29/06/10
DELL'UTRI E' STATO UN MAFIOSO , lo hanno stabilito i giudici
Presso l'aula bunker del carcere Pagliarelli di Palermo è stata letta la sentenza nel processo d'appello nei confronti del senatore del Pdl Marcello Dell'Utri accusato di concorso esterno in associazione mafiosa e già condannato in primo grado a 9 anni di reclusione. I giudici della seconda sezione penale di Corte d'Appello, presieduti dal pm Claudio Dall'Acqua, hanno deciso per l'assoluzione dell'imputato per i reati successivi al '92 per non aver commesso i fatti ma conferma la sentenza di colpevolezza per i reati commessi prima di questa data.
Dell'Utri, alla lettura della sentenza, non era presente in aula. Si trova infatti nei suoi uffici di Milano ma presto dovrà trasferire la residenza in carcere per scontare i 7 anni di pena comminati.
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25/06/10
PROCESSO SALVATORE CUFFARO per concorso esterno in associazione mafiosa
Audio della requisitoria del pubblico ministero Antonino Di Matteo.
Udienza del 24 giugno 2010 presso il tribunale di Palermo
Il materiale audio è rilasciato con licenza Creative Commons Attribution 2.5 Italy fonte
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24/06/10
Inaccettabile attacco alla democrazia e alla libertà di manifestazione del pensiero
di Michele
E' il caso di considerare innanzitutto la classifica di Freedom House. Nel rapporto 2010 di Freedom House (organizzazione autonoma con sede negli Stati Uniti, che si pone come obiettivo la promozione della libertà nel mondo) l'Italia si conferma paese 'parzialmente libero' (partly free), unico paese della Zona Euro. Nella classifica generale del 2010 l'Italia è al settantaduesimo posto, a pari merito con India e Benin, dietro persino al Cile e alla Corea del Sud.
Dal rapporto 2010 di Freedom House si legge che:
DDL INTERCETTAZIONI E LOTTA ALLA 'NDRANGHETA
Le operazioni delle forze dell'ordine che non si sarebbero potute fare se la nuova norma fosse già in vigore.
In questi giorni sta prendendo spazio tra la gente comune, oltre che tra i professionisti della giustizia, il dibattito sul disegno di legge:"Norme in materia di intercettazioni telefoniche, telematiche e ambientali. Modifica della disciplina in materia di astensione del giudice e degli atti di indagine. Integrazione della disciplina sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche", disposizione più conosciuta con il nome di “DDL anti-intercettazioni”.
Nel momento in cui questo progetto diventerà legge effettiva poter eseguire intercettazioni telefoniche, visive e ambientali sarà molto più difficile rispetto ad adesso e, anche quando si riuscirà ad attuare, il tempo a disposizione degli inquirenti per fruire degli eccezionali spunti di indagine che questa metodologia offre sarà limitato fortemente nel tempo.
Il dubbio più grande e più preoccupato che i critici di questa disposizione esprimono è rappresentato dal fatto che molte importantissime indagini potrebbero risentire pesantemente e negativamente dell'attuazione delle nuove norme e che proprio la lotta alla mafia, battaglia tra le più dure che le forze dell'ordine e la magistratura ingaggiano quotidianamente a difesa dei principi di legalità e democrazia del Paese, possa risultarne gravemente limitata.
Con forza il promotore di questa legge, il ministro della giustizia Angelino Alfano, e il relatore, il senatore Roberto Centaro, affermano che, al contrario di quello che avverrà per altri reati, non e’ stata prevista alcuna restrizione nelle indagini per i reati di mafia e di terrorismo. Eppure molti dubbi permangono, timori causati dal fatto che i reati di mafia solitamente vengono scoperti a seguito di indagini partite per investigare su altri tipi di reati, a volte minori a volte solo diversi. Qualche esempio lo si può avere guardando alle operazioni contro la 'ndrangheta portate a segno dalle forze dell'ordine anche solo analizzando i primi sei mesi dell'anno in corso.
Operazione RETE – nel mese di marzo l'indagine, guidata dalla direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, ha portato all'arresto di 10 persone con l'accusa di associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti. L'operazione, che ha interessato la zona compresa tra Sinopoli, S. Eufemia D’Aspromonte e Paola, trae origine dalle investigazioni su un giro di stupefacenti che si realizzava sul territorio di Sinopoli (RC), comune che si è scoperto ricoprire un ruolo centrale nello smistamento della droga che veniva trattata in loco per poi venir inviata a numerose piazze di spaccio calabresi. Da alcune intercettazioni si è potuto chiaramente intendere che il sodalizio criminale era organico alla 'ndrangheta e che questa appartenenza veniva utilizzata come argomento per vessare ulteriormente le vittime.
Operazione PAROLA D’ONORE – nell'ambito di questa indagine ad aprile sono stati eseguiti 26 provvedimenti di custodia cautelare nei confronti di presunti affiliati alla cosca Rodà – Casile, 'ndrina operante nella zona di Condofuri (RC). L'accusa è di associazione di tipo mafioso, estorsione, danneggiamento ed altro ancora. Tutto è originato dalle indagini su alcuni colpi di arma da fuoco sparati contro la segnaletica stradale posta nel comune di Condofuri. Da un intercettazione telefonica di uno degli indagati si è potuto ascoltare l'uomo che raccontava di testare le armi destinate al mercato clandestino proprio sparando ai cartelli segnaletici.
Operazione LA ROSA – a maggio vengono arrestate complessivamente 16 persone con l'accusa di estorsione e danneggiamento aggravate dal metodo mafioso oltre che coltivazione, detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti. Le indagini sono partite a seguito del ritrovamento di una piantagione di canapa indiana situata in alcuni campi dell'asporomontano; coltivazione che si è appurato essere gestita da Francesco La Rosa. Grazie ai successivi accertamenti, effettuati con intercettazioni ambientali e telefoniche volti ad identificare eventuali complici di La Rosa, si è fatta luce su una rete di estorsioni che l'uomo con alcuni affiliati aveva messo in pratica ai danni di imprenditori locali. Nel comune di Giffone la pratica estorsiva era infatti oramai divenuta una consuetudine contro le imprese che si aggiudicavano le gare d'appalto per la realizzazione di opere pubbliche. Le ditte venivano fatte oggetto di numerosi danneggiamenti allo scopo di piegarle al giogo del pizzo. Nell'ambito di una perquisizione è stata anche sequestrata parte di un rituale di affiliazione alla ‘ndrangheta.
Operazione SICUREZZA – al termine di indagini durate 2 anni a maggio sono stati emessi 12 provvedimenti di custodia cautelare in carcere nei confronti di soggetti affiliati o semplicemente fiancheggiatori della cosca Ruga, 'ndrina attiva nei comuni della Vallata della Fiumara Stilaro con ramificazioni nel centro e nord Italia. La cosca viene ritenuta responsabile di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti e detenzione illegale di sostanze psicotrope. L'inchiesta, che anche in questo caso è partita dalle investigazioni su un altro reato cioè quello di danneggiamento, ha consentito di appurare l'esistenza di un accordo criminale che da Monasterace (RC) coordinava e dirigeva lo spaccio di stupefacenti nei territori del reggino e del catanzarese. Le investigazioni erano state avviate nell'agosto del 2008 per scoprire i responsabili del danneggiamento dell’auto di un uomo ma hanno in seguito consentito di far luce sul redditizio traffico di droga organizzato dalla famiglia Sorgiovanni, 'ndrina organica al gruppo 'ndranghetista di Monasterace storicamente gestito dalla famiglia Ruga. In questo caso, per rendere più difficoltose le intercettazioni telefoniche, gli indagati cambiavano repentinamente le schede telefoniche utilizzate nei loro cellulari sostituendole con nuove intestate a persone diverse, non sempre riconducibili a uomini facenti parte della cosca.
Ecco perché oggi posso affermare che la legge in discussione in questi giorni alle Camere costituirà un enorme impedimento all'opera di smantellamento della mafia. Verrà arrecato un danno enorme alla preziosa opera dei magistrati e al sacrificio delle forze dell'ordine e verrà fatto il più grande regalo ai mafiosi garantendone una maggiore impunità.
In nome di una presunta “privacy per tutti” si sacrifica il diritto di ogni cittadino onesto a veder catturato e punito chi, alle regole della civile convivenza, ha sostituito il sopruso e la violenza.
Articolo su Arcoiris.TV, giornale DOMANI
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In questi giorni sta prendendo spazio tra la gente comune, oltre che tra i professionisti della giustizia, il dibattito sul disegno di legge:"Norme in materia di intercettazioni telefoniche, telematiche e ambientali. Modifica della disciplina in materia di astensione del giudice e degli atti di indagine. Integrazione della disciplina sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche", disposizione più conosciuta con il nome di “DDL anti-intercettazioni”.
Nel momento in cui questo progetto diventerà legge effettiva poter eseguire intercettazioni telefoniche, visive e ambientali sarà molto più difficile rispetto ad adesso e, anche quando si riuscirà ad attuare, il tempo a disposizione degli inquirenti per fruire degli eccezionali spunti di indagine che questa metodologia offre sarà limitato fortemente nel tempo.
Il dubbio più grande e più preoccupato che i critici di questa disposizione esprimono è rappresentato dal fatto che molte importantissime indagini potrebbero risentire pesantemente e negativamente dell'attuazione delle nuove norme e che proprio la lotta alla mafia, battaglia tra le più dure che le forze dell'ordine e la magistratura ingaggiano quotidianamente a difesa dei principi di legalità e democrazia del Paese, possa risultarne gravemente limitata.
Con forza il promotore di questa legge, il ministro della giustizia Angelino Alfano, e il relatore, il senatore Roberto Centaro, affermano che, al contrario di quello che avverrà per altri reati, non e’ stata prevista alcuna restrizione nelle indagini per i reati di mafia e di terrorismo. Eppure molti dubbi permangono, timori causati dal fatto che i reati di mafia solitamente vengono scoperti a seguito di indagini partite per investigare su altri tipi di reati, a volte minori a volte solo diversi. Qualche esempio lo si può avere guardando alle operazioni contro la 'ndrangheta portate a segno dalle forze dell'ordine anche solo analizzando i primi sei mesi dell'anno in corso.
Operazione RETE – nel mese di marzo l'indagine, guidata dalla direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, ha portato all'arresto di 10 persone con l'accusa di associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti. L'operazione, che ha interessato la zona compresa tra Sinopoli, S. Eufemia D’Aspromonte e Paola, trae origine dalle investigazioni su un giro di stupefacenti che si realizzava sul territorio di Sinopoli (RC), comune che si è scoperto ricoprire un ruolo centrale nello smistamento della droga che veniva trattata in loco per poi venir inviata a numerose piazze di spaccio calabresi. Da alcune intercettazioni si è potuto chiaramente intendere che il sodalizio criminale era organico alla 'ndrangheta e che questa appartenenza veniva utilizzata come argomento per vessare ulteriormente le vittime.
Operazione PAROLA D’ONORE – nell'ambito di questa indagine ad aprile sono stati eseguiti 26 provvedimenti di custodia cautelare nei confronti di presunti affiliati alla cosca Rodà – Casile, 'ndrina operante nella zona di Condofuri (RC). L'accusa è di associazione di tipo mafioso, estorsione, danneggiamento ed altro ancora. Tutto è originato dalle indagini su alcuni colpi di arma da fuoco sparati contro la segnaletica stradale posta nel comune di Condofuri. Da un intercettazione telefonica di uno degli indagati si è potuto ascoltare l'uomo che raccontava di testare le armi destinate al mercato clandestino proprio sparando ai cartelli segnaletici.
Operazione LA ROSA – a maggio vengono arrestate complessivamente 16 persone con l'accusa di estorsione e danneggiamento aggravate dal metodo mafioso oltre che coltivazione, detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti. Le indagini sono partite a seguito del ritrovamento di una piantagione di canapa indiana situata in alcuni campi dell'asporomontano; coltivazione che si è appurato essere gestita da Francesco La Rosa. Grazie ai successivi accertamenti, effettuati con intercettazioni ambientali e telefoniche volti ad identificare eventuali complici di La Rosa, si è fatta luce su una rete di estorsioni che l'uomo con alcuni affiliati aveva messo in pratica ai danni di imprenditori locali. Nel comune di Giffone la pratica estorsiva era infatti oramai divenuta una consuetudine contro le imprese che si aggiudicavano le gare d'appalto per la realizzazione di opere pubbliche. Le ditte venivano fatte oggetto di numerosi danneggiamenti allo scopo di piegarle al giogo del pizzo. Nell'ambito di una perquisizione è stata anche sequestrata parte di un rituale di affiliazione alla ‘ndrangheta.
Operazione SICUREZZA – al termine di indagini durate 2 anni a maggio sono stati emessi 12 provvedimenti di custodia cautelare in carcere nei confronti di soggetti affiliati o semplicemente fiancheggiatori della cosca Ruga, 'ndrina attiva nei comuni della Vallata della Fiumara Stilaro con ramificazioni nel centro e nord Italia. La cosca viene ritenuta responsabile di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti e detenzione illegale di sostanze psicotrope. L'inchiesta, che anche in questo caso è partita dalle investigazioni su un altro reato cioè quello di danneggiamento, ha consentito di appurare l'esistenza di un accordo criminale che da Monasterace (RC) coordinava e dirigeva lo spaccio di stupefacenti nei territori del reggino e del catanzarese. Le investigazioni erano state avviate nell'agosto del 2008 per scoprire i responsabili del danneggiamento dell’auto di un uomo ma hanno in seguito consentito di far luce sul redditizio traffico di droga organizzato dalla famiglia Sorgiovanni, 'ndrina organica al gruppo 'ndranghetista di Monasterace storicamente gestito dalla famiglia Ruga. In questo caso, per rendere più difficoltose le intercettazioni telefoniche, gli indagati cambiavano repentinamente le schede telefoniche utilizzate nei loro cellulari sostituendole con nuove intestate a persone diverse, non sempre riconducibili a uomini facenti parte della cosca.
Ecco perché oggi posso affermare che la legge in discussione in questi giorni alle Camere costituirà un enorme impedimento all'opera di smantellamento della mafia. Verrà arrecato un danno enorme alla preziosa opera dei magistrati e al sacrificio delle forze dell'ordine e verrà fatto il più grande regalo ai mafiosi garantendone una maggiore impunità.
In nome di una presunta “privacy per tutti” si sacrifica il diritto di ogni cittadino onesto a veder catturato e punito chi, alle regole della civile convivenza, ha sostituito il sopruso e la violenza.
Articolo su Arcoiris.TV, giornale DOMANI
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23/06/10
FIAT POMIGLIANO: indetto sciopero per il 25 giugno 2010
Il 25 giugno
contro l’arroganza di Fiat e Confindustria
che con gli accordi separati e il ricatto occupazionale, come si vuole imporre a Pomigliano, vogliono cancellare leggi e diritti indisponibili, distruggere con le deroghe il Contratto nazionale e lo Statuto dei lavoratori, intensificare lo sfruttamento e annullare la contrattazione e il diritto costituzionale allo sciopero.
contro la manovra del Governo
che fa cassa sulle spalle dei lavoratori, che colpisce i salari e impedisce la contrattazione, allunga l’età pensionabile di 5 anni per le donne nei settori pubblici, blocca la pensione per 12 mesi per tutti anche per coloro che hanno 40 anni di versamenti, non salvaguarda le condizioni di pensione nemmeno per chi è già in mobilità, priva i cittadini di servizi essenziali tagliando i finanziamenti agli enti locali, alla scuola, ai trasporti, alla sanità e alla ricerca.
Questo senza toccare minimamente i ricchi, l’evasione fiscale, i veri sprechi della spesa pubblica.
contro la nuova legislazione del lavoro
che prepara la cancellazione dello Statuto dei lavoratori a partire dall’articolo 18, che con la certificazione imporrà condizioni individuali in deroga ai contratti, che, con l’arbitrato, costringerà i lavoratori nel momento stesso dell’assunzione a rinunciare a ricorrere al giudice nella difesa dei loro diritti.
per la difesa dell’occupazione, dei salari, dei diritti
per il Contratto nazionale
per l’estensione degli ammortizzatori sociali
per il blocco dei licenziamenti
perché paghino i ricchi e gli evasori fiscali
per lo Statuto dei lavoratori
per il diritto di sciopero e per difendere la Costituzione della Repubblica
SCIOPERO GENERALE DI 8 ORE
Per i metalmeccanici di Napoli il concentramento è alle ore 9,00 a Piazza Garibaldi davanti l’ingresso della metropolitana. Comizio conclusivo a piazza Matteotti.
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21/06/10
Di Pietro indagato per illeciti rimborsi elettorali
Si allunga la lista di politici sospettati di corruzione.
Antonio Di Pietro, leader e ideatore del partito politico Italia dei Valori, è attualmente indagato a Roma per presunti illeciti legati ai rimborsi elettorali inerenti alle elezioni europee che si sono svolte nel 2004.
E' la seconda volta che l'ex PM viene chiamato a dare spiegazioni sui metodi del suo partito di incamerare i rimborsi elettorali elargiti dallo Stato. Era già successo nel 2007-2008 quando un ex esponente di IDV, Mario Di Domenico, fece un analoga denuncia. In quell'occasione le accuse furono archiviate.
Questa volta l'indagine è scaturita a seguito della denuncia presentata dal giornalista Elio Veltri, ex collaboratore di Di Pietro e insieme a lui fondatore di IDV. Secondo Veltri i compensi sono stati illecitamente riscossi non dal partito, come vorrebbe la legge, bensì da un associazione omonima facente capo sempre a Di Pietro.
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Ancora disinformazione dal Tgr Campania
di "Occhio" al Tgr della Campania
Chi ha seguito la pagina politica del Tgr Campania nelle edizioni del 18 giugno delle ore 19:35 e del 19 giugno delle ore 14, ha sentito che il precedente esecutivo regionale, guidato da Bassolino, ha licenziato 5000 mila lavoratori forestali e che l’attuale giunta, guidata da Caldoro, ha provveduto a salvare il loro stipendio.
Già un bambino capirebbe che dopo un licenziamento occorrerebbe una nuova assunzione e non basta trovare fondi per il pagamento degli stipendi.
Ma la questione è totalmente diversa.
I lavoratori forestali hanno fatto un corteo di protesta, venerdì 18 giugno, giungendo a Palazzo Santa Lucia, sede della giunta regionale, contro la decisione della Giunta Caldoro “di revocare le delibere [del precedente esecutivo guidato da Bassolino] con le quali si autorizzava l'accredito di un primo finanziamento del 30% alle Comunità Montane e Province”.
Prima di venerdì, Caldoro aveva dichiarato: “quando la giunta precedente ha firmato lo sforamento del patto di stabilità ha licenziato 3.500 forestali a cui si aggiungono 1.200 stagionali. I fondi per gli stipendi sono stati inseriti nella parte di indebitamento del bilancio, ma lo sforamento del patto non consente il ricorso all'indebitamento. Ora dobbiamo risolvere il problema con una manovra di bilancio”.
A Caldoro ha risposto Rosa D’Amelio, consigliere del PD:
“la Giunta regionale del presidente Caldoro continua a sfuggire alle proprie responsabilità di governo, addebitando qualsiasi difficoltà al lavoro dell’Esecutivo precedente. Nel caso del pagamento degli stipendi ai 3500 lavoratori idraulico-forestali, Caldoro parla addirittura di “licenziamento di fatto” operato dalla Giunta Bassolino, che al contrario ha lavorato nei mesi scorsi, dopo la stabilizzazione avvenuta già negli anni scorsi, per assicurare ad essi la totale copertura delle mensilità, andando ad agire pur su un Bilancio già in partenza stringatissimo. Oggi invece l’attuale Governatore – prosegue Rosetta D’Amelio - dichiara di essere costretto ad una manovra ad hoc per garantire gli stipendi, che secondo lui sarebbero bloccati dai limiti del patto di stabilità. Peccato che tali limiti non vanno estesi a lavoratori come gli idraulico-forestali, che fanno parte del Personale degli Enti Delegati e sono a tempo indeterminato.”
Di seguito, gli estratti dei commenti nei servizi andati in onda al Tgr Campania.
Servizio di Corrado Fidora, edizione ore 19:35 del 18 giugno:
“Salvi gli stipendi dei forestali. La giunta Caldoro ha infatti approvato la delibera per il pagamento di 5000 lavoratori licenziati dall’esecutivo Bassolino. Inoltre, su proposta dell’assessore al Personale, Pasquale Sommese, revocata la proroga di 21 capi area, mentre nei prossimi giorni si procederà a un’eventuale rotazione degli incarichi dei coordinatori regionali.”
Servizio di Renato D’Emmanuele, edizione ore 14 del 19 giugno:
“un venerdì di lavoro per la giunta Caldoro. Risolto, dopo le proteste davanti Palazzo Santa Lucia, il problema del pagamento degli stipendi di 5000 lavoratori forestali, licenziati dall’esecutivo Bassolino.”
In entrambi i servizi si dice che 5000 lavoratori forestali sono stati licenziati dall’esecutivo Bassolino. Detto così è totalmente falso.
Il Tgr Campania fa sue le parole del governatore Caldoro, che non corrispondono alla realtà, mostrandosi pertanto la voce del governatore, un modo di fare giornalismo inaccettabile, ancor di più trattandosi del servizio pubblico che, invece di informare i cittadini, si schiera per una fazione politica.
Inoltre, il Tgr Campania ignora le tesi della controparte, come già successo altre volte. D’altronde, è un modo di fare dei berluscones, o meglio i “fascisti del nuovo secolo”, cioè quelli che se la suonano e cantano da soli, che negli ultimi tempi hanno finito di occupare indebitamente la quasi totalità degli spazi informativi in Rai. Artefice della conduzione di tipo minzoliniano del Tgr Campania è il direttore Massimo Milone, detto “Minzolone” per associazione al direttore berlusconiano del Tg1.
