiche del nostro sistema politico. Non è comunque più il tempo delle “nuove regole”. E’ finalmente arrivato il tempo delle “regole vere” della Repubblica. Quelle che neppure la prima fase della repubblica rispettava pienamente, ma almeno non travolgeva così spietatamente come è avvenuto nella smisurata orgia del potere che sta giungendo al suo epilogo.




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07/08/10

I RIMBORSI ELETTORALI DELLE REGIONALI 2010, quanto e a chi


Confesso, anche io soffro della sindrome di San Tommaso, quella per cui se non vedo non credo.
D'altronde tanta bagarre si è voluta sollevare in merito ai rimborsi elettorali da elargire per l'ultima tornata elettorale in cui si sono dovuti rinnovare i consigli di 13 regioni, complice l'enorme sperpero di denaro che in realtà i cittadini italiani avrebbero voluto abrogare con il referendum dell'aprile del 1993 sul finanziamento pubblico ai partiti e dovuto anche all'ingresso in politica di quella scheggia impazzita rappresentata dal MoVimento 5 stelle che fa capo a Beppe Grillo che ha dichiarato fin da principio di non volere soldi, da loro ritenuti non dovuti.

Le domande che mi frullavano in testa erano principalmente due:
1 - vista la crisi che, si dice, chiede a tutti i cittadini e alle istituzioni in primis dei sacrifici ... alle ultime elezioni quanti soldi sono finiti nella gola mai sazia dei partiti?
2 - sarà poi vero che il MoVimento 5 stelle ha rinunciato alle sovvenzioni statali?

Per una donna di poca fede (sopratutto verso il mondo della politica) come me c'era solo una possibilità per chiarire tutti i dubbi: scrivere direttamente all'Ufficio di Presidenza e chiedere in originale i piani di ripartizione dei rimborsi spese. Così ho fatto e finalmente ho potuto soddisfare le mie curiosità di cittadina.

Leggendo la cifra totale dei rimborsi ai partiti mi ha preso quasi un coccolone, di questi tempi la cifra fiabesca di 37 milioni 88 mila 658 euro fa tremare le gambe. Eppure sono questi i numeri; la rata del 2010 da "devolvere" ai partiti per sostenerli nelle spese che hanno affrontato per poter promuovere la loro persona a ben lauti guadagni è di 37.088.658 euro.

Altra sorpresa è stata leggere a chiare lettere, e senza possibilità di fraintendimento: "tra i movimenti e i partiti politici che hanno ottenuto almeno un candidato eletto, il MoVimento 5 Stelle Beppegrillo.it Piemonte ed il MoVimento 5 Stelle Beppegrillo.it Emilia Romagna HANNO RINUNCIATO ai rimborsi ad essi spettanti". Punto, fine della questione. Si potrà dunque discutere se la scelta dei grillini sia stata saggia o meno ma sul fatto che hanno rinunciato ai rimborsi non si può più dubitare.

Ma veniamo alla cifra da capogiro, come è stata ripartita?
Innanzitutto 326.138,44 euro che avrebbero dovuto finire nelle tasche del MoVimento 5 Stelle ( 193.258,87 euro al movimento Emilia Romagna e 132.879,57 euro a quello Piemonte) tornano nelle casse del Ministero dell'economia e delle finanze. Per il resto il malloppo viene così ripartito:

PdL                                                              - 10.682.953 euro
PD                                                                - 10.356.052 euro
Lega Nord                                                    - 4.839.133 euro
IdV                                                               - 2.798.827 euro
UdC                                                             - 2.240.231 euro
Renata Polverini presidente                            - 1.194.039 euro
SEL                                                              - 735.776 euro
Rif.com., sin.europea, comunisti italiani           - 602.577 euro
MPA, nuovo PSI, PRI, italiani nel mondo       - 278.111 euro
La Puglia prima di tutto                                  - 252.021 euro
La Destra                                                      - 227.650 euro
Scoppellitti presidente                                    - 208.562 euro
Alleanza per l'Italia                                         - 194.490 euro
Partito Pensionati                                           - 177.432 euro
Noi Sud                                                         - 173.270 euro
I pugliesi per Rocco Palese                            - 171.938 euro
Sel PSE                                                         - 168.869 euro
UDEUR                                                        - 161.532 euro
Fed della sinistra, Verdi                                 - 154.005 euro
Lista Marco Pannella - Emma Bonino            - 149.068 euro
Campania libera                                            - 120.964 euro
Alleanza di Centro, DC                                 - 112.560 euro
Moderati                                                       - 110.699 euro
Insieme per la Calabria                                  - 108.363 euro
PSI                                                                - 87.221 euro
Liste civiche per Biasotti presidente                - 80.789 euro
Federazione dei verdi                                     - 76.198 euro
Verdi-Verdi                                                   - 63.711 euro
Unione nord est                                              - 60.666 euro
Sel, federazione dei verdi                                - 57.626 euro
Alleanza Riformista                                         - 33.263 euro
Socialisti e riformisti per l'Umbria                    - 28.465 euro
Per la Basilicata lista per Pagliuca                    - 24.422 euro
Insieme per il presidente                                  - 16.108 euro
MPA                                                              - 14.913 euro



Che c'è da dire? Hanno un ottimo appetito questi partiti, peccato si sazino solo con i sempre più esigui risparmi di cittadini che sprofondano nella crisi che, loro si, pagano sulla pelle.

Lo specifico per ogni regione:


















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04/08/10

Respinta la mozione di sfiducia al sottosegretario Caliendo. Le dichiarazioni di voto.

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L'Assemblea ha respinto la mozione Franceschini, Donadi ed altri n. 1-00416 concernente iniziative volte alla presentazione delle dimissioni da parte del sottosegretario di Stato Giacomo Caliendo con 299 voti contrari, 229 favorevoli e 75 astenuti.
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LE DICHIARAZIONI DI VOTO
GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, nel merito della mozione che richiede le dimissioni del sottosegretario Caliendo, i repubblicani ritengono che non vi siano oggi elementi obbiettivi che portino a richiedere tali dimissioni. Come ha detto, a nostro avviso giustamente, l'onorevole Cicchitto ieri, è in corso un'indagine della magistratura. Sarebbe del tutto ingiustificato che il Parlamento anticipasse il giudizio rispetto agli esiti di quella indagine. Ma naturalmente, esattamente per le stesse ragioni, non siamo neppure nelle condizioni di dare una fiducia mentre è appunto in corso un'indagine giudiziaria. Quanto alla situazione politica in cui questo dibattito si inserisce, i repubblicani osservano che si stanno determinando delle novità molto rilevanti. Esse indicano la possibilità che emerga nel Paese una posizione che faccia uscire l'Italia dai limiti angusti di una contrapposizione frontale esasperata. Tale contrapposizione ha impedito e impedisce sostanzialmente la ricerca delle strade che possono condurre il nostro Paese fuori da una grave e perdurante crisi, specialmente economica, ma anche sociale e istituzionale che oggi colpisce i giovani, le zone più deboli dell'Italia e le famiglie. A queste posizioni il Partito Repubblicano italiano guarda con attenzione oggi e nella prospettiva delle nostre imminenti assise di partito. In questo senso e con queste motivazioni il collega Nucara ed io annunziamo che non prenderemo parte al voto sulla mozione Caliendo.


