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L'Assemblea ha respinto la mozione Franceschini, Donadi ed altri n. 1-00416 concernente iniziative volte alla presentazione delle dimissioni da parte del sottosegretario di Stato Giacomo Caliendo con 299 voti contrari, 229 favorevoli e 75 astenuti.
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LE DICHIARAZIONI DI VOTO
GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, nel merito della mozione che richiede le dimissioni del sottosegretario Caliendo, i repubblicani ritengono che non vi siano oggi elementi obbiettivi che portino a richiedere tali dimissioni. Come ha detto, a nostro avviso giustamente, l'onorevole Cicchitto ieri, è in corso un'indagine della magistratura. Sarebbe del tutto ingiustificato che il Parlamento anticipasse il giudizio rispetto agli esiti di quella indagine. Ma naturalmente, esattamente per le stesse ragioni, non siamo neppure nelle condizioni di dare una fiducia mentre è appunto in corso un'indagine giudiziaria. Quanto alla situazione politica in cui questo dibattito si inserisce, i repubblicani osservano che si stanno determinando delle novità molto rilevanti. Esse indicano la possibilità che emerga nel Paese una posizione che faccia uscire l'Italia dai limiti angusti di una contrapposizione frontale esasperata. Tale contrapposizione ha impedito e impedisce sostanzialmente la ricerca delle strade che possono condurre il nostro Paese fuori da una grave e perdurante crisi, specialmente economica, ma anche sociale e istituzionale che oggi colpisce i giovani, le zone più deboli dell'Italia e le famiglie. A queste posizioni il Partito Repubblicano italiano guarda con attenzione oggi e nella prospettiva delle nostre imminenti assise di partito. In questo senso e con queste motivazioni il collega Nucara ed io annunziamo che non prenderemo parte al voto sulla mozione Caliendo.CARMELO LO MONTE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il Movimento per le Autonomie ha sempre adottato una linea di lealtà e di contemporanea autonomia di giudizio rispetto ai comportamenti dell'Esecutivo. In alcuni casi in questi due anni abbiamo anche disertato il voto di fiducia, ad esempio quando si sono determinati spostamenti consistenti di risorse destinate al Sud per finanziare spese correnti nel resto del Paese.
Non abbiamo quindi assunto, come Movimento per le Autonomie, una posizione diversa negli ultimi giorni. La nostra stella polare è lo sviluppo del Sud e su questo non intendiamo recedere di un solo centimetro. A questo proposito, vorremmo capire se qualcuno sta veramente pensando ad un federalismo contro il Sud, anziché ad un federalismo solidale. Come si fa a garantire entrate ai comuni attraverso la cedolare secca sugli affitti? Non è a tutti evidente che al Sud il patrimonio immobiliare è prevalentemente sfitto, a differenza di quello del Nord, che è avvantaggiato anche dall'emigrazione interna dal Mezzogiorno e che quindi questa entrata al Nord sarà reale e al Sud soltanto immaginaria? E come si fa a dire che al Sud non vi è capacità di spesa, quando ANAS e Ferrovie, partecipate dal Tesoro e fondamentali per gli investimenti in infrastrutture, non spendono una sola lira nel Mezzogiorno? Vi è la necessità che sulle varie questioni si apra un confronto vero che coinvolga l'intera maggioranza, senza che qualcuno pensi di decidere da solo. Rispetto al tema posto dalla mozione, nel confermare il nostro garantismo, ci schieriamo contro ogni giustizialismo che riteniamo sia nemico della democrazia e teniamo conto peraltro che, allo stato, la magistratura non ha emesso alcun provvedimento. La nostra astensione è principalmente legata ad un giudizio politico, ad una richiesta di opportunità e di sensibilità politica che prima di tutto va fatta a chi ricopre ruoli di primaria responsabilità, specie nel settore della giustizia. Signor Presidente, colleghi, noi siamo nella maggioranza di Governo e però pretendiamo lealtà e provvedimenti favorevoli al sud. Non daremo pretesti a chi richiede di poter risolvere ogni problema con l'autorità, ma vorremmo ricordare che una politica che vuole risolvere i problemi del Paese richiede tolleranza, pacatezza, confronto, sacrificio e soprattutto pazienza e capacità di mediazione e che avendo fastidio di tutto ciò si rischia di avere fastidio per la democrazi.
ARTURO IANNACCONE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, Noi Sud voterà contro la mozione di sfiducia al sottosegretario Caliendo perché siamo convinti della sua assoluta estraneità ai fatti che gli vengono contestati e siamo certi che un servitore dello Stato come Caliendo non è mai venuto meno ai suoi doveri di lealtà e di fedeltà alle istituzioni. È evidente che la mozione di sfiducia punta a colpire non una persona, ma mira a mettere in discussione il diritto della maggioranza che ha vinto le elezioni a governare. Spero che ne siano consapevoli anche i colleghi di Futuro e Libertà e dell'MpA che hanno preannunciato l'astensione. Ci troviamo di fronte all'ennesimo tentativo di un'opposizione allo sbando, alla ricerca disperata di alleanze improponibili di far cadere il Governo e la maggioranza strumentalizzando ambigue e politicizzate azioni giudiziarie. Derubare gli italiani del loro voto, capovolgere il verdetto popolare non con un'incalzante azione di opposizione, ma attraverso iniziative giudiziarie che se non fossero infondate e inverosimili avrebbero tutte le caratteristiche di azioni eversive e miopi e non consentiranno alla sinistra di costruire un'alternativa credibile. Il Partito Democratico in questi giorni ha mutato pelle, ha rinunciato al bipolarismo e al principio sacro in una democrazia matura che è quello dell'alternanza ed è alla ricerca di equilibri nuovi, certamente non più avanzati, per superare l'attuale fase. L'ex missino Fini, l'uomo nero, l'ex «signor no» che affossò il tentativo Maccanico ora è un possibile alleato per la sinistra. Alcuni più di altri parlano di moralità e di legalità. Conosciamo bene questi finti moralizzatori, ma in politica cosa c'è di più immorale del tradimento del mandato ricevuto dai propri elettori o di dire una cosa e farne un'altra? Abbiamo atteso solo pochi giorni e rispetto alle dichiarazioni solenni, rese in quest'Aula e in conferenza stampa, di lealtà alla maggioranza e al Governo Berlusconi il neo gruppo, nato da una scissione del Popolo della Libertà, prima ha messo in discussione il programma di Governo con la proposta di un patto di fine legislatura che assomiglia sempre di più ad un ipocrito imbroglio, ma non solo, poi annuncia di astenersi su di un provvedimento così delicato come la mozione di sfiducia al senatore Caliendo. Ma quale difesa