Tornando alla questione dei lavoratori forestali, dopo una ricerca in rete, mettendo insieme le versioni di tutte le parti in questione, ci si rende conto che la giunta Caldoro ha cancellato la delibera della precedente giunta che stanziava fondi per il pagamento degli stipendi dei lavoratori forestali, i quali hanno protestato contro tale decisione della giunta Caldoro. Dunque, nessun licenziamento da parte della precedente giunta, che aveva deciso il pagamento degli stipendi in sforamento del patto di stabilità.
Chi ha seguito la pagina politica del Tgr Campania nelle edizioni del 18 giugno delle ore 19:35 e del 19 giugno delle ore 14, ha sentito che il precedente esecutivo regionale, guidato da Bassolino, ha licenziato 5000 mila lavoratori forestali e che l’attuale giunta, guidata da Caldoro, ha provveduto a salvare il loro stipendio.
Già un bambino capirebbe che dopo un licenziamento occorrerebbe una nuova assunzione e non basta trovare fondi per il pagamento degli stipendi.
Ma la questione è totalmente diversa.
I lavoratori forestali hanno fatto un corteo di protesta, venerdì 18 giugno, giungendo a Palazzo Santa Lucia, sede della giunta regionale, contro la decisione della Giunta Caldoro “di revocare le delibere [del precedente esecutivo guidato da Bassolino] con le quali si autorizzava l'accredito di un primo finanziamento del 30% alle Comunità Montane e Province”.
Prima di venerdì, Caldoro aveva dichiarato: “quando la giunta precedente ha firmato lo sforamento del patto di stabilità ha licenziato 3.500 forestali a cui si aggiungono 1.200 stagionali. I fondi per gli stipendi sono stati inseriti nella parte di indebitamento del bilancio, ma lo sforamento del patto non consente il ricorso all'indebitamento. Ora dobbiamo risolvere il problema con una manovra di bilancio”.
A Caldoro ha risposto Rosa D’Amelio, consigliere del PD:
“la Giunta regionale del presidente Caldoro continua a sfuggire alle proprie responsabilità di governo, addebitando qualsiasi difficoltà al lavoro dell’Esecutivo precedente. Nel caso del pagamento degli stipendi ai 3500 lavoratori idraulico-forestali, Caldoro parla addirittura di “licenziamento di fatto” operato dalla Giunta Bassolino, che al contrario ha lavorato nei mesi scorsi, dopo la stabilizzazione avvenuta già negli anni scorsi, per assicurare ad essi la totale copertura delle mensilità, andando ad agire pur su un Bilancio già in partenza stringatissimo. Oggi invece l’attuale Governatore – prosegue Rosetta D’Amelio - dichiara di essere costretto ad una manovra ad hoc per garantire gli stipendi, che secondo lui sarebbero bloccati dai limiti del patto di stabilità. Peccato che tali limiti non vanno estesi a lavoratori come gli idraulico-forestali, che fanno parte del Personale degli Enti Delegati e sono a tempo indeterminato.”
Di seguito, gli estratti dei commenti nei servizi andati in onda al Tgr Campania.
Servizio di Corrado Fidora, edizione ore 19:35 del 18 giugno:
“Salvi gli stipendi dei forestali. La giunta Caldoro ha infatti approvato la delibera per il pagamento di 5000 lavoratori licenziati dall’esecutivo Bassolino. Inoltre, su proposta dell’assessore al Personale, Pasquale Sommese, revocata la proroga di 21 capi area, mentre nei prossimi giorni si procederà a un’eventuale rotazione degli incarichi dei coordinatori regionali.”
Servizio di Renato D’Emmanuele, edizione ore 14 del 19 giugno:
“un venerdì di lavoro per la giunta Caldoro. Risolto, dopo le proteste davanti Palazzo Santa Lucia, il problema del pagamento degli stipendi di 5000 lavoratori forestali, licenziati dall’esecutivo Bassolino.”
In entrambi i servizi si dice che 5000 lavoratori forestali sono stati licenziati dall’esecutivo Bassolino. Detto così è totalmente falso.
Il Tgr Campania fa sue le parole del governatore Caldoro, che non corrispondono alla realtà, mostrandosi pertanto la voce del governatore, un modo di fare giornalismo inaccettabile, ancor di più trattandosi del servizio pubblico che, invece di informare i cittadini, si schiera per una fazione politica.
Inoltre, il Tgr Campania ignora le tesi della controparte, come già successo altre volte. D’altronde, è un modo di fare dei berluscones, o meglio i “fascisti del nuovo secolo”, cioè quelli che se la suonano e cantano da soli, che negli ultimi tempi hanno finito di occupare indebitamente la quasi totalità degli spazi informativi in Rai. Artefice della conduzione di tipo minzoliniano del Tgr Campania è il direttore Massimo Milone, detto “Minzolone” per associazione al direttore berlusconiano del Tg1.
Tornando alla questione dei lavoratori forestali, dopo una ricerca in rete, mettendo insieme le versioni di tutte le parti in questione, ci si rende conto che la giunta Caldoro ha cancellato la delibera della precedente giunta che stanziava fondi per il pagamento degli stipendi dei lavoratori forestali, i quali hanno protestato contro tale decisione della giunta Caldoro. Dunque, nessun licenziamento da parte della precedente giunta, che aveva deciso il pagamento degli stipendi in sforamento del patto di stabilità.
20/06/10
FIAT DI POMIGLIANO, la vertenza
Ecco una delle clausole che la FIAT pretende di inserire nel contratto collettivo dei lavoratori della fabbrica di Pomigliano (NA):
"15. Clausole integrative del contratto individuale di lavoro
Le Parti convengono che le clausole del presente accordo integrano la regolamentazione dei contratti individuali di lavoro al cui interno sono da considerarsi correlate ed inscindibili, sicché la violazione da parte del singolo lavoratore di una di esse costituisce infrazione disciplinare di cui agli elenchi, secondo gradualità, degli articoli contrattuali relativi ai provvedimenti disciplinari conservativi e ai licenziamenti per mancanze e comporta il venir meno dell’efficacia nei suoi confronti delle altre clausole."
Si vuole dunque arrivare ad uno stato di maggior libertà, per il datore di lavoro, di licenziare i dipendenti, il tutto compiuto in deroga alla normativa italiana.
E' per questo che i lavoratori sono scesi sul piede di guerra, per rifiutare il ricatto: o il lavoro o i diritti, calpestando di fatto anni di conquiste sindacali per la difesa della dignità del lavoratore.
Il segretario generale della FIOM (Federazione Impiegati Operai Metallurgici nazionale) ha quindi scritto una lettera indirizzata agli organi di stampa.
OGGETTO: ACCORDO SEPARATO POMIGLIANO
In questi giorni grande rilevanza viene data su tutti gli organi di informazione alla vicenda di
Pomigliano. Tuttavia abbiamo purtroppo verificato che i contenuti reali dell’intesa, quelli che hanno indotto la Fiom a ritenerla inaccettabile perché lesiva dei più elementari diritti dei lavoratori, fino a quelli costituzionali, non sono stati sufficientemente messi a conoscenza dell’opinione pubblica.
Vi chiediamo quindi un particolare sforzo per dare adeguato spazio e tempo alla piena informazione sui contenuti formali dell’intesa. In particolare riterremmo di grande utilità che venisse resa pubblica la clausola che qui sotto riportiamo e che è contenuta al punto 15 dell’accordo separato.
“15. CLAUSOLE INTEGRATIVE DEL CONTRATTO INDIVIDUALE DI LAVORO”
Le Parti convengono che le clausole del presente accordo integrano la regolamentazione dei
contratti individuali di lavoro al cui interno sono da considerarsi correlate ed inscindibili, sicché la violazione da parte del singolo lavoratore di una di esse costituisce infrazione disciplinare di cui agli elenchi, secondo gradualità, degli articoli contrattuali relativi ai provvedimenti disciplinari conservativi e ai licenziamenti per mancanze e comporta il venir meno dell’efficacia nei suoi confronti delle altre clausole.”
Come si evince dal testo, siamo di fronte all’introduzione di un principio di libera licenziabilità del lavoratore considerato inadempiente da parte dell’azienda, principio che viola lo Statuto dei lavoratori e la stessa Costituzione della Repubblica. A nostro parere la gravità di questa clausola, che inficia di ogni legittimità anche il referendum promosso nello stabilimento di Pomigliano, non è stata ancora messa a sufficiente conoscenza di un’opinione pubblica che pure è giustamente percorsa da un grande dibattito su altri temi nei quali si individuano lesioni alla Costituzione.
Per tutte queste ragioni, vi chiediamo l’impegno a diffondere, al di là dei diversi giudizi, i contenuti reali dell’intesa e delle sue clausole, che sono senza precedenti.
Cordiali saluti.
Il Segretario generale
Maurizio Landini
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18/06/10
NAVI TOSSICHE. NUOVA INCHIESTA DI GREENPEACE
Oggi Greenpeace pubblica un corposo dossier in cui sostiene di aver le prove di un traffico di rifiuti sospetti che sono stati interrati nel porto di Eel Ma'aan, in Somalia, un porto costruito interamente da imprenditori italiani.
L'inchiesta poi rivolge l'attenzione anche sulle numerose zone d'ombra che hanno circondato le operazioni messe in atto per per fare luce sul presunto ritrovamento del relitto della Cunski al largo di Cetraro (si ricorderà l'articolo IL MISTERO DELLA NAVE DEI VELENI). Si è venuto a sapere che in quella occasione il Ministero britannico della Difesa ha offerto al governo italiano la disponibilità di mezzi e personale altamente qualificato per effettuare le ricerche sottomarine, il tutto ad un prezzo inferiore rispetto a quello che si è stati tenuti a corrispondere alla Mare Oceano, di proprietà della famiglia Attanasio, che ha effettuato l'operazione tra mille dubbi ed incongruenze. Greenpeace si pone la domanda sul perché l'offerta britannica sia stata rifiutata e se abbia pesato sulla decisione il fatto che Diego Attanasio fosse coinvolto nel caso "Mills-Berlusconi".
E' possibile scaricare l'intera inchiesta di Greenpeace a questi indirizzi:
INCHIESTA INTEGRALE IN INGLESE
SINTESI IN ITALIANO
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17/06/10
Camorra e servizi segreti, uno strano e continuato rapporto
La cronaca ci parla spesso dell’infaticabile lotta tra lo Stato e la mafia, l’anti-Stato per eccellenza. Nondimeno la nostra storia è densa di avvenimenti in cui si riferisce di strani contatti avvenuti tra esponenti della mafia e i servizi segreti, un’entità il cui scopo dovrebbe essere quello della più strenua difesa dei principi di democrazia e giustizia di cui la mafia incarna il cancro più ostile.
La storia della camorra è costellata di queste controverse circostanze. In alcuni casi vengono addirittura coinvolti i servizi segreti di potenze straniere.
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14/06/10
IL BAVAGLIO A RADIO RADICALE
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RadioRadicale da oltre 25 anni documenta integralmente la vita della giustizia italiana. Nell'archivio di Radio Radicale conserviamo oltre 600 processi per un totale di circa 17mila udienze registrate integralmente. Stiamo parlando di un patrimonio unico, che nessuna altra testata può vantare, in larga parte fruibile anche su internet.
Questa parte dell’archivio di Radio Radicale, oltre ad avere un indiscusso valore storico, documentando tra l’altro l’introduzione del nuovo rito nel Processo Penale, è stata utilizzata a fini didattici da alcune cattedre di Procedura Penale, e, in alcune occasioni, dagli stessi magistrati nelle loro attività. Da oggi in poi tutto ciò sarà vietato. Non sarà più possibile registrare le udienze dei processi se passasse la norma sulle intercettazioni, nel punto in cui modifica un articolo delle norme di attuazione del codice di procedura penale: quello che consente al Giudice di autorizzare, anche senza il consenso delle parti, quando sussista un interesse sociale particola mente rilevante alla conoscenza del dibattimento, la ripresa e la trasmissione radiofonica del processo. Solo grazie alla pubblicità del dibattimento processuale assicurato spesso solo da Radio Radicale, i cittadini italiani hanno potuto seguire, in tutto il suo svolgimento e non soltanto in occasione dei momenti più eclatanti, processi di indubbia rilevanza pubblica di cui riportiamo in questo documento soltanto alcuni esempi. Crediamo che proprio le norme dell'ordinamento giudiziario che regolamentano il dibattimento processuale rappresentino la migliore garanzia per i diritti degli imputati. Rendere impossibile la registrazione e la trasmissione integrale dei processi viceversa impedisce un'informazione aderente tanto ai principi garantisti quanto a quelli, altrettanto costituzionali, relativi al diritto dei cittadini a conoscere per deliberare.
tratto da radio Radicale
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RadioRadicale da oltre 25 anni documenta integralmente la vita della giustizia italiana. Nell'archivio di Radio Radicale conserviamo oltre 600 processi per un totale di circa 17mila udienze registrate integralmente. Stiamo parlando di un patrimonio unico, che nessuna altra testata può vantare, in larga parte fruibile anche su internet.
Questa parte dell’archivio di Radio Radicale, oltre ad avere un indiscusso valore storico, documentando tra l’altro l’introduzione del nuovo rito nel Processo Penale, è stata utilizzata a fini didattici da alcune cattedre di Procedura Penale, e, in alcune occasioni, dagli stessi magistrati nelle loro attività. Da oggi in poi tutto ciò sarà vietato. Non sarà più possibile registrare le udienze dei processi se passasse la norma sulle intercettazioni, nel punto in cui modifica un articolo delle norme di attuazione del codice di procedura penale: quello che consente al Giudice di autorizzare, anche senza il consenso delle parti, quando sussista un interesse sociale particola mente rilevante alla conoscenza del dibattimento, la ripresa e la trasmissione radiofonica del processo. Solo grazie alla pubblicità del dibattimento processuale assicurato spesso solo da Radio Radicale, i cittadini italiani hanno potuto seguire, in tutto il suo svolgimento e non soltanto in occasione dei momenti più eclatanti, processi di indubbia rilevanza pubblica di cui riportiamo in questo documento soltanto alcuni esempi. Crediamo che proprio le norme dell'ordinamento giudiziario che regolamentano il dibattimento processuale rappresentino la migliore garanzia per i diritti degli imputati. Rendere impossibile la registrazione e la trasmissione integrale dei processi viceversa impedisce un'informazione aderente tanto ai principi garantisti quanto a quelli, altrettanto costituzionali, relativi al diritto dei cittadini a conoscere per deliberare.
tratto da radio Radicale
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13/06/10
Berlusconi, uno stratega della comunicazione da regime
di Michele
Tanti crimini nella storia recente e passata sono stati tenuti nascosti all’opinione pubblica e poi venuti fuori a distanza di tempo, presentandosi come macabri genocidi, eccidi; gli autori sono personaggi riconosciuti da tutti come criminali da macelleria, basti pensare a Saddam Hussein e Milosevic. Sono personaggi che nei loro atti criminali mostravano una lucida follia, una strategia volta a nascondere l’impopolarità che simili atti avrebbero loro procurato.
Nei regimi dove i media sono controllati da chi detiene il potere di governare, per non essere impopolari si nasconde la realtà di azioni liberticide e che violano i fondamentali diritti umani riconosciuti nel diritto internazionale.
Di solito, non essere impopolari significa nascondere le verità scomode al popolo, nascondere la gravità delle leggi che vengono approvate palesemente contro l’interesse del popolo, facendole sembrare buone norme.
Distorcere la realtà e nascondere le verità scomode insomma è una prerogativa dei dittatori e tiranni che sottomettono i sudditi alla loro volontà, senza che ci siano impedimenti legali al loro modo di fare, infatti la legge è dettata da loro stessi.
Negli stati in cui il governo è eletto democraticamente dal popolo non è consentito che tutti i media siano asserviti al potere di chi governa al punto da nascondere verità scomode e distorcere la realtà. Infatti, uno dei baluardi della democrazia è la libera informazione, ossia l’informazione deve essere il “cane da guardia” del governo e non il “cane da compagnia”.
L’ Italia formalmente è una democrazia, pertanto non tutti i media sono asserviti al potere di chi governa, ma la situazione italiana è anomala dal punto di vista del pluralismo nell’informazione e della libertà di stampa. Lo dice Freedom House (organizzazione autonoma con sede negli Stati Uniti, che si pone come obiettivo la promozione della libertà nel mondo) che colloca l’Italia tra i paesi “parzialmente liberi” in termini di libertà di stampa, unico paese della Zona Euro e 72° nella graduatoria mondiale, a pari merito con India e Benin, dietro persino al Cile e alla Corea del Sud.
Dal rapporto 2010 di Freedom House si legge che:
“il Primo Ministro Silvio Berlusconi si è scontrato con la stampa per la copertura della sua vita personale, che ha portato a querele contro i media esteri e locali e alla censura di ogni contenuto critico da parte della TV di stato.
Il ritorno al potere di Berlusconi nell’aprile 2008 gli ha permesso nuovamente di poter controllare fino al 90% delle emittenti televisive nazionali, mediante gli sbocchi alle televisioni pubbliche e le sue partecipazioni ai media privati.
Il primo ministro risulta essere il principale azionista di Mediaset, del principale editore nazionale Mondadori e della più grande concessionaria di pubblicità Publitalia.”
La libertà di stampa in Italia non è tutelata, secondo Freedom House, anche per “le limitazioni imposte dalla legislazione, per l’aumento delle intimidazioni nei confronti dei giornalisti da parte del crimine organizzato e di gruppi dell’estrema destra, e a causa di una preoccupante concentrazione della proprietà dei media.”
La strategia di comunicazione è un aspetto fondamentale per un pubblicista come Silvio Berlusconi, soprattutto nel tentativo di revisionare la storia recente, per mettere oblio sulla sua carriera costernata da tante ombre e macchie come:
l’amnistia per falsa testimonianza sull’iscrizione alla P2; i tanti procedimenti penali a suo carico che lo hanno portato a collezionare 6 prescrizioni e 2 amnistie; le tante leggi ad personam per tutelare i propri interessi aziendali di famiglia; i tanti interventi legislativi per impedire alla giustizia di fare il suo legittimo corso.
Non mancano anche in questa legislatura interventi legislativi a favore delle sue aziende, come: le norme contenute nel decreto Romani sugli spazi pubblicitari televisivi che avvantaggiano Mediaset a discapito di Sky; l’innalzamento al 20% del tetto per l’acquisto di azioni proprie da parte delle società quotate in borsa, subito messa in atto dal cda di Mediaset; lo spostamento di pubblicità da Rai a Mediaset da parte delle aziende e delle istituzioni controllate dal governo: ministeri, Poste, Eni, Enel, ecc.
Diverse sono state, nel corso degli anni, le leggi ad personam che i governi Berlusconi hanno fatto approvare per parare Berlusconi dai suoi procedimenti penali, ottenendo di: rinviare processi attraverso legittimo impedimento, legittimo sospetto, lodo Schifani e Alfano incostituzionali; bloccare l'acquisizione di prove con la legge sulle rogatorie; depenalizzare i reati commessi come il falso in bilancio; arrivare alla prescrizione riducendone i termini.
La strategia comunicativa di Berlusconi è studiata ad arte per passare da carnefice della democrazia a vittima di presunti complotti, a vittima di calunnie, anche se non hai mai fornito prove convincenti per smentire le accuse rivoltegli, a vittima di un sistema che per lui funziona male e che quindi è necessario cambiare, ma a proprio piacimento. Essa è volta quindi a convincere le persone ignare che c’è necessità di attuare riforme, che in realtà non sono riforme nell’interesse collettivo e di un miglior funzionamento delle istituzioni, ma sono nell’interesse suo personale; infatti, dietro il termine riforme si cela un disegno golpista, eversivo che ha come obbiettivi:
sottomettere la magistratura al potere esecutivo per impedire ai magistrati zelanti di continuare a occuparsi di lui e dei signori della Casta del malaffare, attraverso un disegno piduista che attenta all’autonomia e indipendenza della magistratura;
impedire ai cittadini di conoscere atti di indagine, come quelle sulla cricca degli amici della Protezione Civile, di conoscere verità scomode a Berlusconi e ai suoi sodali;
aggirare o rimuovere qualsiasi regola, organo di controllo e/o istituzione democratica che sia di ostacolo al raggiungimento dei suoi interessi personali, quindi occorre imbavagliare la stampa, i liberi giornalisti, ridurre il parlamento a organo di ratifica del potere esecutivo. Ciò in parte verrà realizzato con l’approvazione del ddl sulle intercettazioni: tale ddl se verrà approvato alla Camera così come è passato al Senato, avrà come effetto quello di imbavagliare in un sol colpo la magistratura e la stampa.
La strategia comunicativa viene attuata ripetendo fino alla noia negli spazi televisivi, che occupa indebitamente in barba a qualsiasi norma di salvaguardia del pluralismo, quei soliti motivi che si possono raggruppare nelle seguenti 3 grosse bugie e/o attacchi eversivi.
1) Berlusconi è vittima di un complotto politico-giudiziario.
C’è da far presente che i processi si fanno sulle basi di prove, testimonianze, confessioni e, quando le prove erano sufficienti per condannare Berlusconi, è arrivata la prescrizione, i cui termini furono accorciati dal suo precedente governo.
Ovviamente Berlusconi non è vittima di alcun complotto.
Infatti, è accertato, dalla sentenza definitiva della Cassazione, che Mills è stato corrotto per testimoniare il falso nell'ambito di due processi in cui era imputato Silvio Berlusconi (il processo per corruzione alla Guardia di Finanza e il processo dei fondi neri di All Iberian) allo scopo di “tenere fuori da un mare di guai” Silvio Berlusconi.
E’ accertato che il giudice Metta è stato corrotto dai legali di Berlusconi per strappare la Mondadori a De Benedetti.
E’ accertato, dal processo All Iberian 1, il finanziamento illecito di 22 miliardi di lire al PSI, denaro partito da fondi occulti della Fininvest per finire nei conti svizzeri del PSI di Craxi.
E’ accertato che alcuni finanzieri sono stati corrotti per far chiudere loro tutti e due gli occhi sulle irregolarità riscontrate nelle verifiche fiscali presso le aziende di famiglia Berlusconi; Massimo Maria Berruti e Salvatore Sciascia, che erano fiscalisti del gruppo Fininvest e prima ancora ufficiali della Guardia di Finanza, sono stati condannati in via definitiva in tale processo relativo alle tangenti alla Guardia di Finanza e poi hanno fatto carriera politica entrando in parlamento col partito di Berlusconi.