CARMELO LO MONTE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il Movimento per le Autonomie ha sempre adottato una linea di lealtà e di contemporanea autonomia di giudizio rispetto ai comportamenti dell'Esecutivo. In alcuni casi in questi due anni abbiamo anche disertato il voto di fiducia, ad esempio quando si sono determinati spostamenti consistenti di risorse destinate al Sud per finanziare spese correnti nel resto del Paese.
Non abbiamo quindi assunto, come Movimento per le Autonomie, una posizione diversa negli ultimi giorni. La nostra stella polare è lo sviluppo del Sud e su questo non intendiamo recedere di un solo centimetro. A questo proposito, vorremmo capire se qualcuno sta veramente pensando ad un federalismo contro il Sud, anziché ad un federalismo solidale. Come si fa a garantire entrate ai comuni attraverso la cedolare secca sugli affitti? Non è a tutti evidente che al Sud il patrimonio immobiliare è prevalentemente sfitto, a differenza di quello del Nord, che è avvantaggiato anche dall'emigrazione interna dal Mezzogiorno e che quindi questa entrata al Nord sarà reale e al Sud soltanto immaginaria? E come si fa a dire che al Sud non vi è capacità di spesa, quando ANAS e Ferrovie, partecipate dal Tesoro e fondamentali per gli investimenti in infrastrutture, non spendono una sola lira nel Mezzogiorno? Vi è la necessità che sulle varie questioni si apra un confronto vero che coinvolga l'intera maggioranza, senza che qualcuno pensi di decidere da solo. Rispetto al tema posto dalla mozione, nel confermare il nostro garantismo, ci schieriamo contro ogni giustizialismo che riteniamo sia nemico della democrazia e teniamo conto peraltro che, allo stato, la magistratura non ha emesso alcun provvedimento. La nostra astensione è principalmente legata ad un giudizio politico, ad una richiesta di opportunità e di sensibilità politica che prima di tutto va fatta a chi ricopre ruoli di primaria responsabilità, specie nel settore della giustizia. Signor Presidente, colleghi, noi siamo nella maggioranza di Governo e però pretendiamo lealtà e provvedimenti favorevoli al sud. Non daremo pretesti a chi richiede di poter risolvere ogni problema con l'autorità, ma vorremmo ricordare che una politica che vuole risolvere i problemi del Paese richiede tolleranza, pacatezza, confronto, sacrificio e soprattutto pazienza e capacità di mediazione e che avendo fastidio di tutto ciò si rischia di avere fastidio per la democrazi.


ARTURO IANNACCONE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, Noi Sud voterà contro la mozione di sfiducia al sottosegretario Caliendo perché siamo convinti della sua assoluta estraneità ai fatti che gli vengono contestati e siamo certi che un servitore dello Stato come Caliendo non è mai venuto meno ai suoi doveri di lealtà e di fedeltà alle istituzioni. È evidente che la mozione di sfiducia punta a colpire non una persona, ma mira a mettere in discussione il diritto della maggioranza che ha vinto le elezioni a governare. Spero che ne siano consapevoli anche i colleghi di Futuro e Libertà e dell'MpA che hanno preannunciato l'astensione. Ci troviamo di fronte all'ennesimo tentativo di un'opposizione allo sbando, alla ricerca disperata di alleanze improponibili di far cadere il Governo e la maggioranza strumentalizzando ambigue e politicizzate azioni giudiziarie. Derubare gli italiani del loro voto, capovolgere il verdetto popolare non con un'incalzante azione di opposizione, ma attraverso iniziative giudiziarie che se non fossero infondate e inverosimili avrebbero tutte le caratteristiche di azioni eversive e miopi e non consentiranno alla sinistra di costruire un'alternativa credibile. Il Partito Democratico in questi giorni ha mutato pelle, ha rinunciato al bipolarismo e al principio sacro in una democrazia matura che è quello dell'alternanza ed è alla ricerca di equilibri nuovi, certamente non più avanzati, per superare l'attuale fase. L'ex missino Fini, l'uomo nero, l'ex «signor no» che affossò il tentativo Maccanico ora è un possibile alleato per la sinistra. Alcuni più di altri parlano di moralità e di legalità. Conosciamo bene questi finti moralizzatori, ma in politica cosa c'è di più immorale del tradimento del mandato ricevuto dai propri elettori o di dire una cosa e farne un'altra? Abbiamo atteso solo pochi giorni e rispetto alle dichiarazioni solenni, rese in quest'Aula e in conferenza stampa, di lealtà alla maggioranza e al Governo Berlusconi il neo gruppo, nato da una scissione del Popolo della Libertà, prima ha messo in discussione il programma di Governo con la proposta di un patto di fine legislatura che assomiglia sempre di più ad un ipocrito imbroglio, ma non solo, poi annuncia di astenersi su di un provvedimento così delicato come la mozione di sfiducia al senatore Caliendo. Ma quale difesa della legalità è l'astensione su di una mozione ridicola che accusa il sottosegretario non indagato, così come è scritto anche nella mozione, di aver partecipato ad una cena? Onorevole Donadi, non ci risulta che lei ha presentato una mozione di sfiducia al presidente del suo partito, l'onorevole Di Pietro, per aver partecipato ad una cena con un boss mafioso di uno Stato straniero che è stato ucciso. Il gruppo di Futuro e Libertà non solo ha annunciato l'astensione, ma ha cercato un raccordo con le opposizioni cosiddette «centriste» per fare le prove di un inesistente terzo polo, frutto della fantasia di salotti chic e degli interessi di poteri forti. Noi Sud chiede al Governo, che ha ben operato e che ha impedito che la tempesta della crisi finanziaria mettesse in ginocchio l'Italia, di continuare con determinazione ad attuare il suo programma, quello presentato agli elettori e non quello inventato da improvvisati azzeccagarbugli. Federalismo e impegno per il sud debbono essere le nostre stelle polari


PINO PISICCHIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, onorevoli rappresentanti del Governo, il sottosegretario Caliendo potrà invocare, al pari di ogni cittadino di questa Repubblica, il diritto di esigere ogni garanzia personale fino a quando non vi sarà nei suoi confronti azione giudiziaria, avviso di garanzia o una sentenza passata in giudicato che lo condanni. Vi sarà in quest'aula e anche fuori chi sosterrà, invece, la tesi che impone alla moglie di Cesare di mantenere una reputazione salva da ogni sospetto. È proprio quella reputazione, messa a dura prova dallo stillicidio dei ministri e dei sottosegretari inciampati nelle questioni giudiziarie, che oggi sta solcando una divaricazione tra Governo e popolo minando alla base il rapporto tra cittadini e politica. È davvero curioso, onorevoli colleghi, onorevoli rappresentanti del Governo, il fatto che, dopo avere fino allo sfinimento celebrato il mantra del bipolarismo salvifico, si scopre che la struttura etica di questa nostra stagione è così fragile. Forse è un problema di scuola, di cultura, di incapacità di interpretazione  della rappresentanza democratica avendo, grazie a certe leggi elettorali, delegato tutto - rappresentanza compresa - ai capi carismatici. Quindi, questo dibattito e questo voto oggi assumono per noi di Alleanza per l'Italia una valenza ben più alta della conta di chi è a favore e chi no. Certamente sarebbe stato assai più elegante se il sottosegretario Caliendo avesse compiuto scelte personali diverse da quelle che ha dichiarato in questa circostanza, togliendo la ragione di questo dibattito. Ma la mozione di sfiducia, presentata e discussa in un pomeriggio d'estate con esiti scontati, appare un gesto che punta più alla rassicurazione di alcuni segmenti elettorali antagonisti piuttosto che una scelta politica destinata ad incidere nelle dinamiche del Governo. Quindi, la scelta di astensione che noi compiamo può avere un senso. Può significare il rifiuto del diktat, della catalogazione, della conta brutale che ha rappresentato e che ancora rappresenta la cifra di questo nostro bipolarismo arcaico e ideologico, questo schema che mette in campo gli istinti primordiali della politica in un racconto strampalato di antagonismi senza fine, in cui l'unico assente risulta essere il cittadino con i suoi bisogni. Noi di Alleanza per l'Italia ci asterremo conferendo a questo gesto un valore politico che non significa una «tartufesca» equidistanza, che sarebbe poi tra giustizialisti e giustificazionisti, ma l'assunzione di una responsabilità verso le istituzioni. Sia chiaro: i deputati che si asterranno non cambieranno il loro atteggiamento nei confronti degli elettori e del Governo. Noi siamo all'opposizione e continueremo ad esserlo, così come Futuro e Libertà è in maggioranza e continuerà ad esserlo. Ma è indubbio che da oggi qualcosa comincia a cambiare in questo Parlamento. La riappropriazione consapevole e coordinata da parte di molti deputati della propria autonomia di giudizio, l'apertura di una nuova stagione politica. Qualcosa da oggi cambierà e sarebbe stolto far finta di niente.


ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, le ragioni per cui l'Italia dei Valori ha presentato questa mozione di sfiducia sono due. Primo: l'inopportunità, per la credibilità delle istituzioni, che Giacomo Caliendo continui a fare il sottosegretario alla giustizia; secondo: la dannosità, per il bene del Paese, che Berlusconi e il suo Governo rimangano ancora in carica anche solo per un minuto. Signor Ministro della giustizia, lei oggi nella sua replica ci ha detto che non è giusto che il sottosegretario Caliendo lasci il Ministero in quanto è semplicemente inquisito, ma noi non gli abbiamo chiesto per questa ragione di dimettersi, tanto è vero che nella mozione di sfiducia si dice esattamente che non era ancora stato messo sotto indagine. Le ragioni per cui noi chiediamo che Caliendo vada a casa sono specifiche, sono cinque, sono grosse come una casa e sono politiche, a prescindere dal risultato dell'inchiesta della magistratura. Le ragioni, che vado ad esporre, sono documentali.
Primo: le pressioni sulla Corte costituzionale attraverso canali paralleli per non far dichiarare incostituzionale il lodo Alfano, cioè il suo lodo, signor Ministro, quello che lei ha fatto fare per permettere al suo datore di lavoro di scampare dalle inchieste e di fare l'impunito. Il lodo Alfano richiederebbe, per una ragione di onestà intellettuale, che anche lei andasse a casa, signor Ministro, oltre che il sottosegretario.
Secondo: le pressioni per la nomina del giudice Marra alla presidenza della Corte di appello di Milano. È inammissibile che un magistrato, ancorché fuori ruolo, sottosegretario alla giustizia, e quindi alle sue dirette dipendenze, signor Ministro, intervenga per condizionare le nomine di un'alta carica alla Corte d'appello di Milano.
Terzo: le successive pressioni sullo stesso Marra affinché la Corte d'appello di Milano riammettesse la lista Formigoni alle ultime elezioni regionali. L'interferenza è gravissima perché è un'interferenza tra giustizia, magistratura e una coalizione politica che si voleva far riammettere, pure se non lo meritava.
Quarto: le pressioni per mandare gli ispettori del Ministero della giustizia in quella sezione dei giudici della Corte d'appello di Milano rei di aver bocciato la lista Formigoni.
Quinto: le pressioni per allungare l'età della magistratura da settantacinque a settantotto anni per permettere al presidente della Corte di Cassazione, Vincenzo Carbone, anche lui invischiato nelle vicende della P2, di rimanere in carica nonostante avesse raggiunto i limiti di età della pensione.
Questi sono fatti politici, non ci interessa sapere se sono anche fatti penalmente rilevanti, ma sono fatti di un'interferenza gravissima da parte di un membro del Governo nell'esercizio delle attività istituzionali di altri organi dello Stato. Sono ragioni di merito, lo ripeto, che prescindono dall'iter processuale. E poi, colleghi, lo sapete chi è Caliendo? Non è nuovo a queste cose. Se oggi stiamo parlando della cosiddetta Loggia P3, vuol dire che prima c'era la Loggia P2 e se andate a rileggere la relazione della Commissione Anselmi sulla Loggia P2 trovate un intero capitolo che riguarda i rapporti tra massoneria deviata e magistratura, un capitolo che inizia così: «Sono presenti negli elenchi della Loggia P2 sedici magistrati in servizio e cinque membri del CSM». Di cosa si dovevano occupare quei magistrati nei rapporti con la Loggia massonica di Licio Gelli? Lo dice esattamente il Piano di rinascita democratica stilato da Licio Gelli. Lo leggo testualmente: «doveva stabilire un accordo programmatico anche con numerosi esponenti dell'Associazione nazionale magistrati, per avere un prezioso strumento operativo all'interno della magistratura, anche ai fini di rapidi aggiustamenti legislativi». Sapete quali erano gli aggiustamenti legislativi di cui parlava Gelli? Li ripeto, rileggendo il piano di rinascita: separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri, pubblici ministeri e CSM sotto il potere esecutivo, discrezionalità dell'azione penale e soprattutto interventi diretti per favorire la nomina, negli incarichi direttivi dei tribunali e delle procure, di persone disposte ad aiutare gli iscritti alla Loggia nel caso di difficoltà giudiziaria. Si tratta esattamente di quello che si è verificato in questo caso, perché le vicende della Loggia P2 sono sovrapponibili alle vicende, agli obiettivi della Loggia P3, del suo Governo e anche del suo mandato, Ministro Alfano. Le riunioni in casa Verdini per aggiustare il Lodo Alfano, le pressioni in Cassazione per togliere dai guai Cosentino e quelle sul CSM per le nomine di procuratori e presidenti di Corti d'appello e tribunali, le intercettazioni in cui Caliendo prende ordini da Lombardi, il capo degli 007 ministeriale Arcibaldo Miller, che spiega come richiedere l'ispezione ministeriale contro i giudici che dovevano occuparsi della lista Formigoni, sovrapponibilità tra la Loggia P2 e la Loggia P3 che, a prescindere dalle inchieste giudiziarie, vedono due persone essere l'anello di congiunzione: Carboni presente allora e presente oggi e - leggo dalla relazione Anselmi - l'allora giovane membro togato del CSM, Giacomo Caliendo che, su mandato di un altro giudice togato Domenico Pone, anch'egli consigliere di Cassazione, iscritto alla P2, su mandato dell'allora vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura Ugo Zilletti, faceva pressione sul procuratore di Milano Mauro Gresti per far riavere il passaporto a Roberto Calvi, a quel vice banchiere di Dio, presidente dell'Ambrosiano, nei guai fino al collo per una sfilza di reati valutari e societari. Insomma, chi è Caliendo? Caliendo oggi è il sottosegretario della giustizia, oggi è amico di Lombardi, Martino, Carbone, tanto da partecipare alle loro cene in caso Verdini, oggi, però, è anche una personalità del Governo che, in questi due anni, ha messo la propria firma, la propria voce, a disposizione del Governo per le cosiddette riforme. Quali? Il lodo Alfano, il processo beve, il legittimo impedimento e - da ultimo - le intercettazioni, quelle stesse intercettazioni, delle quali usufruirà lui, con il nuovo provvedimento in via di approvazione. Nonostante sia in grave conflitto di interesse, viene lui a proporre le modifiche sul provvedimento in materia di intercettazioni, che lo riguarda direttamente. Se non è conflitto di interessi questo, qual'è il conflitto di interessi? Cosa c'entra, signor Ministro, dire che è soltanto iscritto nel registro degli indagati? Qui c'è una questione di opportunità, di igiene politica, che dobbiamo affrontare in questo Parlamento. La Commissione Anselmi si chiudeva allora dicendo che i contatti con la magistratura prescindevano dall'iscrizione o meno alla Loggia, tuttavia approfittiamo dell'occasione per ricordare anche che non chiediamo solo le dimissioni di Caliendo, ma chiediamo anche al Presidente del Consiglio di fare al più presto le valigie e andarsene a casa. Lo chiediamo, anzi lo pretendiamo, in nome degli italiani onesti, che non ne possono più delle sue prevaricazioni e del suo utilizzo spregiudicato delle istituzioni. Lei, signor Presidente del Consiglio, sta abusando della pazienza degli italiani. Se ne sta lì, novello Nerone, nella sua terrazza dorata a suonare l'arpa, con le sue ancelle prezzolate, mentre il Paese brucia. Lei, chiuso nel suo bunker dorato è sordo e cieco, come lo sono sempre stati i dittatori ed i satrapi di ogni tempo. Per tutte queste ragioni, chiediamo al Parlamento un gesto di responsabilità e di dignità: sfiduciare il sottosegretario Caliendo oggi per sfiduciare l'intero Governo Berlusconi domani, anzi al più presto. Assumersi le proprie responsabilità, signori parlamentari, non vuol dire, tuttavia, rifugiarsi nel voto dell'astensione. Sulla questione morale non ci si può astenere, o si sta da una parte, o si sta dall'altra. E chi oggi - dopo aver tanto tuonato contro i soprusi e l'illegalità del Governo Berlusconi ed avere invocato un ritorno alla moralità in questo Parlamento - non si comporta di conseguenza e non vota la sfiducia, mostra solo di essere un pavido, che non vuole tornare alle urne perché ha paura di perdere il proprio posto qui in Parlamento. Ma anche questo è un modo immorale di fare politica e anche di questo l'Italia dei Valori farà denuncia in tutte le sedi, convinti come siamo che siano ugualmente responsabili sia chi fa la rapina sia chi fa il palo, e in questo Parlamento vi sono tanti «uomini palo»