della legalità è l'astensione su di una mozione ridicola che accusa il sottosegretario non indagato, così come è scritto anche nella mozione, di aver partecipato ad una cena? Onorevole Donadi, non ci risulta che lei ha presentato una mozione di sfiducia al presidente del suo partito, l'onorevole Di Pietro, per aver partecipato ad una cena con un boss mafioso di uno Stato straniero che è stato ucciso. Il gruppo di Futuro e Libertà non solo ha annunciato l'astensione, ma ha cercato un raccordo con le opposizioni cosiddette «centriste» per fare le prove di un inesistente terzo polo, frutto della fantasia di salotti chic e degli interessi di poteri forti. Noi Sud chiede al Governo, che ha ben operato e che ha impedito che la tempesta della crisi finanziaria mettesse in ginocchio l'Italia, di continuare con determinazione ad attuare il suo programma, quello presentato agli elettori e non quello inventato da improvvisati azzeccagarbugli. Federalismo e impegno per il sud debbono essere le nostre stelle polari
PINO PISICCHIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, onorevoli rappresentanti del Governo, il sottosegretario Caliendo potrà invocare, al pari di ogni cittadino di questa Repubblica, il diritto di esigere ogni garanzia personale fino a quando non vi sarà nei suoi confronti azione giudiziaria, avviso di garanzia o una sentenza passata in giudicato che lo condanni. Vi sarà in quest'aula e anche fuori chi sosterrà, invece, la tesi che impone alla moglie di Cesare di mantenere una reputazione salva da ogni sospetto. È proprio quella reputazione, messa a dura prova dallo stillicidio dei ministri e dei sottosegretari inciampati nelle questioni giudiziarie, che oggi sta solcando una divaricazione tra Governo e popolo minando alla base il rapporto tra cittadini e politica. È davvero curioso, onorevoli colleghi, onorevoli rappresentanti del Governo, il fatto che, dopo avere fino allo sfinimento celebrato il mantra del bipolarismo salvifico, si scopre che la struttura etica di questa nostra stagione è così fragile. Forse è un problema di scuola, di cultura, di incapacità di interpretazione della rappresentanza democratica avendo, grazie a certe leggi elettorali, delegato tutto - rappresentanza compresa - ai capi carismatici. Quindi, questo dibattito e questo voto oggi assumono per noi di Alleanza per l'Italia una valenza ben più alta della conta di chi è a favore e chi no. Certamente sarebbe stato assai più elegante se il sottosegretario Caliendo avesse compiuto scelte personali diverse da quelle che ha dichiarato in questa circostanza, togliendo la ragione di questo dibattito. Ma la mozione di sfiducia, presentata e discussa in un pomeriggio d'estate con esiti scontati, appare un gesto che punta più alla rassicurazione di alcuni segmenti elettorali antagonisti piuttosto che una scelta politica destinata ad incidere nelle dinamiche del Governo. Quindi, la scelta di astensione che noi compiamo può avere un senso. Può significare il rifiuto del diktat, della catalogazione, della conta brutale che ha rappresentato e che ancora rappresenta la cifra di questo nostro bipolarismo arcaico e ideologico, questo schema che mette in campo gli istinti primordiali della politica in un racconto strampalato di antagonismi senza fine, in cui l'unico assente risulta essere il cittadino con i suoi bisogni. Noi di Alleanza per l'Italia ci asterremo conferendo a questo gesto un valore politico che non significa una «tartufesca» equidistanza, che sarebbe poi tra giustizialisti e giustificazionisti, ma l'assunzione di una responsabilità verso le istituzioni. Sia chiaro: i deputati che si asterranno non cambieranno il loro atteggiamento nei confronti degli elettori e del Governo. Noi siamo all'opposizione e continueremo ad esserlo, così come Futuro e Libertà è in maggioranza e continuerà ad esserlo. Ma è indubbio che da oggi qualcosa comincia a cambiare in questo Parlamento. La riappropriazione consapevole e coordinata da parte di molti deputati della propria autonomia di giudizio, l'apertura di una nuova stagione politica. Qualcosa da oggi cambierà e sarebbe stolto far finta di niente.
ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, le ragioni per cui l'Italia dei Valori ha presentato questa mozione di sfiducia sono due. Primo: l'inopportunità, per la credibilità delle istituzioni, che Giacomo Caliendo continui a fare il sottosegretario alla giustizia; secondo: la dannosità, per il bene del Paese, che Berlusconi e il suo Governo rimangano ancora in carica anche solo per un minuto. Signor Ministro della giustizia, lei oggi nella sua replica ci ha detto che non è giusto che il sottosegretario Caliendo lasci il Ministero in quanto è semplicemente inquisito, ma noi non gli abbiamo chiesto per questa ragione di dimettersi, tanto è vero che nella mozione di sfiducia si dice esattamente che non era ancora stato messo sotto indagine. Le ragioni per cui noi chiediamo che Caliendo vada a casa sono specifiche, sono cinque, sono grosse come una casa e sono politiche, a prescindere dal risultato dell'inchiesta della magistratura. Le ragioni, che vado ad esporre, sono documentali.
Primo: le pressioni sulla Corte costituzionale attraverso canali paralleli per non far dichiarare incostituzionale il lodo Alfano, cioè il suo lodo, signor Ministro, quello che lei ha fatto fare per permettere al suo datore di lavoro di scampare dalle inchieste e di fare l'impunito. Il lodo Alfano richiederebbe, per una ragione di onestà intellettuale, che anche lei andasse a casa, signor Ministro, oltre che il sottosegretario.
Secondo: le pressioni per la nomina del giudice Marra alla presidenza della Corte di appello di Milano. È inammissibile che un magistrato, ancorché fuori ruolo, sottosegretario alla giustizia, e quindi alle sue dirette dipendenze, signor Ministro, intervenga per condizionare le nomine di un'alta carica alla Corte d'appello di Milano.
Terzo: le successive pressioni sullo stesso Marra affinché la Corte d'appello di Milano riammettesse la lista Formigoni alle ultime elezioni regionali. L'interferenza è gravissima perché è un'interferenza tra giustizia, magistratura e una coalizione politica che si voleva far riammettere, pure se non lo meritava.
Quarto: le pressioni per mandare gli ispettori del Ministero della giustizia in quella sezione dei giudici della Corte d'appello di Milano rei di aver bocciato la lista Formigoni.
Quinto: le pressioni per allungare l'età della magistratura da settantacinque a settantotto anni per permettere al presidente della Corte di Cassazione, Vincenzo Carbone, anche lui invischiato nelle vicende della P2, di rimanere in carica nonostante avesse raggiunto i limiti di età della pensione.