Inoltre, ulteriori dimostrazioni che non esiste una persecuzione politico-giudiziaria nei confronti di Berlusconi vengono dalle indagini e processi giudiziari antecedenti il suo ingresso in politica, che lo hanno visto imputato. Ad esempio, già nel lontano 1989 fu dimostrata la sua colpevolezza, poi amnistiata, per falsa testimonianza sull’iscrizione alla loggia massonica P2. Antecedente al suo ingresso in politica è l’indagine in cui fu coinvolto per traffico di droga che venne archiviata nel 1991. Prima dell’ingresso in politica hanno inizio anche le inchieste indirizzate a far luce sulle attività finanziarie delle holding facenti capo a Fininvest.
2) Gli italiani sono con Berlusconi e quindi ha il mandato per “riformare” a suo piacimento.
Innanzitutto, governare non significa comandare (parole di Fini, ma strano che lo ha detto solo da poco); la Costituzione è un baluardo dello stato di diritto al quale il premier giura fedeltà e osservazione, e deve rispettarla indipendentemente dal consenso ricevuto. Se non esistesse una costituzione, non esisterebbe la democrazia, perché in una situazione di anarchia, non esisterebbero organi di controllo per garantire il rispetto delle elementari norme di convivenza, come l’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, la libertà di manifestazione del pensiero.
Gli italiani non sono con Berlusconi, basta dare uno sguardo alle elezioni del 2009 e 2010, dove prevale l’astensionismo e il partito di Berlusconi riceve appena il consenso di un italiano su cinque. Nel computo degli indici di gradimento vanno considerati anche gli astensionisti, essendo il capo del governo rappresentante di tutto il popolo, anche di quelli che non si sono recati alle urne. Quindi non si capisce da dove tira fuori i suoi sondaggi.
Ma guai ai giornalisti se osano mostrare l’infondatezza dei suoi sondaggi, che subito arrivano intimidazioni in diretta televisiva, una prova di arroganza da parte di chi già possiede la quasi totalità dell’informazione radio-televisiva privata che in Italia non si vedeva dai tempi del fascismo.
Per zittire i liberi giornalisti che sfuggono al suo controllo e occupare ulteriormente gli spazi informativi e di approfondimento politico in Rai, arriva allora il terzo motivo da ripetere fino alla noia, anch’esso tutto studiato in un’unica strategia della contro-informazione.
3) La Rai fa informazione contro il governo.
Ma ci pensa addirittura Minzolini a dare prova della falsità di tale dichiarazione con i suoi editoriali faziosi, e mai si era visto prima che un direttore di Tg del servizio pubblico si schierasse apertamente a difendere le posizioni di una parte politica.
Sono esempio del livello di manipolazione mediatica del servizio pubblico a favore di Berlusconi:
la decisione del Cda della Rai di sospendere i programmi di approfondimento politico in campagna elettorale; l’inchiesta di Trani sulle pressioni per far chiudere Annozero; la notevole sproporzione a favore del centrodestra nello spazio di informazione politica dei Tg di Rai e Mediaset, escluso il Tg3; l’epurazione dei giornalisti al Tg1 che non hanno firmato un documento di sostegno al direttore Minzolini; le tante notizie censurate o diffuse in modo distorto nei Tg sopra citati (la prescrizione di Mills, corrotto da Berlusconi, è stata data dal Tg1 come assoluzione; è stata oscurata la notizia dell’indagine su Cicchitto; il Tg1 ha oscurato l’inchiesta di Bari sul sistema Tarantini perché per Minzolini era gossip; sono state oscurate le proteste dei terremotati abruzzesi, dei precari della scuola licenziati e degli operai delle aziende a rischio chiusura; è stata oscurata dal Tg1 la sentenza della Corte di Cassazione, che ha dichiarato legittima l'ordinanza di arresto per Nicola Cosentino; è stato oscurato dal Tg1 la manifestazione di sabato 20 marzo 2010 a Milano in ricordo delle vittime delle mafie, a cui parteciparono in 150 mila; ecc.).
11/06/10
A NAPOLI FRANA IL MOVIMENTO 5 STELLE DI GRILLO
Quando forma e contenuto non coincidono più
Il MoVimento politico che si ispira a Beppe Grillo è un organismo neonato, un nuovo esperimento di come sarebbe possibile fare politica in maniera differente da quella che oggi viene esercitata all'interno “del palazzo”. Insomma, un tentativo di realizzare qualcosa ritenuto fino ad oggi un utopia.
Come tutti i tentativi il cui scopo è migliorativo, però, questo esperimento dovrebbe essere sempre accompagnato da due sublimi e rarissime virtù: la capacità di autoanalisi e l'umiltà di riconoscere quando gli intenti finiscono per non coincidere con i risultati ottenuti. Purtroppo sotto questo aspetto il meetup Napoli, fino a ieri considerato il carro trainante della migliore espressione grillesca di come si può far politica tra la gente, si sta rivelando essere la delusione maggiore.
Ho già sperimentato sulla pelle la difficoltà con cui alcuni esponenti del Movimento 5 stelle Campania affrontano le critiche. Nella migliore delle ipotesi si viene tacciati “di non capire nulla”, più spesso si finisce per essere bollati come persone in malafede e con soli intenti distruttivi. Allora è meglio attenersi ai fatti. E i fatti sono questi:
Il 29 maggio, ricchi dell'esperienza elettorale appena trascorsa, a Milano si è tenuto l'incontro tra Beppe Grillo, il suo staff (la Casaleggio e associati), tutti i consiglieri comunali e regionali eletti nel movimento più i capolista del Movimento 5 stelle Lombardia Vito Crimi e quello Campania Roberto Fico. Nel corso dell'incontro si è ribadita l'inalienabile sovranità della decisione presa collegialmente da tutti i membri del MoVimento, salvo poi imporre tre punti che la famosa base non può ne discutere tanto meno non eseguire, pena l'esclusione.
Nel MoVimento in cui “uno vale uno”, si è scoperto che 40 valgono più di tutti gli altri. Un refrain già conosciuto nel mondo politico italiano odierno.
Ecco i tre punti:
1) no ai rimborsi elettorali, soldi definiti ottenuti illegalmente
2) nessuna alleanza con i partiti tradizionali, si chiamassero pure IDV e anche nel caso di ballottaggi.
3) nessuna costituzione di associazioni con presidenti, segretari, organi direttivi può rappresentare il MoVimento. Gli unici mandati sono quelli elettorali e non esistono cariche.
Ai primi di giugno scoppiano i malumori in casa meetup Napoli e questa volta proprio tra quelli che vengono definiti “i magnifici 20”, coloro che per anzianità e carisma hanno sempre costituito la spina dorsale dei meetuppari partenopei. Non piace il metodo, non si comprende il criterio.
A questo punto preferisco riportare stralci della discussione che si è sviluppata, così da essere sicura che il mio punto di vista non inquini l'esposizione dei fatti.
PER IL PUNTO UNO
S:M: - Roberto (Fico ndr) ma se, GIUSTO PER FARE UN ESEMPIO IPERBOLICO, noi trovassimo un metodo decisionale e votassimo sui rimborsi, e votassimo a maggioranza per prendere i rimborsi anziché rifiutarli, andando contro l'ordine di Grillo, la nostra parola avrebbe la meglio e prenderemmo i rimborsi?
Roberto Fico: - Anche se la maggioranza fosse favorevole ai rimborsi, i rimborsi non si prendono: questo è un punto acquisito!
… e ancora ...
F.: - Roberto (Fico ndr), portavoce di Grillo a noi e non portavoce di noi a Grillo, promette e smentisce se stesso. Alla domanda sui rimborsi elettorali che gli feci [...] rispose che qualunque sarebbe stata la decisione nostra, quella sarebbe stata la decisione e nessun altra. Oggi smentisce e dice che ciò che Grillo ha detto è legge, e non se ne esce.
PER IL PUNTO DUE
Grillo, pochi giorni dopo la riunione di Milano, pubblica questo
Sorge spontanea la domanda … non è che sta dilagando la malattia del Cavaliere per cui si fanno regole che solo gli altri sono tenuti a rispettare rigidamente?
PER IL PUNTO TRE
Molti membri dell'ufficio stampa si dimettono ritenendo impossibile adempiere il proprio ruolo non sapendo più di chi può essere la voce che si può arrogare il diritto di rappresentare il MoVimento Campania.
La storia dei rimborsi elettorali, poi, è particolarmente tragicomica e sintomatica dell'assoluto caos in cui questo storico meetup è caduto.
A Napoli un associazione che si muove in nome del MoVimento c'è, si tratta del ”associazione del movimento Campania”, di cui i nomi dei soci non si riescono a conoscere per strani vincoli di privacy, ed è stata lei che senza dire nulla al gruppo, pochi giorni prima delle elezioni, attraverso raccomandata indirizzata alla Camera ha fatto richiesta dei rimborsi elettorali.
Perché fare domanda se si è sempre stati intenzionati a rifiutarli? Perché farlo alla chetichella, senza dire nulla a nessuno della “base”? Come sta procedendo quella richiesta? Mistero!!
F., nella sua analisi della situazione, mi sembra che esponga i fatti nella maniera più chiara possibile:
“Il punto è che dovremmo essere uniti anche nelle divergenze. Dovremmo tutti aiutarci nell'affrontare situazioni di differenze d'opinione, e dovremmo tutti essere pronti ad accettare qualunque esito di un'assemblea partecipata, unita, ricca di vita e voglia di fare e soprattutto buona fede, come sarebbe, o dovrebbe essere, un'assemblea del fu meetup di Napoli.
Ed invece Roberto ci dice che possiamo fare quel che ci pare, decidere quel che vogliamo, ma se c'azzardiamo a decidere che si prendono i soldi lui se ne va (o così l'ho interpretato io).
Ed allora ci dica perché è stata fatta richiesta dei rimborsi, se questa era la sua idea iniziale. E ci dica che senso di partecipazione è questo, quello di mettere il carro davanti ai buoi, non avere neanche un po' di fiducia in ciò che l'assemblea potrebbe poi deliberare, e nelle ragioni per le quali lo potrebbe poi fare.
Siamo tutti le stesse persone che fino ad oggi hanno lottato fianco a fianco, per battaglie che ci riguardavano da vicino, tanto quanto per battaglie che solo da lontano ci tangevano. Come si può anche solamente immaginare di dividersi per delle cazzate del genere? Come si può anche solamente lasciare andare tutto in malora, solo perché non si riesce ad accettare che qui ce ne fotte a tutti dei soldi, quello che ci interessa è che nessuno, e ribadisco NESSUNO dall'esterno possa dirigere ciò che noi siamo. “
Amen
La discussione, nello specifico, si è sviluppata sul meetup di Napoli a questo indirizzo
-
Il MoVimento politico che si ispira a Beppe Grillo è un organismo neonato, un nuovo esperimento di come sarebbe possibile fare politica in maniera differente da quella che oggi viene esercitata all'interno “del palazzo”. Insomma, un tentativo di realizzare qualcosa ritenuto fino ad oggi un utopia.
Come tutti i tentativi il cui scopo è migliorativo, però, questo esperimento dovrebbe essere sempre accompagnato da due sublimi e rarissime virtù: la capacità di autoanalisi e l'umiltà di riconoscere quando gli intenti finiscono per non coincidere con i risultati ottenuti. Purtroppo sotto questo aspetto il meetup Napoli, fino a ieri considerato il carro trainante della migliore espressione grillesca di come si può far politica tra la gente, si sta rivelando essere la delusione maggiore.
Ho già sperimentato sulla pelle la difficoltà con cui alcuni esponenti del Movimento 5 stelle Campania affrontano le critiche. Nella migliore delle ipotesi si viene tacciati “di non capire nulla”, più spesso si finisce per essere bollati come persone in malafede e con soli intenti distruttivi. Allora è meglio attenersi ai fatti. E i fatti sono questi:
Il 29 maggio, ricchi dell'esperienza elettorale appena trascorsa, a Milano si è tenuto l'incontro tra Beppe Grillo, il suo staff (la Casaleggio e associati), tutti i consiglieri comunali e regionali eletti nel movimento più i capolista del Movimento 5 stelle Lombardia Vito Crimi e quello Campania Roberto Fico. Nel corso dell'incontro si è ribadita l'inalienabile sovranità della decisione presa collegialmente da tutti i membri del MoVimento, salvo poi imporre tre punti che la famosa base non può ne discutere tanto meno non eseguire, pena l'esclusione.
Nel MoVimento in cui “uno vale uno”, si è scoperto che 40 valgono più di tutti gli altri. Un refrain già conosciuto nel mondo politico italiano odierno.
Ecco i tre punti:
1) no ai rimborsi elettorali, soldi definiti ottenuti illegalmente
2) nessuna alleanza con i partiti tradizionali, si chiamassero pure IDV e anche nel caso di ballottaggi.
3) nessuna costituzione di associazioni con presidenti, segretari, organi direttivi può rappresentare il MoVimento. Gli unici mandati sono quelli elettorali e non esistono cariche.
Ai primi di giugno scoppiano i malumori in casa meetup Napoli e questa volta proprio tra quelli che vengono definiti “i magnifici 20”, coloro che per anzianità e carisma hanno sempre costituito la spina dorsale dei meetuppari partenopei. Non piace il metodo, non si comprende il criterio.
A questo punto preferisco riportare stralci della discussione che si è sviluppata, così da essere sicura che il mio punto di vista non inquini l'esposizione dei fatti.
PER IL PUNTO UNO
S:M: - Roberto (Fico ndr) ma se, GIUSTO PER FARE UN ESEMPIO IPERBOLICO, noi trovassimo un metodo decisionale e votassimo sui rimborsi, e votassimo a maggioranza per prendere i rimborsi anziché rifiutarli, andando contro l'ordine di Grillo, la nostra parola avrebbe la meglio e prenderemmo i rimborsi?
Roberto Fico: - Anche se la maggioranza fosse favorevole ai rimborsi, i rimborsi non si prendono: questo è un punto acquisito!
… e ancora ...
F.: - Roberto (Fico ndr), portavoce di Grillo a noi e non portavoce di noi a Grillo, promette e smentisce se stesso. Alla domanda sui rimborsi elettorali che gli feci [...] rispose che qualunque sarebbe stata la decisione nostra, quella sarebbe stata la decisione e nessun altra. Oggi smentisce e dice che ciò che Grillo ha detto è legge, e non se ne esce.
PER IL PUNTO DUE
Grillo, pochi giorni dopo la riunione di Milano, pubblica questo
Sorge spontanea la domanda … non è che sta dilagando la malattia del Cavaliere per cui si fanno regole che solo gli altri sono tenuti a rispettare rigidamente?
PER IL PUNTO TRE
Molti membri dell'ufficio stampa si dimettono ritenendo impossibile adempiere il proprio ruolo non sapendo più di chi può essere la voce che si può arrogare il diritto di rappresentare il MoVimento Campania.
La storia dei rimborsi elettorali, poi, è particolarmente tragicomica e sintomatica dell'assoluto caos in cui questo storico meetup è caduto.
A Napoli un associazione che si muove in nome del MoVimento c'è, si tratta del ”associazione del movimento Campania”, di cui i nomi dei soci non si riescono a conoscere per strani vincoli di privacy, ed è stata lei che senza dire nulla al gruppo, pochi giorni prima delle elezioni, attraverso raccomandata indirizzata alla Camera ha fatto richiesta dei rimborsi elettorali.
Perché fare domanda se si è sempre stati intenzionati a rifiutarli? Perché farlo alla chetichella, senza dire nulla a nessuno della “base”? Come sta procedendo quella richiesta? Mistero!!
F., nella sua analisi della situazione, mi sembra che esponga i fatti nella maniera più chiara possibile:
“Il punto è che dovremmo essere uniti anche nelle divergenze. Dovremmo tutti aiutarci nell'affrontare situazioni di differenze d'opinione, e dovremmo tutti essere pronti ad accettare qualunque esito di un'assemblea partecipata, unita, ricca di vita e voglia di fare e soprattutto buona fede, come sarebbe, o dovrebbe essere, un'assemblea del fu meetup di Napoli.
Ed invece Roberto ci dice che possiamo fare quel che ci pare, decidere quel che vogliamo, ma se c'azzardiamo a decidere che si prendono i soldi lui se ne va (o così l'ho interpretato io).
Ed allora ci dica perché è stata fatta richiesta dei rimborsi, se questa era la sua idea iniziale. E ci dica che senso di partecipazione è questo, quello di mettere il carro davanti ai buoi, non avere neanche un po' di fiducia in ciò che l'assemblea potrebbe poi deliberare, e nelle ragioni per le quali lo potrebbe poi fare.
Siamo tutti le stesse persone che fino ad oggi hanno lottato fianco a fianco, per battaglie che ci riguardavano da vicino, tanto quanto per battaglie che solo da lontano ci tangevano. Come si può anche solamente immaginare di dividersi per delle cazzate del genere? Come si può anche solamente lasciare andare tutto in malora, solo perché non si riesce ad accettare che qui ce ne fotte a tutti dei soldi, quello che ci interessa è che nessuno, e ribadisco NESSUNO dall'esterno possa dirigere ciò che noi siamo. “
Amen
La discussione, nello specifico, si è sviluppata sul meetup di Napoli a questo indirizzo
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10/06/10
TRASCRIZIONE DELLA DISCUSSIONE IN SENATO DEL DDL ANTI INTERCETTAZIONI
Norme in materia di intercettazioni telefoniche, telematiche e ambientali. Modifica della disciplina in materia di astensione del giudice e degli atti di indagine. Integrazione della disciplina sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche
RESOCONTO STENOGRAFICO IN CORSO DI SEDUTA
SOMMARIO E STENOGRAFICOGIOVEDÌ 10 GIUGNO 2010
(Antimeridiana)
_________________
Presidenza del vice presidente CHITI,
indi della vice presidente BONINO
e del presidente SCHIFANI
RESOCONTO SOMMARIO
Presidenza del vice presidente CHITI
La seduta inizia alle ore 9,36.
FINOCCHIARO (PD). Chiede la convocazione della Giunta del Regolamento per verificare la corrispondenza tra il testo in esame e quello sul quale il Consiglio dei ministri ha autorizzato la posizione della questione di fiducia. Il Presidente del Senato, infatti, è garante della correttezza procedurale e la mancata definizione dell'oggetto della fiducia potrebbe inficiare la validità della deliberazione. Nella seduta di ieri il Ministro per i rapporti con il Parlamento ha precisato di avere ricevuto dal Consiglio dei ministri l'autorizzazione a porre la questione di fiducia nella seduta del 25 maggio. E' tuttavia facilmente verificabile che nel comunicato stampa non si accenna a tale decisione. E' inoltre evidente che, a causa di contrasti interni alla maggioranza, il testo del disegno di legge è mutato più volte, fino alla situazione paradossale per cui il Presidente del Consiglio dei ministri, titolare dell'indirizzo politico, ha dichiarato di non condividere l'emendamento 1.1000 sul quale è stata posta la fiducia. Nella seduta di ieri ha chiesto di sapere su quale testo il Consiglio dei Ministri ha autorizzato la richiesta di fiducia, ma non ha ricevuto alcuna risposta. Il Governo in carica, ancora una volta, manca di rispetto al Parlamento e viola le regole di cortesia istituzionale: nella scorsa legislatura esponenti del centrodestra ottennero invece i chiarimenti richiesti sulle modalità di apposizione della fiducia sia dal Presidente del Senato, al quale imputavano un controllo di legittimità, sia dal Governo, che trasmise estratti dei verbali delle sedute del Consiglio dei ministri (Prolungati applausi dai Gruppi PD e IdV).
PRESIDENTE. Nella scorsa legislatura ricopriva la carica di Ministro per i rapporti con il Parlamento: ricorda quindi gli episodi cui ha accennato la senatrice Finocchiaro. Il piano della responsabilità politica va distinto da quello della correttezza procedurale: sotto il profilo regolamentare le modalità di discussione della questione di fiducia rientrano negli interna corporis del Consiglio dei ministri, ai Presidenti dei due rami del Parlamento spetta solo verificare che la richiesta sia stata autorizzata. La Presidenza del Senato ha trasmesso al Governo la richiesta avanzata ieri dalla senatrice Finocchiaro: sembra sia imminente la trasmissione di una comunicazione ma, in ogni caso, i senatori possono presentare atti di sindacato ispettivo.
Seguito della discussione dei disegni di legge:
Norme in materia di intercettazioni telefoniche, telematiche e ambientali. Modifica della disciplina in materia di astensione del giudice e degli atti di indagine. Integrazione della disciplina sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche (Approvato dalla Camera dei deputati)
Presidenza del vice presidente CHITI
PRESIDENTE.Ricorda che nella seduta di ieri è stato presentato l'emendamento 1.1000, interamente sostitutivo dell'articolo unico del disegno di legge n. 1611, sul quale il Governo ha posto la questione di fiducia e ha avuto inizio la discussione.La seduta è aperta (ore 9,36).
Si dia lettura del processo verbale.
VICARI, segretario, dà lettura del processo verbale della seduta antimeridiana del 27 maggio.
LONGO (PdL). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Senatore Longo, intende intervenire sul processo verbale?
LONGO (PdL). No, vorrei fare un richiamo al Regolamento.
PRESIDENTE. Se non vuole intervenire sul processo verbale, la informo che hanno chiesto di parlare sullo stesso argomento altri senatori prima di lei.
LONGO (PdL). Sono già previsti altri interventi per un richiamo al Regolamento?
PRESIDENTE. Sì, senatore Longo. Se lei non chiede di intervenire sul processo verbale, le darò la parola quando le spetta.
LONGO (PdL). Signor Presidente, io sono nuovo di quest'Aula e ho letto che, in base all'articolo 92 del Regolamento, i richiami al Regolamento hanno priorità sulla votazione e fanno sospendere la discussione.
