Il caso Andreotti è quanto più di significativo c'è per dimostrare quanto i mass media siano in grado di manipolare e dirigere l'opinione pubblica.
Giulio Andreotti è uno dei volti più conosciuti della politica italiana:
- sette volte Presidente del Consiglio
- otto volte ministro della Difesa;
- cinque volte ministro degli Esteri;
- tre volte ministro delle Partecipazioni Statali;
- due volte ministro delle Finanze;
- due volte ministro del Bilancio;
- due volte ministro dell'Industria;
- una volta ministro del Tesoro;
- una volta ministro dell'Interno;
- una volta ministro dei beni culturali;
- una volta ministro delle Politiche Comunitarie.
Eppure quanti sanno che c'era un procedimento penale a carico dell'eterno ex presidente del consiglio che lo accusava dei reati di partecipazione ed associazione per delinquere (per il periodo fino al 28 settembre 1982) e di partecipazione ad associazione di tipo mafioso (per il periodo successivo) ?
Quanti di voi sanno come è finito il processo?
I giornali e i telegiornali ne hanno parlato poco o niente e quando hanno dovuto darne notizia, quasi a forza, hanno lasciato intendere che l'on. Andreotti sia stato giudicato innocente.
Non è vero.
Il procedimento penale si è concluso il 2 maggio 2003 e la sentenza emessa stabilì che Andreotti aveva commesso il reato di partecipazione all'associazione per delinquere Cosa Nostra fino alla primavera 1980, reato però estinto per decorrenza dei termini di prescrizione.
Andreotti è dunque COLPEVOLE per il tribunale, non punibile solo per la sopravvenuta prescrizione.
L' ipotesi accusatoria:
Imputabile del reato di cui all’art. 416 c.p., per avere messo a disposizione dell’associazione per delinquere denominata Cosa Nostra, per la tutela degli interessi e per il raggiungimento degli scopi criminali della stessa, l’influenza e il potere derivanti dalla sua posizione di esponente di vertice di una corrente politica, nonché dalle relazioni intessute nel corso della sua attività; partecipando in questo modo al mantenimento, al rafforzamento e all’espansione dell’associazione medesima. (…)
La Suprema Corte di Cassazione di Palermo parla di “un'autentica, stabile ed amichevole disponibilità dell'imputato verso i mafiosi”. Nel corso del procedimento, ad esempio, il sovraintendente capo della polizia Francesco Stramandino dichiarò di aver assistito ad un incontro tra Andreotti e il boss Andrea Manciaracina, uomo di fiducia di Totò Riina.
Nella motivazione della sentenza di appello confermata dalla cassazione si legge (a pagina 211): «la sentenza ha ravvisato la partecipazione nel reato associativo non nei termini riduttivi di una mera disponibilità, ma in quelli più ampi e giuridicamente significativi di una concreta collaborazione.» Non ci si limita ad affermare la generica e astratta disponibilità di Andreotti nei confronti di Cosa Nostra e di alcuni dei suoi vertici, ma ne ha sottolineato i rapporti con i suoi referenti siciliani, individuati in Salvo Lima, nei cugini Salvo e in Vito Ciancimino, per poi ritenere l’imputato compartecipe dei rapporti intrattenuti con Cosa Nostra, rapporti che sarebbero stati coltivati anche personalmente (con Badalamenti e, soprattutto, con Bontate) e che sarebbero stati per lui forieri di qualche vantaggio elettorale.
Se la sentenza definitiva fosse arrivata entro il 20 dicembre 2002, termine per la prescrizione, e non quattro mesi dopo, Andreotti sarebbe stato condannato.
Ma se la vicenda è stata riportata con un “interpretazione” del tutto personale da parte dei media e questa opinione è poi divenuta “il sapere collettivo” questa condizione conferma la tesi che di fronte ad informazioni importanti spesso ci vengono chiusi gli occhi dalla stampa ribaltando completamente la verità ad uso e consumo dei potenti.
E ora aspettiamo l'evolversi nei prossimi giorni del caso “Dell'Utri”, questa volta con gli occhi ben aperti.
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Carissima Susanna,
RispondiEliminaseguo il tuo ragionamento (e degli illustri giudici di Palermo che ci hanno messo 'solo' 15 anni per pubblicare una delle sentenze più incredibili della nostra storia giudiziaria...).
Non sono cosi’ addentro nelle cose legali per dare un giudizio sul risultato ottenuto dopo che Castelli , Violante & C. hanno speso milioni di Euro (nostri…).
Propongo una lettura, semplice come sono io di quello che e’ successo sino alla ‘primavera del 1980′. Ora, in una localita’ segreta, il nostro capocosca Andreotti incontra Riina, Bagarella e quant’altro e gli dice: ” Sapete, questa e’ l’ultima volta che ci vediamo. Infatti tra 23 anni saro’ processato e non verro’ condannato che per pochi mesi di prescrizione (guarda caso..). Quindi, come dicevano gia’ allora i Pooh, ‘mi dispiace devo andare’” e se ne usci’, lasciandoli tutti a bocca aperta.
Ora, tutti sappiamo che in organizzazioni mafiose si puo’ entrare ed uscire come da un supermercato, per cui questa ricostruzione , fatta dai giudici di Palermo, e’ assolutamente corretta…
Per fortuna in Italia di Toto’ non c’e’ stato solo Riina e, come faceva il principe de Curtis, mi viene solo da commentare ” MA MI FACCIA IL PIACERE…”
ma perchè articoli come questo si vedono solo su qualche blog e non sui giornali? ma che paese di merda che è il nostro!!
RispondiEliminaquesto oramai è un evento andato, speriamo ci insegni qualcosa per i fatti che devono ancora avvenire.
RispondiEliminaL'occasione ci si presenta in questi stessi giorni con l'apertura del processo d'appello alla sentenza che ha condannato Dell'Utri a 9 anni di reclusione più 2 anni di libertà vigilata più l'interdizione perpetua dai pubblici uffici per concorso esterno in associazione mafiosa.
..Forse perchè ci sono ancora alcuni (non molti...) giornalisti con un pò di coscienza, che non si prestano a far politica con le pseudo sentenze
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