BENEDETTO DELLA VEDOVA. Signor Presidente, signori del Governo, onorevoli colleghi, il gruppo parlamentare Futuro e Libertà. Per l'Italia è formato da deputati che avrebbero voluto restare nel Popolo della Libertà e lì partecipare ad un vitale confronto di idee e di personalità, che, guardando all'Europa, costruisse il futuro di un grande partito liberale e moderato nell'interesse del Paese. Ci è stato detto in modo categorico che ciò non era ammissibile, che le nostre proposte e le nostre ragioni, i nostri contenuti e le forme che sceglievamo per esprimerli erano incompatibili con il partito e la sua leadership. Il nuovo partito del centrodestra, a quanto pare, non avrebbe potuto tollerare quella dialettica politica, aspra e competitiva, che caratterizza in tutto l'Occidente avanzato la vita politica interna dei grandi partiti di centrodestra.
Non abbiamo capito, ma ci siamo adeguati; ne abbiamo preso atto, ma non ci siamo rassegnati. Ora la maggioranza parlamentare, alla Camera come al Senato, è composta da tre gruppi, compresi quelli di Futuro e Libertà. Per l'Italia. Siamo nella maggioranza e sosterremo lealmente l'Esecutivo, lavorando per migliorare e accelerare l'attuazione del programma di Governo. Per il resto, fuori dal perimetro del programma, andremo ad un confronto aperto, senza pregiudizi e ostilità. Nulla di meno, nulla di più! Veniamo al voto di oggi: siamo garantisti «senza se e senza ma». Lo siamo per le migliaia di persone che stanno in carcere in condizioni incivili, ancora in attesa di un processo; lo siamo per quegli immigrati che vengono respinti come irregolari prima che si verifichi se abbiano o meno i requisiti per ottenere l'asilo politico; lo siamo per quelle decine di migliaia di imputati e vittime di reati che sono condannati dalle inefficienze del sistema giudiziario ad attendere per anni, spesso inutilmente, che la giustizia faccia il suo corso; lo siamo per tutti e lo siamo anche per i politici, che, di fronte ad un'indagine o ad un'imputazione, non sono né più né meno innocenti dei comuni cittadini.
Il perimetro della responsabilità penale non coincide, però, con quello della responsabilità politica. Nessun politico ha il dovere di dimettersi per il solo fatto di essere indagato, ma nessun politico può essere difeso, a prescindere da qualunque altra considerazione, solo perché indagato. L'avviso di garanzia non è una condanna preventiva, ma la presunzione di innocenza non assicura l'impunità politica. Siamo contro gli opposti estremismi di chi ritiene che un avviso di garanzia debba far scattare la tagliola delle dimissioni e, magari, della decadenza dalle cariche pubbliche, e di chi, al contrario, ritiene che, per valutare la responsabilità di un politico indagato, occorra attendere la pronuncia definitiva dell'autorità giudiziaria. Si tratta di due errori, uguali e contrari, in cui la politica italiana è già caduta in passato e da cui deve guardarsi per il futuro. Se oggi la cosiddetta questione morale torna in primo piano, non dobbiamo confondere la causa con l'effetto: sono i fatti a creare allarme, non l'allarme a creare i fatti. La crisi economica sta mettendo alla prova la società italiana: la storia ci insegna che è in questi momenti, quando la disoccupazione cresce, tante imprese sono in difficoltà e le famiglie sono costrette a ripensare i propri progetti di vita, che si diffonde la sfiducia nella politica e nelle istituzioni e che novelli agitatori di piazza hanno gioco facile. Ed è in queste situazioni che la politica ha maggiormente il dovere di dare un'immagine di trasparenza, di correttezza, di legalità nell'esercizio del potere pubblico, di meritocrazia nella selezione della classe dirigente e nella valutazione delle sue responsabilità. È questo un importante capitale sociale fondamentale perché una nazione possa ritrovare la strada della crescita e del benessere. Senza moralismi dobbiamo dire forte e chiaro che la questione dell'etica pubblica e dell'etica politica ci riguarda tutti, perché su questo tutti insieme verremo giudicati. Negli ultimi mesi le inchieste giudiziarie - e non solo queste - hanno fatto emergere condotte, di cui è interamente da accertare il rilievo penale, ma di cui sarebbe da incoscienti sottovalutare la portata politica. È inutile, oltre che dannoso, addebitare la responsabilità a un complotto politico mediatico; altra cosa, che invece va fatta a voce alta, è chiedere che i media raccontino le indagini senza emettere sentenze sommarie in assenza di alcun contraddittorio. In questo clima tornano a soffiare i venti di un giustizialismo aggressivo e di uno pseudogarantismo peloso. Non tutto è uguale, non tutto è ugualmente censurabile, non tutto è ugualmente difendibile, ogni caso fa storia a sé. Per stare alle vicende, che hanno coinvolto membri dell'Esecutivo, bisogna dire chiaramente che il caso Caliendo è diverso dal caso Brancher, che è diverso dal caso Cosentino, che è diverso dal caso Scajola. Il collega Claudio Scajola si è dimesso da Ministro senza aver neppure ricevuto un avviso di garanzia. Ha sbagliato? No, ha fatto bene. Era opportuno che lo facesse e questo gli va riconosciuto. Oggi si chiedono le dimissioni del sottosegretario Caliendo. Non voteremo a favore della mozione dell'opposizione. Come dicevamo, non tutte le vicende sono uguali e questa è molto diversa da quelle che l'hanno preceduta. Quanto emerge ed è dato conoscere, al di là - lo ripeto - del rilievo penale, che non spetterebbe a noi di giudicare, consente di contestare al senatore Caliendo una grave imprudenza e un'eccessiva confidenza con personaggi che non meritavano né ascolto né credito, non la responsabilità di essere venuto gravemente meno ai suoi doveri.Non sussistono i presupposti per chiedere le sue dimissioni e in questo concordo con il Ministro Alfano, ma d'altra parte - e lo diciamo sinceramente - non può essere giudicato irrilevante che proprio il sottosegretario al Ministero della giustizia sia sotto inchiesta per avere tentato di influire su procedimenti che interessavano importanti uffici giudiziari. Tocca al Presidente del Consiglio, al Ministro della giustizia, ma innanzi tutto al sottosegretario Caliendo, valutare serenamente se una sospensione delle sue deleghe fino al chiarimento definitivo della sua posizione non sarebbe la cosa migliore da fare. Per queste ragione il gruppo di Futuro e Libertà si asterrà. Da ultimo, signor Presidente, ma non per ultimo, è molto positivo che su questa posizione equilibrata, su di un terreno dove abitualmente prevale un feroce scontro pregiudiziale, vi sia una convergenza tra gruppi di maggioranza e di opposizione, uniti dalla consapevolezza che serve un sussulto di responsabilità istituzionale in una fase tormentata della Repubblica.
Non è un partito nuovo, non è il terzo polo: noi restiamo senza esitazioni nella maggioranza, i cui numeri oggi non cambiano; altri restano all'opposizione. Ma è una novità importante che, al di là dell'azione del Governo su temi che riguardano le istituzioni e il senso di comune appartenenza ad esse, non vi siano più steccati invalicabili. Questo è nell'interesse della Repubblica italiana. Concludo, signor Presidente, ribadendo il voto di astensione del gruppo Futuro e Libertà. Per l'Italia.