Questi sono fatti politici, non ci interessa sapere se sono anche fatti penalmente rilevanti, ma sono fatti di un'interferenza gravissima da parte di un membro del Governo nell'esercizio delle attività istituzionali di altri organi dello Stato. Sono ragioni di merito, lo ripeto, che prescindono dall'iter processuale. E poi, colleghi, lo sapete chi è Caliendo? Non è nuovo a queste cose. Se oggi stiamo parlando della cosiddetta Loggia P3, vuol dire che prima c'era la Loggia P2 e se andate a rileggere la relazione della Commissione Anselmi sulla Loggia P2 trovate un intero capitolo che riguarda i rapporti tra massoneria deviata e magistratura, un capitolo che inizia così: «Sono presenti negli elenchi della Loggia P2 sedici magistrati in servizio e cinque membri del CSM». Di cosa si dovevano occupare quei magistrati nei rapporti con la Loggia massonica di Licio Gelli? Lo dice esattamente il Piano di rinascita democratica stilato da Licio Gelli. Lo leggo testualmente: «doveva stabilire un accordo programmatico anche con numerosi esponenti dell'Associazione nazionale magistrati, per avere un prezioso strumento operativo all'interno della magistratura, anche ai fini di rapidi aggiustamenti legislativi». Sapete quali erano gli aggiustamenti legislativi di cui parlava Gelli? Li ripeto, rileggendo il piano di rinascita: separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri, pubblici ministeri e CSM sotto il potere esecutivo, discrezionalità dell'azione penale e soprattutto interventi diretti per favorire la nomina, negli incarichi direttivi dei tribunali e delle procure, di persone disposte ad aiutare gli iscritti alla Loggia nel caso di difficoltà giudiziaria. Si tratta esattamente di quello che si è verificato in questo caso, perché le vicende della Loggia P2 sono sovrapponibili alle vicende, agli obiettivi della Loggia P3, del suo Governo e anche del suo mandato, Ministro Alfano. Le riunioni in casa Verdini per aggiustare il Lodo Alfano, le pressioni in Cassazione per togliere dai guai Cosentino e quelle sul CSM per le nomine di procuratori e presidenti di Corti d'appello e tribunali, le intercettazioni in cui Caliendo prende ordini da Lombardi, il capo degli 007 ministeriale Arcibaldo Miller, che spiega come richiedere l'ispezione ministeriale contro i giudici che dovevano occuparsi della lista Formigoni, sovrapponibilità tra la Loggia P2 e la Loggia P3 che, a prescindere dalle inchieste giudiziarie, vedono due persone essere l'anello di congiunzione: Carboni presente allora e presente oggi e - leggo dalla relazione Anselmi - l'allora giovane membro togato del CSM, Giacomo Caliendo che, su mandato di un altro giudice togato Domenico Pone, anch'egli consigliere di Cassazione, iscritto alla P2, su mandato dell'allora vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura Ugo Zilletti, faceva pressione sul procuratore di Milano Mauro Gresti per far riavere il passaporto a Roberto Calvi, a quel vice banchiere di Dio, presidente dell'Ambrosiano, nei guai fino al collo per una sfilza di reati valutari e societari. Insomma, chi è Caliendo? Caliendo oggi è il sottosegretario della giustizia, oggi è amico di Lombardi, Martino, Carbone, tanto da partecipare alle loro cene in caso Verdini, oggi, però, è anche una personalità del Governo che, in questi due anni, ha messo la propria firma, la propria voce, a disposizione del Governo per le cosiddette riforme. Quali? Il lodo Alfano, il processo beve, il legittimo impedimento e - da ultimo - le intercettazioni, quelle stesse intercettazioni, delle quali usufruirà lui, con il nuovo provvedimento in via di approvazione. Nonostante sia in grave conflitto di interesse, viene lui a proporre le modifiche sul provvedimento in materia di intercettazioni, che lo riguarda direttamente. Se non è conflitto di interessi questo, qual'è il conflitto di interessi? Cosa c'entra, signor Ministro, dire che è soltanto iscritto nel registro degli indagati? Qui c'è una questione di opportunità, di igiene politica, che dobbiamo affrontare in questo Parlamento. La Commissione Anselmi si chiudeva allora dicendo che i contatti con la magistratura prescindevano dall'iscrizione o meno alla Loggia, tuttavia approfittiamo dell'occasione per ricordare anche che non chiediamo solo le dimissioni di Caliendo, ma chiediamo anche al Presidente del Consiglio di fare al più presto le valigie e andarsene a casa. Lo chiediamo, anzi lo pretendiamo, in nome degli italiani onesti, che non ne possono più delle sue prevaricazioni e del suo utilizzo spregiudicato delle istituzioni. Lei, signor Presidente del Consiglio, sta abusando della pazienza degli italiani. Se ne sta lì, novello Nerone, nella sua terrazza dorata a suonare l'arpa, con le sue ancelle prezzolate, mentre il Paese brucia. Lei, chiuso nel suo bunker dorato è sordo e cieco, come lo sono sempre stati i dittatori ed i satrapi di ogni tempo. Per tutte queste ragioni, chiediamo al Parlamento un gesto di responsabilità e di dignità: sfiduciare il sottosegretario Caliendo oggi per sfiduciare l'intero Governo Berlusconi domani, anzi al più presto. Assumersi le proprie responsabilità, signori parlamentari, non vuol dire, tuttavia, rifugiarsi nel voto dell'astensione. Sulla questione morale non ci si può astenere, o si sta da una parte, o si sta dall'altra. E chi oggi - dopo aver tanto tuonato contro i soprusi e l'illegalità del Governo Berlusconi ed avere invocato un ritorno alla moralità in questo Parlamento - non si comporta di conseguenza e non vota la sfiducia, mostra solo di essere un pavido, che non vuole tornare alle urne perché ha paura di perdere il proprio posto qui in Parlamento. Ma anche questo è un modo immorale di fare politica e anche di questo l'Italia dei Valori farà denuncia in tutte le sedi, convinti come siamo che siano ugualmente responsabili sia chi fa la rapina sia chi fa il palo, e in questo Parlamento vi sono tanti «uomini palo»
BENEDETTO DELLA VEDOVA. Signor Presidente, signori del Governo, onorevoli colleghi, il gruppo parlamentare Futuro e Libertà. Per l'Italia è formato da deputati che avrebbero voluto restare nel Popolo della Libertà e lì partecipare ad un vitale confronto di idee e di personalità, che, guardando all'Europa, costruisse il futuro di un grande partito liberale e moderato nell'interesse del Paese. Ci è stato detto in modo categorico che ciò non era ammissibile, che le nostre proposte e le nostre ragioni, i nostri contenuti e le forme che sceglievamo per esprimerli erano incompatibili con il partito e la sua leadership. Il nuovo partito del centrodestra, a quanto pare, non avrebbe potuto tollerare quella dialettica politica, aspra e competitiva, che caratterizza in tutto l'Occidente avanzato la vita politica interna dei grandi partiti di centrodestra.
Non abbiamo capito, ma ci siamo adeguati; ne abbiamo preso atto, ma non ci siamo rassegnati. Ora la maggioranza parlamentare, alla Camera come al Senato, è composta da tre gruppi, compresi quelli di Futuro e Libertà. Per l'Italia. Siamo nella maggioranza e sosterremo lealmente l'Esecutivo, lavorando per migliorare e accelerare l'attuazione del programma di Governo. Per il resto, fuori dal perimetro del programma, andremo ad un confronto aperto, senza pregiudizi e ostilità. Nulla di meno, nulla di più! Veniamo al voto di oggi: siamo garantisti «senza se e senza ma». Lo siamo per le migliaia di persone che stanno in carcere in condizioni incivili, ancora in attesa di un processo; lo siamo per quegli immigrati che vengono respinti come irregolari prima che si verifichi se abbiano o meno i requisiti per ottenere l'asilo politico; lo siamo per quelle decine di migliaia di imputati e vittime di reati che sono condannati dalle inefficienze del sistema giudiziario ad attendere per anni, spesso inutilmente, che la giustizia faccia il suo corso; lo siamo per tutti e lo siamo anche per i politici, che, di fronte ad un'indagine o ad un'imputazione, non sono né più né meno innocenti dei comuni cittadini.
