Ad oggi sono nove i pentiti che accusano l'on. Cosentino, coordinatore regionale del popolo della libertà in Campania nonché sottosegretario di Stato all'economia e alle finanze, di concorso esterno in associazione camorristica.
Per il “caso Cosentino” ci sono voluti 13 anni perché si arrivasse alla prima richiesta di arresto datata 17 febbraio 2009 e poi ancora otto mesi perché la giunta rispondesse alla richiesta presentata dal gip Raffaele Piccirillo.
Tredici anni di indagini, 350 pagine di verbali, otto mesi per pensarci e poi la doccia fredda, nulla s'ha da fare, è un politico, fa parte della casta a cui tutto è permesso.
In questi giorni si sta tentando di far passare una proposta di legge per reintrodurre l'autorizzazione a procedere alle indagini che riguardano i parlamentari, in questa maniera in futuro non ci sarebbero più polemiche per l'applicazione o meno della norma sul processo breve, si vieterebbero le indagini da principio impedendo un qualsiasi giudizio, un bel risparmio di tempo.
Un insulto per la Giustizia.
Non si può dire che la cosa sorprenda, purtroppo. In tutta la storia repubblicana solo una volta è stato concesso il via libera alla reclusione, in tutti gli altri casi ha prevalso il corporativismo della casta.
Non era previsto però di dover subire oltre il danno la beffa: Turco ha poi puntato l'indice contro, a suo giudizio, i veri delinquenti e cioè i PM napoletani che hanno condotto l'inchiesta in maniera poco professionale, a suo dire.
Ecco le dichiarazioni di Nicola Cosentino al termine dell'audizione alla giunta per le autorizzazioni a procedere della camera dei deputati che ha negato il suo arresto.
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Non ci resta che aspettare, sempre più scoraggiati per l'abuso di potere a cui si assiste, di vedere cosa deciderà in merito anche la Camera.
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