PIER FERDINANDO CASINI. Signor Presidente, al contrario dell'onorevole Di Pietro e condividendo, invece, le parole dell'onorevole Della Vedova ritengo importante che si materializzi in queste ore un'area di responsabilità istituzionale e vorrei sul caso specifico fare due riflessioni. Prima considerazione: il gruppo dell'Unione di Centro rifiuta il giustizialismo come metodo di lotta politica, il gruppo dell'Unione di Centro rifiuta di minimizzare la questione morale. Lo ha detto questa mattina l'onorevole Mantini: la questione morale esiste e, onorevole Ministro guardasigilli, non basta non commettere reati, la politica prevede ragioni di opportunità, di decoro ed anche di decenza. Chi rappresenta il Governo del Paese dovrebbe astenersi da frequentare abitualmente gente discutibile, piccoli o grandi intrallazzatori o pluricondannati bancarottieri. È un problema penalmente irrilevante? Può darsi, certamente dimostra una preoccupante disinvoltura.
Seconda considerazione: il giustizialismo non ha mai rappresentato un contributo serio a moralizzare il Paese. Come sa bene l'onorevole Di Pietro, i più grandi moralisti di solito hanno una radicata vocazione all'immoralità. Noi non approviamo la condotta del sottosegretario ma, allo stato, non ravvisiamo un quadro di responsabilità sufficienti ad impegnare il Parlamento nella richiesta di revoca della sua delega. Lasciamo al Governo, che ne risponde davanti al Paese, la responsabilità di ogni decisione in merito: noi non decapitiamo gli uomini per prendere una manciata di voti elettorali in più. E dunque, onorevoli colleghi, la nostra astensione è figlia di una decisione seria, ponderata, serena. L'Italia dei Valori - bisogna riconoscerlo - è coerente anche oggi con le vergognose parole che l'onorevole De Magistris ha rivolto ieri al neovicepresidente del CSM, onorevole Vietti, applaudito dall'Aula e figlio di una illuminata convergenza tra togati ed eletti dal Parlamento.
In realtà, c'è chi vuole una guerra permanente tra politici e giudici, c'è chi prospera nella divisione tra giudici e legislatori. Io credo che sia stata importante la convergenza che ha dato vita all'elezione di Vietti e do atto di questo ad un grande partito, come il Partito Democratico, ed anche al Popolo della Libertà: assieme hanno capito che un gesto di distensione era necessario tra potere legislativo ed ordine giudiziario e noi lavoriamo su questa strada. Onorevole Presidente, il dibattito di oggi ha assunto però un significato più ampio ed uno spessore diverso rispetto al solo tema del caso Caliendo. Vorrei rassicurare tutti, anche quei Ministri che si scoprono leoni nello scomunicare tutti gli altri mentre fino a ieri sono stati conigli nel difendere le loro amministrazioni dai tagli lineari: tutti tranquilli, colleghi, tutti tranquilli, qui non c'è nostalgia della DC, qui non c'è trasformismo, qui non c'è «grande centro», qui non ci sono manovre di Palazzo. Apro una parentesi: è singolare che ci venga fatta lezione di trasformismo da chi in privato e in pubblico fino a ieri ha cercato di indurci a compiere atti trasformistici, che noi abbiamo sdegnosamente rifiutato, per aiutare l'attuale maggioranza. Cerchiamo di essere seri. L'onorevole Cesa ieri ha definito quest'area (lo ha detto adesso l'onorevole Della Vedova) un'area di responsabilità nazionale. È un'area vasta: è figlia, onorevoli colleghi, della crisi di un bipolarismo che si sta sgretolando; almeno, per come lo abbiamo concepito in Italia, con partiti minoritari che spadroneggiano e dettano legge, come abbiamo visto fin troppo spesso e come fin troppo spesso hanno purtroppo visto anche i ministri del Governo Berlusconi, smentiti dagli atti parlamentari della loro maggioranza. C'è chi non accetta, davanti ai problemi dell'Italia, di dividersi tra gli adulatori di Berlusconi e i suoi carnefici, salvandosi così la coscienza. Eravamo soli alle elezioni: sì, onorevoli amici del mio gruppo, eravamo soli alle elezioni. Oggi la compagnia è più folta. E mi permetto di fare una valutazione serena al Presidente del Consiglio: egli oggi ha due modi, ha due strade per affrontare la situazione. La prima: affidare la resurrezione alla magia dell'aritmetica parlamentare, magari per rafforzare i 316 voti auspicati nella votazione di oggi. La seconda è affrontare la questione politica, prendere atto che così si può solo tirare a campare, e certo senza alcuno slancio riformatore, ma magari affidandosi a qualche ulteriore spot televisivo. Le nostre carte le abbiamo messe in tavola da tempo, le nostre proposte anche: altro che complotti! Onorevoli colleghi, si evocano fuori dall'Aula: le elezioni anticipate sono un'eventualità. Non nascondiamoci dietro un dito! Ma se la strada, che per ora si minaccia solo nei corridoi per spaventare qualche sprovveduto, dovesse diventare la via maestra, allora, davanti ad una fuga, ciascuno di noi dovrebbe assumersi le proprie responsabilità; e, colleghi, in quel caso penso che le sorprese sarebbero ben più forti dell'inedita creazione di quest'area di responsabilità nazionale. In conclusione, Sant'Agostino diceva una cosa molto bella: meglio zoppicare sulla strada giusta che correre sulla strada sbagliata. Noi tutti stiamo correndo sulla strada sbagliata: chi nella maggioranza indugia a non vedere la realtà, chi rappresenta una realtà di comodo, chi crede che con qualche campagna intimidatoria di stampa o con qualche compravendita di parlamentare si possa risollevare una questione che è esclusivamente politica. Colleghi, pensiamoci sopra con serenità durante le vacanze estive. Speriamo che il riposo serva a tutti, perché credo che la situazione di oggi è figlia in particolare di chi l'ha prodotta e di chi si ostina a non vederla. Ritengo che bisognerebbe avere, in casi come questi, un po' di umiltà, un po' più di umiltà, perché la situazione del Paese, la situazione internazionale, la crisi delle famiglie italiane non possono essere affrontate facendo finta di non vedere una realtà deteriorata. Oggi tra l'Italia dei Valori e noi vi è un nuovo gruppo, che ha svolto una dichiarazione di voto: non penso sia un fatto casuale, penso che sia un fatto su cui tutti siamo chiamati a meditare, perché può cambiare il corso di questa legislatura. Non credo che dei fatti nuovi, che si producono, si debbano produrre con le metodologie vecchie, o per ricalcare strade vecchie. Fatti nuovi debbono produrre gli elementi di novità che il Paese chiede, perché l'autoreferenzialità non è mai stata una soluzione.