Il perimetro della responsabilità penale non coincide, però, con quello della responsabilità politica. Nessun politico ha il dovere di dimettersi per il solo fatto di essere indagato, ma nessun politico può essere difeso, a prescindere da qualunque altra considerazione, solo perché indagato. L'avviso di garanzia non è una condanna preventiva, ma la presunzione di innocenza non assicura l'impunità politica. Siamo contro gli opposti estremismi di chi ritiene che un avviso di garanzia debba far scattare la tagliola delle dimissioni e, magari, della decadenza dalle cariche pubbliche, e di chi, al contrario, ritiene che, per valutare la responsabilità di un politico indagato, occorra attendere la pronuncia definitiva dell'autorità giudiziaria. Si tratta di due errori, uguali e contrari, in cui la politica italiana è già caduta in passato e da cui deve guardarsi per il futuro. Se oggi la cosiddetta questione morale torna in primo piano, non dobbiamo confondere la causa con l'effetto: sono i fatti a creare allarme, non l'allarme a creare i fatti. La crisi economica sta mettendo alla prova la società italiana: la storia ci insegna che è in questi momenti, quando la disoccupazione cresce, tante imprese sono in difficoltà e le famiglie sono costrette a ripensare i propri progetti di vita, che si diffonde la sfiducia nella politica e nelle istituzioni e che novelli agitatori di piazza hanno gioco facile. Ed è in queste situazioni che la politica ha maggiormente il dovere di dare un'immagine di trasparenza, di correttezza, di legalità nell'esercizio del potere pubblico, di meritocrazia nella selezione della classe dirigente e nella valutazione delle sue responsabilità. È questo un importante capitale sociale fondamentale perché una nazione possa ritrovare la strada della crescita e del benessere. Senza moralismi dobbiamo dire forte e chiaro che la questione dell'etica pubblica e dell'etica politica ci riguarda tutti, perché su questo tutti insieme verremo giudicati. Negli ultimi mesi le inchieste giudiziarie - e non solo queste - hanno fatto emergere condotte, di cui è interamente da accertare il rilievo penale, ma di cui sarebbe da incoscienti sottovalutare la portata politica. È inutile, oltre che dannoso, addebitare la responsabilità a un complotto politico mediatico; altra cosa, che invece va fatta a voce alta, è chiedere che i media raccontino le indagini senza emettere sentenze sommarie in assenza di alcun contraddittorio. In questo clima tornano a soffiare i venti di un giustizialismo aggressivo e di uno pseudogarantismo peloso. Non tutto è uguale, non tutto è ugualmente censurabile, non tutto è ugualmente difendibile, ogni caso fa storia a sé. Per stare alle vicende, che hanno coinvolto membri dell'Esecutivo, bisogna dire chiaramente che il caso Caliendo è diverso dal caso Brancher, che è diverso dal caso Cosentino, che è diverso dal caso Scajola. Il collega Claudio Scajola si è dimesso da Ministro senza aver neppure ricevuto un avviso di garanzia. Ha sbagliato? No, ha fatto bene. Era opportuno che lo facesse e questo gli va riconosciuto. Oggi si chiedono le dimissioni del sottosegretario Caliendo. Non voteremo a favore della mozione dell'opposizione. Come dicevamo, non tutte le vicende sono uguali e questa è molto diversa da quelle che l'hanno preceduta. Quanto emerge ed è dato conoscere, al di là - lo ripeto - del rilievo penale, che non spetterebbe a noi di giudicare, consente di contestare al senatore Caliendo una grave imprudenza e un'eccessiva confidenza con personaggi che non meritavano né ascolto né credito, non la responsabilità di essere venuto gravemente meno ai suoi doveri.Non sussistono i presupposti per chiedere le sue dimissioni e in questo concordo con il Ministro Alfano, ma d'altra parte - e lo diciamo sinceramente - non può essere giudicato irrilevante che proprio il sottosegretario al Ministero della giustizia sia sotto inchiesta per avere tentato di influire su procedimenti che interessavano importanti uffici giudiziari. Tocca al Presidente del Consiglio, al Ministro della giustizia, ma innanzi tutto al sottosegretario Caliendo, valutare serenamente se una sospensione delle sue deleghe fino al chiarimento definitivo della sua posizione non sarebbe la cosa migliore da fare. Per queste ragione il gruppo di Futuro e Libertà si asterrà. Da ultimo, signor Presidente, ma non per ultimo, è molto positivo che su questa posizione equilibrata, su di un terreno dove abitualmente prevale un feroce scontro pregiudiziale, vi sia una convergenza tra gruppi di maggioranza e di opposizione, uniti dalla consapevolezza che serve un sussulto di responsabilità istituzionale in una fase tormentata della Repubblica.
Non è un partito nuovo, non è il terzo polo: noi restiamo senza esitazioni nella maggioranza, i cui numeri oggi non cambiano; altri restano all'opposizione. Ma è una novità importante che, al di là dell'azione del Governo su temi che riguardano le istituzioni e il senso di comune appartenenza ad esse, non vi siano più steccati invalicabili. Questo è nell'interesse della Repubblica italiana. Concludo, signor Presidente, ribadendo il voto di astensione del gruppo Futuro e Libertà. Per l'Italia.
PIER FERDINANDO CASINI. Signor Presidente, al contrario dell'onorevole Di Pietro e condividendo, invece, le parole dell'onorevole Della Vedova ritengo importante che si materializzi in queste ore un'area di responsabilità istituzionale e vorrei sul caso specifico fare due riflessioni. Prima considerazione: il gruppo dell'Unione di Centro rifiuta il giustizialismo come metodo di lotta politica, il gruppo dell'Unione di Centro rifiuta di minimizzare la questione morale. Lo ha detto questa mattina l'onorevole Mantini: la questione morale esiste e, onorevole Ministro guardasigilli, non basta non commettere reati, la politica prevede ragioni di opportunità, di decoro ed anche di decenza. Chi rappresenta il Governo del Paese dovrebbe astenersi da frequentare abitualmente gente discutibile, piccoli o grandi intrallazzatori o pluricondannati bancarottieri. È un problema penalmente irrilevante? Può darsi, certamente dimostra una preoccupante disinvoltura.
Seconda considerazione: il giustizialismo non ha mai rappresentato un contributo serio a moralizzare il Paese. Come sa bene l'onorevole Di Pietro, i più grandi moralisti di solito hanno una radicata vocazione all'immoralità. Noi non approviamo la condotta del sottosegretario ma, allo stato, non ravvisiamo un quadro di responsabilità sufficienti ad impegnare il Parlamento nella richiesta di revoca della sua delega. Lasciamo al Governo, che ne risponde davanti al Paese, la responsabilità di ogni decisione in merito: noi non decapitiamo gli uomini per prendere una manciata di voti elettorali in più. E dunque, onorevoli colleghi, la nostra astensione è figlia di una decisione seria, ponderata, serena. L'Italia dei Valori - bisogna riconoscerlo - è coerente anche oggi con le vergognose parole che l'onorevole De Magistris ha rivolto ieri al neovicepresidente del CSM, onorevole Vietti, applaudito dall'Aula e figlio di una illuminata convergenza tra togati ed eletti dal Parlamento.