PRESIDENTE. Se lei vuole intervenire sul processo verbale è evidente che ciò ha la precedenza sulla votazione del verbale, ma se lei vuole invece fare un richiamo al Regolamento su una questione diversa, la prego prima di consentire l' approvazione del verbale.
LONGO (PdL). Mi rimetto ovviamente alla sua decisione, signor Presidente.
PRESIDENTE. Non essendovi osservazioni, il processo verbale è approvato.
Comunicazioni della Presidenza
PRESIDENTE. L'elenco dei senatori in congedo e assenti per incarico ricevuto dal Senato, nonché ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicati nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna. Preannuncio di votazioni mediante procedimento elettronico. Avverto che nel corso della seduta odierna potranno essere effettuate votazioni qualificate mediante il procedimento elettronico. Pertanto decorre da questo momento il termine di venti minuti dal preavviso previsto dall'articolo 119, comma 1, del Regolamento (ore 9,42).
Sulle modalità di apposizione della questione di fiducia
FINOCCHIARO (PD). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FINOCCHIARO (PD). Signor Presidente, come i colleghi ricorderanno sicuramente, nella seduta d'Aula di ieri, nonché nel corso della Conferenza dei Capigruppo e, ancora, nella seduta di ieri ripresa al termine della stessa Conferenza dei Capigruppo io ho posto una questione, che peraltro non è ignota a quest'Aula. Ho chiesto sostanzialmente se il Consiglio dei ministri avesse autorizzato l'apposizione del voto di fiducia e su quale testo. Era una domanda semplice alla quale è stato risposto, peraltro, in maniera non formale dentro quest'Aula dal ministro per i rapporti con il Parlamento, onorevole Vito, che, dopo un'incertezza iniziale, aveva fissato al 25 maggio la data nella quale il Consiglio dei ministri avrebbe autorizzato l'apposizione del voto di fiducia. Ma la domanda ovviamente non era solo questa: si estendeva, infatti, anche al testo sul quale il voto di fiducia era stato apposto.
Lo dico in ragione di più rilievi che sono tutti desumibili dalla nostra legislazione e anche da un minimo di buon senso. È ovvio, infatti, che qualunque criterio sostanzialista, di fronte alla questione delicata dell'apposizione del voto di fiducia (strumento ultimo che ha il Governo per ribadire l'assoluta inviolabilità del testo in discussione nell'Aula del Senato, sub specie del testo in discussione e del maxiemendamento che il Governo presenta) di fronte ad un atto così importante, solenne e definitivo, impone una corrispondenza tra la volontà di porre il voto di fiducia e il testo sul quale questo voto di fiducia viene apposto e rispetto al quale la fiducia stessa è stata autorizzata.
Lo dico anche in ragione del fatto che dal 25 maggio ai giorni nostri il testo sulle intercettazioni telefoniche è mutato almeno tre volte e non in forma di dettaglio, tanto è vero che la sua definitiva stesura è stata figlia di una lunga e defatigante discussione all'interno della maggioranza per giungere al testo. Ma c'è un dato forse ancora più impressionante da sottolineare. Il testo sul quale, non conoscendolo, il 25 maggio il Consiglio dei ministri avrebbe autorizzato l'apposizione del voto di fiducia è un testo sul quale il Presidente del Consiglio medesimo, che chiede la fiducia o meglio l'ha chiesta, se è vero, il 25 maggio, si è astenuto, come ha avuto modo di dichiarare a tutte le televisioni italiane (e immagino straniere conoscendo quanto sia proclive rispetto alla comunicazione di massa), insistendo sul fatto che è un testo che lui non condivide, ma che per amore di patria aveva lasciato che l'assemblea politica del Popolo della Libertà approvasse. Questa è una situazione strana.
Mi è stato detto dal senatore Quagliariello che io sarei causidica e anche un po' strumentale. Vorrei ricordargli che questione identica o molte volte analoga è stata sollevata da quei banchi anche da autorevolissimi rappresentanti.
Ma la mia domanda era molto facilmente solvibile. Sarebbe bastata una nota, proveniente dal segretario del Consiglio dei ministri, come io ho chiesto formalmente in Conferenza dei Capigruppo, in questo caso il sottosegretario Letta, che mi dicesse che la fiducia era stata data e apposta sul testo, vago, delle intercettazioni telefoniche (su questo poi si sarebbe potuto discutere, ma ancorandoci ad un dato di realtà).
Come ho informato ieri l'Aula, ho fatto un riscontro sul comunicato stampa del 25 maggio, ma sul comunicato stampa del Consiglio dei ministri del 25 maggio non c'è traccia di fiducia. Allora, con i mezzi artigianali di cui sono a disposizione, sono andata a cercarmi gli altri comunicati stampa del Governo in occasione delle diverse - molte - fiducie che questo Governo ha posto e in realtà devo dire che molto correttamente tante e tante volte - questi elementi sono ovviamente a disposizione dei colleghi - il Governo Berlusconi ha scritto nel comunicato stampa: il Consiglio dei ministri, appositamente convocato, ha deliberato l'assenso a porre la questione di fiducia sul disegno di legge, e così via; questo più di una volta.
Mi potrebbe essere obiettato: sì, è vero, però quando si pone in maniera così preventiva la possibilità di porre un voto di fiducia, soprattutto perché la maggioranza è recalcitrante e ci sono problemi politici dentro, forse per opportunità è meglio non pubblicarlo sul sito del Governo dentro il comunicato stampa relativo a quel Consiglio dei ministri. Benissimo, lo capisco, ma allora con molta grazia istituzionale sarebbe potuto accadere ciò che io ho chiesto e ho chiesto anche in maniera molto cortese, educata, rispettosa delle regole istituzionali.
Presidente, non vorrei metterla in imbarazzo: quando lei era Ministro dei rapporti con il Parlamento e il collega Malan aveva sollevato analoga questione, gli arrivò tempestivamente a stretto giro una nota dell'allora segretario del Consiglio dei ministri, l'onorevole sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri Enrico Letta, il quale informava il collega Malan - o il collega Schifani, adesso non ricordo - molto cortesemente che «in tale data, effettivamente». Una sorta di estratto del verbale del Consiglio dei ministri, perché così si ragiona nella civiltà delle relazioni istituzionali, e invece non è accaduto. (Applausi dal Gruppo PD e del senatore Belisario). Io non sono stata destinataria né di una missiva e neanche di una telefonata di cortesia. Il presidente Schifani è stato ovviamente tenuto fuori da tutta questa bagarre; ha sottolineato più volte, il presidente Schifani, il fatto che si tratta di un interna corporis e che quindi il Presidente non ha nessuna responsabilità. Devo dire, per memoria storica, che nella scorsa legislatura nutriva una convinzione tetragona assolutamente diversa: «secondo il mio modesto parere, è la Presidenza del Senato la responsabile della correttezza completa degli iter formativi delle leggi. Infatti, ove si dovesse accertare a posteriori, anche in sede di verifica da parte del Capo dello Stato - sulla base di sollecitazioni che noi evidentemente ci permettiamo di anticiparle - sotto il profilo del controllo della legittimità del percorso, l'effettiva sussistenza di un'anomalia procedimentale, ritengo che andrebbe addebitata non tanto una responsabilità politica al Governo quanto una responsabilità endoprocedimentale alla Presidenza del Senato, trattandosi di una legge che esce da questo ramo del Parlamento». In un intervento colto e motivato, l'allora Presidente del Gruppo insiste motivatamente - lo ripeto - su questo tema. È la seduta, per i colleghi che volessero andarla a riscontrare, n. 24 del 25 luglio 2006. Ma - ripeto - tutto questo avrebbe potuto essere pienamente risolto con una missiva di poche righe proveniente dalla Presidenza del Consiglio; invece non l'abbiamo ricevuta.
A questo punto avanzo un'altra domanda. Per quale motivo non l'abbiamo ricevuta? Perché così come si tiene «in gran dispitto» la Costituzione, si tiene «in gran dispitto» anche il Parlamento e il Capogruppo del maggior Gruppo dell'opposizione che pone una questione seria. (Applausi dal Gruppo PD e del senatore Belisario).
Peraltro, il rappresentante del Governo che qui ha posto il voto di fiducia, a norma della legge n. 400, non può cambiare il contenuto, l'oggetto della fiducia; lui è un semplice nuncius (lo stabilisce la legge n. 400). E se deve spostare l'oggetto della fiducia o mutare l'atteggiamento del Governo rispetto al testo, ha bisogno di essere nuovamente autorizzato dal Consiglio dei ministri, che peraltro è in corso, e quindi avremmo potuto fare a meno di tanta sgradevolezza, se soltanto avessimo voluto. Da ultimo, Presidente, siccome ci tocca studiare, vorrei dire che abbiamo un precedente di Giunta del 19 marzo 1984. Questo precedente della Giunta del Senato lo trovo particolarmente interessante perché incide esattamente sulla questione sulla quale stiamo ragionando. Ne leggo solo poche righe: «La questione di fiducia non instaura un dibattito a sé stante, ma diventa la cornice della discussione sull'oggetto di voto in ordine al quale è stata posta» - lei presiede quest'Aula, signor Presidente, e credo che sappia cosa sia l'oggetto del voto e quanto sia importante la corrispondenza tra la conoscenza, quell'oggetto e il voto - «La rilevanza costituzionale di tale discussione assume carattere preminente, avendo il Governo condizionato in modo espresso all'approvazione di un testo la propria sopravvivenzaۛ (...)». Credo di aver manifestato il disagio e anche il rammarico per il modo con cui la questione è stata trattata. Questione che è stata trattata tante volte da quest'Aula con decisioni che posso condividere o meno, ma che sicuramente hanno avuto il garbo e la serietà di una relazione istituzionale seria e trasparente. Poiché mi pare che la questione sia troppo ingarbugliata, signor Presidente, anche per verificare la legittimità di questo percorso, le chiedo di investire anche il Presidente del Senato della convocazione della Giunta per il Regolamento, per dipanare una questione che, tra troppi equivoci e troppi lassismi, rischia di trasformare una cosa seria in una farsa. (Vivi, prolungati applausi dal Gruppo PD e da senatori del Gruppo IdV, che sono seduti sui banchi del Governo. Commenti del senatore Benedetti Valentini).
PRESIDENTE. Come vede, presidente Finocchiaro, il suo intervento ha avuto molto successo.
Mi trovo in una situazione non dico imbarazzante - come lei ha detto, presidente Finocchiaro - ma quanto meno strana, come talvolta avviene in politica, perché alcuni anni fa ho affrontato questo dibattito da un'altra posizione. Dal punto di vista procedurale, vi sono tanti precedenti. Ne citerò solo due. Il primo è quella a cui lei ha fatto riferimento del 2006, con il presidente Marini, mentre un altro risale alla precedente legislatura, precisamente al 2005, con il presidente Pera. Grosso modo entrambi toccano la stessa questione; altrettanti poi ve ne sono alla Camera dei deputati. I procedimenti che riguardano l'apposizione della questione di fiducia da parte del Governo appartengono, come si dice in dottrina, agli interna corporis del Governo. In sostanza, la questione riguarda il Consiglio dei ministri. Il Ministro che rappresenta il Governo in Parlamento pone la questione di fiducia - può farlo anche il Presidente del Consiglio o il Ministro dei rapporti con il Parlamento, talvolta anche lo stesso Ministro di settore - e, dal punto di vista della Presidenza delle Camere, non si pongono altre questioni se non quella di verificare che tale autorizzazione sia stata effettivamente conferita.
In altri termini, non può essere materia di intervento da parte della Presidenza delle Camere come si è svolta la discussione in Consiglio dei ministri, né chi ha votato in un modo o in un altro in quella sede, perché a quel punto si intende che comunque il Governo nella sua collegialità ha delegato il Ministro competente, in questo caso il Ministro per i rapporti con il Parlamento, a porre la fiducia e, non essendo smentita, questa procede il suo corso ed il dibattito parlamentare va avanti. Lei poneva ed ha posto ieri una questione su cui la Presidenza del Senato si è attivata, per cui, essendovi stata una diversa formulazione delle date - un errore che può capitare ad ognuno di noi quando interviene -, ha chiesto che vi fosse un atto della Presidenza del Consiglio che venisse trasmesso alla Presidenza del Senato in cui si dicesse, da parte del Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio che attesta i verbali del Consiglio dei ministri, che effettivamente quella data è stata richiesta ed è stato dato mandato al Ministro competente di chiedere la votazione della questione di fiducia. Questo è il punto che ci riguarda come procedura. La Presenza del Senato ha chiesto all'Ufficio del Ministro per i rapporti con il Parlamento il verbale, che non credo vi siano problemi a poter avere, verbale che mi dicono sta arrivando e quindi tra poco sarà disponibile. (Applausi dal Gruppo PD).
L'altro tipo di questioni, che lei legittimamente ha posto, è squisitamente politico e fa parte del dibattito politico nell'ambito del quale si può dire - mentre non lo può dire il presidente Schifani, né chiunque svolga funzioni di Presidente dell'Assemblea - se è stato giusto porre la fiducia, se è stato corretto porla su un determinato testo e così via. Queste valutazioni fanno parte di un dibattito politico ed in merito, come fu detto nella situazione e nei precedenti che ho citato sia dal presidente Pera che dal presidente Marini e come ho ragione anch'io di dire, ogni senatore ed ogni Gruppo hanno a disposizione, oltre alla discussione che si svolge, gli strumenti di sindacato ispettivo legati alle interrogazioni, alle mozioni od alle question time.
Questa mi pare sia la risposta che potevo dare e tra poco, visto che sta arrivando, sarà trasmessa ai Capigruppo dei Gruppi del Senato e non soltanto a lei che l'ha richiesto copia del verbale del Consiglio dei ministri.
Seguito della discussione dei disegni di legge:
(1611) Norme in materia di intercettazioni telefoniche, telematiche e ambientali. Modifica della disciplina in materia di astensione del giudice e degli atti di indagine. Integrazione della disciplina sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche (Approvato dalla Camera dei deputati)
(212) COSSIGA. - Informativa al Parlamento in materia di intercettazioni delle comunicazioni
(547) COSTA. - Modifiche al codice di procedura penale e al codice penale in materia di intercettazione di conversazioni o comunicazioni
(781) DELLA MONICA ed altri. - Norme in materia di intercettazioni telefoniche e ambientali e di pubblicità degli atti di indagine
(932) CASSON ed altri. - Modifiche ai codici penale e di procedura penale in materia di intercettazione di conversazioni e comunicazioni e di pubblicità degli atti di indagine
(Relazione orale) (ore 9,58)
Seguito della discussione della questione di fiducia
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione dei disegni di legge nn. 1611, già approvato dalla Camera dei deputati, 212, 547, 781 e 932. Ricordo che nella seduta di ieri è stato presentato l'emendamento 1.1000, interamente sostitutivo dell'articolo unico del disegno di legge n. 1611, sul quale il Governo ha posto la questione di fiducia ed ha avuto inizio la discussione. È iscritta a parlare la senatrice Della Monica. Ne ha facoltà.
DELLA MONICA (PD). Signor Presidente, non voglio aggiungere altro a quanto ha già detto il Presidente del nostro Gruppo, vorrei solo sottolineare il disagio di chi si è sottoposto ad una serie di sedute inutili della Commissione giustizia quando già, a quel che si apprende, la fiducia era stata autorizzata ad essere posta dal 25 maggio del 2010. Credo sia un atto gravissimo nei confronti della dignità del Parlamento ed in particolare dei componenti della Commissione giustizia, che sono stati sottoposti ad un lavoro assolutamente inutile per ben tre sedute, con rinvio del provvedimento dall'Aula in Commissione senza alcun beneficio per il testo, se non la risoluzione dei problemi interni della maggioranza che evidentemente aveva gravi difficoltà a trovare, come si dice, la quadra. Tre sono i profili che il nostro Gruppo ha sempre posto all'attenzione dell'opinione pubblica. La legge sulle intercettazioni poteva e doveva essere cambiata purché venissero rispettati tre principi fondamentali. Primo: il diritto dei cittadini alla sicurezza, senza indebolire gli strumenti di investigazione e quindi senza tagliare la possibilità di movimento e di indagine, lo spazio di indagine, a investigatori e magistrati. Secondo: una tutela effettiva della privacy, evitando che fatti estranei alle indagini, fatti della vita privata dell'indagato o di terzi, potessero entrare a far parte di atti di indagine ed essere poi improvvidamente pubblicati. Terzo: entro questo limite di fatti assolutamente estranei o di fatti espunti dell'attività di indagine in quanto appartenenti a intercettazioni illegali poteva poi discutersi della libertà di informazione intesa da una parte come diritto di informazione garantito costituzionalmente per la stampa ma al contempo, dall'altra, come diritto dei cittadini ad essere informati di quanto effettivamente stava accadendo nel Paese e in particolare del malaffare. Tutti questi valori sono costituzionalmente garantiti, in particolare il diritto da parte del cittadino di essere informato, come pure quello di poter valutare l'attività dell'organo giurisdizionale, di fare quel controllo che gli spetta, perché in nome del popolo italiano viene amministrata la giustizia, di fare nel contempo il controllo sulla cosa pubblica che gli deriva dall'essere quel popolo sovrano che nomina i propri rappresentanti politici rispetto ai quali ha diritto di ottenere risposte coerenti con il mandato che viene conferito e, soprattutto, di mutare opinione politica quando questo mandato viene tradito. Ha diritto, altresì, di controllare ciò che la cosa pubblica fa e quindi ad una trasparenza e correttezza dell'attività della cosa pubblica, che è un altro valore costituzionalmente garantito. Tutto questo era presente nei nostri disegni di legge: mi riferisco al disegno di legge Prodi (che nella precedente legislatura era stato approvato all'unanimità quasi alla Camera e poi approfondito in Senato e che decadde solo per la fine della legislatura stessa) e ai disegni di legge presentati in questa legislatura, uno da me, con il senatore Ceccanti, che riprendeva i principi del disegno di legge Mastella aggiornato alla luce del dibattito parlamentare che c'era stato; e un altro, a prima firma del senatore Casson, anch'esso espressione del nostro Gruppo. Tali provvedimenti erano ispirati esclusivamente a quei principi e in quei limiti sicuramente avremmo potuto fare un'operazione importantissima, quella cioè di aggiornare la legislazione in materia di intercettazioni senza sottrarre strumenti alla lotta contro la criminalità, cercando di garantire la privacy e nello stesso tempo non imbavagliando la stampa, ma consentendo quel controllo sulla cosa pubblica e soprattutto sul malaffare di cui dicevo. Il disegno di legge che vi accingete ad approvare, che è costituito da un maxiemendamento che sostanzialmente ripropone il testo della Camera con qualche piccola modifica, non risponde ad alcuno di questi requisiti. Si indebolisce il diritto alla sicurezza dei cittadini con norme assolutamente irragionevoli che riguardano la possibilità di liberarsi del giudice scomodo o del pubblico ministero scomodo. Tutto ciò contrasta naturalmente con un principio di ragionevolezza anche rispetto alla conclamata volontà di avere tempi rapidi nell'esercizio della giurisdizione, di garantire una giustizia rapida alle vittime dei reati, oltre che agli stessi imputati che hanno diritto anch'essi ad un giusto processo e che possono essere trascinati, da coimputati, in vicende che nemmeno li riguardano ma che comunque possono essere portate all'attenzione della magistratura. Il sistema, devo dire, è particolarmente destabilizzante e contrasta con principi costituzionali perché basta fare una denunzia nei confronti di un magistrato che ha rilasciato delle dichiarazioni generiche nei confronti del processo, che magari ha detto semplicemente rivolgendosi alla stampa: sì, sono titolare dell'indagine, ma non posso fare nulla, non vi posso riferire nulla. Oppure, magari, un magistrato viene strumentalmente denunziato perché l'imputato vuole liberarsene cercando di rallentare il corso del processo e giovarsi così della prescrizione. Consentendo tutto questo, naturalmente, il processo si rallenta, il diritto alla sicurezza dei cittadini viene posto in seria discussione e non si ottiene alcun vantaggio in materia di riservatezza, perché queste norme non incidono sulla riservatezza e non si comprendono.
Il secondo punto su cui si incide pesantemente è il regime della pubblicabilità degli atti, compiendo un'operazione davvero di difficile comprensione. Siamo in un sistema in cui ormai la giurisprudenza della Corte di Cassazione si è orientata a mettere in luce che, ogni qualvolta gli atti sono divenuti pubblici, perché depositati ai difensori e agli indagati - e quindi sono conosciuti dagli stessi - non c'è nessuna violazione del segreto di indagine e non c'è neppure, da parte dei giornalisti che li pubblicano, un reato di arbitraria pubblicazione. Ovviamente ci siamo preoccupati di guardare questo schema, analizzando il sistema attuale e le sue possibili disfunzioni. Attualmente, siccome non c'è una selezione del materiale di indagine e in particolare delle intercettazioni, accade che vengano pubblicate anche attività di indagine - in particolare in materia di intercettazioni - che riguardano la vita privata di cittadini, dello stesso indagato o di soggetti terzi e l'attenzione della stampa si accende sui gossip. Tutto questo ovviamente non è accettabile. Per superare questo sistema bastava però fare una cosa molto semplice, ovvero prevedere che ci fosse un'udienza di selezione rigida del materiale pertinente al reato per cui si procede, all'indagato, alla persona oggetto delle indagini, escludendo i fatti della vita privata sua o di terzi cittadini, i nominativi di persone estranee e i gossip. Una volta epurato il materiale da tutto questo, non si comprende per quale motivo, se si tratta di atti conosciuti ai difensori e agli indagati, essi non possano essere oggetto di discussione pubblica e quindi anche di valutazione attraverso le informazioni pubblicate dagli organi di stampa. In questa situazione, la formulazione proposta dal Partito Democratico era tesa a far coincidere il concetto di pubblicabilità con quello della caduta del segreto interno delle indagini. L'articolo 329 del codice di procedura penale prevede che una volta che gli atti siano conosciuti da indagato e difensore, possano essere considerati pubblici. Con il sistema proposto anche dal maxiemendamento si viene invece a creare una sorta di scollatura tra pubblicabilità dell'atto e atto pubblico: si viene a creare una sorta di limbo, in cui atti che sono assolutamente non più coperti da segreto e che sono anche assolutamente pertinenti alle indagini e ai reati possono sostanzialmente circolare ma, se circolano, la stampa farà una pubblicazione arbitraria e il magistrato potrà essere denunziato per aver divulgato un segreto di indagine assolutamente inesistente. Tutto ciò comporta un'accentuata minaccia nei confronti della stampa, che deve informare l'opinione pubblica, e al contempo la possibilità di denunciare un magistrato e di liberarsene. Ci chiediamo se tutto ciò abbia a che vedere con la tutela della privacy e non sappiamo darci una risposta. Naturalmente tutto questo non serve nemmeno a spezzare quel sistema di rapporti impropri tra magistrati, cancellieri, giornalisti, avvocati, personale giudiziario, collaboratori degli avvocati, che invece dà vita a quella compravendita della notizia, che comporta una distrazione dal processo principale, perché i magistrati saranno costretti a inseguire tutte queste fughe di notizie, con la possibilità che si aprano processi nelle varie sedi giudiziarie, ai sensi dell'articolo 11 del codice di procedura penale, senza nessun vantaggio per la sicurezza dei cittadini, che viene indebolita, per la privacy di coloro che vengono chiamati in causa e per la libertà di stampa, che deve essere garantita. (Il microfono si disattiva automaticamente).