MARCO GIOVANNI REGUZZONI. Signor Presidente, colleghi deputati, è di tutta evidenza che la mozione che stiamo discutendo è un pretesto per un attacco al Governo. Si tratta di una mozione strumentale per evidenziare un presunto disagio di alcuni deputati della maggioranza. È un'azione contro il Governo e che punta a bloccare l'azione di cambiamento di cui questo Governo è interprete. Il Governo è impegnato invece nel realizzare il programma, e proprio su questioni di giustizia, di legalità e di moralità, ha ottenuto risultati brillanti. Vedete, colleghi, la giustizia e la legalità non si possono fare solo con le parole, ma si devono fare con i fatti, e questo Governo lo dimostra quotidianamente nella lotta alla mafia e nel sequestro dei beni della criminalità organizzata. Grazie all'intervento del Ministro Maroni, abbiamo sequestrato beni per 12 miliardi di euro alla criminalità organizzata. Abbiamo arrestato ventisei su trenta dei peggiori latitanti, dei più pericolosi, grazie al lavoro del Ministro dell'interno e del Ministro della giustizia, con il quale collabora il sottosegretario, che sta lavorando nei fatti contro la mafia e l'illegalità. Ma proprio ieri, anche per il lavoro fatto dal Ministro Maroni e dal Ministro Alfano (dai due Ministeri e dai loro collaboratori), è stato approvato in via definitiva al Senato - lo abbiamo votato tutti - il Piano straordinario per la lotta alla mafia e alla criminalità organizzata. Erano dieci anni che aspettavamo questo provvedimento. Ma la legalità si difende anche con norme e pene certe, onorevole Della Vedova, combattendo l'immigrazione clandestina. Siamo al mese di luglio e abbiamo annullato gli sbarchi di clandestini...La legalità - dicevo - si difende con norme e pene certe, combattendo l'abusivismo, l'immigrazione clandestina, l'abusivismo nei mercati, l'evasione totale. Proprio oggi è stata sgominata - complimenti anche qui vanno ai Ministeri interessati - una vera e propria truffa ai danni dello Stato per 300 milioni di euro che coinvolgeva un'organizzazione criminale costituita da immigrati cinesi.
La moralità, la lotta all'illegalità, la giustizia, sono questioni che toccano anche i settori economici di questo Paese. Allora questo Governo è impegnato - e lo ha dimostrato anche con l'approvazione dell'ultima finanziaria - ad eliminare alcune piaghe, come l'assistenzialismo che è diffusissimo. Nel 2009, grazie all'azione di questo Governo, per la prima volta sono state tagliate 80 mila false pensioni d'invalidità. La manovra appena approvata vuole eliminare altre 100 mila pensioni d'invalidità false (180 mila situazioni d'illegalità assoluta: la manodopera di una grande metropoli).Questo è combattere l'illegalità ed è frutto delle azioni di questo Governo, mai fatto prima nella storia della Repubblica. C'è qualcuno che si riempie la bocca di giustizia sociale. Questa è giustizia sociale: essere giusti ed equi. La piaga è enorme e questo Governo sta combattendo, mettendo mano per la prima volta nella storia di questo Paese a queste situazioni radicate e diffuse. Questo è il Governo dei fatti, non delle parole, ma a chi giova mettere in discussione il Governo dei fatti? Chi vuole fermare quest'azione di cambiamento? Quali sono i poteri oscuri che vogliono fermare il cambiamento e le riforme? A parole si dichiarano per la legalità, ma nei fatti vogliono mantenere la situazione così com'è.
In questi giorni anche altre riforme stanno giungendo a compimento. Per noi la prima è il federalismo fiscale. In questi giorni anche altre riforme stanno venendo a compimento. Per noi la prima è il federalismo fiscale. Si tratta della riforma più importante e più urgente per tutto il Paese e al contempo di un punto chiaro e preciso e, colleghi, controfirmato da tutti i colleghi di maggioranza. La riforma, che è la prima messa in atto dal 1971, ha un percorso preciso che si sta snodando secondo un iter che il Governo sta rispettando in maniera puntuale. Vedo anche il Ministro Calderoli molto attivo in questo argomento. Questo federalismo ha già visto la realizzazione del decreto sul federalismo demaniale, che è una battaglia storica del nostro movimento, ma è una giustizia all'interno del nostro Paese per i nostri comuni e per le nostre regioni. Il Consiglio dei ministri ha approvato proprio oggi il decreto sul federalismo municipale: ben venga, è la prima riforma del fisco dei comuni che porta 15 miliardi di gettito ai comuni stessi e nelle prossime settimane arriverà il decreto sulle regioni. Per inciso, va detto che questo iter prosegue comunque in Commissione bicamerale e non ha bisogno di passaggi d'aula. È dunque un processo di riforma storico e noi dobbiamo chiederci chi lo vuole fermare, chi vuole fermare il cambiamento e l'azione del nostro Governo. Chi vuole fermarlo ragiona e agisce secondo logiche di palazzo lontane dai cittadini, contro il volere dei cittadini perché sono solo poteri forti ed oscuri che vogliono fermare questo tipo d'azione. Il Governo è impegnato nella realizzazione del programma che ha avuto il voto degli elettori. Noi tutti della maggioranza, colleghi della maggioranza. Vogliamo andare avanti tutti insieme sul programma per il quale siamo stati tutti eletti. Unico Governo in Europa, abbiamo ottenuto sempre la vittoria a tutte le elezioni che sono intercorse: siamo gli unici . Grave sarebbe tradire questo mandato elettorale. È in gioco la democrazia che per la Lega non è una parola vuota. L'unico Governo è quello legittimato dagli elettori, dai cittadini. La verità, onorevole Bersani, è che voi invece avete paura degli elettori. Volete portare il Paese sull'orlo di un precipizio, con giochi di potere vecchi che sanno di Prima Repubblica. La Lega non vi permetterà questi giochi. Si sente parlare di Governo tecnico, di Governo istituzionale, di Governo di larghe intese, di Governo di transizione: l'unico Governo legittimo è quello votato dai cittadini. Esiste un Governo, esiste un Parlamento votato dagli elettori e legittimato, di volta in volta, per realizzare un programma di cambiamento e di riforme. Noi andiamo avanti: la Lega non ha tradito e non tradirà mai il mandato ricevuto dagli elettori. Onorevole Franceschini, onorevole Casini, onorevole Della Vedova, il Paese ha problemi seri che devono essere affrontati: non il cosiddetto terzo polo, non la nuova legge elettorale. Il Paese ha bisogno di sburocratizzarsi, ha bisogno di sostenere il lavoro e le imprese, ha bisogno di modernità e ha bisogno di federalismo. Solo l'accordo Bossi-Berlusconi può garantire la riforma del Paese. Onorevole Bersani, onorevole Casini, credo che dietro queste manovre vi sia la volontà davvero di cambiare, per la prima volta, l'occasione che c'è, cioè quella di fare le riforme e di portare il cambiamento nel Paese. Noi non abbiamo paura del voto, voi forse sì. Noi non siamo figli dei salotti, noi siamo gente che nasce dal prato di Pontida: noi siamo lì. La Lega non vi consentirà di ribaltare la volontà popolare con giochi di palazzo. Avanti, Ministro Bossi con il federalismo, avanti Presidente Berlusconi! La Lega voterà contro questa mozione e voterà per il cambiamento e per questo Governo.