In realtà, c'è chi vuole una guerra permanente tra politici e giudici, c'è chi prospera nella divisione tra giudici e legislatori. Io credo che sia stata importante la convergenza che ha dato vita all'elezione di Vietti e do atto di questo ad un grande partito, come il Partito Democratico, ed anche al Popolo della Libertà: assieme hanno capito che un gesto di distensione era necessario tra potere legislativo ed ordine giudiziario e noi lavoriamo su questa strada. Onorevole Presidente, il dibattito di oggi ha assunto però un significato più ampio ed uno spessore diverso rispetto al solo tema del caso Caliendo. Vorrei rassicurare tutti, anche quei Ministri che si scoprono leoni nello scomunicare tutti gli altri mentre fino a ieri sono stati conigli nel difendere le loro amministrazioni dai tagli lineari: tutti tranquilli, colleghi, tutti tranquilli, qui non c'è nostalgia della DC, qui non c'è trasformismo, qui non c'è «grande centro», qui non ci sono manovre di Palazzo. Apro una parentesi: è singolare che ci venga fatta lezione di trasformismo da chi in privato e in pubblico fino a ieri ha cercato di indurci a compiere atti trasformistici, che noi abbiamo sdegnosamente rifiutato, per aiutare l'attuale maggioranza. Cerchiamo di essere seri. L'onorevole Cesa ieri ha definito quest'area (lo ha detto adesso l'onorevole Della Vedova) un'area di responsabilità nazionale. È un'area vasta: è figlia, onorevoli colleghi, della crisi di un bipolarismo che si sta sgretolando; almeno, per come lo abbiamo concepito in Italia, con partiti minoritari che spadroneggiano e dettano legge, come abbiamo visto fin troppo spesso e come fin troppo spesso hanno purtroppo visto anche i ministri del Governo Berlusconi, smentiti dagli atti parlamentari della loro maggioranza. C'è chi non accetta, davanti ai problemi dell'Italia, di dividersi tra gli adulatori di Berlusconi e i suoi carnefici, salvandosi così la coscienza. Eravamo soli alle elezioni: sì, onorevoli amici del mio gruppo, eravamo soli alle elezioni. Oggi la compagnia è più folta. E mi permetto di fare una valutazione serena al Presidente del Consiglio: egli oggi ha due modi, ha due strade per affrontare la situazione. La prima: affidare la resurrezione alla magia dell'aritmetica parlamentare, magari per rafforzare i 316 voti auspicati nella votazione di oggi. La seconda è affrontare la questione politica, prendere atto che così si può solo tirare a campare, e certo senza alcuno slancio riformatore, ma magari affidandosi a qualche ulteriore spot televisivo. Le nostre carte le abbiamo messe in tavola da tempo, le nostre proposte anche: altro che complotti! Onorevoli colleghi, si evocano fuori dall'Aula: le elezioni anticipate sono un'eventualità. Non nascondiamoci dietro un dito! Ma se la strada, che per ora si minaccia solo nei corridoi per spaventare qualche sprovveduto, dovesse diventare la via maestra, allora, davanti ad una fuga, ciascuno di noi dovrebbe assumersi le proprie responsabilità; e, colleghi, in quel caso penso che le sorprese sarebbero ben più forti dell'inedita creazione di quest'area di responsabilità nazionale. In conclusione, Sant'Agostino diceva una cosa molto bella: meglio zoppicare sulla strada giusta che correre sulla strada sbagliata. Noi tutti stiamo correndo sulla strada sbagliata: chi nella maggioranza indugia a non vedere la realtà, chi rappresenta una realtà di comodo, chi crede che con qualche campagna intimidatoria di stampa o con qualche compravendita di parlamentare si possa risollevare una questione che è esclusivamente politica. Colleghi, pensiamoci sopra con serenità durante le vacanze estive. Speriamo che il riposo serva a tutti, perché credo che la situazione di oggi è figlia in particolare di chi l'ha prodotta e di chi si ostina a non vederla. Ritengo che bisognerebbe avere, in casi come questi, un po' di umiltà, un po' più di umiltà, perché la situazione del Paese, la situazione internazionale, la crisi delle famiglie italiane non possono essere affrontate facendo finta di non vedere una realtà deteriorata. Oggi tra l'Italia dei Valori e noi vi è un nuovo gruppo, che ha svolto una dichiarazione di voto: non penso sia un fatto casuale, penso che sia un fatto su cui tutti siamo chiamati a meditare, perché può cambiare il corso di questa legislatura. Non credo che dei fatti nuovi, che si producono, si debbano produrre con le metodologie vecchie, o per ricalcare strade vecchie. Fatti nuovi debbono produrre gli elementi di novità che il Paese chiede, perché l'autoreferenzialità non è mai stata una soluzione.
MARCO GIOVANNI REGUZZONI. Signor Presidente, colleghi deputati, è di tutta evidenza che la mozione che stiamo discutendo è un pretesto per un attacco al Governo. Si tratta di una mozione strumentale per evidenziare un presunto disagio di alcuni deputati della maggioranza. È un'azione contro il Governo e che punta a bloccare l'azione di cambiamento di cui questo Governo è interprete. Il Governo è impegnato invece nel realizzare il programma, e proprio su questioni di giustizia, di legalità e di moralità, ha ottenuto risultati brillanti. Vedete, colleghi, la giustizia e la legalità non si possono fare solo con le parole, ma si devono fare con i fatti, e questo Governo lo dimostra quotidianamente nella lotta alla mafia e nel sequestro dei beni della criminalità organizzata. Grazie all'intervento del Ministro Maroni, abbiamo sequestrato beni per 12 miliardi di euro alla criminalità organizzata. Abbiamo arrestato ventisei su trenta dei peggiori latitanti, dei più pericolosi, grazie al lavoro del Ministro dell'interno e del Ministro della giustizia, con il quale collabora il sottosegretario, che sta lavorando nei fatti contro la mafia e l'illegalità. Ma proprio ieri, anche per il lavoro fatto dal Ministro Maroni e dal Ministro Alfano (dai due Ministeri e dai loro collaboratori), è stato approvato in via definitiva al Senato - lo abbiamo votato tutti - il Piano straordinario per la lotta alla mafia e alla criminalità organizzata. Erano dieci anni che aspettavamo questo provvedimento. Ma la legalità si difende anche con norme e pene certe, onorevole Della Vedova, combattendo l'immigrazione clandestina. Siamo al mese di luglio e abbiamo annullato gli sbarchi di clandestini...La legalità - dicevo - si difende con norme e pene certe, combattendo l'abusivismo, l'immigrazione clandestina, l'abusivismo nei mercati, l'evasione totale. Proprio oggi è stata sgominata - complimenti anche qui vanno ai Ministeri interessati - una vera e propria truffa ai danni dello Stato per 300 milioni di euro che coinvolgeva un'organizzazione criminale costituita da immigrati cinesi.
