18/02/10

FINANZIAMENTO PUBBLICO AI PARTITI


Quando il finanziamento ai partiti fu introdotto, con la legge Piccoli n.195 del 1974, l'intento dei legiferatori era quello di disincentivare eventuali collusioni o corruzioni dei politici dotando i partiti presenti in Parlamento di un piccolo capitale. Contestualmente venne promulgata una legge che vietava ai partiti di ricevere finanziamenti da altri enti pubblici e li obbligava a tenere un rigoroso registro di ogni aiuto economico di origine privata ricevuto che superava la modica cifra.
L'effetto immediato di questa norma fu quello di penalizzare le nuove formazioni politiche alimentando i farraginosi apparati burocratici interni.
Furono queste le basi su cui, mattone su mattone, si è poi costruita la casta.
Nel 1980 fa capolino in Parlamento una proposta che vorrebbe raddoppiare l'entità del finanziamento pubblico ma lo scoppio di un grosso scandalo di imprenditori che imbonivano politici con piogge di denaro impose uno stop al progetto. Uno stop solo momentaneo.

Nel 1981, con la legge n.659, i finanziamenti pubblici vengono raddoppiati, permane il divieto di ricevere finanziamenti da altri enti pubblici ma viene introdotta una modifica alle rigide regole di registrazione della contabilità dei finanziamenti sostituendo il severo registro con un più blando rendiconto su cui nessun ente ha potere di accertamento.

L' Italia deve assistere a tangentopoli perché con il referendum di iniziativa radicale dell'aprile 1993 il 90,8% degli italiani si esprima per sopprimere i finanziamenti pubblici ai partiti.

Fatta la legge, trovato l'inganno e dopo solo otto mesi da che il popolo sovrano si è espresso in materia viene trovato un sicuro escamotage, viene varata una legge in cui i soldi ai partiti non si chiamano più “finanziamenti” ma “contributi per le spese elettorali”. La legge viene applicata con un inusuale rapidità e diventa operativa già per le successive elezioni politiche che avvengono dopo tre mesi, viene previsto un contributo per le spese elettorali di ben 47 milioni di euro da erogarsi in un unica soluzione.

Facendo affidamento sulla ben nota memoria corta degli italiani nel 1997 con la legge 2 si evitano ipocrisie reintroducendo ufficialmente il finanziamento pubblico ai partiti, sovvenzioni su cui solo la Corte dei Conti può fare accertamenti basandosi però unicamente sui rendiconti presentati da ogni partito. La liquidità necessaria per coprire questa legge dovrebbe venir reperita mediante il versamento volontario dei cittadini del 4 per mille della propria dichiarazione dei redditi, fino a raggiungere un tetto massimo di complessivi 56 milioni 810mila euro.
La storia insegna che in politica i soldi non bastano mai e appena un anno dopo il tetto massimo viene ritoccato al rialzo portandolo a 82 milioni 633mila euro.

La chiara scelta dei cittadini viene clamorosamente tradita dai suoi rappresentanti.

Accade però che solo una minima parte di italiani aderisce all'invito di destinare volontariamente il 4 per mille per il finanziamento ai partiti, ribadendo così, se ce ne fosse stato bisogno, la convinzione della scelta referendaria.
Tocca nuovamente ai politici muoversi per autotutelarsi.
Con la legge 157 del 1999 viene definitivamente reintrodotto il finanziamento pubblico completo per i partiti che riescono ad ottenere durante le elezioni almeno il 4% delle preferenze, non viene previsto nessun sistema di controllo del rapporto entrate/uscite di un partito che diventa nei fatti una azienda a cui vanno erogati regolarmente contributi statali per 193.713.000 euro ogni anno, al confronto gli incentivi dati alla Fiat o all'Alitalia risultano quasi quisquilie.
Nel 2002, con la legge n.156, si decide che possono beneficiare dei finanziamenti tutti i partiti che ottengono almeno l'1% dei voti e la cifra da erogare passa dai quasi 194 milioni di euro a 468 milioni di euro.
La casta è diventata insaziabile e vuole ancora di più, nel 2006 insieme all'indulto si riesce a far passare un provvedimento per cui viene erogato il finanziamento previsto per il quinquennio di legislatura anche se lo schieramento politico non riesce a rimanere in carica per l'intero mandato, in pratica all'inizio di ogni singola legislatura vengono messi a disposizione dei partiti 2 miliardi e 340 milioni di euro.
Con il ribaltone politico del 2008, con conseguenti nuove elezioni a distanza di solo due anni dalle precedenti, accade che molti partiti percepiscono il finanziamento previsto per la legislatura che ha avuto inizio mandato nel 2006 a cui sommare quello previsto per la legislatura formatasi nel 2008.
Nel 2008, nel 2009, 2010 e ancora nel 2011 per alcuni partiti si vengono a sovrapporre i finanziamenti previsti per le due legislature arrivando a toccare la cifra da capogiro di un contributo di 3 miliardi 744 milioni di euro da spartirsi tra una decina di partiti.

Io vorrei conoscere il nome e il cognome di quella persona che ha firmato questa cambialona in bianco a favore dei partiti e che ora tocca a tutta la collettività pagare con le tasse nonostante quando ce lo hanno chiesto abbiamo risposto che non li vogliamo più sovvenzionare, cosa che è stata anche chiaramente ribadita quando ci è stato concesso di scegliere se versargli una quota su base volontaria. E se proprio si vuole considerare i partiti politici al pari di una azienda questo comportamento deve essere considerato come una violazione del contratto che lega i cittadini agli esponenti della politica e ci deve venir concesso di rescindere immediatamente il contratto diventato per noi vessatorio, oltre naturalmente farci restituire tutta la refurtiva.


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2 commenti:

  1. vorrei far leggere questo scritto a tutta la popolazione, che ormai stufa, non riesce ancora ad aprire gli occhi.... ma come riuscire a farlo???

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  2. tutto cambia per rimanere immutato, anche se sono passati dei secoli siamo rimasti al medioevo!!! pensateci!!

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