DARIO FRANCESCHINI. Signor Presidente, abbiamo letto molte spiegazioni sulla nostra scelta di presentare e calendarizzare la mozione concernente il sottosegretario Caliendo.Sono tutte letture di natura tattica, «dietrologica», per mettere in difficoltà maggioranza. Noi crediamo che in politica vi sia ancora spazio per battaglie di valori. Noi crediamo che debbano esservi ancora battaglie parlamentari in cui vi sia modo di richiamare i principi di legalità e di trasparenza, per ricordare il ruolo che hanno le classi dirigenti di un Paese, che trasmettono, con i loro comportamenti e le loro parole, al Paese che guidano. Nessun giustizialismo: la mozione in oggetto non è animata da questo; anzi, il sottosegretario Caliendo fa bene a difendersi, è un suo diritto. L'accertamento delle responsabilità penali sarà compito della magistratura, e non dal Parlamento. Anzi, è grave che, oggi, il Ministro della giustizia Alfano sia venuto qui ad esprimere un giudizio sulle indagini. Non si è mai visto. Noi facciamo - lo abbiamo fatto con le mozioni riguardanti Brancher e Cosentino - una battaglia per un Paese normale, per un Paese europeo: la politica non può attendere l'accertamento delle responsabilità penali. È possibile che non si dimetta subito un sottosegretario per la giustizia che ha partecipato ad una riunione per premere sulla Corte costituzionale sulla vicenda del cosiddetto lodo Alfano? È possibile che non si dimetta un sottosegretario per la giustizia indagato per associazione segreta? Leggete l'articolo 1 della «legge Anselmi»: si tratta di un'associazione in cui i soci svolgono attività dirette ad interferire sull'esercizio delle funzioni degli organi costituzionali o di amministrazioni pubbliche. È esattamente ciò che è successo. In qualsiasi Paese normale, in un caso così, ci si dimette subito. Siamo faziosi? Siamo giustizialisti? Guardate cosa accade nei Paesi normali, dove vi sono Governi conservatori normali. In Inghilterra, si dimette un Ministro per alcuni rimborsi spese eccessivi. In Francia, si dimette un Ministro perché è accusato di aver fatto pagare l'affitto allo Stato. Negli Stati Uniti: si dimette il Ministro della giustizia accusato di circonvenzione di incapace; in Spagna: si dimette il Ministro, richiesto dai Popolari perché è stato a caccia con il giudice Gárzon; in Israele: si dimette il Primo Ministro che dice: sono orgoglioso di un Paese che indaga i suoi Primi Ministri; in Francia: si dimettono due sottosegretari perché hanno comprato con soldi pubblici dei sigari; in Svezia: si dimettono due Ministri accusati di non aver pagato il canone della televisione. Questi sono i Paesi normali, questi sono i Governi conservatori dei Paesi normali. Voi avete demolito il senso di rigore e il rispetto dell'etica pubblica che un Paese e una classe dirigente devono avere. Questo è il sistema che sta uscendo allo scoperto, non importi quali cognome porti, che siano Brancher, Verdini, Scajola, Caliendo, Bertolaso, Carboni, Anemone, Lombardi, Balducci: ognuno di loro ha il diritto di difendersi. Noi non abbiamo alcun titolo, neanche morale, per condannarli, ma quello che emerge è un sistema malato basato sulla confusione tra politica e affari, basato sul senso di impunità e sul senso di onnipotenza: non esistono reati e non esistono processi per chi ha vinto le elezioni. E se i magistrati insistono: si cambiano le leggi e si cambiano i reati, e non più solo per il Presidente del Consiglio, adesso anche per tutti quelli che stanno vicino al Presidente del Consiglio. Il rispetto delle regole e la legalità non dovrebbero avere nulla a che fare con lo scontro fra destra e sinistra, ma dovrebbero essere un patrimonio comune delle democrazie, questo è quello che ci chiede la gente. Ministro Bossi, è questo che chiede la gente del nord, quella a cui per anni avete detto che venivate a Roma a combattere contro Roma ladrona, e adesso tacete, anzi, li difendete. Cameron, Sarkozy, Angela Merkel, leader conservatori europei che non farebbero mai quello che avete fatto voi allo Stato di diritto. Quei conservatori non si scontrano con i progressisti sulle regole, sui magistrati, sulla Costituzione, ma si scontrano sulla politica, e le regole, i magistrati e le loro Costituzioni le difendono insieme ai loro avversari progressisti. E sanno, quei leader conservatori, che chi vince le elezioni ha l'onore di fare il servitore dello Stato, non il padrone dello Stato. Questo è il sistema di potere che sta crollando in questi mesi. E mi rivolgo al Presidente Berlusconi, che con il consueto garbo istituzionale, come al solito, segue questo dibattito in televisione, ed entrerà soltanto per ascoltare le parole rassicuranti del suo capogruppo, degli altri non ce la fa. Presidente Berlusconi, nel 1994, e per molti anni, sul palco eravate lei, Fini e Casini, si chieda perché su quel palco è rimasto da solo. Si chieda perché chi ha in mente un centrodestra normale, un centrodestra europeo, a un certo punto, per forza, deve rinunciare a lavorare con lei. Si chieda, onorevole Berlusconi, che drammatica prova di debolezza, da fine corsa è non rispondere politicamente alle critiche, come fanno i veri leader, ma rispondere soltanto con l'arroganza del padrone che caccia chi disubbidisce, mostrando dei muscoli che non ha più. Il paradosso è che questi argomenti assorbono tutto il nostro tempo. Presidente Berlusconi, trovi un minuto per occuparsi dei problemi di quegli italiani che vi hanno votato, i quali vedono, invece, che la vostra agenda e tutte le vostre energie sono impegnate in altro, sin dall'inizio della legislatura: lodo Alfano, legittimo impedimento, processo breve, intercettazioni, tutte cose che riguardano voi e non il vostro popolo. Il vostro popolo vi chiede dove sono finite quelle riforme promesse e tragicamente mancate, dove è finita la riforma del fisco con due aliquote, dove è finita la riforma della giustizia, quella degli ammortizzatori sociali, quella delle professioni, quella dell'articolo 41 della Costituzione, quella relativa al taglio dell'IRAP. Sono quei fallimenti che vi portano ad aver paura della gente. Avete paura di andare alla cerimonia del 2 agosto. Presidente Berlusconi, perché non torna a L'Aquila con quel seguito di telecamere compiacenti? Perché non torna adesso a L'Aquila?. L'astensione del nuovo gruppo Futuro e Libertà. Per L'Italia è un dato politico rilevantissimo. La maggioranza, di cui ha parlato l'onorevole Reguzzoni, uscita dalle elezioni non c'è più. C'è una maggioranza residuale che dovrà conquistarsi la sopravvivenza volta per volta, con le astensioni sui singoli emendamenti. Ne abbiamo avuto prova oggi nella parte nobile con l'intervento dell'onorevole Della Vedova e nella parte meno nobile con quanto avvenuto fuori dall'Aula. È iniziata la seconda parte della legislatura. Sarà tutta diversa. Non sappiamo quanto durerà ma, onorevole Berlusconi, non pensi di spaventare tutti minacciando le elezioni. Ridotti come siete, a brandelli, le perdereste. Si ricordi, Presidente Berlusconi, che lei può dare le dimissioni. Il Presidente del Consiglio può dare le dimissioni e il giorno in cui lei lo farà sarà il giorno della sua resa e della nostra vittoria. Ma un minuto dopo le sue dimissioni lei uscirà di scena e la parola passerà al Capo dello Stato e al Parlamento. Noi, che sappiamo che sarebbe folle tornare a votare per la terza volta con questa legge elettorale, questa «porcata» come l'avete chiamata, faremo ogni battaglia. Faremo ogni battaglia per tornare a votare con una legge diversa perché il nostro obiettivo è riconsegnare l'Italia ad un confronto normale e civile, con due schieramenti che conoscono la durezza dello scontro politico, ma che insieme sanno difendere le regole, il rigore e il rispetto della legge. È una battaglia giusta e noi la faremo fino in fondo.