La moralità, la lotta all'illegalità, la giustizia, sono questioni che toccano anche i settori economici di questo Paese. Allora questo Governo è impegnato - e lo ha dimostrato anche con l'approvazione dell'ultima finanziaria - ad eliminare alcune piaghe, come l'assistenzialismo che è diffusissimo. Nel 2009, grazie all'azione di questo Governo, per la prima volta sono state tagliate 80 mila false pensioni d'invalidità. La manovra appena approvata vuole eliminare altre 100 mila pensioni d'invalidità false (180 mila situazioni d'illegalità assoluta: la manodopera di una grande metropoli).Questo è combattere l'illegalità ed è frutto delle azioni di questo Governo, mai fatto prima nella storia della Repubblica. C'è qualcuno che si riempie la bocca di giustizia sociale. Questa è giustizia sociale: essere giusti ed equi. La piaga è enorme e questo Governo sta combattendo, mettendo mano per la prima volta nella storia di questo Paese a queste situazioni radicate e diffuse. Questo è il Governo dei fatti, non delle parole, ma a chi giova mettere in discussione il Governo dei fatti? Chi vuole fermare quest'azione di cambiamento? Quali sono i poteri oscuri che vogliono fermare il cambiamento e le riforme? A parole si dichiarano per la legalità, ma nei fatti vogliono mantenere la situazione così com'è.
In questi giorni anche altre riforme stanno giungendo a compimento. Per noi la prima è il federalismo fiscale. In questi giorni anche altre riforme stanno venendo a compimento. Per noi la prima è il federalismo fiscale. Si tratta della riforma più importante e più urgente per tutto il Paese e al contempo di un punto chiaro e preciso e, colleghi, controfirmato da tutti i colleghi di maggioranza. La riforma, che è la prima messa in atto dal 1971, ha un percorso preciso che si sta snodando secondo un iter che il Governo sta rispettando in maniera puntuale. Vedo anche il Ministro Calderoli molto attivo in questo argomento. Questo federalismo ha già visto la realizzazione del decreto sul federalismo demaniale, che è una battaglia storica del nostro movimento, ma è una giustizia all'interno del nostro Paese per i nostri comuni e per le nostre regioni. Il Consiglio dei ministri ha approvato proprio oggi il decreto sul federalismo municipale: ben venga, è la prima riforma del fisco dei comuni che porta 15 miliardi di gettito ai comuni stessi e nelle prossime settimane arriverà il decreto sulle regioni. Per inciso, va detto che questo iter prosegue comunque in Commissione bicamerale e non ha bisogno di passaggi d'aula. È dunque un processo di riforma storico e noi dobbiamo chiederci chi lo vuole fermare, chi vuole fermare il cambiamento e l'azione del nostro Governo. Chi vuole fermarlo ragiona e agisce secondo logiche di palazzo lontane dai cittadini, contro il volere dei cittadini perché sono solo poteri forti ed oscuri che vogliono fermare questo tipo d'azione. Il Governo è impegnato nella realizzazione del programma che ha avuto il voto degli elettori. Noi tutti della maggioranza, colleghi della maggioranza. Vogliamo andare avanti tutti insieme sul programma per il quale siamo stati tutti eletti. Unico Governo in Europa, abbiamo ottenuto sempre la vittoria a tutte le elezioni che sono intercorse: siamo gli unici . Grave sarebbe tradire questo mandato elettorale. È in gioco la democrazia che per la Lega non è una parola vuota. L'unico Governo è quello legittimato dagli elettori, dai cittadini. La verità, onorevole Bersani, è che voi invece avete paura degli elettori. Volete portare il Paese sull'orlo di un precipizio, con giochi di potere vecchi che sanno di Prima Repubblica. La Lega non vi permetterà questi giochi. Si sente parlare di Governo tecnico, di Governo istituzionale, di Governo di larghe intese, di Governo di transizione: l'unico Governo legittimo è quello votato dai cittadini. Esiste un Governo, esiste un Parlamento votato dagli elettori e legittimato, di volta in volta, per realizzare un programma di cambiamento e di riforme. Noi andiamo avanti: la Lega non ha tradito e non tradirà mai il mandato ricevuto dagli elettori. Onorevole Franceschini, onorevole Casini, onorevole Della Vedova, il Paese ha problemi seri che devono essere affrontati: non il cosiddetto terzo polo, non la nuova legge elettorale. Il Paese ha bisogno di sburocratizzarsi, ha bisogno di sostenere il lavoro e le imprese, ha bisogno di modernità e ha bisogno di federalismo. Solo l'accordo Bossi-Berlusconi può garantire la riforma del Paese. Onorevole Bersani, onorevole Casini, credo che dietro queste manovre vi sia la volontà davvero di cambiare, per la prima volta, l'occasione che c'è, cioè quella di fare le riforme e di portare il cambiamento nel Paese. Noi non abbiamo paura del voto, voi forse sì. Noi non siamo figli dei salotti, noi siamo gente che nasce dal prato di Pontida: noi siamo lì. La Lega non vi consentirà di ribaltare la volontà popolare con giochi di palazzo. Avanti, Ministro Bossi con il federalismo, avanti Presidente Berlusconi! La Lega voterà contro questa mozione e voterà per il cambiamento e per questo Governo.