PRESIDENTE. La prego di concludere, senatrice Della Monica.
DELLA MONICA (PD). Questa è la ragione per cui la nostra contrarietà a questo disegno di legge è assoluta: è un disegno di legge che mina la Costituzione, è antidemocratico e non può essere accettato da un Paese civile. (Applausi dai Gruppi PD e IdV).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Bonino. Ne ha facoltà.
BONINO (PD). Signor Presidente, signori del Governo, onorevoli colleghi, non ripercorrerò i punti salienti di questo provvedimento, che sono stati sviscerati anche adesso e in tutto il corso del dibattito pubblico e nelle Commissioni (non tanto in Aula, in cui siamo arrivati in questo modo). Mi consentirete, però, colleghi, qualche commento politico di ordine più generale. Siamo arrivati quindi al punto finale, ampiamente annunciato, con l'apposizione della questione di fiducia, ammesso sempre che arrivi il fax. Anzi, signor Presidente, quando arriva la comunicazione via fax (tecnologia risalente al Medioevo, visto che esiste qualcosa di più attuale tecnologicamente parlando) sarebbe utile se volesse avvertire l'intera Assemblea, perché questo almeno conforterebbe sulla legalità e sulla legittimità del voto che l'Assemblea si appresta ad esprimere e che offre invece, allo stato attuale, punti piuttosto incerti in tutta la procedura. So bene di utilizzare una parola molto pesante, ma, colleghi, la procedura e il metodo con cui siamo arrivati ad oggi non esito a definirli demenziali - non riesco a trovare altro aggettivo - ivi compresa la situazione attuale, in cui l'Assemblea non viene neanche rassicurata. È semplice: che qualcuno formalmente dichiari che la questione di fiducia è stata posta il giorno "x" sul testo "y". Neanche questo riusciamo a sapere. Dopo il delirio, il guazzabuglio, di emendamenti presentati, ritirati, modificati, molto spesso assurdi, irrazionali, siamo arrivati a questo giorno e a questo voto. Il metodo, quindi, è ben lungi dell'essere un minimo aderente a quello che in un Paese normale viene chiamato un dibattito democratico, in cui ci si scontra su posizioni diverse, ma si è legati sulle regole e sui regolamenti da un patto di leale collaborazione. Onorevoli colleghi, politicamente questa fiducia è posta più per controllare la maggioranza che non per l'opposizione. È una fiducia posta perché non ve la sentivate di affrontare voti segreti. È una fiducia posta perché non è consolante per nessuno, anzi desolante perfino per voi, sapere che dietro vi è stato, forse ieri, un accordo. Patti, accordi, tregue, punti di equilibrio: sempre dietro, perché davanti questo testo punti di equilibrio, di razionalità e di aderenza costituzionale non ne presenta di sicuro. L'imbarazzo vostro è tale perché avete dovuto - qui e probabilmente anche alla Camera - chiudere a qualunque tipo di obiezione puntuale da parte di vostri colleghi della maggioranza su un testo inaccettabile. Inaccettabile per molti di voi, oltre che per noi. È un altro segno di una china rovinosa, che mi pare stia accelerando ogni giorno, in cui sempre di più sembrate scambiare la forza dei numeri con il diritto. E voi sapete che vi sono altre cose: vi sono principi di diritto che non sono sottomettibili ad alcuna forza dei numeri; sono quelli scritti, intanto, nella Costituzione del nostro Paese e, quando si tratta di altre materie, in Trattati internazionali. Di fronte a quei principi che legano la convivenza democratica non vi è forza dei numeri che tenga. Questo, infatti, significa scambiare l'arroganza con la legalità. Non devo commentare: l'arroganza con la legalità. Il testo tende anche a scambiare la libertà individuale con licenza e, in questo caso specifico, la difesa della privacy con l'oscuramento. Questo è quello che abbiamo di fronte e che stiamo esaminando. È talmente vero che questo sia un provvedimento teso semplicemente all'oscuramento che avete perfino inserito norme che con le intercettazioni telefoniche non c'entrano nulla. Mi riferisco alla nota questione della registrazione dei processi. Onorevoli colleghi, ma a che fine se non a quello dell'oscuramento? La norma, la prassi attuale da noi praticata da anni non ha dato mai esito a contestazioni. Ed il dibattito procedimentale è pubblico dice la Costituzione. Che bisogno c'era di oscurare se non questa idea di fondo per cui l'oscuramento deve guidare l'esercizio della politica in questo Paese? Ci si dice che non è così e che interverrà non so chi. Non voglio entrare nei dettagli. Non è più il Presidente del tribunale ma il Presidente della Corte d'appello! Cose inenarrabili. E non si capisce neanche l'obiettivo di tutto questo, se non la pervicacia, la crisi rovinosa, secondo me ormai, questa china rovinosa che sembra non avere più limiti. Onorevoli colleghi, ammesso che il voto che vi apprestate a dare abbia presupposti di legittimità e di legalità in attesa del noto chiarimento, credo davvero che oggi avete costretto questo Senato ha dei punti ed a un momento così infelice, politicamente infelice. Credo intanto per voi, per chiunque di voi - penso siate molti - che vive questa giornata con disagio. E noi lo viviamo però con grande, grandissima forza,'una forza d'opposizione.
In più, sono convinta che questo provvedimento nell'ulteriore passaggio alla Camera richiederà altri equilibri, come si dice, altri punti di accordo. Tutto ovviamente in modo extraparlamentare perché qui siete sopratutto chiamati a ratificare cose bizzarre, per esempio persino un Presidente del Consiglio che non si riconosce nel testo tanto è vero che non l'approva e dichiara urbi et orbi che non lo fa e non è il suo testo. Dopo di che, povero, senza potere com'é, com'è evidente, pone la fiducia e questa Camera che deve fare, secondo voi? Ma che dobbiamo fare semplicemente per richiamarvi ad un minimo di decoro istituzionale che dovrebbe essere nel patrimonio di tutti, destra o sinistra che sia? Applausi (Applausi dai Gruppi PD e IdV).
Questa è la china rovinosa che oggi, di giorno in giorno, di volta in volta sopravviene. Capisco il vostro disagio. Capisco quindi che in violazione della Costituzione questa fiducia non è stata osta per i motivi che la Costituzione prevede ma per richiamare voi all'ordine ed alla disciplina con un Presidente indisciplinato. Anzi, lo farò sapere urbi et orbi che lui disciplina non ne ha, come peraltro non avevamo dubbi. Di questo non lo si può certamente accusare. Quindi, colleghi, è pagina triste per la democrazia parlamentare e la democrazia, tout court. Pagina che affronteremo sapendo che questo è un giorno di una lotta che non finisce qui, non solo perché avr° punti di ricaduta all'altro ramo del Parlamento ma perché riteniamo anche da radicali che nel Paese debba nascere e crescere una rivolta democratica, legale a questa china rovinosa. (Applausi dai Gruppi Pd e Idv). (Congratulazioni).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Casson. Ne ha facoltà.
CASSON (PD). Signor Presidente, è un po' difficile in questa materia distinguere gli aspetti tecnico-politici e sociali vista la rilevanza e le influenze di questo disegno di legge. Ritengo peraltro di dovermi limitare ai tre punti fondamentali che caratterizzano questo disegno di legge, relativo alla diminuzione del livello di sicurezza nel Paese al bavaglio che viene imposto alla stampa e la non tutela della privacy delle persone.
Il primo aspetto è quello che concerne la sicurezza. I ministri Alfano e Maroni continuano a dire il falso. Affermano, ad esempio, il falso - e lo sanno benissimo - quando dicono che questo disegno di legge non incide nella lotta alla criminalità perché queste norme incidono ampiamente e in negativo in materia di sicurezza e in materia di lotta alla criminalità. È ciò che affermano tutti gli operatori della sicurezza e ricordano tutti i sindacati di Polizia. Mi limito a ricordare alcuni di questi aspetti. Innanzitutto, ricordo la limitazione delle intercettazioni ambientali in luoghi pubblici e non per acquisire prove sui reati commessi, ma per quelli eventuali e futuri, quasi ancora in mente dei. Vi è poi la limitazione nell'accesso ai tabulati telefonici, la ridicola commedia delle proroghe da richiedere ogni 48 o 72 ore con i poliziotti e i carabinieri che dovrebbero scorazzare, con le macchine che magari non hanno, con la benzina che magari non hanno, con il personale che non basta mai, dalla montagna alla periferia di ogni Regione fino al capoluogo per richiedere proroghe con faldoni e faldoni di carte processuali, invece di badare alla prevenzione del crimine e alla sicurezza dei cittadini. Altra limitazione è l'imposizione del tribunale collegiale come giudice competente in materia di intercettazioni che comporterà disfunzioni, disorganizzazione e rischio di blocco di una macchina giudiziaria già asfittica e impotente. Ed ancora, le limitazioni imposte alla possibilità di intercettare persone non indagate quasi indiziate, per così dire, di collegamento diretto con le indagini e, soprattutto, le limitazioni imposte con questo disegno di legge alle intercettazioni dei cosiddetti reati satellite o reati spia fondamentali per arrivare ad accertare i reati di criminalità organizzata e di terrorismo. Tra questi ricordiamo il delitto di usura, di estorsione, di corruzione. Insomma, sostanzialmente i reati della cricca. Prima di passare all'aspetto che concerne la libertà di stampa, voglio soltanto citare un'altra norma pericolosa: quella che consente a qualsiasi indagato, a qualsiasi criminale o terrorista, di eliminare un magistrato inquirente o giudicante scomodo, non gradito e che consente di far saltare le indagini più complesse, più pericolose per il potere, per i criminali e per i terroristi. Questa norma che voi volete approvare è un'arma concessa ai criminali che rischierà, tra l'altro, anche di condurre a scarcerazioni indebite e pericolose. Il secondo aspetto fondamentale è quello che concerne la libertà di stampa, il bavaglio che volete mettere alla libera stampa. Mi basti ricordare che sotto dettatura del vostro Presidente del Consiglio - mi verrebbe da dire sotto dittatura del vostro principe - state approvando norme liberticide, norme estremamente limitative della libertà dei giornalisti di scrivere e di informare, estremamente limitative del diritto dei cittadini di sapere cosa avviene nei palazzi della politica e nei palazzi di giustizia, come norme di trasparenza imposte dalla Costituzione vorrebbero.
In particolare, infischiandovene di ogni nostro emendamento, confermate il carcere per i giornalisti e aggravate, con il maxi emendamento finale, le sanzioni per gli uditori con ciò violando in modo palese non solo la Costituzione italiana, ma altresì - e sempre in modo palese - la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e il Trattato di Nizza. Ricordo poi che la ormai costante giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, la Corte di Strasburgo, in sentenze recenti (a partire dal giugno 2007 fino al 2009) ha sancito che il diritto di informare e il diritto dei cittadini ad essere informati hanno un rango ed un rilievo superiori allo stesso segreto istruttorio quando si tratti di fatti di eccezionale rilievo sociale e politico. La stampa, dice la Corte di Strasburgo, è come le chien de garde, il cane da guardia di ogni democrazia. Voi, cercando di eliminare la libertà di stampa ed il controllo costituzionale della magistratura, state minando le basi stesse del nostro sistema democratico. Per fare ciò - e vengo al terzo aspetto fondamentale di questo disegno di legge - vi nascondete dietro il falso proposito di tutelare la riservatezza delle persone. Dico falso proposito perché se davvero aveste voluto tutelare la privacy sarebbe stato sufficiente accogliere almeno i nostri principali emendamenti in questa materia che prevedevano e prevedono, ad esempio, una serie di filtri (almeno cinque) per impedire la fuoriuscita di notizie concernenti fatti o persone estranee al procedimento penale. Inoltre, prevediamo nei nostri emendamenti e nei nostri disegni di legge, come Partito democratico, tutta una serie di responsabilità che vengono precisate e tutta una serie di sanzioni per le varie fasi delle operazioni delle intercettazioni e per i vari soggetti operanti, magistrati compresi. Ma a voi, in realtà e molto concretamente, non interessava e non interessa tutelare la riservatezza delle persone normali, a voi interessava e interessa tutelare la cricca, i criminali degli appalti, gli affaristi della politica, e per fare ciò fornite un concreto aiuto ai criminali veri e mettete le manette alla Polizia, rischiate di far saltare completamente le già derelitte strutture giudiziarie, cercate di bloccare le indagini per voi più scomode e scottanti, mettete un bavaglio alla libera stampa, impedìte l'informazione ai cittadini di questa nostra Repubblica. La prova della vostra malafede, perché lo fate dolosamente tutto ciò, sta nella norma sul regime transitorio che avete introdotto qui al Senato e che avete ribadito con il maxiemendamento. Il regime transitorio è la prova di tutta la fretta che avete nel coprire le vostre malefatte, le malefatte della vostra cricca. (Applausi dai Gruppi PD e IdV. Congratulazioni).
Sulle modalità di acquisizione della questione di fiducia
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, è arrivata una comunicazione del Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio di cui vi do lettura: «Confermo che il Consiglio dei ministri, nella riunione del 25 maggio scorso, ha manifestato il proprio assenso a ricorrere allo strumento regolamentare della fiducia, qualora risultasse necessario in ordine al disegno di legge sulla nuova disciplina delle intercettazioni giudiziarie».
Questa comunicazione è firmata dal Sottosegretario alla Presidenza del consiglio, quindi, dal punto di vista della procedura, è la conferma che il Consiglio dei Ministri ha dato questa autorizzazione. Le questioni politiche sono ovviamente altre; su questo non è nostra competenza ora intervenire.
Ripresa della discussione dei disegni di legge nn. 1611, 212, 547, 781 e 932 e della questione di fiducia(ore 10,27)
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Benedetti Valentini. Ne ha facoltà.
BENEDETTI VALENTINI (PdL). Onorevole Presidente, onorevoli senatori, appartengo, come noto, a quella esigua e tenace minoranza che cerca di interessarsi del merito dei problemi e non degli strumentalismi che vi fioriscono intorno.
Presidenza della vice presidente BONINO (ore 10,28)
(Segue BENEDETTI VALENTINI). Ma la mia sensazione, personalissima ma credo di nove cittadini su dieci che eventualmente abbiano seguito tutta questa vicenda, è che alle forze politiche sia interessato più ciò che c'era dietro, o sopra o sotto, che non il merito del provvedimento stesso. Ecco perché in pochi attimi non posso fare che degli accenni, perché no, anche polemici.
Le opposizioni, che ho avuto modo di ascoltare attentamente durante questi mesi di lavoro, si sono divise sì in falchi e colombe, ma non soltanto, anche in molti altri tipi di uccelli, onorevoli senatori. I falchi, certo, coloro che nel PD o altrove volevano occupare l'Aula, fare manifestazioni di protesta clamorose, le colombe, coloro che, più aderenti alle regole e al buono tono, avrebbero voluto fare dell'ostruzionismo corretto, più morbido, più levigato, ma anche altri tipi di uccelli politici. Certamente vi sono anche i corvi, non sia un'offesa per nessuno, coloro che giocano al tanto peggio tanto meglio e che sono interessati più che altro a far risuonare qui, per quanto possibile le voci, non del popolo tricolore magari, ma del popolo viola, sempre più isterico e disperato dei "santorini" e dei "travaglioidi" e altri uccelli, le cinciallegre, quelle che in qualche modo avrebbero voluto usignolare anche con la maggioranza ed il Governo ma senza trarne le conseguenze: disposti ad esaminare i testi purché fosse chiaro che restassero comunque su una linea di opposizione.
Infine, se vogliamo continuare con le allusioni, non sono mancati anche quelli che sono volati sul nido dei cucùli, perché naturalmente è diventata un'arte sofistica anche quella di essere i nidi dei cucùli ed al tempo stesso riportare a casa - come si suol dire ormai in gergo - i risultati politici di certi dissensi dosati e calibrati: molto appassionante per gli addetti ai lavori; esasperante e disgustante per i cittadini che ci ascoltano!
MASCITELLI (IdV). Ci sono pure i pappagalli!
BENEDETTI VALENTINI (PdL). Personalmente, checché ne pensi il Governo penombra del momento, voterò la fiducia al Governo.
SERRA (PD). Bravo!
BENEDETTI VALENTINI (PdL). Voterò la fiducia al Governo che, in sintesi, sta assicurando, nonostante le eccezionali difficoltà, la rotta della coesione sociale e del mantenimento degli equilibri economico-finanziari. Voterò anche la fiducia al provvedimento, che non è il massimo dei miei sogni personali e dei miei desideri, ma - come dissi ormai quasi un anno fa in Commissione giustizia del Senato - quando si è di fronte agli abusi, agli eccessi e al ludibrio è inevitabile e ci si assume le responsabilità delle reazioni e dei giri di vite che si è necessitati ad adottare. Qualche illustre collega ha sottolineato che con questo provvedimento abbiamo tamponato gli effetti più che curato le cause di certe degenerazioni. Lo so, è la verità! Senza voler insegnare all'opposizione a fare l'opposizione, che è un mestiere che io ho svolto per qualche decennio, voglio evidenziare che se l'opposizione si fosse intesa, non a lanciare messaggi propagandistici al "popolo viola", ma effettivamente a costruire, anche in dialogo con la maggioranza (perché no?), senza preconcetto, modifiche sui passaggi tecnici fondamentali di questo provvedimento, di per sé necessario, probabilmente qualche risultato in più sarebbe emerso e non sarebbero mancati orecchie ed animi attenti sui banchi della maggioranza.
BELISARIO (IdV). Bugie!
BENEDETTI VALENTINI (PdL). È difficile dare del bugiardo a me, caro senatore Belisario. È ben difficile perché ho ottima memoria e buona storia parlamentare. È difficile, molto difficile!
BELISARIO (IdV). Come uccelli, sareste pappagalli!
MUGNAI (PdL). Ma la faccia finita! (Commenti del senatore Serra).
BENEDETTI VALENTINI (PdL). È molto difficile, Governo penombra! (Commenti del senatore Belisario).
PRESIDENTE. Senatore Belisario, per cortesia!
BENEDETTI VALENTINI (PdL). Gli eccessi sono dunque la causa delle reazioni, anche sul piano legislativo. Io voto il provvedimento perché esso argina gli abusi incontenibili che si sono verificati, oltre alla dilapidazione di spese o comunque al dilagare della spesa che ormai è diventata la prima voce di un bilancio della giustizia sul quale pure spesso facciamo lacrime e proteste fondate. I reati si devono perseguire indagando, tornando ad indagare e non affidandosi soltanto alla generica rete a strascico delle intercettazioni. Si deve tutelare il bene della riservatezza e della privatezza, che è proprio delle società libere - è inutile fare ossequio a parole a questo principio e poi sottostimarlo - contro lo scempio che se ne fa quotidianamente anche da parte - perché no? - di mezzi di informazione che dovrebbero essere rigorosi con loro stessi ed essere strumenti di informazione e di crescita democratica e non di aggressione ai singoli e alle comunità.
BELISARIO (IdV). I giornali, per esempio.
BENEDETTI VALENTINI (PdL). Dovrebbero agire contro i traditori del segreto d'ufficio, che è uno dei più gravi delitti, carissimi colleghi, che può essere commesso da chi vuole onorare certe funzioni che è chiamato a compiere. Mi meraviglia che i molti richiami etici sollevati non si siano soffermati su questo aspetto: il tradimento del segreto sacro del proprio ufficio è uno dei delitti più gravi che si possono registrare in una società moderna, evoluta e democratica.
MASCITELLI (IdV). Insieme alla corruzione per atti giudiziari.
BENEDETTI VALENTINI (PdL). Peccato, dunque, che un ostruzionismo assolutamente puerile abbia condotto a quella che chiamiamo in gergo parlamentare la blindatura del testo finale. Onorevoli colleghi, non me ne rallegro neanche io dal banco della maggioranza, cui pure appartengo lealmente. Me ne rammarico - caro senatore D'Ambrosio, lei ha avuto la bontà di citarmi più volte (troppo onore!) nella giornata di ieri - anche a titolo personale. Onorevoli colleghi di maggioranza e di opposizione, sapete benissimo che su un punto fondamentale, attento al merito come sono, mi sono battuto affinché fosse rimediato ad un errore evidente contenuto nel provvedimento. Se ci aveste investito seriamente e non strumentalmente, forse qualche risultato sarebbe venuto. Mi riferisco a quello che trasferisce la competenza ad autorizzare le intercettazioni dal competente giudice delle indagini preliminari al tribunale in forma collegiale del capoluogo del distretto.