FABRIZIO CICCHITTO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, oggi in questa seduta della Camera si rinnova una sorta di rito tribale grazie a chi, almeno una volta al mese, ha bisogno di immolare un sacrificio umano a quel valore supremo, il giustizialismo, che ha sostituito il dio che è fallito e tanti altri miti, tutti fortunatamente esauritisi nel 1989. Questa deriva viene sollecitata e gestita dal giornale-partito la Repubblica e ha la guida politica di Carlo De Benedetti, che ha un grande potere finanziario e mediatico, una inesorabile ferocia politica ma che, purtroppo, non ha carisma personale.
In questo forsennato ricorso al giustizialismo, come arma totale di distruzione individuale e collettiva dell'avversario, come strumento essenziale per fare la lotta a Berlusconi, visto che i voti non ci sono, vi è però qualcosa di più profondo. Esso è il prodotto della crisi non risolta e non superata della sinistra italiana. In un libro scritto da due personalità di sinistra, Fasanerio e Pellegrino, dal titolo Il morbo giustizialista si afferma: nell'Occidente democratico l'ideologia «legge e ordine» è tipica di forze politiche conservatrici, mentre le forze progressiste di regola sono più attente a contrastare le diseguaglianze sociali e a garantire i diritti individuali di libertà. Da noi avviene l'opposto: l'ideologia «legge e ordine» invece è il tratto fondativo dell'Italia dei Valori, permea fortemente di sé buona parte della sinistra radicale ed è maggioritaria nello stesso Partito Democratico. Né tutto ciò viene fatto da chi, onorevole Franceschini, è portatore di una superiore moralità. Non vogliamo andare troppo indietro nel tempo, né calcare la mano, ma sono di pochi mesi fa i casi di malaffare riguardanti le giunte di sinistra in Toscana, nel Lazio, in Campania, in Puglia e in Calabria. D'altra parte i personaggi più significativi facenti parte della cosiddetta cricca sono stati originariamente scoperti e messi in pista da Governi e giunte di centrosinistra. In Puglia il senatore Tedesco è stato candidato ed eletto al Senato per assicurargli l'immunità: allora, onorevole Franceschini, se c'è un sistema malato, voi fate parte della malattia. Oggi la vittima sacrificale deve essere il sottosegretario Caliendo: colpevole di cosa? Colpevole di nulla, di aver fatto un centro studi, di aver fatto alcuni convegni, di aver parlato con molte persone in pubblico, a viso aperto, in ristoranti e alberghi, di essere stato una volta a casa di Verdini, di avere incrociato un paio di volte Carboni, che però non era fonte di crimine e di associazione a delinquere quando incontrava Carlo Caracciolo e faceva affari con lui. Siamo arrivati al punto che La Repubblica ha pubblicato persino un falso verbale dell'interrogatorio di Caliendo. In sostanza, quella di Caliendo è una posizione assolutamente limpida e regolare. Quella che è emersa è solo l'esistenza di un normale tessuto sociale fatto di relazioni e di colloqui. Ma allora attenzione, onorevoli colleghi dell'opposizione, al terreno in cui ci si sta inoltrando. Voi state costruendo una società fondata sul principio che Foucault ha sintetizzato nell'espressione «sorvegliare e punire». Voi state dando il via libera a un invasivo network della sorveglianza in cui c'è il grande fratello delle intercettazioni, un network che paradossalmente aggredisce tutte le libertà: la libertà di parola, di sesso, di attività economiche, di iniziative sociali prodotte e accentuate proprio dalla faccia liberatoria, libertina, liberale del Sessantotto. Questo è il vostro paradosso. Orbene, questo network della sorveglianza, della repressione, della violazione sistematica del segreto istruttorio, poi, spia, criminalizza e registra tutte le manifestazioni dell'individualismo tessute in tutti questi anni e le passa surrettiziamente ai media che magari scelgono, fior da fiore, le comunicazioni più imbarazzante e più morbose. A quel punto il gioco è fatto: si afferma così il network della sorveglianza e anche - permettetemi l'espressione - dello «sputtanamento» personale, che alimenta a sua volta una comunità di voyeur e di moralisti da quattro soldi. Al netto delle vite delle famiglie, così devastate, poi viene anche diffusa la sentenza anticipata, il mostro viene sbattuto in prima pagina, distrutto come immagine, nei rapporti familiari e nella rispettabilità. Non parliamo poi dell'eventuale ruolo e prestigio politico. Se questa operazione viene ripetuta per 10, 100, 1.000 casi, essa può addirittura distruggere un'intera forza politica. Poi certo, dopo vent'anni la sentenza anticipata viene sostituita dalla sentenza giudiziaria e magari la prima viene annullata. Ma chi restituisce a Rino Formica, a Calogero Mannino e a tanti altri gli anni vissuti sotto l'onta e l'angoscia della sentenzia mediatica? Ecco, il sottosegretario Caliendo è vittima di una procedura di questo tipo, senza nemmeno l'esistenza di materiale particolarmente piccante o penalmente significativo. Allora, con forza diciamo il nostro «no» a tutto questo e, in primo luogo, a questa mozione. Lo facciamo perché il senatore Caliendo è notoriamente una persona per bene, lo facciamo perché egli non ha commesso nulla di male, lo facciamo perché vogliamo bloccare un infame meccanismo distruttivo e autodistruttivo che ci costringe a celebrare questa sequenza di processi politici invece di discutere dei problemi della società italiana. Onorevole Franceschini, lo facciamo anche per voi, per interrompere la vostra deriva giustizialista e poliziesca, che talora ha fatto vittime anche al vostro interno e ha addirittura sconvolto i vostri stessi equilibri politici. Più volte il Presidente della Repubblica ha sollecitato la ripresa di un confronto sulle grandi riforme costituzionali. Noi raccogliamo questo appello, ma avanziamo anche un interrogativo: come si può procedere sul terreno delle grandi riforme se ogni giorno la normalità del dibattito politico è interrotta dalla virulenta proclamazione di processi, insieme giudiziari e politici, segnati dal manicheismo e dal settarismo, che hanno come unico scopo la distruzione degli avversari? Oggi, stando a quello che abbiamo sentito poco fa, lo scalpo del sottosegretario Caliendo dovrebbe arricchire la collezione dell'onorevole Di Pietro e dei suoi seguaci del Partito Democratico. No, non vi daremo la testa del senatore Caliendo perché egli è innocente e l'innocenza, onorevole Fini, onorevole Casini, senatore Rutelli, va tutelata e difesa al di fuori di ogni calcolo politico, non astenendosi ma battendosi a viso aperto. La vostra astensione, se non ci fosse il «no» del Governo, del PDL e della Lega sarebbe una resa senza condizioni all'aggressione giustizialista. Si è detto anche che l'astensione è fatta per un sofisticato tatticismo politico ma, onorevole Casini, non si può esercitare il tatticismo politico quando sono in ballo dei valori fondamentali che voi conoscete benissimo. Allora, ci auguriamo non solo di interrompere una spirale, ma di dare un contributo per riaprire il confronto sulle riforme che siamo impegnati a realizzare anche raccogliendo la sollecitazione di molte forze della società civile e del Presidente Napolitano. Lo facciamo come Governo e come maggioranza. Non esistono, onorevole Bersani, le scorciatoie di piccole operazioni di cabotaggio parlamentare che stanno nella vostra speranza di poter far cadere il Governo e di non andare alle elezioni, perché del voto avete una paura folle. Quindi, per queste cause generali e per le regioni specifiche espresse nel dibattito anche dalla sapienza giuridica degli onorevoli Contento e Paniz, alla mozione contro il sottosegretario Caliendo noi diciamo un «no» alto e forte.



VOTAZIONE

Presenti 603
Votanti 528
Astenuti 75
Maggioranza 265
Hanno votato sì 229
Hanno votato no 299

La Camera respinge


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