DARIO FRANCESCHINI. Signor Presidente, abbiamo letto molte spiegazioni sulla nostra scelta di presentare e calendarizzare la mozione concernente il sottosegretario Caliendo.Sono tutte letture di natura tattica, «dietrologica», per mettere in difficoltà maggioranza. Noi crediamo che in politica vi sia ancora spazio per battaglie di valori. Noi crediamo che debbano esservi ancora battaglie parlamentari in cui vi sia modo di richiamare i principi di legalità e di trasparenza, per ricordare il ruolo che hanno le classi dirigenti di un Paese, che trasmettono, con i loro comportamenti e le loro parole, al Paese che guidano. Nessun giustizialismo: la mozione in oggetto non è animata da questo; anzi, il sottosegretario Caliendo fa bene a difendersi, è un suo diritto. L'accertamento delle responsabilità penali sarà compito della magistratura, e non dal Parlamento. Anzi, è grave che, oggi, il Ministro della giustizia Alfano sia venuto qui ad esprimere un giudizio sulle indagini. Non si è mai visto. Noi facciamo - lo abbiamo fatto con le mozioni riguardanti Brancher e Cosentino - una battaglia per un Paese normale, per un Paese europeo: la politica non può attendere l'accertamento delle responsabilità penali. È possibile che non si dimetta subito un sottosegretario per la giustizia che ha partecipato ad una riunione per premere sulla Corte costituzionale sulla vicenda del cosiddetto lodo Alfano? È possibile che non si dimetta un sottosegretario per la giustizia indagato per associazione segreta? Leggete l'articolo 1 della «legge Anselmi»: si tratta di un'associazione in cui i soci svolgono attività dirette ad interferire sull'esercizio delle funzioni degli organi costituzionali o di amministrazioni pubbliche. È esattamente ciò che è successo. In qualsiasi Paese normale, in un caso così, ci si dimette subito. Siamo faziosi? Siamo giustizialisti? Guardate cosa accade nei Paesi normali, dove vi sono Governi conservatori normali. In Inghilterra, si dimette un Ministro per alcuni rimborsi spese eccessivi. In Francia, si dimette un Ministro perché è accusato di aver fatto pagare l'affitto allo Stato. Negli Stati Uniti: si dimette il Ministro della giustizia accusato di circonvenzione di incapace; in Spagna: si dimette il Ministro, richiesto dai Popolari perché è stato a caccia con il giudice Gárzon; in Israele: si dimette il Primo Ministro che dice: sono orgoglioso di un Paese che indaga i suoi Primi Ministri; in Francia: si dimettono due sottosegretari perché hanno comprato con soldi pubblici dei sigari; in Svezia: si dimettono due Ministri accusati di non aver pagato il canone della televisione. Questi sono i Paesi normali, questi sono i Governi conservatori dei Paesi normali. Voi avete demolito il senso di rigore e il rispetto dell'etica pubblica che un Paese e una classe dirigente devono avere. Questo è il sistema che sta uscendo allo scoperto, non importi quali cognome porti, che siano Brancher, Verdini, Scajola, Caliendo, Bertolaso, Carboni, Anemone, Lombardi, Balducci: ognuno di loro ha il diritto di difendersi. Noi non abbiamo alcun titolo, neanche morale, per condannarli, ma quello che emerge è un sistema malato basato sulla confusione tra politica e affari, basato sul senso di impunità e sul senso di onnipotenza: non esistono reati e non esistono processi per chi ha vinto le elezioni. E se i magistrati insistono: si cambiano le leggi e si cambiano i reati, e non più solo per il Presidente del Consiglio, adesso anche per tutti quelli che stanno vicino al Presidente del Consiglio. Il rispetto delle regole e la legalità non dovrebbero avere nulla a che fare con lo scontro fra destra e sinistra, ma dovrebbero essere un patrimonio comune delle democrazie, questo è quello che ci chiede la gente. Ministro Bossi, è questo che chiede la gente del nord, quella a cui per anni avete detto che venivate a Roma a combattere contro Roma ladrona, e adesso tacete, anzi, li difendete. Cameron, Sarkozy, Angela Merkel, leader conservatori europei che non farebbero mai quello che avete fatto voi allo Stato di diritto. Quei conservatori non si scontrano con i progressisti sulle regole, sui magistrati, sulla Costituzione, ma si scontrano sulla politica, e le regole, i magistrati e le loro Costituzioni le difendono insieme ai loro avversari progressisti. E sanno, quei leader conservatori, che chi vince le elezioni ha l'onore di fare il servitore dello Stato, non il padrone dello Stato. Questo è il sistema di potere che sta crollando in questi mesi. E mi rivolgo al Presidente Berlusconi, che con il consueto garbo istituzionale, come al solito, segue questo dibattito in televisione, ed entrerà soltanto per ascoltare le parole rassicuranti del suo capogruppo, degli altri non ce la fa. Presidente Berlusconi, nel 1994, e per molti anni, sul palco eravate lei, Fini e Casini, si chieda perché su quel palco è rimasto da solo. Si chieda perché chi ha in mente un centrodestra normale, un centrodestra europeo, a un certo punto, per forza, deve rinunciare a lavorare con lei. Si chieda, onorevole Berlusconi, che drammatica prova di debolezza, da fine corsa è non rispondere politicamente alle critiche, come fanno i veri leader, ma rispondere soltanto con l'arroganza del padrone che caccia chi disubbidisce, mostrando dei muscoli che non ha più. Il paradosso è che questi argomenti assorbono tutto il nostro tempo. Presidente Berlusconi, trovi un minuto per occuparsi dei problemi di quegli italiani che vi hanno votato, i quali vedono, invece, che la vostra agenda e tutte le vostre energie sono impegnate in altro, sin dall'inizio della legislatura: lodo Alfano, legittimo impedimento, processo breve, intercettazioni, tutte cose che riguardano voi e non il vostro popolo. Il vostro popolo vi chiede dove sono finite quelle riforme promesse e tragicamente mancate, dove è finita la riforma del fisco con due aliquote, dove è finita la riforma della giustizia, quella degli ammortizzatori sociali, quella delle professioni, quella dell'articolo 41 della Costituzione, quella relativa al taglio dell'IRAP. Sono quei fallimenti che vi portano ad aver paura della gente. Avete paura di andare alla cerimonia del 2 agosto. Presidente Berlusconi, perché non torna a L'Aquila con quel seguito di telecamere compiacenti? Perché non torna adesso a L'Aquila?. L'astensione del nuovo gruppo Futuro e Libertà. Per L'Italia è un dato politico rilevantissimo. La maggioranza, di cui ha parlato l'onorevole Reguzzoni, uscita dalle elezioni non c'è più. C'è una maggioranza residuale che dovrà conquistarsi la sopravvivenza volta per volta, con le astensioni sui singoli emendamenti. Ne abbiamo avuto prova oggi nella parte nobile con l'intervento dell'onorevole Della Vedova e nella parte meno nobile con quanto avvenuto fuori dall'Aula. È iniziata la seconda parte della legislatura. Sarà tutta diversa. Non sappiamo quanto durerà ma, onorevole Berlusconi, non pensi di spaventare tutti minacciando le elezioni. Ridotti come siete, a brandelli, le perdereste. Si ricordi, Presidente Berlusconi, che lei può dare le dimissioni. Il Presidente del Consiglio può dare le dimissioni e il giorno in cui lei lo farà sarà il giorno della sua resa e della nostra vittoria. Ma un minuto dopo le sue dimissioni lei uscirà di scena e la parola passerà al Capo dello Stato e al Parlamento. Noi, che sappiamo che sarebbe folle tornare a votare per la terza volta con questa legge elettorale, questa «porcata» come l'avete chiamata, faremo ogni battaglia. Faremo ogni battaglia per tornare a votare con una legge diversa perché il nostro obiettivo è riconsegnare l'Italia ad un confronto normale e civile, con due schieramenti che conoscono la durezza dello scontro politico, ma che insieme sanno difendere le regole, il rigore e il rispetto della legge. È una battaglia giusta e noi la faremo fino in fondo.
FABRIZIO CICCHITTO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, oggi in questa seduta della Camera si rinnova una sorta di rito tribale grazie a chi, almeno una volta al mese, ha bisogno di immolare un sacrificio umano a quel valore supremo, il giustizialismo, che ha sostituito il dio che è fallito e tanti altri miti, tutti fortunatamente esauritisi nel 1989. Questa deriva viene sollecitata e gestita dal giornale-partito la Repubblica e ha la guida politica di Carlo De Benedetti, che ha un grande potere finanziario e mediatico, una inesorabile ferocia politica ma che, purtroppo, non ha carisma personale.