È un errore tecnico evidente che rischierà di inceppare la legge e di mettere in crisi il sistema, di paralizzare taluni tribunali, creare diseguaglianza di poteri tra tribunali, creare traffico e violazioni alla riservatezza. Lo dico con tutta franchezza e non è stato possibile rimediarvi. Ebbene, proprio su questo argomento sono lieto di potervi dire che il sottosegretario Caliendo, a nome del Governo, ha espresso la disponibilità, che ho molto apprezzato, a rivedere da un punto di vista tecnico questa materia e in senso non accentratorio quando, in occasione dell'esame del processo penale, si discuterà delle misure cautelari, personali e reali, anche se in senso diverso da quello indicato dal senatore D'Ambrosio, me lo consenta, dall'Associazione nazionale dei magistrati e da quant'altri, fautori dell'accentramento delle strutture giudiziarie.
D'AMBROSIO (PD). Ma che dice! Il discorso è completamente diverso.
BENEDETTI VALENTINI (PdL). Io sono semmai il sostenitore della filosofia opposta e proprio in questi giorni. (Commenti del senatore D'Ambrosio). Sì, è così; so quello che dico! Proprio in questi giorni l'Associazione nazionale magistrati nel criticare questo provvedimento e altre questioni attinenti alla manovra ha chiesto di sopprimere i tribunali periferici, di accorpare i piccoli tribunali, di chiudere le sezioni distaccate di tribunale, di chiudere metà degli uffici del giudice di pace pur di non subire tagli ai propri stipendi. Questo è quanto ha detto l'Associazione nazionale magistrati ed è con sdegno che sottolineo questo aspetto. Si chiede, infatti, di togliere alla città, alle comunità, specie quelle più periferiche, i loro servizi purché non si vada ad incidere sulle loro super-retribuzioni e non già su quelle dei giovani magistrati, il cui problema è ben chiaro anche al Guardasigilli, che tra l'altro ha detto con chiarezza di voler affrontare. A questo riguardo voglio dirvi che è uno spettacolo poco decente quello dato non solo sulla materia delle intercettazioni, ma proprio sulla manovra. Quando si chiede a tutti di fare sacrifici - e giustamente lo si chiede anche a noi, ceto politico di tutti i livelli, non solo parlamentare - di dare un taglio alle proprie retribuzioni, non per risolvere problemi finanziari ma per dare un segno ed un esempio, è veramente ridicolo - lo dico senza demagogie, cari colleghi - che le grida più alte siano venute da ceti estremamente sofferenti come gli alti magistrati o i farmacisti urbani. Ci manca soltanto che insieme a voi, campioni del popolo che non arriva alla fine del mese, occupino i banchi del Governo ceti sofferenti come i divi del pallone, i divi della televisione o magari i colleghi del notariato.
Allora sì che Di Pietro e Bersani sarebbero veramente i campioni del popolo schierandosi a fianco di queste grida di dolore. Il cittadino ci inchioda a queste responsabilità e quando si vara una legge dopo molti anni di dibattito, dopo due anni di legislatura e dopo che ci si è confrontati con inutili ostruzionismi, dopo aver verificato una quantità di abusi che ipocritamente si vuole negare, costringere alla blindatura - questo è quanto è stato fatto - significa ottenere risultati esattamente opposti a quelli che a parole si intendeva perseguire. Queste sono le ragioni, in pochissimi minuti non posso dire di più, ma sono pronto a qualsiasi dibattito e in ogni sede, per le quali si impone, per ragioni di merito e di quadro politico, di conferire, formalismo o non formalismo, il voto di fiducia al nostro Governo. (Commenti del senatore Maritati. Applausi ironici dal Gruppo IdV).
BELISARIO (IdV). Bene, bis!
CAFORIO (IdV). Bis!
PRESIDENTE. Presidente Belisario, la prego.
BENEDETTI VALENTINI (PdL). Lei faccia il suo bis e vada dal popolo viola. È un Governo balneare: mettetevi in slip e costume.
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, dichiaro chiusa la discussione sulla questione di fiducia posta dal Governo. In considerazione dell'orario già stabilito dalla Conferenza dei Capigruppo per le dichiarazioni di voto con trasmissione in diretta televisiva sospendo la seduta fino alle ore 11,30.
(La seduta, sospesa alle ore 10,40, è ripresa alle ore 11,31).
Presidenza del presidente SCHIFANI
Onorevoli colleghi, riprendiamo i nostri lavori. Prima di passare alle dichiarazioni di voto, riscontro che nei banchi del Governo sono seduti molti esponenti di un Gruppo che non ricoprono cariche istituzionali. Invito, quindi, questi colleghi a lasciare i banchi del Governo. (Applausi dal Gruppo PdL. I senatori del Gruppo IdV non accolgono l'invito della Presidenza). Invito nuovamente i colleghi a lasciare i banchi del Governo.
Sospendo la seduta per cinque minuti e comunico che la Presidenza si riserva di valutare se permettere o meno la diretta televisiva dei lavori dell'Aula.
(La seduta, sospesa alle ore 11,32 è ripresa alle ore 11,40).
Onorevoli colleghi, la seduta è ripresa. Invito nuovamente e formalmente i senatori che non fanno parte del Governo e che indebitamente occupano quei banchi a lasciarli immediatamente, richiamandoli all'ordine. (Applausi dal Gruppo PdL). Invito per la seconda volta i senatori che occupano indebitamente i banchi del Governo a lasciare quei banchi e prendere posto nelle loro allocazioni istituzionali e li richiamo nuovamente all'ordine. Richiamo nuovamente all'ordine, per la terza volta, i senatori che occupano indebitamente i banchi del Governo e li invito a lasciarli immediatamente, per la terza ed ultima volta. La Presidenza a questo punto è costretta ad espellere dall'Aula i senatori che indebitamente occupano i banchi del Governo. (Applausi dal Gruppo PdL). Potranno rientrare per esprimere il loro voto sulla questione di fiducia allorquando questo verrà effettuato in quest'Aula nella seduta antimeridiana di oggi. Prego i senatori Questori di procedere alla disposizione della Presidenza. La seduta è sospesa.
(La seduta, sospesa alle ore 11,42, è ripresa alle ore 11,57).
La seduta è ripresa. Abbiamo ripristinato la diretta televisiva. Passiamo alla votazione dell'articolo unico del disegno di legge n. 1611.
VILLARI (Misto). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
VILLARI (Misto). Signor Presidente, onorevoli senatori, rappresentanti del Governo, due diritti, entrambi fondamentali per una società civile evoluta, quello alla privacy e quello ad essere informati, sono diventati, loro malgrado, antitetici: tesi ed antitesi. Il loro bilanciamento, un bilanciamento adeguato, era quindi necessario e non più rinviabile. Purtroppo i diversi interventi legislativi - penso al codice della privacy, ovvero al decreto legislativo del 30 giugno 2003, n. 196, alla legge del 20 novembre 2006, n. 281, sulle intercettazioni acquisite in modo illegale, agli articoli 114, 115 e 329 ed altri del codice di procedura penale ed anche alla Costituzione con l'articolo 15 - non sono riusciti a comporre gli interessi che ormai possiamo definire voyeuristici, che, ben oltre il contenuto, si basano ormai sulla mera notizia. Sono anni, onorevoli colleghi, che i magistrati e i giornalisti si palleggiano le responsabilità sulla fuga di notizie, incuranti del fatto che spesso a pagarne le conseguenze è il cittadino, che in molti casi non sarà nemmeno indagato e che fortuitamente o meno ha relazioni di qualsiasi genere con la persona intercettata. Così, la storia giornalistica italiana si è colorata di Tangentopoli, Calciopoli, Vallettopoli ed oggi già si parla di una seconda serie rispetto alla precedente indagine per gli eventuali nuovi sviluppi e via, via andando avanti. I dati forniti da Eurispes sono impietosi. Vi è un incremento vertiginoso delle intercettazioni nel periodo 2001-2007. Nel 2001 le intercettazioni sono state 32.000, 45.000 nel 2002, 80.000 nel 2003, 93.000 nel 2004, oltre 100.000 nel 2005, fino a raggiungere gli oltre 112.000 nell'anno 2007. La spesa complessiva nel periodo 2001‑2007 è stata di oltre 1 miliardo e mezzo di euro e solo nel 2007 ha raggiunto una cifra pari a poco meno del 3 per cento del bilancio del Ministero della giustizia: circa 225 milioni di euro. L'analisi del dato puramente economico, non è secondaria ed ha sicuramente un grande effetto sull'opinione pubblica, soprattutto su quella maggioranza di cittadini perbene che non sarà mai intercettata. É anche corretto però sottolineare come questo mezzo sia utile e addirittura insostituibile in molti casi. Dovrebbe emergere forse con più forza e più chiaramente che le spese sostenute per le singole inchieste spesso vengono non solo compensate dal denaro recuperato, ma a volte anche ampiamente superate. Al di là di questi aspetti meramente economici, le intercettazioni restano uno strumento essenziale e la letteratura giuridica, ma soprattutto processuale, può dimostrarne l'importanza, in particolar modo riguardo alla lotta ai reati mafiosi. A tal proposito, l'audizione in Commissione del Procuratore nazionale antimafia, Grasso, aveva dato spunti migliorativi fondamentali per il testo, che noi del Movimento per le Autonomie abbiamo raccolto e presentato sotto forma di emendamenti. Il Governo ha però ritenuto di riassorbirne solo 1 nel proprio testo. La maggioranza ha perso un'opportunità, a mio parere, quella non solo di rendere il testo più equilibrato, ma soprattutto di evitare il rischio di appannare i risultati ottenuti in questi due anni di lotta contro la mafia. È mancato il confronto necessario e anche il coraggio di guardare oltre la siepe dei reati satelliti, che così come disciplinati rischiano di limitare e lasciare monchi gli strumenti ad oggi previsti per il contrasto alla criminalità organizzata. Chi come me vive nel Mezzogiorno, conosce bene questa piaga, che ogni giorno umilia la correttezza e l'onestà... (Richiami del Presidente). Mi dia la possibilità do concludere, Presidente...lasciando il mezzogiorno solo ceneri di arretratezza, povertà e diseguaglianza. Ed è una piaga che andava superata. Ci siamo chiesti se si poteva fare di più, signor Presidente. La risposta è che si doveva e si poteva fare di più. Questo testo avrebbe dovuto realizzare un compiuto equilibrio tra diritto alla riservatezza e diritto all'informazione. Questi diritti non sono stati pienamente raggiunti e proviamo disagio di fronte alla richiesta di fiducia, che esula il contraddittorio necessario su un tema così importante....
PRESIDENTE. Senatore Villari, deve terminare il suo intervento. Ho l'esigenza di garantire a tutti i Gruppi i diritti la diretta televisiva. Consegni alla Presidenza il testo scritto.
VILLARI (Misto). Per questi motivi e per lo sforzo compiuto ma insufficiente nell'esprimere disagio e rammarico per l'opportunità non completamente raccolta, il Movimento per le Autonomie non parteciperà al voto.
BRUNO (Misto-ApI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BRUNO (Misto-ApI). Signor Presidente, intervengo con un po' di imbarazzo rispetto all'episodio di poco fa. Per quanto mi riguarda la democrazia si nutre anche di simboli e sempre a mio avviso le Aule parlamentari hanno un significato quasi sacrale per la nostra Repubblica. Quindi, non condivido quello che è accaduto. (Applausi dai Gruppi PdL e LNP). Tuttavia, per rientrare nel merito della questione, noi di Alleanza per l'Italia avremmo comunque votato contro questo provvedimento, fiducia a parte, come si può dire, perché questo provvedimento complessivamente non convince e non ci convince né nel merito e nel metodo, nel metodo perché tratta di un argomento delicatissimo, in particolare degli equilibri tra poteri e contropoteri dello Stato. Tratta di argomenti per cui bisogna necessariamente ricercare sempre una condivisione più ampia e non la solitudine con la quale l'attuale maggioranza di forza si appresta ad approvare queste norme. Se il Governo esaminasse quello che accade, senatore Centaro, nessuna forza politica potrà votare il vostro provvedimento e fuori da questa Aula non c'è una categoria o pezzi di qualche categoria e poteri interessati che condividono il lavoro che è stato fatto. Bisognava procedere con più prudenza, con più ponderatezza. Non è un caso se all'inizio di questa legislatura abbiamo presentato una proposta, che è agli atti del Parlamento, per istituire una Commissione d'inchiesta sul fenomeno delle intercettazioni. Lo abbiamo fatto proprio perché si potessero trovare, nell'esame di quello che era accaduto, convergenze significative. Il provvedimento oggi al nostro esame riguarda la natura della democrazia nel nostro Paese, per questo è sbagliato approvarlo a colpi di maggioranza o di fiducia, come vi apprestato a fare. Nel merito noi avremmo votato contro tutte le parti del provvedimento che prevedevano limitazioni allo strumento investigativo. Non si può fare a meno o limitare questo strumento, non si può arretrare nella lotta alla criminalità o nella lotta alla corruzione. Avremmo, quindi, valutato caso per caso, emendamento per emendamento, comma per comma tutti i passaggi di quell'unico articolo, tutte le norme a tutela della privacy riferendoci anche a quanto era accaduto nella scorsa legislatura, a quel provvedimento che era stato presentato dal Governo Prodi e che aveva trovato in un ramo del Parlamento un'ampia, amplissima convergenza. I nostri emendamenti, gli emendamenti che avevamo presentato, andavano in questo senso. Badate bene, noi siamo consapevoli che questo strumento ha subito delle degenerazioni registrate nel suo uso, nella sua funzione. Come siamo consapevoli che gli anticorpi che pure esistono nella magistratura, perché spesso il giudice terzo annulla ciò che succede in alcune procure, persino quegli anticorpi che comunque dobbiamo sempre tutelare spesso arrivavano tardi, a danno già avvenuto. Siamo persino consapevoli che non riguarda tanto gli innocenti, i terzi che finiscono nelle indagini. E siamo consapevole che non c'è nessuno che può prevedere per i colpevoli, per quelli che vengono inquisiti e ritenuti colpevoli, una pena aggiuntiva non prevista da alcun codice, da alcun pubblico ministero. E nessun giornalista può colpevolizzare oltre ciò che prevede il codice chiunque guardando ai propri orientamenti, alle proprie vicende, o a vicenda che nulla hanno a che fare con gli episodio per cui si indaga. E, tuttavia, come facciamo, a fronte dell'apposizione da parte del Governo della fiducia, a svolgere la nostra funzione di parlamentari? Noi in quanto legislatori possiamo migliorare questo testo che è assolutamente migliorabile.
Penso che oggi sia stato commesso un errore. Voi apponete la fiducia, a noi cadono le braccia. Nemmeno di questioni così serie si può discutere con questo Governo. Sbagliate! Ed anche per questo Alleanza per l'Italia esprimerà un voto contrario. (Applausi dei senatori Rutelli, Astore e Lusi. Congratulazioni).
LI GOTTI (IdV). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Colleghi, vi chiedo scusa se vi invito al rispetto dei tempi, ma siamo in diretta televisiva.
Ne ha facoltà, senatore Li Gotti.
LI GOTTI (IdV). Signor Presidente, dietro all'ipocrito richiamo al rispetto del principio costituzionale della libertà e segretezza delle comunicazioni si demolisce oggi uno dei più importanti mezzi di ricerca della prova dei crimini. La tutela del principio costituzionale andava assicurata con i giusti presidi in ordine alla riservatezza delle captazioni, con il loro uso ponderato selezionato nel contraddittorio delle parti, con le inasprite sanzioni per le violazioni della segretezza. Il Governo e la maggioranza hanno voluto invece altro e su questo altro non potranno rispondere con onestà alle domande degli italiani. Il Governo si gonfia il petto per gli arresti operati dalle forze dell'ordine - che noi ringraziamo sempre - e dalla magistratura: ne fa un proprio merito. Ma ora demolisce le norme che quegli arresti hanno facilitato e spesso esclusivamente determinato. Vi pongo io le domande che i cittadini vorrebbero farvi ed alle quali non potrete rispondere se non con l'inganno. Perché avete reso così difficile, tortuoso e insidioso il percorso per cercare la prova dei crimini? Perché avete, di fatto, cancellato la possibilità di utilizzare le intercettazioni ambientali prescrivendo che esse potranno effettuarsi nei luoghi privati solo se vi è il sospetto di attività criminosa in atto, anche se si cercano le prove in ordine ad un delitto già consumato? Perché volete consentire le intercettazioni ambientali solo per tre giorni, sia pure prorogabili, e solo nei luoghi pubblici o aperti al pubblico? Perché non potrà più tentarsi di captare le conversazioni dei sospettati di gravi crimini collocando, ad esempio, la cosiddetta cimice in un'autovettura, in una masseria, in un capannone o in un circolo privato? Perché avete abrogato l'articolo 13 del decreto-legge n. 152 del 1991, la cosiddetta legge Falcone, che accomunava ai fini della possibilità, della durata e delle modalità delle intercettazioni tutti i fatti di criminalità organizzata mafiosa e non? Perché avete con la detta abrogazione escluso grandi e pericolosi crimini dalla possibilità di intercettazione cosiddetta semplificata? Perché avete voluto annullare una legge di estrema importanza nella lotta al crimine e che l'Italia deve alla felice intuizione di Giovanni Falcone? Perché non avete voluto prevedere l'arresto in flagranza obbligatorio per il reato di pedofilia? Perché prima avete accettato questa norma e poi la avete cancellata, con la motivazione di ingiusta previsione dell'arresto nei casi di minore gravità e però cancellando anche l'arresto obbligatorio in flagranza anche per i casi gravi di pedofilia? Perché avete voluto reintrodurre in Italia la censura vietando la pubblicazione di atti non più coperti dal segreto? Perché non volete che i cittadini sappiano? Perché volete l'omertà di Stato? Perché odiate la libera informazione? Voi non avete la risposta a nessuna di queste domande. Io tenterò di darvi la risposta: perché lo vuole Silvio Berlusconi e il suo sistema, il protettore adottato dal malaffare, l'uomo che ieri ha detto: «Non c'è stata alcuna cricca, niente di meno che positivo», ovviamente per lui. Proprio oggi i giornali parlano dell'indagine che riguarda Verdini. L'uomo che ha detto ieri: «Governare con le regole che impone la Costituzione è un inferno». Ho cercato di attualizzare in maniera più sincera una lettura delle dichiarazioni rese ieri dal presidente Berlusconi ed ho fatto qualche minimo ritocco: «Bisogna andare avanti decisi» - parliamo del disegno di legge - «in questa direzione perché il diritto alla riservatezza e all'inviolabilità dei farabutti è in cima ai miei pensieri. L'attuale disegno di legge non risolve tutti i problemi, ma è un primo passo importante; cercheremo di migliorarlo più avanti. Solo una piccola lobby di magistrati e giornalisti è contraria alla legge sulle intercettazioni». La grandissima maggioranza dei farabutti, dei ladri, dei corrotti e dei corruttori, degli omicidi, dei peculatori, dei falsificatori e compagnia varia è stanca di non poter usare il telefono per tema di essere spiata. Oggi i malfattori stano canticchiando: «Meno male che Silvio c'è». È diventato il loro inno. (Applausi dal Gruppo PD). Unitevi anche voi al coro, alla faccia degli italiani imbrogliati. Non so se i sacerdoti della fiducia siano collusi o pavidi; sono certamente complici e conniventi. Vergogna. Non bisogna però rinunciare alla resistenza e alla lotta. Assisteremo al giorno in cui tutto il crepuscolare basso impero berlusconiano sarà inghiottito dall'ignominia e ricordato come una parentesi nefasta per l'Italia. La resistenza si compie anche con gesti significativi e simbolici, come l'occupazione dell'Aula da parte dei senatori dell'Italia dei Valori, e dispiace che nel momento in cui si è proceduto, penso correttamente, alla loro espulsione la stampa non abbia potuto assistere alla ripresa di sovranità di questa Aula. Comunque, condivido la battaglia del mio partito perché quel gesto era volto a sottolineare con forza il nostro no al malaffare, il nostro no alla fiducia al Governo protettore del malaffare, il nostro sì all'onestà, alla speranza, al lavoro ed ai sacrifici del popolo italiano. Viva l'Italia onesta e pulita! (Applausi dal Gruppo PD e della senatrice Giai).
D'ALIA (UDC-SVP-Aut:UV-MAIE-IS-MRE). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
D'ALIA (UDC-SVP-Aut:UV-MAIE-IS-MRE). Signor Presidente, onorevoli senatori, siamo qui per confermare, nostro malgrado, il giudizio negativo sulla legge di riforma delle intercettazioni. Dico nostro malgrado perché - come noto - sul tema della riforma della giustizia abbiamo sempre ritenuto che il Parlamento, maggioranza ed opposizioni insieme, debba fare un vero e proprio salto di qualità, evitando di trasformare le istituzioni rappresentative (come purtroppo anche questa volta è avvenuto e come puntualmente avviene ogni qual volta si discute di giustizia) in un aula di tribunale nella quale si misurano solo i rapporti di forza tra i sostenitori della difesa e i sostenitori dell'accusa. Noi non siamo iscritti né al sindacato dei magistrati né al sindacato degli avvocati e meno che meno a quello degli imputati. Noi aspiriamo a rappresentare i cittadini, il popolo italiano, nel nome del quale si dovrebbe sempre e solo amministrare la tutela dei diritti.