In questo forsennato ricorso al giustizialismo, come arma totale di distruzione individuale e collettiva dell'avversario, come strumento essenziale per fare la lotta a Berlusconi, visto che i voti non ci sono, vi è però qualcosa di più profondo. Esso è il prodotto della crisi non risolta e non superata della sinistra italiana. In un libro scritto da due personalità di sinistra, Fasanerio e Pellegrino, dal titolo Il morbo giustizialista si afferma: nell'Occidente democratico l'ideologia «legge e ordine» è tipica di forze politiche conservatrici, mentre le forze progressiste di regola sono più attente a contrastare le diseguaglianze sociali e a garantire i diritti individuali di libertà. Da noi avviene l'opposto: l'ideologia «legge e ordine» invece è il tratto fondativo dell'Italia dei Valori, permea fortemente di sé buona parte della sinistra radicale ed è maggioritaria nello stesso Partito Democratico. Né tutto ciò viene fatto da chi, onorevole Franceschini, è portatore di una superiore moralità. Non vogliamo andare troppo indietro nel tempo, né calcare la mano, ma sono di pochi mesi fa i casi di malaffare riguardanti le giunte di sinistra in Toscana, nel Lazio, in Campania, in Puglia e in Calabria. D'altra parte i personaggi più significativi facenti parte della cosiddetta cricca sono stati originariamente scoperti e messi in pista da Governi e giunte di centrosinistra. In Puglia il senatore Tedesco è stato candidato ed eletto al Senato per assicurargli l'immunità: allora, onorevole Franceschini, se c'è un sistema malato, voi fate parte della malattia. Oggi la vittima sacrificale deve essere il sottosegretario Caliendo: colpevole di cosa? Colpevole di nulla, di aver fatto un centro studi, di aver fatto alcuni convegni, di aver parlato con molte persone in pubblico, a viso aperto, in ristoranti e alberghi, di essere stato una volta a casa di Verdini, di avere incrociato un paio di volte Carboni, che però non era fonte di crimine e di associazione a delinquere quando incontrava Carlo Caracciolo e faceva affari con lui. Siamo arrivati al punto che La Repubblica ha pubblicato persino un falso verbale dell'interrogatorio di Caliendo. In sostanza, quella di Caliendo è una posizione assolutamente limpida e regolare. Quella che è emersa è solo l'esistenza di un normale tessuto sociale fatto di relazioni e di colloqui. Ma allora attenzione, onorevoli colleghi dell'opposizione, al terreno in cui ci si sta inoltrando. Voi state costruendo una società fondata sul principio che Foucault ha sintetizzato nell'espressione «sorvegliare e punire». Voi state dando il via libera a un invasivo network della sorveglianza in cui c'è il grande fratello delle intercettazioni, un network che paradossalmente aggredisce tutte le libertà: la libertà di parola, di sesso, di attività economiche, di iniziative sociali prodotte e accentuate proprio dalla faccia liberatoria, libertina, liberale del Sessantotto. Questo è il vostro paradosso. Orbene, questo network della sorveglianza, della repressione, della violazione sistematica del segreto istruttorio, poi, spia, criminalizza e registra tutte le manifestazioni dell'individualismo tessute in tutti questi anni e le passa surrettiziamente ai media che magari scelgono, fior da fiore, le comunicazioni più imbarazzante e più morbose. A quel punto il gioco è fatto: si afferma così il network della sorveglianza e anche - permettetemi l'espressione - dello «sputtanamento» personale, che alimenta a sua volta una comunità di voyeur e di moralisti da quattro soldi. Al netto delle vite delle famiglie, così devastate, poi viene anche diffusa la sentenza anticipata, il mostro viene sbattuto in prima pagina, distrutto come immagine, nei rapporti familiari e nella rispettabilità. Non parliamo poi dell'eventuale ruolo e prestigio politico. Se questa operazione viene ripetuta per 10, 100, 1.000 casi, essa può addirittura distruggere un'intera forza politica. Poi certo, dopo vent'anni la sentenza anticipata viene sostituita dalla sentenza giudiziaria e magari la prima viene annullata. Ma chi restituisce a Rino Formica, a Calogero Mannino e a tanti altri gli anni vissuti sotto l'onta e l'angoscia della sentenzia mediatica? Ecco, il sottosegretario Caliendo è vittima di una procedura di questo tipo, senza nemmeno l'esistenza di materiale particolarmente piccante o penalmente significativo. Allora, con forza diciamo il nostro «no» a tutto questo e, in primo luogo, a questa mozione. Lo facciamo perché il senatore Caliendo è notoriamente una persona per bene, lo facciamo perché egli non ha commesso nulla di male, lo facciamo perché vogliamo bloccare un infame meccanismo distruttivo e autodistruttivo che ci costringe a celebrare questa sequenza di processi politici invece di discutere dei problemi della società italiana. Onorevole Franceschini, lo facciamo anche per voi, per interrompere la vostra deriva giustizialista e poliziesca, che talora ha fatto vittime anche al vostro interno e ha addirittura sconvolto i vostri stessi equilibri politici. Più volte il Presidente della Repubblica ha sollecitato la ripresa di un confronto sulle grandi riforme costituzionali. Noi raccogliamo questo appello, ma avanziamo anche un interrogativo: come si può procedere sul terreno delle grandi riforme se ogni giorno la normalità del dibattito politico è interrotta dalla virulenta proclamazione di processi, insieme giudiziari e politici, segnati dal manicheismo e dal settarismo, che hanno come unico scopo la distruzione degli avversari? Oggi, stando a quello che abbiamo sentito poco fa, lo scalpo del sottosegretario Caliendo dovrebbe arricchire la collezione dell'onorevole Di Pietro e dei suoi seguaci del Partito Democratico. No, non vi daremo la testa del senatore Caliendo perché egli è innocente e l'innocenza, onorevole Fini, onorevole Casini, senatore Rutelli, va tutelata e difesa al di fuori di ogni calcolo politico, non astenendosi ma battendosi a viso aperto. La vostra astensione, se non ci fosse il «no» del Governo, del PDL e della Lega sarebbe una resa senza condizioni all'aggressione giustizialista. Si è detto anche che l'astensione è fatta per un sofisticato tatticismo politico ma, onorevole Casini, non si può esercitare il tatticismo politico quando sono in ballo dei valori fondamentali che voi conoscete benissimo. Allora, ci auguriamo non solo di interrompere una spirale, ma di dare un contributo per riaprire il confronto sulle riforme che siamo impegnati a realizzare anche raccogliendo la sollecitazione di molte forze della società civile e del Presidente Napolitano. Lo facciamo come Governo e come maggioranza. Non esistono, onorevole Bersani, le scorciatoie di piccole operazioni di cabotaggio parlamentare che stanno nella vostra speranza di poter far cadere il Governo e di non andare alle elezioni, perché del voto avete una paura folle. Quindi, per queste cause generali e per le regioni specifiche espresse nel dibattito anche dalla sapienza giuridica degli onorevoli Contento e Paniz, alla mozione contro il sottosegretario Caliendo noi diciamo un «no» alto e forte.
VOTAZIONE
Presenti 603
Votanti 528
Astenuti 75
Maggioranza 265
Hanno votato sì 229
Hanno votato no 299
La Camera respinge
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