Purtroppo, questo Paese da tanti anni non riesce ad avere una seria riforma della giustizia, che vada nella direzione giusta e cioè nella direzione di garantire i diritti di libertà dei cittadini e tra questi, innanzitutto, il diritto alla sicurezza. Purtroppo, in questi anni, le modifiche alla legislazione sono avvenute solo per rendere ancor più vischioso il sistema giudiziario e più funzionale ora agli interessi della magistratura ora a quelli dell'avvocatura, mai per rendere più agevole al cittadino l'accesso alla tutela dei diritti e più efficiente la macchina giudiziaria che è la parte più complessa e delicata dell'amministrazione dello Stato. Anche la legge che ci proponete non sfugge a questa drammatica constatazione, perché ci state costringendo ad approvarla così com'è, ricorrendo al voto di fiducia. A tale riguardo, consentitemi di dire senza polemica e senza la falsa indignazione di quanti amano indulgere alla piazza piuttosto che assumersi la responsabilità di decidere in Parlamento come migliorare le condizioni del Paese che non ha senso né politico né istituzionale porre la fiducia qui, in Senato, sterilizzando il confronto parlamentare proprio nel momento in cui quest'ultimo poteva svoltare positivamente nel senso di una convergenza più ampia. La questione di fiducia posta così a freddo è solo un atto di forza che nasconde insicurezza e debolezza. La fiducia non era necessaria soprattutto dopo che la maggioranza (siete 100 più di noi) ha raggiunto l'intesa su una proposta. Quest'ultima avreste dovuto offrirla al contributo delle opposizioni, senza chiudervi a riccio. Così facendo, onorevoli colleghi, avete commesso due errori: avete mostrato che al vostro interno la coesione rischia di durare lo spazio di un mattino (e per questo vi state affrettando a licenziare un provvedimento costi quello che costi); avete chiuso ogni dialogo con le opposizioni, anche con quelle più aperte al confronto e alla discussione, mettendo sullo stesso piano «sciacalli e leoni». A cosa vi serva tutto ciò sinceramente stentiamo a comprenderlo. Non serve, certo, a rendere più disteso il clima politico di un Paese chiamato a compiere proprio in questi giorni enormi sacrifici e che dunque ha bisogno dell'apporto di tutti per superare le difficoltà che si trova davanti. Non serve a rendere più agevole il dialogo tra le forze politiche, così come auspicato dal nostro Capo dello Stato, che con fatica si spende quotidianamente per rendere le istituzioni più credibili e più vicine ai bisogni della gente.
Ci avete chiuso la porta in faccia proprio nel momento più propizio, in cui le vostre aperture al confronto avevano indotto, anche noi, a ritenere possibile la convergenza su un testo migliore e ampiamente condiviso.
Eppure noi abbiamo lavorato solo per migliorare il provvedimento perché riteniamo giusto tutelare i cittadini dall'abuso d'informazioni riservate, dall'uso strumentale della privacy a fini politici o di estorsione, dalla indebita intrusione nella loro vita senza che vi sia una buona ragione per farlo. Riteniamo, infatti, fondata un'iniziativa legislativa che sia animata da sinceri sentimenti di riequilibrio tra due interessi costituzionalmente protetti: la dignità della persona umana e la sicurezza pubblica. Quindi, una nuova disciplina delle intercettazioni che, senza pregiudicare il diritto-dovere dei magistrati di investigare, intervenga sull'abuso di questo indispensabile mezzo di ricerca della prova ci sembra quanto mai opportuna; una disciplina che limiti appunto l'abuso e non anche l'uso di questo indispensabile strumento d'indagine. Noi abbiamo viceversa un testo che, pur con cambiamenti e ripensamenti della maggioranza, è ancora squilibrato perché affidare ad un tribunale collegiale l'autorizzazione ad intercettare anche per i reati più gravi significa rendere difficile al pubblico ministero il ricorso alle intercettazioni quando vi sono in ballo delitti gravi e di particolare allarme sociale, significa rendere più difficile la celebrazione dei processi per quei reati moltiplicando il numero dei giudici incompatibili, significa introdurre un sistema irragionevole in forza del quale basta un solo giudice a condannare all'ergastolo un cittadino e ce ne vogliono tre per fare le intercettazioni che servono a portarlo in giudizio da quel singolo giudice, significa trasformare l'intercettazione da mero strumento di ricerca della prova a prova regina differenziando il regime giuridico che riguarda questo strumento dagli altri strumenti di ricerca della prova parimenti intrusivi della privacy come l'ispezione, il sequestro, la perquisizione. Ma, cari colleghi della maggioranza, vi sembra meno intrusiva un'ispezione personale, con tanto di verbale piazzato sui giornali, che svela pregi e difetti fisici della persona ispezionata? Noi crediamo di no e, quindi, ci appare irragionevole una disciplina differenziata per eguali mezzi di ricerca della verità. E ancora, vi sembra giusto l'aver equiparato alle intercettazioni telefoniche le intercettazioni ambientali, l'acquisizione dei tabulati telefonici e le videoriprese? Questi ultimi sono strumenti certamente meno invasivi della privacy e viceversa assolutamente indispensabili nella lotta alla mafia e al terrorismo. Questo vostro modo di disciplinarli rende difficile e a volte impossibile a forze dell'ordine e magistratura perseguire tali reati con efficacia e tempestività. E che dire del limite rigido di durata delle intercettazioni? Siete stati costretti, e ve ne diamo atto volentieri, a rivedere questa norma dalle conseguenze allucinanti. Se, infatti, al settantacinquesimo giorno di ascolto di un pregiudicato si scopre che il giorno successivo commetterà un omicidio, non si sarà in condizioni di arrestarlo perché non si possono più ascoltare le sue conversazioni. Ma il rimedio che avete introdotto è peggiore del male perché costringete il pubblico ministero a dover adottare ogni 72 ore provvedimenti urgenti che un tribunale collegiale dovrà in tempo reale convalidare. Mi chiedo e vi chiedo: e se nei tre giorni d'intercettazione disposta con urgenza dal pubblico ministero non interviene la convalida del tribunale (per il carico di lavoro, per i tempi di trasmissione o di esame della documentazione o per altre ragioni obiettive che ne impediscano la decisione in tempi così stretti) cosa succede? Si brucia così, per un disguido burocratico, un'indagine delicata? E cosa raccontiamo alle vittime di reato che per mancanza di un auto di servizio, di una fotocopiatrice o per l'indisposizione di un magistrato le intercettazioni che sono servite ad arrestare il loro aguzzino non possono essere usate per condannarlo perché un tribunale le ha autorizzate fuori tempo massimo? Su questo aspetto si poteva fare di più e di meglio se solo ci aveste messo nelle condizioni di discuterne insieme. Che senso ha precludere alla libera stampa l'accesso alle aule di un tribunale per raccontare l'udienza di un processo che tanto scalpore ha suscitato nell'opinione pubblica? A quale logica obbedisce tutto ciò, considerato che proprio perché il dibattimento è pubblico ampia deve essere la sua diffusione per un principio di trasparenza dell'azione della magistratura e di partecipazione popolare all'amministrazione della giustizia, che appunto si amministra nel nome del popolo italiano. E perché consentire, a causa di un mero atto dovuto qual è l'iscrizione nel registro degli indagati, la sostituzione del pubblico ministero che ha condotto le indagini se non per sbarazzarsi di un giudice scomodo che conosce le carte dell'indagine e che quindi può sostenere con vigore le tesi accusatorie nel processo? A queste domande non è stato possibile dare una risposta compiuta perché avete posto la fiducia impedendoci di migliorare il testo del disegno di legge. Anche sulla disciplina della pubblicazione delle intercettazioni si poteva e si può migliorare il testo. Se, infatti, in un primo momento le sanzioni nei confronti della stampa sono state ridimensionate, non si capisce perché da ultimo avete introdotto, senza che alcuna possibilità di discuterne, un emendamento che introduce ulteriori sanzioni penali nei confronti degli editori. Vi rendete conto che così incidete profondamente nell'assetto proprietario delle aziende editoriali e nel delicato rapporto tra editore e giornalista? Vi abbiamo proposto tante soluzioni, anche molto equilibrate, alle quali non avete potuto (e forse non avete voluto) dare ascolto. Signor Presidente, credo che anche sulle spese delle intercettazioni si poteva fare di più. Noi siamo convinti che su questo fronte vi sono stati evidenti eccessi e ciò perché vi sono, come ha detto il ministro Alfano, 2.000 centri di spesa che non hanno parametri oggettivi e predeterminati per valutare la congruità dei costi.
Ma non è affidando al potere discrezionale del Ministro lo stanziamento dei fondi che si risolve il problema...
PRESIDENTE. Concluda, senatore D'Alia, ha finito il tempo.
D'ALIA (UDC-SVP-Aut:UV-MAIE-IS-MRE). ...perché si rischia solo di attribuire al Ministro il potere di stabilire come, dove e quando fare le indagini. A tale riguardo, quindi, signor Presidente e cari colleghi, eravamo pronti a discutere senza riserve in quest'Aula il testo concordato dalla maggioranza, che contiene alcuni importanti ed apprezzabili elementi di novità, e siamo rimasti basiti per il fatto che improvvidamente avete posto la fiducia. Non siamo indignati anche perché non siamo ipocriti; siamo meravigliati per questo improvviso gesto di chiusura. Non intendiamo però rassegnarci e quindi alla Camera riproporremo le nostre proposte di modifica con lo stesso spirito costruttivo. Oggi votiamo contro, ma se alla Camera la maggioranza accoglierà i nostri emendamenti siamo pronti a cambiare opinione e voto. (Applausi dal Gruppo UDC-SVP-Aut:UV-MAIE-IS-MRE e dei senatori Rutelli e Sbarbati).
BRICOLO (LNP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BRICOLO (LNP). Signor Presidente, con il voto di oggi approviamo finalmente la nuova legge sulle intercettazioni e allo stesso tempo raggiungiamo due importanti obiettivi che, come Lega Nord, volevamo ottenere: in primo luogo, il testo della legge risponde alle esigenze delle Forze di polizia che utilizzano le intercettazioni come strumento di indagine e allo stesso tempo però va a tutelare la privacy dei cittadini limitandone gli abusi del passato; in secondo luogo, con questo voto andremo anche a stoppare le tante, troppe e in molti casi strumentali polemiche sollevate dalla discussione di questo disegno di legge. I cittadini sono stanchi, stufi, non ne possono più di assistere a continue liti, a contrasti inutili nelle Aule parlamentari, che alla fine fanno perdere solo tempo. (Applausi dal Gruppo LNP). Cari colleghi, è da due anni che discutiamo in Parlamento di intercettazioni; troppo tempo! Con il voto di oggi il Senato potrà finalmente dedicarsi ad altro, in primis alla manovra fiscale, provvedimento che noi consideriamo invece necessario ed urgente per contrastare la crisi economica che stiamo vivendo e rilanciare la crescita del nostro Paese. Le opposizioni si sono inventate di tutto per allungare i tempi di discussione del provvedimento sulle intercettazioni allo scopo di affossare questa legge. Un atteggiamento legittimo, che noi però consideriamo sbagliato, proprio di chi non sa far altro che cavalcare il dissenso. Ma definirla una legge che favorisce le mafie, colleghi del centrosinistra, è davvero troppo. In queste parole c'è tutta la vostra malafede. (Commenti dal Gruppo PD). Per dimostrare che le vostre sono solo bugie e falsità, basta guardare ai fatti. Questo, cari colleghi, è il Governo che ha portato a casa i risultati migliori in tema di contrasto alla criminalità rispetto a tutti i Governi che lo hanno preceduto. I fatti parlano chiaro: centinaia e centinaia di latitanti arrestati, intere cosche sradicate, miliardi di euro in beni sequestrati alle mafie, ma non solo. Con l'introduzione del pacchetto sicurezza voluto dal ministro Maroni abbiamo bloccato i flussi di clandestini in arrivo sulle nostre coste; i reati sono diminuiti e le nostre città oggi sono più sicure. Questa è la realtà. (Applausi dai Gruppi LNP e PdL. Commenti dal Gruppo PD).
Anziché accusare noi di aver fatto una legge che favorisce le mafie, pensate a quello che avete fatto voi con il Governo Prodi. Con il vostro Governo, cari colleghi del Partito Democratico e dell'Italia dei Valori, avete fatto aumentare la criminalità in maniera esponenziale. (Commenti del senatore Maritati). Basta ricordare gli sbarchi quotidiani a Lampedusa di carrette del mare stracolme di extracomunitari clandestini, che poi da lì si trasferivano direttamente nelle nostre città, dove vivevano nell'illegalità e in molti casi delinquendo, dedicandosi allo spaccio di droga, allo sfruttamento della prostituzione, ai furti negli appartamenti, alle rapine. (Commenti del senatore Maritati). Non contenti di questo, avete voluto e votato l'indulto (ricordiamocelo), scarcerando così migliaia e migliaia di delinquenti che hanno ricominciato a commettere reati.
Con il vostro Governo, cari colleghi dell'opposizione, non siete stati in grado di arrestare i latitanti che noi abbiamo arrestato e di sequestrare i patrimoni illeciti dei mafiosi che questo Governo ha sequestrato. (Applausi dai Gruppi LNP e PdL. Proteste dal Gruppo PD).
PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia, fate silenzio. Il senatore Bricolo ha diritto di parlare in una Aula silenziosa, come hanno fatto gli altri senatori intervenuti e come garantirò anche a coloro che successivamente interverranno. Prego, senatore Bricolo, può continuare.
BRICOLO (LNP). Vi da fastidio, ma questa è la realtà. I mafiosi stavano meglio quando c'eravate voi al Governo. Questa è la realtà ...(Applausi dai Gruppi LNP e PdL) e non sono il solo a pensarla in questo modo. Come me la pensano i milioni e milioni di cittadini...
MARITATI (PD). Parla di questa legge! Parla della legge!
PRESIDENTE. Senatore Maritati, la richiamo. La prego, sta intervenendo il senatore Bricolo. Quando parlerà la sua Capogruppo, potrà rispondere. Prego, senatore Bricolo, continui.
BRICOLO (LNP). Ma come me la pensano i milioni e milioni di cittadini di questo Paese che, con il loro voto, e anche per questi motivi, hanno deciso di non farvi più governare. Siete all'opposizione perché l'hanno deciso i cittadini: ricordatevelo! (Applausi dal Gruppo LNP). Detto questo, è giusto anche entrare nel merito del provvedimento.
SOLIANI (PD). É ora!
BRICOLO (LNP). La legge andava fatta. Anni fa fu lo stesso Indro Montanelli a denunciare, per primo, il vergognoso abuso che i giornali facevano delle intercettazioni. Aveva ragione. Ora la situazione è sicuramente peggiorata. Siamo di fronte ad un far west dove tutti possono essere intercettati, anche senza motivo. Il nostro Paese ha il record per quanto riguarda le utenze intercettate, che sono molte di più di quelle di Francia, Germania e Inghilterra messe assieme, e cinquanta volte di più di quelle degli interi Stati Uniti d'America.
Visti i numeri esorbitanti, ovviamente la stragrande maggioranza di queste intercettazioni è inutile, ma costa. Il Ministero della giustizia ha un debito di 500 milioni di euro, mille miliardi di vecchie lire, da pagare alle ditte che le fanno su richiesta delle procure. Per di più, si doveva interrompere - a nostro avviso - lo scandalo di quei magistrati che, in palese violazione del segreto, girano ai giornalisti amici stracci di intercettazioni che magari non hanno alcun rilievo penale, ma semplicemente per screditare qualcuno, il loro nemico di turno. Troppi abusi e troppe irregolarità hanno messo a repentaglio la privacy dei cittadini, soprattutto di quelli estranei alle vicende giudiziarie. Allo stesso tempo, però, dovevamo garantire l'uso delle intercettazioni per le indagini, strumento che consideriamo indispensabile perché efficace, funzionale ed utile per la ricerca delle prove. Non è stato facile, ma alla fine siamo riusciti ad arrivare ad un testo che consideriamo equilibrato, che va a bilanciare l'esigenza di assicurare l'efficienza delle indagini e l'esigenza di tutelare le garanzie individuali.
Allora è giusto fare un po' di chiarezza. Tutti i reati che potevano finora essere intercettati rimarranno intercettabili, tutti con l'aggiunta dello stalking che non era previsto. Per quanto riguarda la mafia, il terrorismo e i reati di più grave allarme sociale, nessun limite alle intercettazioni. Settantacinque giorni più proroghe motivate all'infinito sono previste per gli altri reati, come già avviene in tutti i Paesi europei. Le intercettazioni ambientali si potranno effettuare anche senza la condizione di imminente commissione di reato. Le intercettazioni disposte per un reato potranno essere utilizzate per provare anche un altro reato. Le riprese video ed audio dei processi continueranno ad essere garantite. Per quanto riguarda i processi in corso, le intercettazioni già effettuate saranno tutte salve. Per intercettare una persona non si richiederà una prova di colpevolezza, nemmeno indiziaria, ma solo un vaglio serio alle esigenze investigative. Nulla di scandaloso, dunque, come affermano i colleghi dell'opposizione. Nessun aiuto alle mafie, anzi finalmente norme chiare che regolano l'attività di indagine, con l'aggiunta ‑ è giusto ricordare anche questo ‑ di nuove regole per la pubblicazione sui giornali, con lo scopo di garantire il doveroso diritto di cronaca evitando però gli errori del passato. Sono previste multe agli editori che pubblicheranno intercettazioni di cui è stata ordinata dai magistrati la distruzione. Infine, è giusto ricordare anche che tutte queste norme sono state introdotte qui al Senato, migliorando di gran lunga il testo già approvato dalla Camera, a dimostrazione che la maggioranza ha non solo ascoltato ma anche recepito le richieste che venivano dal Paese, dai Gruppi parlamentari e anche da quelli delle opposizioni, dalle forze di polizia, dagli editori, allo scopo di migliorare il provvedimento.
Voglio, dunque, ringraziare tutti i Senatori della Commissione giustizia per il lavoro fatto ed anche chi ha sempre cercato la giusta mediazione fra maggioranza ed opposizione allo scopo di evitare il più possibile inutili scontri e contrapposizioni: il presidente Schifani. (Applausi dai Gruppi LNP e PdL). Con l'approvazione di questo provvedimento, come ho ricordato precedentemente, finiranno finalmente anche le polemiche e gli scontri d'Aula sulle intercettazioni e potremo passare finalmente ad altro. La fiducia si è resa necessaria anche per questo. Potevamo perdere altre settimane di tempo votando in Aula centinaia e centinaia di emendamenti presentati dalle opposizioni, ma dopo due anni di contrapposizione muro contro muro, francamente si rischiava solo il blocco dell'attività parlamentare: e questo, cari colleghi, non possiamo permettercelo. Il Paese non può permetterselo. Finalmente potremo dedicare il nostro tempo a discutere della manovra fiscale.
PRESIDENTE. La invito a concludere, senatore Bricolo.
BRICOLO (LNP). Concludo, signor Presidente, una manovra che riteniamo necessaria dopo la drammatica crisi economica che ha colpito la Grecia e che vogliamo affrontare in Parlamento. Su questo chiediamo il contributo di tutti, anche delle opposizioni. Non serve protestare solo in piazza. Chi ha idee e proposte costruttive le può presentare in Aula e insieme siamo disposti a condividerle. (Applausi dai Gruppi LNP e PdL e dai banchi del Governo. Molte congratulazioni).
FINOCCHIARO (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FINOCCHIARO (PD). Signor Presidente, onorevoli colleghi, il Paese aveva bisogno di una riforma delle intercettazioni telefoniche. Ne aveva bisogno perché è intollerabile che sulle pagine dei giornali appaiano notizie che o sono coperte dal segreto istruttorio o non sono inerenti alle indagini e sono pubblicate soltanto per ledere la privacy e la dignità dei soggetti. (Applausi dal Gruppo PdL). Aspetterei ad applaudire e sentirei ciò che dirò dopo. (Applausi dal Gruppo PD). È intollerabile che si faccia mercato della dignità dei soggetti ed è intollerabile che vi siano fughe di notizie rispetto ad atti investigativi che probabilmente vengono frustati nella loro efficacia dalla fuga di notizie stesse. Ne aveva davvero bisogno. Una buona legge, tanto è vero che già dai primi atti del governo Prodi della scorsa legislatura, con un disegno di legge Mastella e poi ancora, di nuovo, in questa legislatura, con due proposte di legge una delle quali firmata dalla capogruppo, abbiamo chiesto la riforma della disciplina delle intercettazioni telefoniche. Pensavamo che una buona legge sulle intercettazioni telefoniche dovesse, innanzitutto, consentire la pubblicazione delle intercettazioni, ma solo se esse sono pubbliche (cioè già a conoscenza dell'imputato e del suo difensore) e se sono quelle già selezionate dal giudice che avrebbe dovuto selezionare tutte quelle (per legge, naturalmente, con delle sanzioni, se non lo faceva) che erano o non pertinenti al processo o inutilmente lesive, rispetto alle indagini, della dignità, della privacy dei soggetti o addirittura riguardavano soggetti del tutto estranei alle indagini. Bisognava consentire la pubblicazione degli atti, ma solo di quelli non più coperti da segreto, naturalmente, perché questa è ancora una questione equivoca - come sanno i colleghi della maggioranza - sulla quale la giurisprudenza ha qualche incertezza ed era bene scriverlo nero su bianco. Ed era ovvio che bisognava punire gravemente la pubblicazione delle notizie segrete e di quelle non pertinenti; in sostanza, la pubblicazione di notizie o destinate alla distruzione o che il giudice aveva eliminato da quelle che potevano essere utilizzate. Quindi, una buona legge sulle intercettazioni telefoniche che tutelasse la privacy e la dignità dei soggetti a qualunque titolo coinvolti nelle indagini. Non è la vostra legge. (Applausi dal Gruppo PD) e lo spiego a tutti i colleghi della maggioranza che, ovviamente, con grande fiducia voteranno questo testo (c'è un gioco di parole involontario, signor Presidente). Innanzitutto perché questa legge limita l'uso delle intercettazioni telefoniche come strumento di acquisizione della prova. Lo limita per i presupposti che prevede, lo limita nella durata, lo limita individuando un giudice competente che sta nell'ufficio del distretto (e quindi con una fuga di notizie visto che questi faldoni viaggeranno da una città all'altra e continuamente), lo limita perché solleva il giudice che abbia detto «Io sono il giudice di questo procedimento» e con la nozione vaga che avete inserito nella legge ovviamente lo limita, lo limita per ogni questione. Lo limita perché limita e gravemente, per esempio, la possibilità di ricorso alle intercettazioni ambientali, che oggi sono permesse solo per tre giorni e soltanto nei luoghi pubblici o aperti al pubblico per i reati comuni. Ricordate il caso di Novi Ligure? La chiacchierata tra Omar ed Erika? Ecco, ora non sarebbe più captatile, così come non sarebbe captabile ciò che si dicono due pregiudicati nella cella di un carcere. E poi bisogna comunque avere, anche per questi tre giorni e questa miserrima intercettazione ambientale, una prova diabolica: il giudice deve prevedere che ci saranno elementi fondamentali per l'accertamento del reato o deve impedire la commissione del reato. Avete equiparato intercettazioni, videoriprese non captative - parola complicata, che capite da soli - e anche i tabulati, anche se la Corte costituzionale aveva detto che per i tabulati tutta questa esigenza di privacy non c'era. Potrei continuare, ma c'è un secondo punto. Questa è la vostra legge, guardate: punite la pubblicazione di atti di indagine e consentite solo la pubblicazione per riassunto fino alla fine delle indagini preliminari. Ma vi rendete conto dell'arbitrio che il giornalista può compiere per riassunto? Non voglio irritarvi, ma il caso Boffo e «Il Giornale» lo ricordate o no? (Applausi dal Gruppo PD). Ed impedite anche la pubblicazione, fino alla fine delle indagini preliminari e salvo per riassunto, anche degli atti che non sono segreti, che sono pertinenti alle indagini e che non sono lesivi della dignità e onorabilità dei soggetti. Per quanto riguarda le intercettazioni telefoniche, non si può pubblicare assolutamente alcunché. Punite anche gli editori, perché casomai il giornalista o il direttore del giornale largheggiasse nell'informazione pubblica - ohibò! - interviene l'editore del giornale e dice: ma che mi volete far fallire? E di conseguenza l'editore eserciterà fuori dal suo ruolo - pensate ad una società per azioni, un'impresa come un'altra, che sta a Shangai e che è l'editore di un giornale italiano - un compito di vigilanza, di repressione, di censura per evitare di correre il rischio delle salatissime multe.
Concludendo, questo tutela meglio la privacy dei soggetti? No. Questo tutela meglio, molto meglio, i criminali. (Applausi dal Gruppo PD). Questo uccide il diritto dei cittadini ad essere informati. Questo provvedimento uccide la libertà di informazione tutelata dalla Costituzione. Tutelata una sola volta, presidente Berlusconi, perché mentre la parola «impresa», in varie forme, appare almeno tre volte nella Costituzione, le parole «libertà personale» e «libertà d'informazione» esistono una sola volta perché chi si sente vincolato alla Costituzione lo sa che non c'è bisogno di ripetere ciò che è sacro! (Applausi dal Gruppo PD). È una commedia degli equivoci plautina la vostra, colleghi. E allora, senatori del PdL, chi oggi vota la fiducia, vota la limitazione della libertà di informare e di essere informato, la limitazione dei mezzi a disposizione degli investigatori per accertare reati, per individuare i colpevoli, per punirli. E il presidente Gasparri ed il vice presidente Quagliariello la finiscano con la storia delle intercettazioni negli Stati Uniti: è una balla! (Applausi dal Gruppo PD). Dall'inizio della crisi economica è aumentato del 26 per cento il numero delle intercettazioni disposte con una equiparazione dei mezzi di intercettazione a disposizione degli investigatori per accertare i reati finanziari, che risultano identici a quelli adoperati per tutelare la sicurezza nazionale e contrastare il crimine organizzato. E i numeri che dà sono sballati per una ragione semplice: che viene data una sola autorizzazione per intercettare tutti gli imputati, una media di 113 per processo, e che l'autorizzazione a intercettare non ha limiti di durata e comprende tutte le possibili forme di intercettazione. Quindi cercatevi un altro paragone perché questo non funziona. (Applausi dal Gruppo PD). La verità allora è davvero un'altra: voi avete colto l'occasione in un momento assai imbarazzante, diciamo così, per il Governo e per la maggioranza di nascondere agli italiani i pubblici misfatti, l'esercizio deviato dei pubblici poteri, l'uso privato e la dissipazione delle pubbliche risorse. Voi volete nascondere, voi vi nascondete. Voi non volete controllo (ma questo lo sapevamo già): il popolo che citate così spesso lo volete cieco e sordo, manipolabile. Voi vi servite del popolo quando vi serve per celebrarvi, ma lo volete bue. La privacy che dite di tutelare è la vostra, è l'ombra nella quale volete continuare...
PRESIDENTE. La invito a concludere, senatrice Finocchiaro.
FINOCCHIARO (PD). Ho finito, signor Presidente. Dicevo nella quale volete continuare a fare i vostri affari. Chi si accontenta nella maggioranza, chi fa finta di non saperlo, oggi non può non saperlo. Io che tremo - non come voi, che l'adoperate in maniera sguaiata e volgare - quando pronuncio la parola libertà, non in nome mio ma nome d'altri, vi dico che qui oggi il mio Gruppo, che mi ha dato mandato sulla base di un'assemblea che abbiamo celebrato, non parteciperà al voto di fiducia (Applausi dal Gruppo PD) e non parteciperemo perché noi vogliamo che risulti con ogni evidenza e con il rispetto sacro che abbiamo di quest'Aula e della legge il fatto che da qui comincia il massacro della libertà. (Vivi, prolungati applausi dal Gruppo PD e dei senatori Li Gotti e Giai. Molti senatori del Gruppo PD si alzano in piedi. Commenti dal Gruppo PdL).
GASPARRI (PdL). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà. (I senatori del Gruppo PD escono dall'Aula).
GASPARRI (PdL). Signor Presidente, credo che l'atteggiamento dei colleghi di abbandonare i lavori non sia un atteggiamento democratico. (Applausi dal Gruppo PdL). Questa è la verità del vostro atteggiamento, il disprezzo delle istituzioni, l'arroganza. Ma noi parliamo, oltre che al Parlamento e al Governo, al Paese. Qualche attimo fa voglio darne atto, il senatore Li Gotti, ad esempio, ha riscontrato la correttezza delle procedure. Alcuni colleghi dell'Italia dei Valori avevano occupato l'Aula ed occupato i banchi del Governo; si è dovuto differire di qualche minuto l'inizio del voto per poter sgomberare l'Aula. Siccome fuori dall'Aula qualcuno protesta, si è dato atto da parte di quel Gruppo in quest'Aula della correttezza delle procedure. Il Parlamento si rispetta con la presenza, con il voto e con il dibattito. (Applausi dal Gruppo PdL). Sono due anni che questa legge è in discussione; il voto di oggi arriva dopo Commissioni alla Camera e al Senato, dopo confronti di ogni natura e modifiche. Noi siamo orgogliosi delle modifiche che abbiamo apportato anche con la discussione con la società civile, con le realtà del mondo delle professioni e financo all'interno della maggioranza, all'interno di un grande partito: il Popolo delle libertà è il primo partito d'Italia perché sa confrontarsi e sa applicare al suo interno il metodo della democrazia che voi oggi ancora una volta ignorate e calpestate (Applausi dal Gruppo PdL). Ma forse vanno via perché alla Camera dei deputati, quando si votò questa legge - si votò col voto segreto - avemmo più voti di quelli della maggioranza (Applausi dai Gruppi PdL e LNP). Molti di voi si vergognano di votare contro questa legge: perciò uscite dall'Aula. In questi mesi abbiamo registrato tante dichiarazioni importanti. Un uomo della sinistra come Giuliano Pisapia ha detto che una legge come questa era necessaria, perché ci sono stati troppi abusi nelle intercettazioni. Proprio Pisapia, uomo della sinistra e già Presidente della Commissione giustizia della Camera, aveva invocato l'autorizzazione da parte di organi collegiali. Vi siete dimenticati che nel 1995 la Corte costituzionale, con una sentenza sul diritto di cronaca, aveva detto che era legittimo il divieto di pubblicare atti processuali fino al termine delle indagini, proprio perché le pubblicazioni favoriscono anche i criminali. (Applausi dai Gruppi PdL e LNP). Quindi è pubblicare tutto che aiuta il crimine e non mettere delle regole alle pubblicazioni. Noi attuiamo, forse in ritardo, una sentenza della Corte costituzionale del 1995. Per quanto riguarda i dati che sono stati citati, sappiamo che l'Italia è il Paese di mafia, camorra e 'ndrangheta e quindi il numero delle intercettazioni, a volte, cresce a causa di questi fenomeni criminali. Eppure 137.000 italiani - 76 persone ogni 100.000 - sono intercettati. In Francia e in Gran Bretagna sono intercettate solo 5 persone ogni 100.000 abitanti. Anche negli Stati Uniti confermiamo che il numero delle intercettazioni è largamente inferiore a quello dell'Italia e negli Stati Uniti e altrove l'intercettazione è l'extrema ratio dell'attività investigativa, non c'è l'uso strumentale e costante, l'abuso dell'intercettazione che si fa in Italia. Gherardo Colombo, un ex magistrato, giorni fa ha detto: Si usino di più altri mezzi, è più faticoso, ma è importante farlo. Non sempre e non solo l'intercettazione. Sull'informazione, un maestro di giornalismo come Piero Ostellino ha scritto il 23 maggio, sul «Corriere della Sera», che: «I processi, in uno Stato di diritto, si fanno in tribunale e non sui giornali, alcuni dei quali inclini per ragioni editoriali o politiche a fare strame della civiltà del diritto». Ha ragione Piero Ostellino e hanno torto coloro che vogliono solo fare il «copia e incolla».(Applausi dai Gruppi PdL e LNP). Lo ha ammesso anche un nemico di questa legge, Giulio Anselmi, Presidente dell'Ansa, quando ha detto che una legge era necessaria, perché non c'è la capacità del mondo delle professioni di autoregolamentarsi. «Abbiamo pubblicato intercettazioni inutili, coinvolgendo persone estranee alle indagini per storie pruriginose»: lo ha ammesso il Presidente dell'Ansa. Il giornalismo di inchiesta è tutelato da questa legge e così il giornalista che scrive, che indaga, che accerta notizie. Avrei potuto limitarmi alla lettura di un articolo del quotidiano «La Gazzetta del Mezzogiorno» di questa mattina, che manderò a tutti i colleghi in casella. Si legge di un colonnello della Guardia di finanza agli arresti domiciliari a Bari, il quale in una telefonata con una giornalista riferisce alcune notizie di interrogatori e poi le passa il magistrato, che dice alla giornalista: Tutto bene? Come sarà l'articolo? Io sono un giornalista professionista: giornalisti che lavorano in questo modo sono la vergogna del giornalismo italiano. (Applausi dai Gruppi PdL e LNP). Questo non è giornalismo. L'inchiesta che è in corso a Trani riguarda anche un magistrato: lo si legge sui giornali. E sapete chi era l'obbiettivo? Indovinate un po'? Silvio Berlusconi, che non ha commesso nessun reato, ma bisogna usare intercettazioni, rapporti e contiguità tra magistratura, ahimè anche qualche settore delle forze dell'ordine e i giornali per montare complotti tesi a ribaltare la volontà democratica del popolo italiano. (Applausi dai Gruppi PdL e LNP). E non la ribalterete in alcun modo! (Applausi dai Gruppi PdL e LNP).
GRAMAZIO (PdL). Bravo!
GASPARRI (PdL). Quando fu votata quasi all' unanimità, nell'altra legislatura, una legge del Governo Prodi - è stata ricordata prima: non era uguale a questa, ma era abbastanza severa - noi veniamo accusati di essere nemici della stampa, ma sapete che cosa disse Massimo D'Alema? Altro che multe da 3000 e 5000 euro: noi li dobbiamo chiudere quei giornali, disse D'Alema. (Applausi dai Gruppi PdL e LNP). Ecco, io dico a D'Alema che noi difendiamo quella libertà di stampa che dà fastidio a lui e alla sua cultura politica. Ci riveli lui qualche segreto italiano su tante vicende che attendono ancora una parola di verità, dal fondo Oak a tanti altri fatti su cui la stampa poco scrive in questo Paese. (Applausi dal Gruppo PdL). (Il senatore Lusi chiede al Presidente che i senatori dei Gruppi PdL e LNP seduti nei banchi dell'opposizione vengano allontanati). Anche quando fu varata la legge sul giusto processo, che modificava la Costituzione, si affermò che sarebbe finita la lotta alla mafia, ma non è stato così. Vi arrabbiate perché rivendichiamo il numero degli arresti dei mafiosi (otto mafiosi al giorno, da quando siamo al Governo, ha fatto bene il presidente Bricolo a ricordarlo, miliardi e miliardi di euro di beni confiscati alle cosche in tutta Italia), ma sapete perché, oltre che delle forze dell'ordine e dei magistrati seri, che ringraziamo ed elogiamo anche oggi, il merito è anche nostro? (Applausi dal Gruppo PdL). Perché quelle leggi, con il Governo ed in particolare con i ministri Alfano e Maroni, con tutto il Popolo della libertà e con la Lega, le abbiamo votate in questo Parlamento. Voi invece avete votato contro le leggi antimafia, che sono l'orgoglio del centrodestra italiano! (Applausi dai Gruppi PdL e LNP). Quando siamo andati al Governo, i detenuti sottoposti al carcere duro ex articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario erano meno di 600, mentre oggi sono circa 700. Il ministro Alfano è un uomo coraggioso, perché firma questi provvedimenti per garantire la vittoria dello Stato e della legalità sul crimine! (Applausi dal Gruppo PdL). Questa è la verità che gli italiani conoscono. Abbiamo corretto la norma sulle sanzioni previste per gli editori. A proposito delle intercettazioni ambientali, ha detto una bugia la presidente Finocchiaro, perché con gli emendamenti che abbiamo introdotto (forse non li ha letti, perché i colleghi dell'opposizione vanno e vengono, fanno ostruzionismo ma non sanno di che cosa parlano) abbiamo modificato il testo. Abbiamo allungato i termini per effettuare le intercettazioni: alla Camera erano di 60 giorni, invece il Senato - e ne siamo orgogliosi - ha portato a 75 giorni quel termine, che è prorogabile di ulteriori giorni, in teoria all'infinito. Per mafia e terrorismo e nei confronti dei latitanti, non ci sono limiti, nulla è stato modificato, si può intercettare e indagare ad libitum, per garantire la sicurezza dello Stato. (Applausi dal Gruppo PdL). Ripeto, sulle intercettazioni ambientali abbiamo aperto alle proposte di modifica con gli emendamenti presentati in queste ore, quindi è falso ciò che è stato detto poc'anzi dalla senatrice Finocchiaro.
Vogliamo impedire l'abuso, le intercettazioni a strascico. Abbiamo introdotto meccanismi più attenti e severi. Non ci sarà peraltro la sostituzione automatica del PM: ciò dimostra che abbiamo ascoltato le osservazioni ragionevoli, quando sono state formulate. Abbiamo voluto ricordare che, nella Costituzione repubblicana, oltre all'articolo 21 - sacrosanto - sulla libertà di espressione, c'è anche l'articolo 15, il cui testo voglio leggere a conclusione del mio intervento: «La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili. La loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell'autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge». Vogliamo coniugare la libertà dell'investigazione e la persecuzione dei reati con la libertà del cittadino. Siamo quindi nel solco della Costituzione, nel rispetto delle sentenze della Corte costituzionale e pertanto votiamo sì, orgogliosi e convinti come sempre, su questa legge! (Prolungati applausi dal Gruppo PdL. Congratulazioni).
PRESIDENTE. Vorrei pregare i colleghi della maggioranza seduti nei banchi dell'opposizione di raggiungere i posti rispettivamente assegnati. (Commenti del senatore Di Giovan Paolo).
BONINO (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal mio Gruppo.
PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la parola.
BONINO (PD). Signor Presidente, onorevoli colleghi, signori del Governo, noi senatori radicali parteciperemo alla votazione e voteremo convintamente no. A volte, presidente Gasparri, alzare la voce e urlare serve a coprire l'inconsistenza e la fragilità delle motivazioni. (Proteste e commenti ironici dal Gruppo PdL).
PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia.
BONINO (PD). No. Il decoro e l'attenzione istituzionale che abbiamo sempre dimostrato la potreste anche guardare con un po' più di rispetto. Scusatemi, colleghi! (Applausi dai Gruppi PD e IdV). Voteremo no perché non abbiamo fiducia nel merito delle politiche che di volta in volta proponete, anzi imponete a questa Assemblea a cominciare da questa. Ma di quale tutela della privacy parliamo, senatore Gasparri? Cosa c'entra? Persino la registrazione audio di Radio radicale dei processi avete tolto. Che cosa vi entra questo con la privacy? I processi sono costituzionalmente pubblici. (Applausi del senatore D'Alia). Quindi cosa vi entra in tutto questo? Ma voteremo no perché...
DIVINA (LNP). Riguarda i processi!
BONINO (PD). Appunto! Quindi, la registrazione radiofonica è una tecnologia come un'altra. Ora, signori del Governo, signori colleghi, mi è possibile sentire da voi e da molti tra l'altro frasi come libertà d'informazione. Libertà e correttezza dell'informazione che questo Paese non sa neppure cosa siano da tanto tempo, tra lottizzazioni, occupazioni, usurpazioni di tutti gli spazi possibili e relative espulsioni di tutti coloro che non conniventi e neppure complici esprimono idee diverse. Ma un no, presidente Gasparri e Governo, ancora più convinto al metodo, fuori da qualunque accettabile procedura regolamentare con cui governate, con cui avete governato questo procedimento in una china rovinosa in cui trascinate anche le istituzioni parlamentari. Per questo motivo, perché resti agli atti che il nostro no - e resti scritto - che per noi Radicali la forza dei numeri ed i diritti inalienabili non coincidono; anzi, in un sistema democratico i diritti inalienabili non si mettono mai neppure ai voti. Ci sono diritti costituzionali che invece in questo provvedimento avete negato e calpestato. Per questo, il nostro no rispettoso delle istituzioni, decisamente convinto nel merito. (Applausi dai Gruppi PD e IdV).
PRESIDENTE Prima di passare al voto, dispongo la riammissione dei senatori dell'Italia dei Valori precedentemente allontanati dall'Aula.
Votazione nominale con appello
PRESIDENTE. Procediamo dunque alla votazione dell'emendamento 1.1000, interamente sostituivo dell'articolo unico del disegno di legge n. 1611, sulla cui approvazione il Governo ha posto la questione di fiducia. Ai sensi dell'articolo 94, secondo comma, della Costituzione e ai sensi dell'articolo 161, comma 1, del Regolamento, la votazione sulla questione di fiducia avrà luogo mediante votazione nominale con appello. Ciascun senatore chiamato dal senatore Segretario dovrà esprimere il proprio voto passando innanzi al banco della Presidenza. Indìco pertanto la votazione nominale con appello dell'emendamento 1.1000. I senatori favorevoli alla fiducia risponderanno sì; i senatori contrari risponderanno no; i senatori che intendono astenersi risponderanno di conseguenza. Hanno chiesto di votare per primi i senatori Caliendo, Mantica e Sacconi.
Invito il senatore Segretario a procedere all'appello di tali senatori.
Rispondono sì i senatori:
Aderenti, Alberti Casellati, Alicata, Allegrini, Amato, Amoruso, Asciutti, Augello, Azzollini, Balboni, Baldassarri, Baldini, Barelli, Battaglia, Benedetti Valentini, Berselli, Bettamio, Bevilacqua, Bianconi, Bodega, Boldi, Bondi, Bonfrisco, Bornacin, Boscetto, Bricolo, Butti, Cagnin, Calabrò, Calderoli, Caliendo, Caligiuri, Camber, Cantoni, Carrara, Caruso, Casoli, Castelli, Castro, Centaro, Ciarrapico, Cicolani, Comincioli, Compagna, Conti, Contini, Coronella, Costa, Cursi, Cutrufo, D'Alì, D'Ambrosio Lettieri, Davico, De Angelis, De Eccher, De Feo, De Gregorio, De Lillo, Delogu, Di Giacomo, Di Stefano, Digilio, Dini, Divina, Esposito,
Fasano, Fazzone, Ferrara, Filippi Alberto, Firrarello, Fleres, Fluttero, Franco Paolo, Galioto, Gallo, Gallone, Gamba, Garavaglia Massimo, Gasparri, Gentile, Germontani, Ghigo, Giordano, Giovanardi, Giuliano, Gramazio, Grillo, Izzo, Latronico, Lauro, Lenna, Leoni, Licastro Scardino, Longo, Malan, Mantica, Mantovani, Maraventano, Massidda, Matteoli, Mazzaracchio, Mazzatorta, Menardi, Messina, Montani, Monti, Morra, Mugnai, Mura, Musso, Nania, Nespoli, Nessa, Orsi, Palma, Palmizio, Paravia, Pastore, Piccioni, Piccone, Pichetto Fratin, Pisanu, Piscitelli, Pittoni, Pontone, Possa, Quagliariello, Ramponi, Rizzi, Rizzotti, Saccomanno, Sacconi, Saia, Saltamartini, Sanciu, Santini, Saro, Sarro, Scarabosio, Scarpa Bonazza Buora, Sciascia, Serafini Giancarlo, Sibilia, Spadoni Urbani, Speziali, Stancanelli, Stiffoni, Tancredi, Tofani, Tomassini, Torri, Totaro, Vaccari, Valditara, Valentino, Vallardi, Valli, Vetrella, Vicari, Viceconte, Viespoli, Vizzini, Zanetta, Zanoletti.
Rispondono no i senatori:
Astore, Belisario, Bianchi, Bonino, Bruno, Bugnano, Caforio, Carlino, D'Alia, De Toni, Di Nardo, Fosson,
Giai, Giambrone, Gustavino, Lannutti, Li Gotti, Mascitelli, Pardi, Pedica, Poli Bortone, Poretti, Russo, Rutelli,
Sbarbati.
PRESIDENTE. Proclamo il risultato della votazione nominale con appello dell'emendamento 1.1000, interamente sostituivo dell'articolo unico del disegno di legge n. 1611, sulla cui approvazione il Governo ha posto la questione di fiducia:
Senatori presenti 191
Senatori votanti 189
Maggioranza 95
Favorevoli 164
Contrari 25
Il Senato approva
Risultano pertanto preclusi tutti gli emendamenti, le proposte di stralcio e gli ordini del giorno riferiti al testo del disegno di legge n. 1611 ed assorbiti i disegni di legge nn. 212, 547, 781 e 932.
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